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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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215. LA STORIA DEI JUDAS PRIEST di Sky Robertace Latini
LA STORIA DEI JUDAS PRIEST-Defenders of the faith di Neil Daniels (2010) pubblicato in Italia dalla Tsumani
Edizioni nel 2011
Questo libro ha come sottotitolo “Defenders of the
faith” come il titolo del nono album della band del 1984. Perché? Perché i
Judas Priest sono considerati il gruppo Heavy Metal per eccellenza, il gruppo
che meglio incarna lo spirito e il tipo di musica che esso stesso ha
contribuito a creare, anzi forse sono il gruppo apripista, quello che davvero
ha traghettato l’Hard Rock verso l’Heavy Metal (sentire “Unleashed in the
east”, disco live, del 1979). Quindi sono stati e sono i Difensori della fede,
e la fede è appunto quella metallica. L’autore dello scritto è britannico.
Giornalista e scrittore che ha già pubblicato altri libri (uno sul cantante dei
Led Zeppelin Robert Plant). Egli non è riuscito a trovare la collaborazione dei
membri attuali della band, per avere interviste fresche; ma ha ricostruito gli
eventi grazie a tutte le altre fonti possibili: sia sue vecchie interviste con
loro, sia incontrando i vecchi membri, sia parlando con chi girava e gira
intorno ad essi. Chi sono i Judas Priest? Gente che ha lavorato duro, facendo
concerti ovunque stando “on the road” anche in senso letterale, cioè dormendo
nei furgoni e facendo i bisogni nei sacchetti perché fuori era troppo freddo. E
dove? Prima in Gran Bretagna e poi in massacranti tour europei. Il loro Metal è
considerato tipicamente inglese, e da giovani il loro ambiente è stato il
“Black Country”, quello fuligginoso e sporco delle zone industrializzate
inglesi. Così il suono rugginoso e sferragliante riproduce la cultura da loro
vissuta, di giovani che volevano fuggire quella realtà noiosa, asfissiante e
senza prospettive. Il chitarrista GlennTipton è del 1948; il bassista Ian Frank
Hill, il cantante Robert Halford e l’altro chitarrista K.K.Downing sono invece
del 1951. I quattro si troveranno insieme nel 1974 col primo album “Rocka
rolla” (mentre i batteristi cambieranno sempre: almeno nove); ma la band aveva
già una storia prima di quella su disco. Iniziata nel ’69, quando i Led
Zeppelin creavano l’Hard Rock con la loro prima pubblicazione, essa vedeva
altri membri. Lo scrittore la racconta sin da quel momento utilizzando le
testimonianze del primo cantante Al Atkins. Ma Halford è Halford e lo stesso
Atkins ammette: “LA VOCE DINAMICA,
POTENTE ED ECCEZIONALMENTE ACUTA DI ROB HALFORD
E LA SUA FENOMENALE PRESENZA SCENICA, SONO DEI PUNTI FORZA CON CUI FARE
I CONTI” Eh già, perché Halford è forse il miglior singer della storia del
metal, forse solo Freddy Mercury lo batteva, ma comunque il cantante dei Queen
possedeva una voce meno metal. Non a caso i fan cominciarono ha chiamare
Halford “Metal God” (Dio del Metal) dopo la pubblicazione della song “Metal
Gods” nell’album”British steel”del 1980. Il libro non ha caso racconta della
delusione che i fan ricevettero dalla pubblicazione di due dischi dei Judas
senza Halford (“Jugulator” nel ’97 e “Demolition” nel 2000). Un libro così era necessario, poiché nessuno
ancora aveva raccontato a dovere gli eventi di una band che ha segnato
fortemente la storia della musica. Forse la scrittura appare troppo tecnica e
fredda, mancando di aneddoti che possano dare un senso più rock alla
narrazione. Ma andava puntualizzato lo schema dei fatti, che qui cercano di
essere messi in ordine. Il grande spazio dato ai due fondatori (il cantante Al
Atkins e il chitarrista Ernie Chataway) è importante per due motivi: uno è
quello che fa capire come è partita la cosa; l’altra ragione sta nel fatto che
alcune canzoni o embrioni di quelle canzoni che formarono parte della
track-list del primo album e del secondo, erano state composte dai due. Il
libro poi si dilunga su altri ex-membri anche raccontando come uno degli
ex-batteristi si trovi attualmente in carcere: anni dopo aver lasciato i Judas
venne accusato di stupro omosessuale e condannato. E si racconta il processo che i Judas hanno
subito in U.S.A. per istigazione al suicidio dopo che un giovane si è ucciso
mentre sul piatto del giradischi c’era un album della band. Vennero prosciolti.
Inoltre viene accennato all’omosessualità di Halford, ma di come la cosa sia
venuta fuori molto dopo il “coming out”di Freddy Mercury, pur essendo i Judas e
i Queen contemporanei per carriera (in realtà anche senza rivelarlo, la cosa
appariva più evidente per Freddy date le sue pose e i suoi atteggiamenti). C’è pure il loro rapporto con le band che
facevano da gruppo spalla ai loro concerti. Eccetto che con gli Iron Maiden,
pare che con tutti gli altri abbiano avuto buoni rapporti, e l’autore motiva
questo atteggiamento positivo con la cattiva esperienza avuta coi Foghat che li
avevano trattati male: da quel momento si sarebbero ripromessi di non trattare
mai nessuno allo stesso modo, che avesse avuto quel ruolo nei propri concerti. E
ancora del loro imbarcarsi presto coi video clip promozionali, ma di come essi
apparissero ridicoli non riuscendosi mai a prendere troppo sul serio in quelle
veci recitative. Oltre a maggiori aneddoti, avrei voluto che si fosse parlato
più di musica. Ad ogni modo è un libro che riesce a sottolineare il merito che
hanno avuto i Judas Priest nella costruzione di un genere musicale che si è
esplicitato molto anche nel rapporto coi fan. Nelle loro vicissitudini, i Judas
di questa opera, appaiono come alla ricerca del disco definitivo, del loro
album perfetto. Ma essi non credono mai di averlo raggiunto, e se ciò li ha
resi in parte insoddisfatti, ha dato loro però anche la spinta a rinnovarsi
sempre. SKY ROBERTACE LATINI
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