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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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545. CHILDREN OF PARADISE: THE STRUGGLE FOR THE SOUL OF IRAN DI LAURA SECOR di Roberto Rapaccini
A febbraio di quest'anno (2016) è uscito un saggio sull'Iran molto interessante per chi segue le vicende di quello Stato: Children of paradise: the struggle for the soul in Iran, della giornalista ricercatrice, esperta della realtà iraniana, Laura Secor. Il titolo, Children of Paradise, richiama alla memoria un noto film francese del 1945, Les enfant du Paradis (Children of Paradise, in inglese), tradotto malamente in italiano con Amanti Perduti, un titolo che ha trasformato una magnifico affresco sulla Parigi della prima metà dell'Ottocento in un romanzo d'amore. Les Enfants du paradis, che letteralmente significa i ragazzi del paradiso, è un'espressione gergale che significa quelli del loggione. Il loggione è la parte più alta del teatro e più lontana dal palcoscenico, dove perciò
sono ubicati i posti più economici; il pubblico del loggione quindi
normalmente è di estrazione popolare. La seconda parte del titolo the struggle for the soul in Iran ha il chiaro significato di la lotta per l'anima dell'Iran. Il saggio descrive una Repubblica Islamica dell'Iran nella quale i cittadini comuni, quelli del loggione,
sono molto attivi, lottano per un cambiamento, e, pur non rinunciando
al carattere confessionale del loro orientamento spirituale che è una
connotazione essenziale e irrinunciabile della comunità a cui
appartengono, rivendicano un ruolo che li renda artefici del proprio
destino e titolari di diritti di libertà e di una piena ed effettiva
potestà di elettorato attivo. Nel saggio l'Iran pertanto non viene descritto
come una realtà statica e monolitica, ma come una nazione animata da
fermenti ideologici e politici. Questi atteggiamenti fattivi e
partecipativi differenziano i cittadini iraniani della repubblica
sciita, capaci di esprimere dissenso e spinti alla contestazione da uno
spirito critico e riformista, daisudditi sunniti delle monarchie saudite e dei Paesi arabi in generale, che sono del tutto passivi. In
questo modo il regime teocratico al potere in Iran potrebbe collocarsiin futuro all'interno di una prospettiva moderatamente liberale pur
mantenendo il suo carattere confessionale; la gestione del potere sembra
infatti potersi atteggiare all'interno di una tradizione di tipo quasi
illuministico. Naturalmente non ci può essere compatibilità piena della
teocrazia con i valori dell'Illuminismo, che ha sostituito l'autorità
divina con la sovranità popolare, i doveri religiosi con i diritti
naturali. Nella sostanza nel saggio paradossalmente si ipotizza, con
un'espressione che sembra un ossimoro, la possibilità di una via laica
all'Islam. Peraltro quest'aspetto binario, ovvero questa duplice natura
confessionale e laica dell'Iran, è una potenzialità già contenuta nei
caratteri della diarchia
attualmente al potere, integrata da un vertice civile, il presidente
Rouhani, e da un capo religioso, l'ayatollah Khamenei. La scelta
confessionale dello Stato iraniano acquista piena legittimità in quanto
in questa aggiornata prospettiva i valori fondamentali dell'Islam
diventano garanti di diritti inalienabili, che si esprimono innanzitutto
nella partecipazione popolare alla vita dello Stato. Naturalmente
influiscono su questa interpretazione che enfatizza l'esistenza di un
potere popolare reattivo e partecipe delle vicende dello Stato il
sostrato di valori occidentali presenti nella cultura iraniana, frutto dei trascorsi storici
anteriori alla Rivoluzione islamica, e che possono farsi risalire
soprattutto ai periodi in cui regnava la famiglia Pahlavi, che, con
tutte le patologie e le degenerazioni del caso, aveva introdotto canoni
occidentali nella realtà persiana. Nel saggio la storia dell'Iran si
intreccia con la narrazione delle relazioni dialettiche e conflittuali
fra giornalisti, politici, personalità varie del dissenso da un lato e
il regime al potere, dai tempi dello Scià a quelli della Rivoluzione del
'79, dall'altro. In questa
prospettiva l'Iran contemporaneo, la prima teocrazia rivoluzionaria che
ha le potenzialità di una democrazia confessionale, appare più vicina all'Europa di quanto lo sia geograficamente. ROBERTO RAPACCINI
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