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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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484. “I DUE VIDEO” Musica: GIULIO ROSSI GROUP Regia: Massimiliano Proietti Recensione di Sky Robertace Latini
Dopo due album
solisti (2009 e 2013) e un album dei Synthesis (2014), il guitarist Giulio
Rossi decide che è ora di cambiare modalità espressiva e lavora a un brano per
volta separatamente, pubblicati a dieci mesi di distanza l’uno dall’altro. Ciò
ha due lati positivi: 1. ogni brano riceve maggiori cure di forma e contenuto e
quindi il prodotto può essere più rifinito e qualitativamente superiore; 2. Ad
ogni brano si possono offrire maggiori risorse economiche e tecniche. E’ quello
che è successo ad “I’LL COME TO SEE YOU TONIGHT” ed a “DIRTY WITH MY BLOOD”. Ma
questo non sarebbe stato sufficiente se l’artista non fosse stato ispirato nel
songwriting. Così possiamo aggiungere una terza positività: la scrittura
avviene quando il musicista sente l’ispirazione, quando cioè la scintilla
arriva quasi spontaneamente. Non si tratta insomma di pianificazione a tavolino,
e ciò ha permesso a Giulio di comporre qualcosa di davvero personale: due
piccoli gioiellini. Tra le risorse che sono state donate alle due creature,
possiamo considerare le realizzazioni video, che hanno permesso una visibilità
maggiore che non la sola registrazione musicale su formato fisico, cioè il cd.
I video hanno donato una vita autonoma alle song, che in qualche modo si sono
staccate dal padrone-autore. Il fatto che al regista Massimiliano Proietti sia
stata lasciata una certa libertà artistica, ha reso più vive le due canzoni. La
strada percorsa può piacere di più o di meno, ma l’arte non è dell’artista, in
qualche modo diviene patrimonio di chi fruisce. Ma quale valore si può dare ai
due video prescindendo dalla musica che presentano? L’uscita dei singoli è
coincisa con l’uscita dei relativi video, quindi la fruizione è avvenuta non
come pura musica ma come connubio immagini-suono, ed in questa forma permane per
ora l’imprinting. Inoltre i musicisti non variano più come nella passata storia
solista di Giulio, ora c’è un gruppo fisso ed i suoi componenti sono in
entrambi i video, anche da questo punto di vista c’è una riconoscibilità
precisa.
“I’LL COME TO
SEE YOU TONIGHT” (video pubblicato il 10 aprile 2014)
La canzone è
stata dedicata all’ex-chitarrista dei Synthesis, scomparso per tumore. Ma il
video traspone il concetto trasferendolo su una coppia di fidanzati in cui lui
muore per incidente di moto. I due attori sono molto giovani (età da medie
superiori) e la loro presenza è di un edulcorato romanticismo, molto lontano
dalla estremizzazione metal. La persona cara, morta, appare come un fantasma,
ma lo fa in quanto simbolo del ricordo che l’affetto lascia nella persona; un
affetto che rimane sempre presente nel cuore, nel ricordo bello. Il pezzo è un
Hard Rock melodico che anche se si rifà al periodo a cavallo dei ‘70 – ’80,
possiede una sua contemporaneità. L’atmosfera che la sonorità sprigiona è
leggera e dinamica; la morte non viene descritta in modo ombroso. E l’effetto
finale è prettamente rock sia nel cantato sia, e soprattutto, nella chitarra.
Il video riflette benissimo questa ariosità, anche se sul viso dell’attrice
appaiono le lacrime, che sono lacrime di nostalgia e non di disperazione. Le
immagini della parte recitata sono vivide, anche quelle serali; e per quanto
riguarda la band, essa è ripresa a luce piena, all’aperto. La storia è
raccontata in breve, e molto è lasciato alla presenza del gruppo, come avviene
nella maggior parte della tradizione filmica metal. La band suona insieme con
dietro una galleria quasi simbolica che potrebbe essere il passaggio fra due
mondi, quello dei vivi e quello dei morti. Ma il chitarrista è ripreso anche da
solo in altri punti del set, a sottolineare la parte solista della chitarra.
Alla fine il video offre appunto il punto di vista musica/musicista dove la
storia non è che un pretesto.
“DIRTY WITH MY
BLOOD” (viene pubblicato il 14 febbraio 2015 - giorno di S.Valentino)
Questo brano
ancora una volta vede una morte. Ma stavolta la drammaticità perde ogni
possibilità di aprire spiragli nostalgici. Anche qui una coppia: la parte
femminile è stata affidata ad una persona che nella realtà fa la giornalista e
quella maschile ad un giocatore di calcio. Il tema tratta della violenza sulle
donne, in questo caso familiare, di coppia, dove le immagini sono piuttosto
dure di pestaggio dell’uomo sulla sua vittima. E così il video rappresenta con
i suoi colori e i toni la pesantezza dell’atmosfera, allo stesso modo della
musica che è stavolta più scura e ossessiva, per quanto molto melodica. Le
riprese sono quasi tutte in bianco e nero e la cupezza viene ulteriormente sottolineata
dalla luce che crea le ombre sui corpi, anche quelle dei musicisti, che
rispetto alla storia sono in subordine. Gli eventi accadono in set casalingo. Al
chiuso si trovano anche i componenti della band; il set in questo caso è un
garage su una cui parete il regista ha dipinto scritte in inglese dal
significato univoco: rage; violence; suffering; eccetera. La band suona sempre
davanti a questo muro. L’eccezione giunge dopo l’azione parossistica e più
inquietante; in tale scena lei accoltella lui per autodifesa. Il momento viene
prolungato con gli attori a terra e il sangue che esce dalla lama, sostenuti da
un assolo pieno di pathos che sottolinea con abilità la situazione. A questo
punto cambiano vari elementi: il colore; il rapporto fisico tra personaggi e
musicisti; la musicalità; il senso emotivo; lo spazio. Dal bianco e nero si
passa al colore pieno; musicisti e attori occupano attivamente lo stesso set
(cosa esplicitamente voluta dall’autore della song); il suono si fa
acusticamente soft; l’angoscia si tramuta in dolce nostalgia; l’ambiente è
all’aperto e molto luminoso (giardini
pubblici). Tutto appare voler segnare il forte contrasto tra i due momenti: il
primo assolutamente aspro, il secondo dolcemente nostalgico. Questa parte
centrale concentra le emozioni più forti: nella violenza domestica l’epilogo
dell’uccisione appare come una sorpresa disturbante, e qui l’assolo vibrante di
Giulio ne è la controparte sonora benissimo collegata; nel terminare l’assolo
c’è poi il cambio di visione che si associa alle ultime note in uscita, su cui
si sovrappone l’arpeggio in ingresso, regalando un generoso brivido (a detta di
molti oltre che del sottoscritto). Il regista ha saputo colpire il fruitore con
precisione chirurgica in relazione alla song. Davvero un colpo da maestro. Nel
finale si snoda una sommazione di immagini tra passato e presente, alternata a
quelle del combo; mentre l’attrice sta
nella vasca da bagno, sotto la doccia aperta, come a tentare dolorosamente di
purificarsi dal male subito e commesso (il sangue che cola via). Le immagini in
bianco e nero avevano un unico colore in più, il rosso delle scritte sul muro e
di alcune altre parti (per es. il sangue), ciò a stimolare maggior pathos. Qui
davvero la sceneggiatura ha dato risalto prevalente alla parte recitata.
CONSIDERAZIONI
L’impostazione
tra i due lavori visivi è stata completamente diversificata. Il carattere dei
brani lo pretendeva. Giulio in entrambi i casi ha espresso un forte accento
melodico, ma le atmosfere non si sono assomigliate. Giustamente anche il
regista si è mosso diversamente. Guidato dai diversi stati d’animo. Se la morte
accomuna i due pezzi, il vissuto prende significati opposti. La briosità di
“I’ll come to see you tonight” è assente nella vicissitudine di “Dirty with my
blood”. Ma l’aver dato maggior peso alla fiction teatrale nel secondo video, fa
concentrare meno l’ascoltatore sulla canzone, la quale diventa talvolta pura
colonna sonora delle immagini. Non avveniva questo nel primo video dove in
maniera più netta le mosse dei musicisti sottolineavano i passaggi della song,
passando al fruitore, più direttamente, la musica stessa. Altro elemento è
appunto la teatralità del secondo video, in cui le espressioni del viso
divengono forte impronta visiva, con primi piani anche sgradevoli (eppur
sensati). Nel primo video tutto scorre molto fluido, nel secondo si elicita una
inquietudine che può spingere chi fruisce ad abbandonare la visione,
soprattutto nelle donne che potrebbero sentire la spinta ad impersonificarsi
maggiormente, ma poi a frustrarsi. Proprio l’epilogo cruento, che appare
artisticamente una sorpresa, può essere vissuta in modo raccapricciante, poiché
non contiene il senso della vendetta (che per qualcuno può essere positivo), ma
il seme della irreversibilità e dell’abisso, non sopportabile. Il video sembra
raccontare con lucidità un evento senza speranza; una descrizione di una
sofferenza pura che non ha soluzione di continuità. Non c’è l’elemento del
riscatto; la vittima non risorge. Ma in questo senso pare che si racconti una
realtà e non una mediazione della realtà. Il simbolismo c’è, l’acqua finale ne
è uno, ma quello della purificazione appare solo un tentativo. La donna
personaggio viene abbandonata a tutto il suo percorso successivo, e il fruitore
la lascia lì, rimanendo nell’angoscia con lei. La donna di “I’ll come…” si
portava il ricordo di lui come ad un compagno che in qualche modo continua la
strada con lei; è una sensazione positiva quindi una liberazione. La donna di
“Dirty…”, al contrario, non sa come fuggire da quel ricordo, che quelli belli
appaiono una dubbiosa menzogna; e in questo mi rifaccio alle parole del regista
Proietti: “Strazio della donna, che noi
vediamo tormentata dai suoi ricordi” perché l’immagine di lui ora diventa una
penosa presenza quindi un carcere. La distanza musicale dei due pezzi tra loro,
testimonia un Giulio Rossi di un certo spessore, che sa, con lo stesso stile,
sfornare differenti espressività. In parallelo anche il regista è riuscito a
diversificare il suo operato sulla falsa riga di quella del chitarrista;
riuscendo a lavorare sui due binari, contemporaneamente di qualità concettuale
e tecnica. SKY ROBERTACE LATINI
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