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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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265. MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA di Giuliana Scorsoni
“Mi
dava schiaffi, pugni e calci al basso ventre, mentre ero incinta”. “Mi ha
schiacciato il viso a terra con un piede rompendomi un dente, alla presenza
della nostra bambina di tre anni, buttandomi fuori di casa più di una volta”. “Mi
ha minacciato puntandomi un coltello alla gola, gonfiandomi di botte, mentre mi
urlava che prima o poi mi avrebbe ammazzato”. “Più di una volta ha tentato di
strozzarmi, ubriaco, gridandomi che non potevo lasciarlo, che se lo avessi
buttato fuori di casa me l’avrebbe fatta pagare con la vita”. “Mi ha tagliato
un dito con un coltello da cucina”. “Mi ha violentato, davanti ai figli”. Scene
tratte da un film? La trama di un romanzo? No. Scene di vita vera. A Terni. Valentina,
Anisoara, Nayomi, Florie, Camelia, Madeleine, nomi veri, nomi di fantasia, che
importanza ha? Le storie sono vere. Incubi, non lontani dalle nostre porte,
dalle nostre vite. I primi nove mesi del 2012 hanno visto i giudici del
Tribunale di Terni affrontare processi per reati riguardanti i maltrattamenti
in famiglia, le violenze carnali dei mariti ubriachi sulle mogli, di “padri padroni”
violenti con le figlie, di genitori aguzzini. Violenze tra le mura domestiche.
Le più atroci. Le più infide. Le denunce, chi trova il coraggio di sporle,
arrivano dopo anni di soprusi, dopo anni di vessazioni, di umiliazioni, di
occhi neri, costole rotte, bastonate ed insulti. Donne che vedono la morte in
faccia ed allora si decidono a correre ad un commissariato, ad una caserma, ad
alzare la cornetta e chiedere aiuto al “telefono rosa”. Famiglie “normali”
all’apparenza. Professionisti, imprenditori, gente “perbene”. Nessun vicino di
casa si è mai accorto di nulla…eppure un calcio in faccia che spacca un setto
nasale fa male… Storie tristi che, purtroppo, non sempre hanno un lieto fine. Donne
psicologicamente fragili, che dopo aver trovato il coraggio di denunciare la
loro condizione, ritrattano, non si costituiscono parti civili nei processi,
ritirano le querele, o spariscono come Anisoara. Anisoara è una giovane donna
venuta dall’est Europa. Fa la badante. E’ piccolina. Viene raggiunta dal
marito. Alcoolista. Vive alle sue spalle. Anni di violenze fisiche e psichiche.
Un giorno, Anisoara tenta di salire su di un pulmann di linea, un uomo la tira
giù, con violenza. L’autista interviene, l’uomo si qualifica:”Sono il marito”.
Salgono. La lite continua. Furibonda. Ad un certo punto, un grido, un lamento
sordo da animale ferito. L’autista non ce la fa più. Si ferma, chiama il 113.
Anisoara piange in silenzio. Come avrà fatto tantissime altre volte. Ha il
polso rotto. Viene portata via dal 118 e lui dalla volante. Al processo
Anisoara non c’è. Irreperibile. Che fine avrà fatto? Camelia è sposata con
Constant dal 1999, hanno una bambina piccola. Arrivano in Italia, a Terni, nel
2006. Constant ha problemi di alcoolismo. Camelia rimane incinta di nuovo. Una
gravidanza difficile che la costringe mesi e mesi a letto. Lui si ubriaca ogni
giorno di più e la sua condotta diventa sempre più aggressiva. Non si trattiene
neppure alla presenza della figlia. Nasce il secondo bambino. La situazione
degenera. Una sera, Costant, dopo aver picchiato per l’ennesima volta Camelia
alla presenza dei figli, la butta fuori di casa, scalza, senza chiavi,
strappandole il bimbo di pochi mesi dalle braccia e impedendo alla figlia più
grande di soccorrere la madre. Camelia è terrorizzata e, finalmente, trova il
coraggio. Bussa alla porta della Questura di Terni. Gli agenti la riportano a
casa. Riescono ad entrare. I bambini sono terrorizzati, sotto choc. Constant
dorme. E’ talmente ubriaco che gli agenti non riescono a svegliarlo. Scatta la
denuncia e il Pubblico Ministero emette la misura cautelare dell’allontanamento
dalla casa familiare del marito e la collocazione di Camelia e dei figli in una
casa famiglia. Quando si arriva al processo, tre anni dopo, Camelia e Costant
si sono riconciliati. Stanno di nuovo insieme. Lei ritira tutte le querele che
può ritirare. In lacrime dice che lui è buono e che la picchiava solo perché
ubriaco. I reati che restano in piedi, perché perseguibili d’ufficio, portano ad una condanna ad otto
mesi di reclusione, con la concessione delle attenuanti generiche. Pena
sospesa. Lacrime in aula anche per Nayomi. Il reato per cui si procede è di
quelli “pesanti”. Violenza carnale. Il marito, imputato, è contumace. Lei, la vittima,
non si costituisce parte civile. Sentita come teste, singhiozza, mentre spiega
ai tre giudici che la stanno ascoltando perché porta ancora la fede nunziale:
spera di recuperare il proprio rapporto matrimoniale. “In fondo Fernand non è
cattivo. Quando picchiava me, o miei figli e perdeva il controllo era a causa
dell’alcool…Fernand è buono…”. I giudici sono impietriti. Nayomi chiede “pietà”
per il suo carnefice. Rimette la querela, ma la violenza carnale è un reato per
cui si procede d’ufficio. Il Tribunale trova una soluzione di “compromesso”. Il
reato contestato viene derubricato nella fattispecie meno grave prevista
nell’ultimo comma dell’articolo 629 bis codice penale. La violenza carnale
commessa in stato di ubriachezza viene qualificata come “…tentativi risoltisi
in goffi approcci, senza forza bruta, né particolare convinzione…”. Con la
continuazione viene comminata una pena detentiva ad un anno e sei mesi. Pena
sospesa. Florie, invece, ha il coraggio di andare fino in fondo. Si costituisce
anche parte civile. Il marito, nonostante il patteggiamento, si prende due anni
di reclusione e finisce dentro. Questa volta non c’è nessuna sospensione della
pena. Florie ha lottato per i suoi tre figli. Florie ha visto la morte in
faccia. E’ stata violentata brutalmente davanti ai suoi bambini. E’ stata
operata. Si è salvata. Nessuna pietà per il suo aguzzino. Poi, c’è Valentina,
giovane adolescente. Genitori separati. La mamma ricoverata in ospedale.
Valentina vuole andare a trovarla. Il padre glielo impedisce. Ne nasce una
lite. Valentina riporta la distorsione del polso e una contusione al collo. Infine,
la storia più triste. Luciano, sedici mesi. Per più di un anno, il padre e la
madre con problemi di alcolismo e tossicodipendenza, lo sottopongono a violenze
fisiche e psichiche. Lo fanno vivere in uno stato di totale indigenza, in un
appartamento senza acqua, gas ed energia elettrica. Lo portano fuori di notte.
Al gelo. Finchè non intervengono i servizi sociali, la questura, il Tribunale
dei minorenni. Luciano viene tolto a questi due genitori/carnefici e dato in
adozione. Forse, per lui, ci sarà un futuro migliore. Giuliana
Scorsoni
Dati statistici
Nei
primi nove mesi del 2012, il Tribunale di Terni ha tenuto undici processi
relativi a reati commessi all’interno dei nuclei familiari: maltrattamenti,
lesioni, violenze carnali. Di questi,
due si sono conclusi per remissione delle querele; tre con patteggiamenti ;
cinque con assoluzioni. Gli imputati di sette di questi procedimenti sono
risultati di nazionalità straniera. Nella maggior parte dei casi, circa il 70%,
l’imputato ha agito sotto l’effetto di alcool, o di sostanze stupefacenti. Solo
in tre procedimenti vi è stata la costituzione di parte civile. L’atteggiamento
psicologico delle vittime, in sede dibattimentale, si è improntato sul
tentativo di recuperare il matrimonio sminuendo i fatti denunciati e rimettendo
le querele, laddove rimettibili. Giurisprudenza costante in merito alla
derubricazione del reato di cui all’art.
609 bis del codice penale, violenza carnale, in quello più lieve di cui
all’ultimo comma, stante le modalità delle violenze consumate nei confronti
della moglie, da ritenersi non particolarmente aggressive ed estrinsecatesi in
approcci senza alcuna forza bruta, né convinzione particolare, a causa dello
stato di ubriachezza del marito.
GIURISPRUDENZA
PENALE
MALTRATTAMENTI
IN FAMIGLIA E REATI COLLEGATI
A
cura di Massimo Proietti
***
*** ***
Tribunale
di Terni
Sentenza n.
40/2012 del 13/01/2012
Giudice:
dott. Socci
_______________________________
Massima
Non
integrano il reato di cui all’art 572 c.p. pochi episodi relativi a liti (con
reciproche aggressioni ed offese) che non costituiscono atti di vessazione
continua tali da cagionare sofferenze, privazioni e umiliazioni fonte di un
disagio continuo, rilevanti ai sensi dell’integrazione dell’elemento effettivo
di cui all’art 572 c.p. (Il capo di
imputazione era così formulato: “ … omissis…imputata
del reato di cui all’art. 572 c.p.
perché, con ripetuti atti di violenza fisica, ingiurie e minacce, maltrattava
la madre B. E. e la nonna B. I., persone con lei conviventi. Singoli episodi
non esaustivi: il 13 maggio 2002, al rifiuto di consegnarle denaro, minacciava
e percuoteva colpendola al capo e all’addome, B. E., costretta a chiamare il
113 per far cessare le predette violenze, il 1° marzo 2004 percuoteva la madre
cagionandole lesioni al braccio e alla mano destra, l’8 marzo 2004 anche
facendo uso di una bottiglia e il 09 marzo minacciava e ingiuriava B. E.,
costretta a chiamare il 113 per far cessare le predette violenze. In Terni
reato in attuale permanenza per B.E.. Con la recidiva infraquinquennale.
_________________________________________________
Tribunale
di Terni
Sentenza n.
192/2012 del 20/02/2012
Giudice:
Dott.ssa Tordelli
_______________________________
Massima
Integra
il delitto p. e p. dell’art. 572 c.p.
la condotta omissiva del genitore che si disinteressa del figlio minore, non curandone
l’igiene personale, la nutrizione, la crescita in un alloggio idoneo e
procurandogli altresì segni di violenza. (Nella specie la madre del minore
aveva assunto nei riguardi del figlio di 16 mesi, non solo una condotta di
disinteresse e rifiuto, ma uno stile di vita incompatibile con le necessità del
minore che si presentava sporco, malnutrito, privo di un alloggio adeguato e
con evidenti segni di violenza).
______________________________________________
Tribunale
di Terni
Sentenza n. 232 del 02/03/2012
Giudice:
Dott. Socci
_______________________________
Massima
Il
numero limitato degli episodi di
maltrattamento contestati, anche se
provati, non integrano la fattispecie del reato di cui all’art. 572 c.p..
__________________________________________________
Tribunale
di Terni
Sentenza n. 461 del 02/05/2012
Giudice:
Dott.ssa Tordelli
_______________________________
In
tema di maltrattamenti in famiglia, il reato di cui all’art. 572 c.p. si integra qualora la condotta
gravemente vessatoria generi nella vittima una condizione di disagio, di
prostrazione e di timore per la propria incolumità. (Nella specie, la vittima
veniva insultata e minacciata quotidianamente, anche di morte, picchiata e
nella impossibilità di allontanarsi stante la dipendenza economica
dell’imputato)
__________________________________________________
Tribunale
di Terni
Sentenza n. 613 del 01/06/2012
Giudice:
Dott. Zanetti
_______________________________
Massima
Ripetuti
atti di aggressione, di violenza morale e fisica integrano il reato di
maltrattamento in famiglia. (Nella specie, la madre aveva ingiuriato,
schiaffeggiato e lasciato fuori casa ripetutamente la figlia minore).
__________________________________________________
Tribunale di Terni
Sentenza n. 694 del 15/06/2012
Giudice:.
Dott. Santoloci
_______________________________
Massima
Va
mandato assolto ai sensi dell’art. 530 2°
c. c.p.p., l’imputato del delitto di cui all’art. 572 c.p., quando plurimi indizi, riferibili ciascuno in se e
partitamente considerato ad una molteplicità di cause ed effetti, non possono
essere tutti significativamente riferiti ad una sola causa e ad un solo effetto
loro comune, risultando, così, allo stato embrionale e inidonei per essere
tradotti in prova formale. (Nella specie, il giudicante non ha ritenuto gli
indizi raccolti aventi sinergici requisiti della gravità, della precisione e
della concordanza non essendo emersa nell’istruttoria la certezza della
dinamica dei fatti e, soprattutto, la esatta identificazione e responsabilità
del prevenuto)
_________________________________________________
Tribunale di Terni
Sentenza n. 772 del 05/07/2012
Giudice:
Dott. Socci
_______________________________
Massima
Il
processo penale mira a ricostruire fatti storici verificatisi in passato.
Pertanto, per affermare la responsabilità – ai sensi dell’art. 533 c.p.p. – al
di là di ogni ragionevole dubbio, l’insussistenza di ragionevoli dubbi deve
avere un contenuto oggettivo e non può essere supportato dal libero
convincimento dei giudici, soprattutto, quando la prova è indiziaria. (Nella
specie, è andato assolto dal reato di cui all’art. 571, 61 n° 1 c.p. (abuso dei mezzi di correzione), il padre che, a
seguito di un litigio con la figlia minore, che intendeva recarsi a trovare la
madre in ospedale, avrebbe procurato lesioni alla figlia, lesioni per le quali
non era stata presentata querela).
__________________________________________________
Tribunale
di Terni
Sentenza n. 808 del 24/07/2012
Collegio
– Presidente Estensore Dott. Zanetti
_______________________________
Massima
Il
reato di maltrattamenti in famiglia può essere ritenuto in concreto più grave
del reato di cui all’art. 609 bis u.c.,
ai fini della unificazione dei reati sotto il vincolo della continuazione,
quando i tentativi di violenza carnale si sono risolti in approcci di un marito
ubriaco nei confronti della moglie, posti in essere senza una forza bruta, né
con una convinzione particolare, atteso che il reato di maltrattamento è
certamente più lesivo moralmente e fisicamente per la moglie.
LA
TESTIMONIANZA DEL MAGISTRATO. LA PAROLA AL DOTT. FAUSTO CARDELLA
E’
l’unico reato nel quale è la vittima che si vergogna. Anni di violenze
raccontati ad occhi bassi, con un filo di voce. E il racconto viene fatto una
volta e ripetuto e ripetuto… “Ci vorrebbe più rispetto e più riservatezza per
queste donne – esordisce Fausto Cardella, già Procuratore presso la Procura del
Tribunale di Terni – donne che hanno subito oltre ogni limite umano, che quando
trovano la forza di denunciare lo fanno nel momento di massima esasperazione.
Sono fragili e la narrazione della loro storia le strazia. Stanno parlando di
un mostro, che è il padre dei loro figli. Il racconto le fa star male, le
umilia e, in base ai nostri meccanismi procedurali, lo devono ripetere
un’infinità di volte: agli investigatori, al pubblico ministero, in
dibattimento e, a volte anche in appello. Basta. Non è possibile. Si dovrebbe
configurare un meccanismo in cui la dichiarazione è una sola. Una sorta di
incidente probatorio, in cui la donna, con tutte le accortezze e la delicatezza
che il caso richiede, rilascia le dichiarazioni definitive una volta per
tutte”.
A
cura di GIULIANA SCORSONI
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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.
(Carl Gustav Jung)
1 commento:
Desidero semplicemente ringraziare Giuliana e Roberto per aver pubblicato questo post. E' necessario sapere e far sapere. E' necessario e ineludibile.
Grazie ancora
Chiara P.
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