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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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265. MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA di Giuliana Scorsoni



“Mi dava schiaffi, pugni e calci al basso ventre, mentre ero incinta”. “Mi ha schiacciato il viso a terra con un piede rompendomi un dente, alla presenza della nostra bambina di tre anni, buttandomi fuori di casa più di una volta”. “Mi ha minacciato puntandomi un coltello alla gola, gonfiandomi di botte, mentre mi urlava che prima o poi mi avrebbe ammazzato”. “Più di una volta ha tentato di strozzarmi, ubriaco, gridandomi che non potevo lasciarlo, che se lo avessi buttato fuori di casa me l’avrebbe fatta pagare con la vita”. “Mi ha tagliato un dito con un coltello da cucina”. “Mi ha violentato, davanti ai figli”. Scene tratte da un film? La trama di un romanzo? No. Scene di vita vera. A Terni. Valentina, Anisoara, Nayomi, Florie, Camelia, Madeleine, nomi veri, nomi di fantasia, che importanza ha? Le storie sono vere. Incubi, non lontani dalle nostre porte, dalle nostre vite. I primi nove mesi del 2012 hanno visto i giudici del Tribunale di Terni affrontare processi per reati riguardanti i maltrattamenti in famiglia, le violenze carnali dei mariti ubriachi sulle mogli, di “padri padroni” violenti con le figlie, di genitori aguzzini. Violenze tra le mura domestiche. Le più atroci. Le più infide. Le denunce, chi trova il coraggio di sporle, arrivano dopo anni di soprusi, dopo anni di vessazioni, di umiliazioni, di occhi neri, costole rotte, bastonate ed insulti. Donne che vedono la morte in faccia ed allora si decidono a correre ad un commissariato, ad una caserma, ad alzare la cornetta e chiedere aiuto al “telefono rosa”. Famiglie “normali” all’apparenza. Professionisti, imprenditori, gente “perbene”. Nessun vicino di casa si è mai accorto di nulla…eppure un calcio in faccia che spacca un setto nasale fa male… Storie tristi che, purtroppo, non sempre hanno un lieto fine. Donne psicologicamente fragili, che dopo aver trovato il coraggio di denunciare la loro condizione, ritrattano, non si costituiscono parti civili nei processi, ritirano le querele, o spariscono come Anisoara. Anisoara è una giovane donna venuta dall’est Europa. Fa la badante. E’ piccolina. Viene raggiunta dal marito. Alcoolista. Vive alle sue spalle. Anni di violenze fisiche e psichiche. Un giorno, Anisoara tenta di salire su di un pulmann di linea, un uomo la tira giù, con violenza. L’autista interviene, l’uomo si qualifica:”Sono il marito”. Salgono. La lite continua. Furibonda. Ad un certo punto, un grido, un lamento sordo da animale ferito. L’autista non ce la fa più. Si ferma, chiama il 113. Anisoara piange in silenzio. Come avrà fatto tantissime altre volte. Ha il polso rotto. Viene portata via dal 118 e lui dalla volante. Al processo Anisoara non c’è. Irreperibile. Che fine avrà fatto? Camelia è sposata con Constant dal 1999, hanno una bambina piccola. Arrivano in Italia, a Terni, nel 2006. Constant ha problemi di alcoolismo. Camelia rimane incinta di nuovo. Una gravidanza difficile che la costringe mesi e mesi a letto. Lui si ubriaca ogni giorno di più e la sua condotta diventa sempre più aggressiva. Non si trattiene neppure alla presenza della figlia. Nasce il secondo bambino. La situazione degenera. Una sera, Costant, dopo aver picchiato per l’ennesima volta Camelia alla presenza dei figli, la butta fuori di casa, scalza, senza chiavi, strappandole il bimbo di pochi mesi dalle braccia e impedendo alla figlia più grande di soccorrere la madre. Camelia è terrorizzata e, finalmente, trova il coraggio. Bussa alla porta della Questura di Terni. Gli agenti la riportano a casa. Riescono ad entrare. I bambini sono terrorizzati, sotto choc. Constant dorme. E’ talmente ubriaco che gli agenti non riescono a svegliarlo. Scatta la denuncia e il Pubblico Ministero emette la misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare del marito e la collocazione di Camelia e dei figli in una casa famiglia. Quando si arriva al processo, tre anni dopo, Camelia e Costant si sono riconciliati. Stanno di nuovo insieme. Lei ritira tutte le querele che può ritirare. In lacrime dice che lui è buono e che la picchiava solo perché ubriaco. I reati che restano in piedi, perché perseguibili d’ufficio, portano ad una condanna ad otto mesi di reclusione, con la concessione delle attenuanti generiche. Pena sospesa. Lacrime in aula anche per Nayomi. Il reato per cui si procede è di quelli “pesanti”. Violenza carnale. Il marito, imputato, è contumace. Lei, la vittima, non si costituisce parte civile. Sentita come teste, singhiozza, mentre spiega ai tre giudici che la stanno ascoltando perché porta ancora la fede nunziale: spera di recuperare il proprio rapporto matrimoniale. “In fondo Fernand non è cattivo. Quando picchiava me, o miei figli e perdeva il controllo era a causa dell’alcool…Fernand è buono…”. I giudici sono impietriti. Nayomi chiede “pietà” per il suo carnefice. Rimette la querela, ma la violenza carnale è un reato per cui si procede d’ufficio. Il Tribunale trova una soluzione di “compromesso”. Il reato contestato viene derubricato nella fattispecie meno grave prevista nell’ultimo comma dell’articolo 629 bis codice penale. La violenza carnale commessa in stato di ubriachezza viene qualificata come “…tentativi risoltisi in goffi approcci, senza forza bruta, né particolare convinzione…”. Con la continuazione viene comminata una pena detentiva ad un anno e sei mesi. Pena sospesa. Florie, invece, ha il coraggio di andare fino in fondo. Si costituisce anche parte civile. Il marito, nonostante il patteggiamento, si prende due anni di reclusione e finisce dentro. Questa volta non c’è nessuna sospensione della pena. Florie ha lottato per i suoi tre figli. Florie ha visto la morte in faccia. E’ stata violentata brutalmente davanti ai suoi bambini. E’ stata operata. Si è salvata. Nessuna pietà per il suo aguzzino. Poi, c’è Valentina, giovane adolescente. Genitori separati. La mamma ricoverata in ospedale. Valentina vuole andare a trovarla. Il padre glielo impedisce. Ne nasce una lite. Valentina riporta la distorsione del polso e una contusione al collo. Infine, la storia più triste. Luciano, sedici mesi. Per più di un anno, il padre e la madre con problemi di alcolismo e tossicodipendenza, lo sottopongono a violenze fisiche e psichiche. Lo fanno vivere in uno stato di totale indigenza, in un appartamento senza acqua, gas ed energia elettrica. Lo portano fuori di notte. Al gelo. Finchè non intervengono i servizi sociali, la questura, il Tribunale dei minorenni. Luciano viene tolto a questi due genitori/carnefici e dato in adozione. Forse, per lui, ci sarà un futuro migliore.  Giuliana Scorsoni    
   

Dati statistici

Nei primi nove mesi del 2012, il Tribunale di Terni ha tenuto undici processi relativi a reati commessi all’interno dei nuclei familiari: maltrattamenti, lesioni, violenze carnali. Di  questi, due si sono conclusi per remissione delle querele; tre con patteggiamenti ; cinque con assoluzioni. Gli imputati di sette di questi procedimenti sono risultati di nazionalità straniera. Nella maggior parte dei casi, circa il 70%, l’imputato ha agito sotto l’effetto di alcool, o di sostanze stupefacenti. Solo in tre procedimenti vi è stata la costituzione di parte civile. L’atteggiamento psicologico delle vittime, in sede dibattimentale, si è improntato sul tentativo di recuperare il matrimonio sminuendo i fatti denunciati e rimettendo le querele, laddove rimettibili. Giurisprudenza costante in merito alla derubricazione del reato di cui all’art. 609 bis del codice penale, violenza carnale, in quello più lieve di cui all’ultimo comma, stante le modalità delle violenze consumate nei confronti della moglie, da ritenersi non particolarmente aggressive ed estrinsecatesi in approcci senza alcuna forza bruta, né convinzione particolare, a causa dello stato  di ubriachezza del marito.



dalla Rivista ‘Avvocati a Terni’


GIURISPRUDENZA PENALE

MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA E REATI COLLEGATI

A cura di Massimo Proietti

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Tribunale di Terni

Sentenza n. 40/2012  del 13/01/2012

Giudice: dott. Socci

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Massima                                                                                                       

Non integrano il reato di cui all’art 572 c.p. pochi episodi relativi a liti (con reciproche aggressioni ed offese) che non costituiscono atti di vessazione continua tali da cagionare sofferenze, privazioni e umiliazioni fonte di un disagio continuo, rilevanti ai sensi dell’integrazione dell’elemento effettivo di cui all’art 572 c.p. (Il capo di imputazione era così formulato: “ … omissis…imputata del reato di cui all’art. 572 c.p. perché, con ripetuti atti di violenza fisica, ingiurie e minacce, maltrattava la madre B. E. e la nonna B. I., persone con lei conviventi. Singoli episodi non esaustivi: il 13 maggio 2002, al rifiuto di consegnarle denaro, minacciava e percuoteva colpendola al capo e all’addome, B. E., costretta a chiamare il 113 per far cessare le predette violenze, il 1° marzo 2004 percuoteva la madre cagionandole lesioni al braccio e alla mano destra, l’8 marzo 2004 anche facendo uso di una bottiglia e il 09 marzo minacciava e ingiuriava B. E., costretta a chiamare il 113 per far cessare le predette violenze. In Terni reato in attuale permanenza per B.E.. Con la recidiva infraquinquennale.

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Tribunale di Terni

Sentenza n. 192/2012  del 20/02/2012

Giudice: Dott.ssa Tordelli

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         Massima   

Integra il delitto p. e p. dell’art. 572 c.p. la condotta omissiva del genitore che si disinteressa del figlio minore, non curandone l’igiene personale, la nutrizione, la crescita in un alloggio idoneo e procurandogli altresì segni di violenza. (Nella specie la madre del minore aveva assunto nei riguardi del figlio di 16 mesi, non solo una condotta di disinteresse e rifiuto, ma uno stile di vita incompatibile con le necessità del minore che si presentava sporco, malnutrito, privo di un alloggio adeguato e con evidenti segni di violenza).

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Tribunale di Terni

Sentenza n.  232 del 02/03/2012

Giudice: Dott. Socci

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         Massima                                                                                                                        

Il numero limitato  degli episodi di maltrattamento contestati, anche  se provati, non integrano la fattispecie del reato di cui all’art. 572 c.p..

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Tribunale di Terni

Sentenza n.  461 del 02/05/2012

Giudice: Dott.ssa Tordelli

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In tema di maltrattamenti in famiglia, il reato di cui all’art. 572 c.p. si integra qualora la condotta gravemente vessatoria generi nella vittima una condizione di disagio, di prostrazione e di timore per la propria incolumità. (Nella specie, la vittima veniva insultata e minacciata quotidianamente, anche di morte, picchiata e nella impossibilità di allontanarsi stante la dipendenza economica dell’imputato)

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Tribunale di Terni

Sentenza n.  613 del 01/06/2012

Giudice: Dott. Zanetti

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         Massima                                                                                                                         

Ripetuti atti di aggressione, di violenza morale e fisica integrano il reato di maltrattamento in famiglia. (Nella specie, la madre aveva ingiuriato, schiaffeggiato e lasciato fuori casa ripetutamente la figlia minore).

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 Tribunale di Terni

Sentenza n.  694 del 15/06/2012

Giudice:. Dott. Santoloci

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         Massima                                                                                               

Va mandato assolto ai sensi dell’art. 530 2° c. c.p.p., l’imputato del delitto di cui all’art. 572 c.p., quando plurimi indizi, riferibili ciascuno in se e partitamente considerato ad una molteplicità di cause ed effetti, non possono essere tutti significativamente riferiti ad una sola causa e ad un solo effetto loro comune, risultando, così, allo stato embrionale e inidonei per essere tradotti in prova formale. (Nella specie, il giudicante non ha ritenuto gli indizi raccolti aventi sinergici requisiti della gravità, della precisione e della concordanza non essendo emersa nell’istruttoria la certezza della dinamica dei fatti e, soprattutto, la esatta identificazione e responsabilità del prevenuto)

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    Tribunale di Terni

Sentenza n.  772 del 05/07/2012

Giudice: Dott. Socci

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         Massima                                                                                           

Il processo penale mira a ricostruire fatti storici verificatisi in passato. Pertanto, per affermare la responsabilità – ai sensi dell’art. 533 c.p.p. – al di là di ogni ragionevole dubbio, l’insussistenza di ragionevoli dubbi deve avere un contenuto oggettivo e non può essere supportato dal libero convincimento dei giudici, soprattutto, quando la prova è indiziaria. (Nella specie, è andato assolto dal reato di cui all’art. 571, 61 n° 1 c.p. (abuso dei mezzi di correzione), il padre che, a seguito di un litigio con la figlia minore, che intendeva recarsi a trovare la madre in ospedale, avrebbe procurato lesioni alla figlia, lesioni per le quali non era stata presentata querela).

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Tribunale di Terni

Sentenza n.  808 del 24/07/2012

Collegio – Presidente Estensore Dott. Zanetti

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         Massima                                                                                                            

Il reato di maltrattamenti in famiglia può essere ritenuto in concreto più grave del reato di cui all’art. 609 bis u.c., ai fini della unificazione dei reati sotto il vincolo della continuazione, quando i tentativi di violenza carnale si sono risolti in approcci di un marito ubriaco nei confronti della moglie, posti in essere senza una forza bruta, né con una convinzione particolare, atteso che il reato di maltrattamento è certamente più lesivo moralmente e fisicamente per la moglie. 



LA TESTIMONIANZA DEL MAGISTRATO. LA PAROLA AL DOTT. FAUSTO CARDELLA

E’ l’unico reato nel quale è la vittima che si vergogna. Anni di violenze raccontati ad occhi bassi, con un filo di voce. E il racconto viene fatto una volta e ripetuto e ripetuto… “Ci vorrebbe più rispetto e più riservatezza per queste donne – esordisce Fausto Cardella, già Procuratore presso la Procura del Tribunale di Terni – donne che hanno subito oltre ogni limite umano, che quando trovano la forza di denunciare lo fanno nel momento di massima esasperazione. Sono fragili e la narrazione della loro storia le strazia. Stanno parlando di un mostro, che è il padre dei loro figli. Il racconto le fa star male, le umilia e, in base ai nostri meccanismi procedurali, lo devono ripetere un’infinità di volte: agli investigatori, al pubblico ministero, in dibattimento e, a volte anche in appello. Basta. Non è possibile. Si dovrebbe configurare un meccanismo in cui la dichiarazione è una sola. Una sorta di incidente probatorio, in cui la donna, con tutte le accortezze e la delicatezza che il caso richiede, rilascia le dichiarazioni definitive una volta per tutte”.



A cura di GIULIANA SCORSONI

1 commento:

Anonimo ha detto...

Desidero semplicemente ringraziare Giuliana e Roberto per aver pubblicato questo post. E' necessario sapere e far sapere. E' necessario e ineludibile.
Grazie ancora
Chiara P.

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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)