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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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232. ISRAELE METAL di Sky Robertace Latini
Se ci si aspetta un suono da “mille e una notte” dal
metal israeliano, non sempre ci si azzecca. L’ispirazione è rock di pura
matrice occidentale, anche quando il cantato è in ebraico. Non posso dire di conoscere il panorama
israeliano del metal (e nemmeno del rock), visto che in tutta la mia vita ho
ascoltato solo due dischi da quella nazione. Però voglio raccontare le mie
sensazioni sui due, perché comunque li reputo particolari. Uno l’ho acquistato proprio in Israele ed è
quello con le scritte in ebraico, che per capire come leggerne i suoni ho
dovuto guardare su internet: si tratta di “FORTE” (2007) degli HaYehudim che posseggono una verve
gotica che sanno amalgamare con tutti gli altri tipi di rock, dall’Hard fino ad
un certo Crossover. Un’altro è “THE NEVER ENDING WAY OF ORWARRIOR” (2010) degli
Orphaned Land, gruppo
completamente inserito nel Prog - Metal. Le diversità fra i due approcci sono
evidenti, ma entrambi possono dirsi di non facile assimilazione. Se certe fattezze tipiche del medio oriente ci
sono, esse stanno comunque nei limiti di un modo di intendere la musica molto
internazionale. Gli HaYehudim hanno un sound moderno e poco incline a indulgere
nell’orientaleggiamento, mentre gli Orphaned Land ne fanno grande uso, pur
lasciandosi trasportare dalle influenze dei grandi del prog europeo. Bisogna rendersi conto, e chi ascolta molto
rock lo sa, che in occidente spesso i ritmi e le atmosfere orientaleggianti
sono utilizzate, anzi, ormai sono un elemento base diffusissimo da decenni
(iniziarono i Beatles negli anni ’60, anche se più di stampo indiano). Anche
l’Hard Rock classico ne è un esempio: Blackmore coi Rainbow in “Gates of
Babylon”. Ma anche i metaller Blind Guardian,
ai giorni nostri, in “Wheel of time” (dall’album “At the edge of time” – 2010),
dimostrano che il sound orientaleggiante, del medio oriente soprattutto, è
ormai una tradizione acquisita nel rock e specialmente nel metal, che ne fa
comunemente uso. Ciò fa si che un disco come quello degli Orphaned Land non
appaia estraneo alla mentalità dei rocker di tutto il mondo. Alla fine entrambi
possono essere posti nel calderone Progressive se intendiamo per Prog
l’utilizzo di tante influenze diverse. Ma mentre ogni brano degli O.Land è un
perfetto amalgama di varie sonorità, gli HaYehudim tendono a lasciare separate
le diverse influenze, così da creare brani molto distanti tra loro per
tipicità, anche se poi sono bravi a ricondurli alla propria espressività.
Quindi gli O.Land sono Progressive all’interno della categoria in senso
stretto, mentre gli HaYehudim lo sono solo in senso lato. Effetto fa invece guardare il lato artistico
dell’immagine, dei testi e del moniker. Se prendiamo gli HaYehudim, vediamo che
la traduzione del loro moniker non è altro che “Giudei”, come volessero imporre
la loro appartenenza culturale. E infatti poche sono le song cantate da loro in
inglese. Mentre gli Orphaned Land hanno appunto scelto di essere chiamati
“Terra Resa Orfana”; considerando la storia di Israele e del suo popolo, la
cosa appare poco casuale e veramente diretta. E a rendere la cosa ancora più
curiosa sta il fatto che tra le foto con cui si fanno pubblicità ce n’è una, se
andate sul sito la vedete, in cui i sei componenti della band sono vestiti: due
da arabi, due da ebrei (col tipico cappellone), uno da Gesù e soltanto la donna
appare normale (se lo è), anche se in altre foto appare nelle vesti di
cristiana tenendo stretta in mano una croce; la provocazione c’è ma non viene
esplicitata con chiarezza, appare leggermente blasfema. Invece il significato
reale che la band voleva dare è quella del bisogno di non dividersi uno contro
l’altro ma di portare l’unione tra gli uomini pur conservando mentalità di
culture diverse. Ad ogni modo sembra che non si tratti di band tranquille, ma
come il metal insegna, provacatrici e politicamente incorrette. Del resto gli
HaYehudim in patria sono in mezzo alle polemiche per i testi considerati
talvolta ideologici. Sembra, e la cosa mi ha sorpreso considerando la necessità
di trovare un mercato, che gli Israeliani non abbiano remore a farsi carico
della propria diversità, e che quindi non cerchino il successo facile
all’estero. Non so per gli HaYehudim, ma gli Orphaned Land, all’inizio di
questo anno sono andati in tournè in Europa, pure in Italia, con un gruppo
metal tunisino, i Myrath, (erano presenti anche altre band): arabi ed ebrei
insieme sullo stesso palco. La cosa non dovrebbe stupire perché ormai si sa che
l’arte unisce e fa fare cose in altre situazioni impossibili. Le barriere si
abbattono anche a suon di metal. Intervista a Matti Svatitzki, chitarrista
degli Orphaned Land (Metallized-2011): “Era nostra intenzione portare in Europa
un tour che comprendesse band dal forte taglio mediorientale/maghrebino e
certamente la componente simbolica è molto forte”. Come a dire: “non abbiamo scelto questo
raggruppamento di musicisti solo per motivi estetici e musicali, ma anche per
dare un messaggio socio-culturale (vogliamo dire anche politico in senso
allargato?)”. SKY ROBERTACE LATINI
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