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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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328. ANCORA SUL VALORE DELLE OPERE D’ARTE di Roberto Rapaccini
In questo periodo, sopravvalutando
le mie conoscenze e le mie capacita’, mi è stato chiesto da un amico di provare
ad attribuire la paternità ad un quadro che, ad esami chimici e fisici, sembra
risalire ad alcuni secoli fa. È un esercizio difficile per me, non solo perché il
mio ‘studio’ utilizzerà esclusivamente materiale fotografico, ma soprattutto perché
potrò fare affidamento solo su una personale e limitata sensibilità artistica e
su lacunose e parziali conoscenze di Storia dell’Arte. Tuttavia ho accettato la
sfida. In proposito, credo che l'indagine volta ad individuare l'autore di un
quadro, che spesso costituisce il presupposto per monetizzarne il valore,
testimoni la crisi del concetto di Arte, che dovrebbe essere considerata una realtà che vive di una vita propria, e che si
impone all'uomo con un linguaggio autonomo e non convenzionale di
straordinaria forza evocativa ed emozionale. Quantificare il valore di un'opera
in relazione all’individuazione del suo autore significa sconfessare che il
prodotto della creatività umana viva un’esistenza indipendente, ovvero, in
pratica, disconoscere che l'artista è
soltanto un faber, un medium inconsapevole, un tramite fra la
bassa realtà degli uomini e un alto universo
che si disvela attraverso cromatismi, segni e forme. In proposito, ho sempre apprezzato l'acuta provocazione concettuale di
Piero Manzoni, che negli anni settanta inscatolò le proprie feci indicandole
come opera d'arte in quanto esse costituivano il prodotto di un’artista;
stigmatizzava così che la qualificazione di un oggetto artistico potesse
fondarsi in maniera eteronoma sulla sua genesi piuttosto che su endogeni
connotati oggettivi. La sua Merde d’Artiste ci ha fatto sorridere,
ignari di essere parte di questo equivoco, in quanto, come fruitori e pubblico, consideriamo spesso prioritaria la
notorietà dell’autore piuttosto che il valore intrinseco di un prodotto
creativo; dimentichiamo inoltre che anche gli artisti più celebrati, fra le numerose
opere realizzate in vita, hanno portato a termine solo alcuni capolavori. Un
modo per uscire dall'equivoco è ritenere che il mercato dell'Arte non abbia
nulla a che vedere con l'Arte stessa tutte le volte che consideriamo il valore economico di
un’opera esclusivamente con i parametri relativi alla sua natura di bene da
collezionare, come se si trattasse di un francobollo o di una moneta. Naturalmente
con questo non si vuole affermare che l'indagine che porta ad individuare il
contesto storico, la scuola, e possibilmente l'artista-autore, non abbia
significato: l'analisi storico-sistematica è un puntuale strumento di interpretazione
del lavoro che spesso inconsapevolmente, forse attingendo da archetipi
collettivi, l'artista produce, e che non di rado integra anche il precipitato
di un'epoca: su questa indagine può fondarsi l'interpretazione dell’opera, ma
non un automatico giudizio sulla sua quantificazione economica, ammesso che
l'espressione di un linguaggio che riflette il mistero dell'universo umano
possa essere stimato in maniera determinata. Quindi, penso che stabilire il valore
economico di un’opera d’arte sia uno dei tanti esercizi dell'imperfezione umana. ROBERTO RAPACCINI
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WEBMASTER: Roberto RAPACCINI
A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.
(Carl Gustav Jung)
1 commento:
Uno scritto perfettamente esplicativo. Semplice e chiaro.
E condivido.
Roberto Latini
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