11. The Sickness / 12. In Flames (Bonus Track)
scorr
...in altre lingue...
...in altre lingue...
LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
Questo blog non ha finalità commerciali. I video, le immagini e i contenuti sono in alcuni casi tratti dalla Rete e pertanto sono presuntivamente ritenuti pubblici, pur restando di proprietà del rispettivo autore. In ogni caso, se qualcuno ritenesse violato un proprio diritto, è pregato di segnalarlo a questo indirizzo : rapacro@virgilio.it Si provvederà all’immediata rimozione del contenuto in questione. RR
537. RECENSIONI di Roberto Sky Latini
“HEAVY CROWN” (2016) album dei Last In Line (USA).
Etichetta: Frontiers
A gennaio di quest’anno è deceduto Jimmy Bain, bassista e
co.compositore dei Dio. Partiva ora l’avventura del gruppo che lui e gli altri
membri della band accompagnatrice dell’epica voce di Ronnie (eccetto il singer),
avevano messo su dopo la morte di quest’ultimo.
Ma Bain non ha fatto in tempo a vivere la pubblicazione dell’album che
ha contribuito a scrivere e registrare, né tantomeno il successivo tour. E il
disco eccolo: una vera chicca di Hard Rock ed Heavy Metal. Uno sferragliare
ritmico e una enfatica interpretazione melodica di stampo prettamente rock.
Cioè un lavoro tosto che si esprime ad ottimi livelli. Il moniker deriva da una
canzone (written by Dio/Campbell/Bain) e relativo album dei Dio, uscito
nell’84. Bain possiamo ormai solo vederlo nei due video ufficiali (“Devil in
me” https://www.youtube.com/watch?v=P8t-9o-jyrI
e “Starmaker” https://www.youtube.com/watch?v=jK44adkLgDs ), ma per fortuna ci rimane un testamento di
qualità. Infatti non ci sono cadute di stile, tutto è realizzato con uno
standard alto, quindi niente riempitivi, la stessa bonus track “In Flames” è in
grado di scaldare gli animi.Tra i brani migliori annoveriamo l’apripista “DEVIL
IN ME”, un inizio affidato all’eleganza piuttosto che all’impatto adrenalinico.
L’impatto è dato dalla seconda traccia “MARTYR” che è il brano meglio riuscito
tra i tre veloci presenti nel lavoro.Ma anche “I AM REVOLUTION” sa rendere bene
l’energia metallara, quasi punk, di questi dotati musicisti. Se vogliamo, ci
sta anche una vocalizzazione parzialmente alla Ozzy.Al vertice, invece, dei
mezzi tempi sta la bluesata “BLAME IT ON ME”, che è pastosa e scura con un
afflato alla Black Sabbath. Proprio la riffica lenta dà il carattere centrale
alla song.Le ispirazioni sono certamente quelle che vengono da Dio. Si sente
nei riff di Campbell, per esempio forte nella intensa e anche un po’ funny “Already
Dead”, dove i riff appunto risultano vicini a quelli di “Stand Up and Shout”
del 1983 (il terzo pezzo veloce); qui è davvero bello anche l’assolo. Si sente Dio
pure in certe impostazioni canore di un Freeman, che pur avendo di base uno
stile diverso da R.James, ha ereditato una minima sensibilità in tal senso. Anche
i middle-time rinverdiscono il genere suonato dai Dio. “Burn this House down”
ne è un esempio. Invece “Starmaker” volge più verso i Kingdom Come degli
esordi; lo stesso avviene, soprattutto con la voce, nella più orecchiabile
“Curse the Day”. Lontano dalla cifra stilistica di Dio è la mezza ballata
“Orange Glow” che cerca e trova una atmosfera più contemporanea, attualizzando
in modo fresco il proprio sound. Anche la chiusura dell’album possiede una
bella verve, grazie a “Sickness” che saltella ballabile e che media
perfettamente tra durezza e morbidezza.Classici, tradizionali, puri, ma, chissà
perché, riuscendo a rendere fresco ogni passaggio sonoro. Sembra di vivere il
passato come se fosse modernamente di oggi e non di un antico mondo vintage.
Come se il passato fosse venuto qui a tornare di moda, invece di essere noi a
fare un viaggio nel passato. Tanta maestria, anche tanta professionalità, ma la
passione e la spontaneità sembrano più intense del mestiere. La scelta del
cantante è stata eccezionalmente funzionante. Ma la sezione ritmica è ancora
più tenace e buona; quest’ultima appare molto incisiva e tonica.
In conclusione un piccolo
omaggio all’Hard quello vero. E spero che Jimmy Bain stia gustandosi dal
paradiso questa seconda vita dell’ormai suo ex-gruppo.
Roberto Sky latini
01.Devil In me /
02. Martyr / 03. Starmaker / 04. Burn This House Down / 05. I Am Revolution / 06. Blame It On Me / 07. Already Dead / 08. Curse The Day / 09. Orange
Glow /10. Heavy Crown
11. The Sickness / 12. In Flames (Bonus Track)
11. The Sickness / 12. In Flames (Bonus Track)
Andrew Freeman – vocals / Vivian Campbell –
guitars / Jimmy Bain – bass / Vinny Appice –
drums
“MODERN SLAVERY” (2016) dei Kerosene (Italy-Terni)
Etichetta: Holier Than Thou Records
Dopo 5 anni di silenzio gli umbri Kerosene
decidono di rifarsi vivi con un ep. Il secondo lavoro da studio “Face the Real”
del 2011 aveva offerto una band maturata rispetto all’esordio e in grado di
portare una forte personalità metallica. Questo terzo si presenta come elemento
di continuità, mantenendo la stessa impronta Groove-Metalcore, ma con una
portata stilistica più sicura e chiara. Sono scomparse le piccole imperfezioni
e ogni brano suona perfettamente equilibrato. Non c’è staticità, bensì un bel
dinamismo melodico, con riff netti e precisi, ben duri, su cui si stagliano
ritornelli orecchiabili ma assolutamente hard-rock. L’album si apre con la
middle-time “WHAT IF” che se vogliamo considerare commerciale, lo è in quanto
facilmente assimilabile e quindi più facile da memorizzare, ma dobbiamo avere
la cura di descriverlo come pezzo di puro rock, serio e sostanzioso. Possiede
cambiamenti nella linea vocale che il substrato ritmico mantiene tonico. Un
brevissimo finale più fiammeggiante fa capire come potrebbero scrivere pezzi
più d’assalto. E’ comunque la song meno aggressiva e forse anche per questo
scelta per il video.(“What If”: https://www.youtube.com/watch?v=aKQCm18tOwc ).Seconda traccia è “DECEIVER”, che deflagra
col suo pesante riff da tir inarrestabile. Oppressione ritmica e atmosfera
minacciosa; chitarre pastose. Fa venire voglia di muovere tutto il corpo così
da rivelarsi ottima per le scorribande live. Il brano si conclude con ancora
più cupezza utilizzando stridori inquietanti.La stessa ossessività e pesantezza,
se non maggiore, si sviluppa nella ritmica di “LIE” che però nel cantato si
stempera con il ritornello più bello e accattivante dell’album. Assolo
liquidamente avvincente. La contrapposizione tra grinta e raffinatezza funziona
intensamente.Di colpo arriva una ondata di delicatezza morbida con l’affascinante
“HOLLOW”, ma la chitarra ritmica che subentra subito dopo permette alla song di
acquistare anche una bella accensione passionale, che elimina qualsiasi idea di
canzonetta, arrivando invece ad una gustosissima forza espressiva. Qui il
gruppo dimostra che è ancora possibile scrivere canzoni soft dal piglio
totalmente rock, e lo fa evitando cliché derivativi e dolciastri. Un colpo da
maestri visto che oggi scrivere una ballata di valore è forse una delle cose
più difficili da fare. E’ il pezzo che più di tutti prova effettivamente la
qualità compositiva dei Kerosene, assolutamente capaci di non cadere nelle
trappole della scrittura di routine. La loro creatività infila anche un momento
quasi prog e un assolo di ottima caratura.Il quinto pezzo, l’ultimo originale,
è “NEUROTIC MINDS”, che si costruisce attorno ad un rifframa intrigante.
L’andatura ritmica è da concerto. E’ forse il pezzo più legato alla tradizione
metal degli eighties, ma centra appieno il lato funny e slabbrato del
kerosene-style.Arriva infine la cover degli U2. Qui viene coverizzata “Sunday
Bloody Sunday” con una modalità di arrangiamento che si associa benissimo al
resto del disco. Farlo con un brano così famoso è rischioso, ma anche in questo
caso viene confermata la bravura artistica di musicisti che non hanno più
timori reverenziali.Alla fine, considerate le varie inflessioni sonore,
difficilmente i Kerosene possono essere collocati in questa o quella
classificazione. Se sono difficili da collocare è perché ogni vecchio input ha
connotati assolutamente moderni e attuali. L’assemblaggio delle parti è così
ben riuscito, le forzature assenti, la ricchezza estetica così ben impostata, e
l’apertura dei paesaggi sonori così ben descritta, che l’ascolto giunge
fluidamente fino in fondo, senza mai incepparsi. Brani ad effetto non ci sono,
nel senso che l’impatto esagerato non è necessario, in quanto le vibrazioni
emotive sono presenti in maniera
continuativa, con un effetto globale ficcante. E’ per questo che è difficile
individuare il pezzo più riuscito, sono tutti migliori. Sono un gruppo duro
nonostante l’accessibilità, ma non è la velocità a renderli duri, bensì la
potenza del loro incedere. Un lavoro equilibrato, costruito con testa e
intelligenza, ed essi sembrano consapevoli di ciò, ma nessuna idea avuta pare
aver fatto soffrire l’istinto. Solo un ep quindi, ma un mini-cd comunque
pregnante, che soddisfa gli appetiti. E’ rock, è hard: è metal. E’ appunto vera
musica, anche se canticchiabile, e proprio perché è entrambe le cose, è sound che
colpisce nel segno.
1. What
if 2.Deceiver 3.Lie
4.Hollow 5.Neurotic Minds 6.Sunday Bloody Sunday
Alessio Vigo – vocals / Elvys
Damiano – guitars / Marco “Billy” Vitantoni – bass / Saverio “Save” Federici -
drums
Sky RobertAce Latini
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
* * *
IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI
(Michael Ende)
* * *
HOME PAGE DEL BLOG (clikka qui)
***
ELENCO DEI POST(clikka qui)
ULTIMA NEWSLETTER(clikka qui)
***
IL FILM, IL LIBRO, IL BRANO, LA POESIA DEL MESE (clikka qui)
***
WEBMASTER: Roberto RAPACCINI
A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.
(Carl Gustav Jung)
Nessun commento:
Posta un commento