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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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530. “BLACKSTAR” (2016-RCA) album di David Bowie di Sky RobertAce Latini
Cosa ha voluto
lasciarci David? E’ riuscito ad essere serio per una volta? Serio nel senso di
rispettoso del mistero? O ancora si è voluto prendere gioco di noi? Le song
dell’album continuano a descriverci un Bowie che si nasconde, che rimane chiuso
nella sua essenza. Rimane alieno, e lo fa ancora in modo studiato. Non appare
istintivo, e se la musica è alchemica, neanche le parole dei testi aiutano a
svelarne l’uomo. Bowie va considerato un originale e geniale musicista. Ha
creato nuove idee e nuove correnti rock. La sua vita è finita quest’anno, e due
giorni prima di morire è uscito il suo ultimo album. Un album-testamento
dicono, ma se i testi sono spesso criptici, la musica è davvero di spessore. Il
disco non è da considerare commerciale, è invece un vero momento artistico.
Siamo al disco da studio n. 27; il primo full-lenght era del 1967. “BLACKSTAR”
contiene molte pennellate jazz dentro una forma prog-rock. Il jazz è lasciato colare
dentro da frizzanti punteggiature di sax, nervose e melanconiche. Sono due le
sezioni strutturali del pezzo: una è soffice ma scura, con un certo goticismo
di fondo, dove la batteria è nevrotica; l’altro si normalizza verso lidi più
rassicuranti, e si fluidifica anche nel ritmo. Si sente l’artista degli anni
‘70. "‘Tis a Pity She Was a Whore” conserva in sè la stessa anima del
sassofono, che rende disturbante una atmosfera altrimenti pop. Il ritmo è
infatti ballabile ma la melodia è solo parzialmente gentile e l’arrangiamento
dà un leggero senso di follia. “LAZARUS” (https://www.youtube.com/watch?v=y-JqH1M4Ya8) è
forse il pezzo più bello insieme a “Blackstar”. Più digeribile degli altri,
senza stranezze da presentare, è fascinoso e triste. Qui insistono i fiati, ma
sottolineano corposamente il cantato che è personaggio assoluto della canzone. “Sue
(Or
In a Season of Crime)”, già pubblicato nel 2014, è stato
riarrangiato e appare più spigoloso. Il drumming è interessante, esso gioca col
basso a dinamizzare il tutto, ad un certo punto i due strumenti diventano quasi
assolo, ma è un attimo sfuggente. Essi sono la vera essenza del pezzo, e donano
il lato jazz, mentre meno centrale diventa il cantato. L’aria è scura e si vive
una sensazione algida, in una ossessività opprimente. “Girl
Loves Me” è l’episodio meno riuscito in quanto rimane statico e poco
sorprendente. “DOLLAR DAYS”, acustica, fa tornare di nuovo l’album agli anni ’70.
Melodica e dolce, qui David usa la sua particolare voce chiara. Il sax è
morbido e suadente. Veramente una canzone commovente; di qualità. “I Can't Give
Everything Away” termina l’album col senso stavolta tutto pop di un Bowie più
commerciale. Linea vocale in realtà assolutamente non originale (quasi plagia
se stesso), ma l’assolo di sax è magnifico, stavolta brillante e non cupo. I due video con i brani “Blackstar” e “Lazarus”,
entrambi di certo fascino morboso, non chiariscono il significato dei testi.Di
base abbiamo un album rock, anche se il jazz è un elemento importante per tutto
l’ascolto. E’ un disco per l’ascoltatore attento; un bel disco nonostante
alcuni cali. Nessuna innovazione, si tratta di cose già codificate, ma la
bravura di Bowie ha fatto sì che ancora una volta si parli di arte e non di
semplici canzoni. In verità in passato alcune realizzazioni furono di
bassissimo livello, ma la grande personalità dell’artista qui c’è, e ha dato i
frutti sperati. La musica che questo disco contiene non è fatta per blandire,
ma per esprimere davvero qualcosa di sé, sebbene un sé che continua a celare la
propria verità. Non cerca di compiacere ma cerca di raccontare. Per il momento
la Stella Nera non sappiamo se deve essere intesa come il Buco Nero che attrae
tutto e che fa scomparire la materia, e se quindi simboleggia la morte che
l’attendeva; forse qualche testimone ce lo dirà più avanti. Di certo questa
perla preziosa è rimasta a noi; è riuscito ad inviarcela. Non si può fare a
meno di ricordare un altro cantante geniale che morì aspettandoselo: Freddy
Mercury dei Queen. Il caso vuole che cantarono insieme il famoso brano “UNDER
PRESSURE”. Anche Freddy scrisse musica con quella consapevolezza, e sapendo
ciò, ascoltare questo e quel disco, mi dà una strana sensazione; un brivido. Gli
uomini posseggono in sé il mistero. Il mondo dell’umano è un abisso pieno di
cose che sfuggono alla parte conscia. E se si tratta di artisti è come voler
afferrare la chimera. Bowie è rimasto un extraterrestre, estremamente sfuggente.
SKY ROBERTACE LATINI
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