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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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231. E’ NOME IMPORTANTE. E’ NOME DA RE – di Cristina Spera
L’infermiera
del nido la invita ad entrare. L’accompagna e la fa sedere sopra una
poltroncina arancione, con i braccioli metallici opacati dal tempo. “Aspetta qui - dice con tono perentorio - Non
muoverti! Vado a prendere il bambino”. Lei però non l’ascolta. Si alza e
comincia a girare in tondo nel poco spazio disponibile, come una tigre in
gabbia, posando lo sguardo su ogni cosa, senza fissare niente. Poi si siede
accanto a me. Né vestaglia, né pantofole. Addosso solo una camicia da notte
rosa con qualche fiorellino giallo. Tutto fuori stagione, considerando che
siamo a fine novembre, comprese le ciabattine infradito. Finalmente le portano
il bambino. Non sa come prenderlo, tantomeno come attaccarlo al seno. “Ce ne
vuole qui di pazienza!” bofonchia l’infermiera che non si scoraggia e dopo
numerosi tentativi riesce a garantire al
piccolo il primo pasto della sua vita. Tutto però prescinde da lei. Lei che
continua a guardarsi intorno senza curiosità, posando lo sguardo su tutto,
senza ritenere nulla. “Vedi? Anch’io ce
l’ho! - mi dice in tono di sfida - Il tuo come si chiama?” “E’ una femmina e si
chiama Valentina” Rispondo infastidita a quella presenza-assenza che turba un
momento d’intimità per me così intenso. “Il mio ancora un nome non ce l’ha –
ribatte - Voglio un nome importante. Un nome da re”. Che fosse un tipo strano
l’avevo già intuito la sera prima, notte di luna piena, quando è arrivata in
corsia con i dolori del travaglio. Inaspettatamente mi ha stretto il braccio,
già martoriato da due giorni di flebo. E con un candore disarmante: “Che dici i
dolori di adesso, saranno quelli buoni? Spero di sì. Sono intermittenti, come
le lucette dell’albero di Natale!” Già, tra meno di un mese è Natale. Che ne
sarà del piccolo bimbo senza nome? Fino ad oggi, lui e Valentina avevano condiviso lo stesso
percorso, abitato gli stessi ambienti,
occupato gli stessi spazi, provato le stesse sensazioni impetuose di chi si
apre alla vita. Ma da adesso in poi
tutto sarebbe stato diverso. La vita sa
essere crudele fin dall’inizio. L’infermiera coglie la mia tristezza. Mi
racconta di un certo giudice tutelare che si sarebbe affacciato nella stanza
del primario e frettolosamente: “La
mamma interdetta, il padre, non si sa chi sia. Lo affideremo alla nonna”. “Poteva
andar peggio” commenta. Ah, la nonna: grigia dalla testa ai piedi. Capelli
grigi, occhi grigi, cappotto grigio, grigia anche la busta di nylon che porta
al posto della borsa. Crudele la vita,
davvero. Ma ecco che la tizia si illumina in volto. Mi afferra nuovamente il
braccio e scuotendomelo con vigore: “Ecco, ecco, ho trovato! Si chiamerà
Umberto. E’ nome importante. E’ nome da re”.
Cristina Spera
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