Voglio raccontare l’iniziativa intrapresa a Terni da Terni Donne (Per info: www.ternidonne.com e ternidonne@gmail.com oppure su Facebook al nickname Terni donne) il 26 novembre 2011 dal titolo “Apri gli occhi!” La performance è consistita in una messa in scena della liberazione delle donne vittime di violenza dalla gabbia di indifferenza e debolezza che le imprigiona. Queste donne sono state impersonate da alcune attrici (donne facenti parte di Terni Donne) vestite di bianco mentre cittadini qualunque, che hanno ovviamente aderito all’iniziativa, uomini e donne “normali”, hanno impersonato l’indifferenza. Il tutto si è svolto nel seguente modo: alle 17.00 i partecipanti hanno raggiunto Piazza della Repubblica indossando una maschera neutra di colore bianco e degli abiti di color nero e hanno iniziato a camminare in tutta la piazza e in Corso Tacito fino alle 17.15. Qualcuno ha indossato la maschera dal momento in cui è uscito di casa o è sceso dall’auto, dalla bicicletta o dall’autobus, arrivando da tutte le vie che confluivano su Piazza della Repubblica. E’ stata scelta la maschera neutra come simbolo dell’indifferenza. Alle 17:15 si è formato un semicerchio di persone con la maschera che davano le spalle ai confini della piazza e con il volto rivolto
soggezione non apre neppure, non vuol sapere né sentire. Vince chi apre, chi guarda, chi resta fermo e guarda meglio, poi richiude, torna su per le scale. Vince chi va all'inferno e ritorna. Vince chi vuol sapere e poi sa cosa farsene, anche, del suo nuovo sapere.” I due brevi brani sopra riportati sono tratti da “Malamore. Esercizi di resistenza al dolore” di Concita De Gregorio. La scrittrice e giornalista indaga nella quotidianità del mondo femminile, sul rapporto con gli uomini e la violenza. E se - scrive Concita De Gregorio - il dolore delle donne è “un compagno di vita, un nemico tanto familiare da esser quasi amico”, occorre allora trasformarlo in forza. Riporto una parte dell’introduzione di Concita De Gregorio: “Le donne provano la temperatura del ferro da stiro toccandolo. Brucia ma non si bruciano. Respirano forte quando l’ostetrica dice «non urli, non è mica la prima». Imparano a cantare piangendo, a suonare con un braccio che pesa come un macigno per la malattia, a sciare con le ossa rotte. Portano i figli in braccio per giorni in certe traversate del deserto, dei mari sui barconi, della città ai piedi su e giù per gli autobus. Le donne hanno più confidenza col dolore. Del corpo, dell’anima. È un compagno di vita, è un nemico tanto familiare da esser quasi amico, è una cosa che c’è e non c’è molto da discutere. Ci si vive, è normale. Strillare, disperde le energie, lamentarsi non serve. Trasformandolo, invece: ecco cosa serve.
1 commento:
Precisa e forte.
Sky Robertace
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