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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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181. THE RIVER (serie televisiva-2012-creata da Oren Peci e Michael R. Perry) di Sky Robertace Latini
Questa serie statunitense vede come produttore esecutivo Steven
Spielberg ed è stato trasmesso sul network ABC e poi anche in Italia.Ho
iniziato a vedere un mucchio di serie televisive con mio figlio, ma tutte
iniziano e nessuna finisce andando avanti per più stagioni e annunciandone ogni
volta una seguente. Quella che è terminata
lo ha fatto a metà senza dare conclusioni di sorta perché aveva poca
audience quindi è stata interrotta purtroppo (si tratta di “Flash Forward”), e
il “purtroppo” è significativo perché era la più intrigante di tutte. Quella
qui recensita è durata solo 8 episodi e la considero terminata poiché il finale
è adeguato (pare comunque che anch’essa avesse poca audience e quindi per
questo non vedrà una seconda stagione). La storia riguarda una troupe
televisiva che si mette alla ricerca di un uomo perso nella foresta amazzonica,
tra le spire di un fiume. Tale troupe filma tutti in modo documentaristico, e
finanzia le ricerche perché pensa di utilizzare il materiale girato a mò di
prodotto televisivo da trasmettere sotto forma di reality. Del resto è la
stessa rete televisiva per cui lavorava l’uomo scomparso, un tal Emmet Cole,
che presentava un programma naturalistico di successo. Alle ricerche
partecipano moglie e figlio dello scomparso. L’atmosfera è horror poiché si
parla di magia. Il Sudamerica è famoso per questo tipo di ambientazioni
supertiziose religioso-culturali. Spiriti; zombie; riti; ed eventi soprannaturali
contrastano l’avanzata della comitiva che su un barcone naviga risalendo il
fiume nella zona della Boiuna,
considerata tabù dalla gente del luogo: chi vi entra non può farne
ritorno. Anche la geografia muta per impedire a questi uomini di uscirne.Ma
l’esploratore Emmet Cole, quando era scomparso non stava lavorando, si era
messo alla ricerca del mistero, un desiderio di trovare il senso della vita,
attirato dalla cosiddetta “Fonte”, un punto della foresta da cui tutta l’intera
magia viene emanata. E lo aveva fatto filmandosi egli stesso fino all’ultimo
secondo, anche nei momenti di pericolo. Nelle espressioni di fantasia, l’horror
magico è quello che meno mi piace, preferisco la fantascienza e il Fantasy,
però l’immersione nella natura e la storia ben congegnata sono risultati
avvincenti. Vi sono alcune forzature e alcune eccessive esemplificazioni, ma
nell’insieme è apparso tutto piuttosto credibile. Al di là della trama e dei colpi di scena, la
trovata originale sta nel vedere le riprese attraverso quello che la troupe,
personaggio del film, avrebbe effettuato. Lo spettatore della serie si trova a
guardarla con l’occhio di chi ha davanti a sé un vero reality. Lungometraggi
realizzati come se le riprese fossero fatte direttamente dai personaggi stessi
del film, sono già esistiti (“The blair witch project” oppure “Cloverfield”),
in questo caso però i personaggi riprendono perché deve essere prodotto un
reality per la tv. E’ vero che ho notato degli errori nel montaggio, però
l’effetto è riuscito. In più questo elemento narrativo ha permesso anche di interagire in un modo diverso sulla trama;
il fatto che ci fossero telecamere montate ovunque a fatto si che i personaggi
potessero venire a conoscenza di eventi in tempi successivi, o potessero decidere
e dare il via ad eventi capendo situazioni tramite visioni di video, creando
strati diversi di racconto. E il telespettatore si trova a osservare per la
prima volta ciò che i personaggi vedono, anch’essi seduti. E’ una simbiosi tra
personaggio e fruitore della serie che hanno davanti a sé lo stesso video-tape.
Il fatto poi che Emmet si sia filmato anche nei momenti estremi, porta il tono
di questa serie televisiva ad un punto di surrealtà, come a voler significare
l’occhio indiscreto del video, del “Grande Fratello” televisivo (non quello di
Orwell), il quale vive come elemento imprescindibile della nostra vita
quotidiana. E se non siamo ripresi ci riprendiamo da soli (magari col
cellulare, no ?): solo così ci sentiamo vivi. Al concerto dei Dream Theater a
Perugia pochi mesi fa, ho visto in parecchi riprendere troppe volte il palco
senza gustarsi direttamente le immagini. Ma colmo dei colmi, più di uno di loro
a riguardarsi le immagini (e non solo per un attimo) appena effettuate mentre i
musicisti suonavano e cantavano: non mi dite che non sono degli imbecilli. Ecco:
la vita del singolo esiste davvero o esiste solo se è scena per tutti gli
altri? Nella vita ci vuole relazione, questo è certo, ma non la relazione tra
spettatore ed attore. Tornando alla serie tv, Emmet Cole viene trovato, e varie
situazioni vengono chiarite e risolte, ma nell’istante di uscire dalla Boiuna,
il fiume magicamente si deforma e non usciranno mai più. Il finale è che tutti
vagheranno all’infinito sulla loro nave, magari anche dopo morti, in qualità di zombie, cosa che il
telespettatore può ipotizzare dato che i personaggi stessi ne avevano
incontrato alcuni che potevano essere liberati solo se dei vivi avessero preso
il loro posto. Ecco, il finale è
sufficientemente accettabile, la serie può non riprendere. Ad ogni modo se
riprenderà lo vedrò con piacere (anche perché cosa sia la “Fonte” è rimasto un
mistero). SKY ROBERTACE LATINI
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