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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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524. RIFLESSIONI SULLA DIFFUSIONE DEL PREGIUDIZIO ANTISEMITA SUL WEB
L'approssimarsi
del Giorno della Memoria - il 27 gennaio
p.v. - può indurre alcune riflessioni sulla diffusione del pregiudizio
antisemita sul Web, in particolare nei sui social network. Analogamente al
passaggio del Web da 1.0 a 2.0 è stato definito antisemitismo
2.0 quello che si avvale di reti sociali come Twitter e Facebook. Le
reti sociali creano una comunità virtuale che può avere una dimensione
transnazionale; infinite sono non solo le potenzialità, ma anche i rischi,
perché in questo ambito le informazioni circolano, si amplificano, e possono
essere facilmente manipolate e falsificate. L'antisemitismo nei social network, oltre ad amplificare
il pregiudizio, ha sottilmente determinato una banalizzazione dell’aggressione
antiebraica. Prima della nascita di Internet, l’antisemitismo era un fenomeno
circoscritto all’interno di una limitata cultura, se così può essere definita (si
manifestava «[…] in forma residuale e ridotta con graffiti sui muri delle città
o in certe pubblicazioni di nicchia» - dal Documento
conclusivo dell’indagine parlamentare conoscitiva sull’Antisemitismo, 2011). L’avversione per gli ebrei nelle in
Internet è un fenomeno diffuso e si avvale anche della costituzione di gruppi ad
hoc a cui si aderisce per
emulazione, per solidarietà amicale, per superficiale suggestione. Con il Web,
ma soprattutto attraverso i social
network, l’incremento di iniziative antiebraiche, oltre a perseguire
fini propagandistici, ha indotto la comunità virtuale a considerare erroneamente
l’antisemitismo un punto di vista socialmente accettabile come tanti altri. L’ampiezza
del fenomeno e la sua espansione hanno infatti banalizzato il pregiudizio
razziale, che viene ora inconsapevolmente recepito dalla comunità online al pari di una qualsiasi
ideologia politica o, peggio, al pari del tifo per un club sportivo. Le autorità, considerata la natura estesa dei social network, hanno difficoltà ad
adottare nei loro confronti i provvedimenti di oscuramento, facilmente
applicabili per i siti che hanno un'identità più definita. L’unico rimedio
efficace è una fattiva collaborazione con i gestori delle reti sociali per fini
preventivi e repressivi, attraverso il monitoraggio, la rimozione dei contenuti
illeciti, l’acquisizione dei dati dei responsabili per avviare le procedure
sanzionatorie. Tuttavia non sempre è facile ottenere la collaborazione dei
gestori, che possono risiedere all’estero e sollevare eccezioni fondate sulla
normativa del proprio Paese. Anche se segue la rimozione, la
pubblicazione di messaggi che incitano all’odio razziale, pur temporanea, è di
già per sé un danno. In proposito nel 2008, in coincidenza con il settantesimo
anniversario della notte dei cristalli, sono apparsi su Facebook messaggi di contenuto razzista; anche se i messaggi
sono stati prontamente rimossi dal gestore dalla rete sociale, il direttore
delle relazioni internazionali del Centro Wiesenthal, Shimon Samuels ha
evidenziato l’opportunità di evitare la pubblicazione di materiale di questo
tipo, in quanto, anche se temporanea, costituisce già di per sé un danno. Di
fronte alle informazioni fornite da un sito o da un blog la prima rilevante
questione è quella dell’attendibilità. Per i mass media tradizionali questo
problema si pone in maniera molto più ridotta, in quanto essi dispongono di una
soggettività dai tratti definiti (ad esempio, è nota la proprietà dell’organo
di informazione, e può quindi essere presumibile il suo orientamento politico e
ideologico). L’informazione poi è in ogni tempo verificabile nei media
tradizionali: nei giornali scripta manent, nelle trasmissioni radiotelevisive si conservano per un periodo
di tempo le registrazioni. L’informazione sul Web è invece facilmente
rimovibile o manipolabile. L’avvento di Internet induce inoltre a rivedere i
meccanismi di formazione dell’opinione pubblica, che ha tratti costitutivi
differenti nei diversi Paesi occidentali: dove la democrazia ha un carattere
maggiormente diffuso e partecipativo, è sicuramente il risultato della somma
dei punti di vista dei cittadini che comunicano le loro convinzioni (soprattutto
attraverso i sondaggi oltre che con gli strumenti tipici delle relazioni umane).
Al contrario, in alcuni Paesi europei la popolazione sembra subire passivamente
l’influsso dei media e del potere
politico; questo avviene negli
Stati che sono definiti post-democrazie
proprio per sottolineare che le prassi democratiche in queste realtà si vanno
progressivamente svuotando della partecipazione attiva e dell’interesse dei
cittadini. Ivi, terminate le elezioni politiche, epilogo di un sistema gestito
da gruppi di potere e da professionisti esperti nelle tecniche persuasive, le
attività di governo sono amministrate come un fatto privato dalle componenti al
potere, che eventualmente interagiscono con lobby portatrici di interessi economici nell’assenza di un
coinvolgimento generale. In tali situazioni si evidenzia un individualismo che impedisce
l’emergere di una definita coscienza collettiva: la democrazia si avvia al
tramonto e la società civile è sempre più lontana dalla società politica. L’opinione
che ha come oggetto questioni di interesse generale è collocata dall’individuo
nei recessi della coscienza; l’indifferenza rende i cittadini maggiormente permeabili
agli influssi esterni e per questo l’opinione pubblica in questi Stati è più
facilmente condizionabile dai media e
dagli opinion-maker, anche di
basso profilo culturale. Nelle democrazie partecipative, considerata la
reattività del singolo individuo, le campagne per influire sulle convinzioni
dei cittadini sono efficaci se sono particolarmente capillari. Al riguardo si
va riducendo l’importanza dei mass media
tradizionali, ovvero giornali e reti radiotelevisive, mentre sono in
forte ascesa, come strumento di diffusione delle idee, web-site e social
network: i presupposti del loro operare sono completamente diversi. Il
linguaggio del Web è molto più sintetico e immediato rispetto a quello
giornalistico e televisivo, e l’informazione viene spesso diffusa senza la
necessità di particolari approfondimenti. Si avvale inoltre di opportunità
multimediali, come ad esempio di video, di foto, o di collegamenti vari.
Inoltre, l’informazione sulla stampa cartacea e su radio-tv ha mediaticamente una
vita limitata strettamente al tempo della diffusione dei contenuti; ad esempio,
il quotidiano ha una durata giornaliera, mentre un evento radiotelevisivo di
norma viene visto solo durante la sua trasmissione; dopo, l’uno e l’altro sono
archiviati dalla nostra memoria. Diversamente, tutto quello che è su Internet è
nella costante disponibilità dei
destinatari, in quanto si presta ad accessi ripetuti e a letture successive; in
concreto, ha maggiori occasioni di persuasione. I media tradizionali inoltre vivono in una sorta di conchiusa individualità,
mentre la pagina web, come detto, può contenere
collegamenti con materiale multimediale, altri siti e fonti di informazioni. Così, la
pagina web può apparire come una realtà inserita in un contesto più ampio e
coerente, e questo aspetto influisce
positivamente sulla sua affidabilità persuasiva. Con un click è possibile per il fruitore dell'informazione girare contenuti
ad altrettanti fruitori: il contenuto della notizia così, oltre ad avere un’ulteriore diffusione,
sarà implicitamente certificato dalla credibilità di chi lo diffonde, che
spesso è ignaro di questo valore aggiunto che apporta. Roberto Rapaccini (da R.
Rapaccini, Il pregiudizio religioso sul Web, 2013)
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