Questo post fa seguito ai post 255 e 247.
"Specchio, specchio delle mie
brame,
chi è la più bella del reame?".
"O mia regina, tu sei bella, ma in mia fe',
al di là dei monti e dei piani
presso i Sette Nani,
Biancaneve è più bella di te"
L'invidia è la "bestia nera" degli
psicoanalisti. È un elemento importante dell'esistenza che può seriamente
ostacolare il benessere personale e relazionale degli individui, delle coppie,
dei gruppi e di ogni aggregazione umana. In psicanalisi le teorizzazioni
sull'invidia sono molte e variegate.
Se però pensiamo l'invidia come una
particolare forma di dolore mentale tutto diventa più chiaro. L'invidia, infatti, è uno specifico dolore
mentale, è una specifica emozione dolorosa che è adeguata alla percezione che
noi non siamo o non abbiamo qualche cosa di buono, ammirato, desiderabile o
desiderato che altre persone invece sono o hanno. Prendiamo a prestito la
favola di Biancaneve.
La Strega cerca di uccidere Biancaneve al fine di annullare, appunto, il dolore
per la differenza (di bellezza) con svantaggio per lei stessa. Il dolore per la constatazione del confronto
con proprio svantaggio è così grande che la Strega non può tollerarlo, tanto che, per cercare
di annullarlo, cerca addirittura di uccidere la rivale, nel tentativo di
eliminarne la fonte. Sembra chiaro che in questa storia la cosa che fa scattare
il dolore per il confronto con svantaggio e le modalità di gestione così estreme è ben più
rilevante che non la pura e semplice bellezza: la Strega, la sua sofferenza e
i suoi modi di gestirla qui simbolizzano l'invidia in generale. Un metodo
sostanzialmente analogo è quello che mira a danneggiare la cosa o la persona
che suscita il dolore mentale invidioso. Il danneggiamento può essere diretto
sulle qualità della cosa o della persona invidiate, o indiretto, su altre
qualità. In questo caso il soggetto cerca di realizzare una sorta di riequilibrio
fra vantaggi e svantaggi agendo sui beni posseduti, cercando di diminuirne nel
rivale, anziché di acquisirne lui. L'invidia fa la sua comparsa nella
letteratura psicanalitica fin dalla nascita della psicanalisi stessa. È
infatti
Sigmund Freud a chiamare ripetutamente in causa questo affetto, inizialmente in
termini alquanto generici, in seguito con la formulazione del concetto più tecnico
di 'invidia dell’organo genitale maschile”. Freud non procederà mai a una
sistematizzazione di tale concetto, né a una sua trattazione specifica. La trattazione dell'invidia, soltanto
abbozzata da Freud, viene successivamente portata avanti da Karl Abraham, suo
allievo ed erede intellettuale. "L'invidioso - secondo Abraham - non
mostra soltanto di desiderare quel che l'altro possiede, ma unisce a questo
desiderio impulsi di odio contro il privilegiato". Abraham rintraccia
l'origine dell'invidia in una lunga e variegata serie di situazioni, tra le
quali domina comunque, come oggetto dell'invidia, il rapporto gratificante tra
madre e fratello minore. Sono state le teorie elaborate da Melanie Klein
sull'invidia a regalare a questo affetto un posto di primo piano all'interno
della teorizzazione psicanalitica. Al sentimento invidioso l'autrice dedica il
testo Envy and gratitude (1957), in cui all'invidia viene riconosciuto lo
status di emozione in grado di influenzare profondamente le primissime esperienze
del bambino. La Klein
distingue nettamente il sentimento invidioso da quello della gelosia, notando
come, anche tra gli psicanalisti, si tenda di frequente a confondere i due
concetti. L'invidia sarebbe, a parere dell'autrice, un vissuto più precoce, una
delle emozioni più primitive e fondamentali. La gelosia infatti si fonda
sull'amore, mira al possesso dell'oggetto amato e all'eliminazione del rivale:
questo presuppone un rapporto triadico, che si instaura in una fase piuttosto
avanzata dello sviluppo psichico. L'invidia, invece, si colloca all'interno di
una relazione duale, in cui l'invidioso invidia un possesso o una qualità
all'invidiato. Dato che l'emergere dell'invidia viene collocato agli albori
della vita psichica del soggetto, è naturale chiedersi che cosa sia ciò di cui
il piccolo bambino invidia il possesso, e a chi lo invidi. Per la Klein l'invidia originaria è
quella che si prova verso il primo oggetto d'amore, vale a dire la madre. Un eccesso di invidia impedisce anche il
formarsi dell'immagine interna della coppia genitoriale, perché quanto più
intenso è il sentimento invidioso, tanto più difficile risulta accettare
l'esistenza di una relazione affettiva tra la figura del padre e quella della
madre. L’invidia non è una carica
energetica che si lega alla rappresentazione, non è un'entità psichica, ma è un
processo psichico complesso, costituito da molte componenti, fra cui quelle cognitive,
motivazionali, espressive, performative, strutturanti il Sé e l'identità (personale, di coppia, di gruppo). Ed è un
processo così rapido, che
spesso è stato colto come un tutto unico non
articolato e le sue componenti sono state spesso tra loro confuse. Spingendo
all'azione, l’invidia deve essere gestita
. La capacità di gestione di questa emozione si struttura nei processi
relazionali a partire dalle relazioni fondanti di base. L'invidia è quella
particolare forma di dolore mentale che è connessa alla percezione della
differenza con proprio svantaggio. La questione dell'invidia risiede
principalmente nella gestione del dolore mentale invidioso. Molti sono i modi
attraverso cui si può cercar di annullare, prevenire o lenire tale dolore, fra
cui uno, il più appariscente, il più dannoso (e il più studiato), è quello di
distruggere o danneggiare la cosa o la persona che lo suscita. Bambini e adulti
che siano stati esposti in modo ripetitivo, rigido e traumatico al dolore
mentale invidioso possono strutturare un particolare assetto mentale (quasi)
permanente - l'assetto mentale invidioso - che ha la paradossale caratteristica
di essere finalizzato a prevenire e combattere ogni situazione che potrebbe
esporre al dolore mentale invidioso, ma che, di fatto, fa vivere il soggetto
perennemente immerso nei sistemi intrapsichici e relazionali dell'invidia. Ed infine, dopo Biancaneve e la strega, ecco
altri personaggi di fantasia: Paperon de' Paperoni cerca di prevenire non la
povertà direttamente, ma il dolore mentale dell'invidia. La cosa che più lo
mette in crisi, in effetti, è la possibilità che il suo rivale Rockerduck possa
sopravanzarlo nella ricchezza e nel successo. E la stessa Banda Bassotti cerca
di derubarlo non per arricchirsi, ma per mettersi a fare come lui i tuffi nelle
monete d'oro ed essere finalmente come
lui. Si tratta quindi di “ universi invidiosi”. CHIARA PASSARELLA
1 commento:
L’invidia, in effetti, è una delle forme di quel vizio, in parte morale, in parte intellettuale, che consiste nel non vedere mai le cose in se stesse, ma soltanto in rapporto ad altre.
Bertrand Russell
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