REQUIEM FOR THE INDIFFERENT -
Epica (dall’Olanda) - 2012
Ecco la quinta prova da studio (la prima è del 2003).
Sempre sinfonici, meno ridondanti, più ficcanti. Sì, risultano più incisivi che
nell’ultimo album di due anni fa, valorizzando la struttura compositiva e non
eccedendo in pompaggio decorativo. Naturalmente l’elemento epico-magniloquente
rimane nelle corde della band e questo non può che farci piacere. “MONOPOLY ON TRUTH” si accende subito per divampare con
energia. In realtà il bel 4/4 tirato viene rallentato da vari middle-time inseriti durante il cantato.
Cantato che si alterna tra voce limpida femminile di Simone e quella growl maschile del chitarrista Mark
Jansen e quest’ultima non è assolutamente in secondo piano. Atmosfera scura con
maestosi momenti corali. “DELIRIUM” inizia con un delizioso mormorio a labbra
chiuse, soave, quasi da chiesa. Veramente da brividi. Un pianoforte poi
accompagna l’accesso alla voce candida di Simone. Un affascinante momento soft
di rarefatta dolcissima attrazione. “INTERNAL WARFARE” è un altro pezzo
dall’inizio duro e tirato. Sempre quando subentra il ritmo medio, entra la
voce. Il tutto però rimane di forte impatto e le chitarre veloci e incisive,
qui molto importanti, vengono amalgamate da tastiere e cori dall’alto carattere
lirico. Il picco più alto di cattiveria si raggiunge nei momenti di growl. “REQUIEM FOR THE INDIFFERENT”
possiede un approccio orientaleggiante (anche percussionistico) ed immette in
un’aria misterica e dal fascino suadente. Corposa la chitarra che sostiene, indurendola,
la linea melodica, dando inoltre un carattere più rock e meno sinfonico. Al
centro l’oscurità diviene malinconia in un momento morbido. Forse la
composizione più interessante del lotto. “DEEP WATER HORIZON” blandisce
l’ascoltatore con la solita voce sinuosamente delicata di Simone, mentre viene
accompagnata dalla chitarra acustica. Cominciando come una ballata non inganna
su cosa ci si deve aspettare, infatti per metà risulta il brano più
orecchiabile dell’album, con un ritornello accattivante. Eppure parliamo di una
bella canzone che non cade mai dal piedistallo e che sa anche contenere dei
momenti potenti, anche se leggermente di stampo Nightwish. “STAY THE COURSE”
torna alla durezza metal. Naturalmente la voce femminile la stempera, ma il pezzo mantiene comunque un tono forte. “AVALANCHE” sono quasi sette minuti di alto livello
artistico. Vive di ariosa atmosfera dal pathos vibrante; luccica di gocce di
rugiada. Neppure il growl sferzante
immesso a sprazzi riesce a distruggerne la sinuosa emozionalità. Sembrerebbe la
naturale conclusione dell’album tanto è intensa (ma non è così). Gli Epica
hanno sempre scritto testi interessanti, legati a molti concetti ma
generalmente socio-politico-culturali. Il titolo di questo lavoro è di tipo
impegnato: “Requiem per l’indifferente” come a sottolineare che chi è
indifferente rischia l’oblio. O come a dire che la persona indifferente è come
morta. Le interviste lette mettono in chiaro il messaggio che la band vuole
esprimere; approfittando in qualche modo della diceria riguardante il mutamento
epocale profetizzato per il 2012: si sarebbe ormai da anni in un periodo di
grandi cambiamenti, e non si può far finta di nulla. Le tensioni sociali,
dovute anche alla crisi economica, ma non solo, costringeranno a prendere
provvedimenti, ma se la gente non se ne accorgerà in tempo sarà l’inizio della
fine. Si ha bisogno gli uni degli altri. Una delle cose da modificare è il
meccanismo economico che regola la globalizzazione e la vita delle nazioni, non
funziona più. Ma la maggior parte delle popolazioni pare non voler vedere. Non
si tratterebbe di essere pessimisti, ma realisti, e si farebbe ancora in tempo
ad aprire gli occhi. Quello degli Epica è uno dei tecnicamente migliori growl che l’Heavy metal è in grado di
esprimere, capace di far capire le parole oltre a inserirsi in modo
estremamente coerente. Ne è disseminato l’intero disco, ma vi si trova anche
dello screaming. Non si può comunque
prescindere dalla voce femminile che contiene quel tocco gotico tipico di molti
gruppi sinfonici. Ricca anche dal punto di vista dei cori e meno dal punto di
vista tastieristico, l’opera non soffoca col sinfonismo la linea melodica; in
alcuni passaggi si ode anche la vicinanza a certe sonorità da colonna sonora ma
talvolta spunta un che di Progressive. Musicalmente si può intravedere un certo
cambiamento d’approccio rispetto all’inizio di carriera, che dà al risultato
una maggiore scorrevolezza e valorizza appieno l’insieme strutturale. Grande
album, copertina compresa. Splendida interpretazione della cantante Simone
Simons. Per quanto riguarda i brani minori, essi non sono poi così minori. Sky Robertace Latini
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THE
ART OF METAL - Hysterica (dalla Svezia) - 2012
Ecco un gruppo tutto al femminile che
cerca di non rimanere troppo nel clichè classicheggiante,
riuscendo a produrre un suono ed un carattere più rockeggiante. I nomi d’arte
sarebbero tutto un programma: “Bitchie” è la chitarrista; “SatAnica” è la
bassista; “Hell’n” la batterista e “MaryDeath” la tastierista. Nonostante tali
nomi la musica non è mai scura e feroce, prediligendo invece potenza e
immediatezza, verso un approccio metal tradizionale anni ’80 (con solo alcuni
sfioramenti del sound contemporaneo, compreso l’uso di growl), corali ed epici. Ma non tutto l’album è così, e i brani
minori sono davvero poco entusiasmanti.
Ecco invece i migliori: “BREAKING THE WALLS” possiede la verve dell’ormai comune modalità gotico-sinfonica, pur stando
lontano da certa pomposità di riempimento. Ma l’effetto è ottimo, grazie ad una
certa freschezza che rimane lontano dalla ridondanza. Middle-time su cui è
costruita una linea compositiva fluida ed una piacevole varietà strutturale,
anche se ridotta al minimo. “SPIRIT OF THE AGE” è il brano più serioso
dell’album, che vive di una atmosfera abbastanza ariosa. Middle-time e ritmica
corposa per un andamento incisivo. “FORCE OF METAL” è invece metallica al punto
giusto con l’anima tra Judas Priest e Manowar, e soprattutto Accept. La
distorsione chitarrista non è in primo piano ma tra ritmo e arrangiamento il
brano si produce comunque in un potenziale energico. Anche l’intermezzo fatto
di basso voci inserisce un interessante
spunto compositivo. “HEELS OF STEEL”
vive di un giro chitarristico che ricorda “Stormbringer” dei Deep Purple. Però
la canzone è puro Heavy Metal (ed è anche la meno allegra di tutto l’impianto
del disco). Il ritornello ricorda le Girlschool ma la durezza globale va più
verso i Judas. Di valore l’interpretazione canora. “HYSTERICA” cambia ritmo
varie volte e si alterna tra un suono N.W.O.B.H.M. ed un Black Metal che tra
loro costruiscono un risultato di eccellente fattura. La cattiveria si ha con
il growl e davvero qui la ruvidezza è
necessaria. “DAUGHTERS OF THE NIGHT” inizia col pianoforte ed un cantato soft,
poi il tenore tonico si alza in un middle-time
attraverso passaggi di ampio respiro, anche leggermente epici, trasformando
nel finale la ritmica in un divenire veloce. Ricorda un po’ i Warlock della
tedesca Doro. Nel concetto compositivo del lavoro si intravede anche un filo di
industrial metal ballabile e orecchiabile (“Figthers of the century”), ma è
poco rilevante. Alla voce Anni De Vill. Il growl, pur non infastidendo, a volte
sembra inutile. Altre volte ci sta benissimo, ed è anche piuttosto dosato. La
voce limpida è invece squillante e rock al punto giusto, con una aggressività
efficace anche quando non viene usato il growl. La chitarrista sa fare gli assoli
con tagliente durezza così come il metal di tal tipo prevede, niente di
stratosferico, ma non le solite quattro note di contorno. A differenza delle
loro pose un po’ kitch (vedi
immagine), la musica riesce ad essere matura anche se purtroppo gli episodi
scialbi o troppo plastificati ci sono. Non ho sentito il primo album
(“Metalwar” del 2009); secondo le recensioni che ho letto, quello era meno
orecchiabile, mentre questo avrebbe una tendenza catchy. Ad ogni modo queste rockers di Stoccolma, pur da considerare
accattivanti, non si pongono nel calderone della commercialità, si abbeverano a
quel panorama Heavy di trent’anni fa con adatta disposizione compositiva
d’animo rock. Sky Robertace Latini
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“DARK ADRENALINE” - Lacuna Coil (dall’Italia) - 2012
Riff corposi.
Rispetto a quello passato di due anni fa (“Shallow life”), questo è un album
più diretto ma al contempo leggermente meno affascinante, nel senso che
predilige sonorità più asciutte e rock. “AGAINST YOU” inizia con sonorità
rarefatta, ma è un brano duro, in cui però il senso della melodia non è
perso. 4/4 veloce intramezzato da un
middle-time nel ritornello. Anche un efficace assolo chitarristico che tiene in
piedi un bel pezzo del brano. “KILL THE LIGHT” è un brano orecchiabile che però
rimane distante dalla superficiale commercialità grazie al pathos che sprigiona
la voce di Cristina Scabbia. Molto americaneggiante, soprattutto nel
ritornello. Voce femminile e maschile si alternano con grande professionalità. “UPSIDEDOWN”,
dalla ritmica pesante e dalla linea vocale intensa, è dinamicizzata dal solito
alternarsi di voce maschile e femminile che scurisce e schiarisce l’atmosfera
variandola in modo energico. Assolo di chitarra ficcante ma troppo breve. “I
DON’T BELIEVE IN TOMORROW” è, insieme ad “Intoxicated” la canzone più
affascinante del lavoro, quella che considero ammaliante perché contenente
quella magia sinuosa che in album passati era più presente. Un middle-time
sorregge una ritmica scura. Al centro un vortice di voce e groove che rendono più claustrofobica l’ambientazione della
composizione. “INTOXICATED” fa parte della coppia ipnotica, quella appunto
legata maggiormente all’anima gotica della band. Ma qui il valore principale è
l’interpretazione vocale della voce femminile che si apre di più e dal momento corale di fusione fra voce
maschile e femminile. C’è anche un brano costruito in modo commerciale da
poterne fare un singolo: “Give me something more” è troppo leggero per i miei
personali gusti, ma devo ammettere che non è banale e quindi non fa calare il
valore del disco. Del resto se Irene Grandi facesse ‘ste canzoni inizierei ad
ascoltarla. C’è poi anche una cover, la famosa “Losing my religion” dei R.E.M.;
non è male, ma a me, che di solito le cover interessano molto, non è apparsa
particolarmente efficace. Non si tratta di pura copia, è stato un lavoro di
reinterpretazione, ed è così che mi piace che sia, ma mi dispiace dire che non
vi vedo granchè. I Lacuna Coil sono la metal band italiana più importante, e
infatti anche questo disco conferma l’internazionalità (per il 2012 prevedono
di fare concerti in tutto il mondo) e la maturità del loro sforzo artistico.
Erano stati collocati nel genere gotico, e non ne fuggono, però stavolta lo
rappresentano di meno, solo la coppia “I don’t believe in tomorrow” e
“Intoxicated” lo sono in toto. Nell’insieme un disco che vuole essere meno
cervellotico (anche se mai i Lacuna Coil hanno esagerato in tal senso) e che,
pur accattivante, rimane ad un livello degno di valorizzazione. Sky Robertace Latini
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“METAL AL FEMMINILE”
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Angela Glassow-Arch Enemy |
Il rock è maschio, ancora di più il Metal. Abbiamo
vari esempi di donne nel rock duro: Heart; Girslchool; Lee Aaron; Doro; Vixen;
Saraya; Rock Goddess; Lita Ford; Wandy O’Williams. E ai giorni nostri Tarja
Turunen; Whitin Temptation; Amanda Somerville; Christian Mistress; Evanescence;
Liv Kristine; Djerv; In This Moment; Sirenia. In Italia Mastercastle. Ma alla
fine non sono che pochi nomi rispetto a tutti quelli esistenti. E per di più
spesso non sono che cantanti, e se compongono, scrivono solo i testi o tutt’al
più decidono alcune linee melodiche vocali. Sono poche quelle che imbracciano
gli strumenti e scrivono i pezzi. E inoltre devono fare le frontwomen sensuali. Naturalmente vi sono pure delle rockers che
esplicitamente recitano l’oggetto sessuale sul palco, ma nel metal questo lo
fanno anche gli uomini (vedi Motley Crue; Ratt e Steel Panther). Ad ogni modo
nella pop-disco-hiphop, le donne (vedi Madonna; Rihanna; Britney Spears;
Beyonce; Lady Ga-Ga) creano, più o meno sempre, scenografie (di solito
danzanti) e situazioni di ammiccamento prettamente porno-sexy, cosa inesistente
nel metal, eccetto in alcuni casi molto molto particolari (vedi le
“Rockbitch”che sul palco facevano quasi sesso per davvero e i “Bitch” la cui
cantante si muoveva con un armamentario sado-maso. I
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Cadaveria |
monicker non sono un
caso). Esiste il maschilismo metallico? Si affaccia anche nella musica dura un
mondo di schemi precostituiti e preconcetti mentali che emarginano le donne o
le sfruttano? Difficilmente le donne in metallo fanno Metal tradizionale, di
solito vanno a quello sinfonico e gotico, dallecaratteristiche meno crude dal
punto di vista sonoro e culturale. Gli italiani Lacuna Coil, i tedeschi Xandria
e gli olandesi Epica sono proprio all’interno di questo clichè; tre gruppi di
uomini al cui microfono stanno donne: Cristina Scabbia (L.C.) all’interno della
tipologia gotica, mentre Manuela Kraller (X.) e Simone Simons (E.) in quella
sinfonica. Sono musicalità che prediligono toni vocali dolci, sinuosi e
accattivanti, quindi di stampo più limpido e gentile. Deduzione: “più
femminili”? La band svedese delle Hysterica (totalmente composta di donne)
invece si discosta dal loro modello e suonano un metal più puro,
dall’attitudine rock che si conservava ancora nel rock duro degli anni ’80;
fanno musicalmente le dure (anche usando la modalità vocale del growl, che è
gutturale e senza riferimenti di genere visto che perde le caratteristiche
umane di maschio o femmina) anche se in alcuni episodi appaiono leggermente
plastificate (plastificate anche negli atteggiamenti tenuti in fotografia, che
ricordano i modi
|
Nitte Valo-Battle Beast |
di fare proprio di quegli anni). Se le singole presenze
femminili nei primi tre gruppi, offrono voci che paiono di carattere
strettamente femmineo, danno però un alone misterico e di introspezione che
regala serietà e forte dignità alla loro musica, cercando interpretazioni
profonde. Al contrario, la supposta virilità espressa nel rock delle Hysterica pone
invece la loro musica in un ambito più diretto e quindi a tratti dai toni
ribellistici adolescenziali che il rock ha espresso sin dalla sua nascita. Ciò farebbe supporre che
l’elemento femminile nel rock aumenti automaticamente, artisticamente parlando,
toni maturi e forti. Non è così, visto che stesse modalità vocali, in altre
band metal, tendono a farsi smielato sdolcinamento o prodotto commerciale (vedi
le finlandesi Indica, gruppo tutto al femminile). La scelta di una voce molto
femminilmente suadente è di solito la scelta preponderante delle cantanti
donna? Probabilmente è così, almeno per molte delle donne, sia nella scelta da
musicista, sia nella scelta da ascoltatrice. Ma non credo sia colpa del fan
maschile. E’ vero che ciò che vale per la cultura in generale vale anche per il
mondo Hard and Heavy, e cioè che l’ammiccamentio sessuale attiri il pubblico
maschile. Resta però il fatto che dove c’è la donna rocker che sceglie di
suonare metal più duro e violento, se vale artisticamente, c’è consenso tra il
pubblico, al di là della sua avvenenza. Di conseguenza, se la musica c’è, che
sia maschio o femmina l’artista, la band viene seguita. E’ il caso di band anni
’80
|
Veronica Freeman-Benedictum |
come le Girschool (in toto al femminile) che avevano grinta ma non certo la
sensualità classica femminina. E’ il caso di band attuali che si esprimono
persino con la voce dalla tonalità
virile di Veronica Freeman dei Benedictum e di Nitte Valo dei Battle Beast,
esprimendo un Heavy Metal potente ed energico. E addirittura troviamo il growl
corrosivo di cantanti come Angela Gossow degli Arch Enemy o dell’italiana
Cadaveria della band omonima. In conclusione i metallari maschi non cercano
nella musica metal delle bamboline e nemmeno delle sexypadrone sado-maso;
allora possiamo dire che, nonostante nel metal la provocazione sessuale sia di
casa, nella musica metal i metallari uomini cercano solo la musica. E’ vera
anche un’altra cosa: che una persona autorevole attira pure sessualmente (uomo
o donna che sia). Per cui, se la donna è sul palco, in qualche modo attira
anche da quel punto di vista. Certo, la donna cantante di solito è al centro
dell’attenzione nella band, ma di solito è il cantante a essere frontman, cioè,
come dice la parola, di fronte al pubblico. Uomo o donna che sia, “the singer”
è sempre al centro dell’attenzione. La domanda quindi è un’altra: Cosa cercano
però le donne nella musica metal? E ancora: Perché le donne anche come fan sono
in numero minore rispetto agli uomini (ma non c’è statistica su questo)? La
musica metallara ha come modello la donna oggetto? E qual è il modello estetico,
se esiste, del metallaro? Argomento da approfondire. Sky Robertace Latini
P.S. Ricordiamoci che il rock duro (punk
compreso), è la musica meno politicamente corretta che esista.
***
“NEVERWORLD’S END”
Xandria (dalla Germania)- 2012-04-14
Questi tedeschi non sono male, ma si collocano tra i
Nightwish e gli Epica senza regalare alcunchè in termini di originalità. Ad
ogni modo i brani migliori sprigionano potenza e classe, realizzando un
Symphonic Metal senza cali di tensione. “VALENTINE” è un classico esempio di
brano sinfonico con densi tappeti tastieristici e riff chitarristici corposi
mai abbandonati dalla ritmica piena della batteria. Le variazioni sul tema sono
efficaci. La chitarra sa essere metallica e dura anche con un assolo ad effetto
e la voce femminile risulta lirica al punto giusto. “FOREVERMORE” predilige
l’atmosfera sognante, e chiara è l’ispirazione ai primi Nightwish. La batteria,
nonostante la melodia piena di dolce pathos, sorregge con forza la struttura. “EUPHORIA”
percorre un duplice sentiero, un momento orecchiabile ed uno più dark usando un
4/4 lineare, fino ad un punto di middle-time che si stacca dalla melodia
principale. Brano parzialmente più complesso degli altri, con alto livello di
epicità. “SOULCRUSHER” parte con una chitarra davvero rovente. Struttura in
parte di tipo Power Metal, vive comunque di una atmosfera cupa, senza per altro
abbandonare la melodia. Qui però, nonostante la presenza sempre costante delle
tastiere, la chitarra sia ritmica che solista la fa da padrone. Possente il
finale. “THE LOST ELYSION” stavolta non lascia dubbi: si tratta di Power Metal
epico e veloce. Corale e con spazio a cambi di riff e di tempo. L’assolo di
chitarra non sarà nulla di speciale ma fa bene alle orecchie. La voce di
Manuela Kraller segue, per impostazione da soprano, le orme della grande Tarja
riuscendo di tanto in tanto ad esserne all’altezza, per esempio in
“Forevermore”. Ma il lavoro è fermo a quel sinfonismo iniziale dei Nightwish,
utilizzando un tipo di maestosità già completamente sfruttato. Però le capacità
compositive ci sono in quanto i brani citati sono riusciti ad emergere
incidendosi con elettrica vitalità nel mio cranio, apparendo come vere nuove
song e non come canzoni già sentite. A volte fortemente evocativi, a volte
troppo derivativi, però meno male che esistono. Sky Robertace Latini
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