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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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466. IL SUONO DI COLTRANE: LINGUAGGIO SPIRITUALE da un'Americana a Venezia
Mentre passavo per l'aeroporto di San Francisco 10 anni
fa, una coppia mi fermò per parlarmi di una chiesa fondata sulla musica di un famoso
sassofonista, forse il più grande innovatore nella storia dello jazz, John
William Coltrane (1926-1967). Mi piaceva
l'energia dei due, anche se non capivo granché.
Ho fatto un'offerta e ricevuto in cambio una cartolina che raffigura
un'icona sull'altare della chiesa, un'immagine di Dio in stile bizantino, con pelle
nera e atteggiamento severo. Ho conservato
il ricordo di quell'incontro senza sapere di più del "santo". Poi, ho visto una notizia in rete: a San
Francisco il 9 dicembre 2014, i devoti della Saint John Coltrane African
Orthodox Church hanno festeggiato il 50° anniversario della registrazione del testamento
spirituale di Coltrane, una suite in quattro movimenti chiamata A Love Supreme (Un amore supremo). Così è giunto il momento di informarmi sull'artista. A Love
Supreme è stato scritto da Coltrane nell'estate di 1964 nella quiete di casa
sua nel Long Island a New York. Era
appena nato uno dei suoi tre figli. Risultato
di una meditazione durata cinque giorni, l'opera era ispirata in parte dal
ricordo della liberazione dell'artista dall'eroina e dall'alcol sette anni
prima, dopo essere stato licenziato da Miles Davis perché diventato inaffidabile. Nel 1957, Coltrane aveva infatti affrontato
da solo i propri demoni dentro la camera della casa a Filadelfia dove aveva
passato l'adolescenza, cresciuto dalla mamma, anche lei abile musicista, che regalò
al figlio il primo sassofono. La donna
era figlia di un predicatore. Anche il
nonno paterno era predicatore. John, orfano
di padre all'età di 13 anni, aveva sempre sentito la forte influenza della fede
mescolata alla musica. Mentre soffriva le
pene della disintossicazione dalla droga, terrorizzato dall'idea che non
sarebbe stato più in grado di suonare come prima, dopo cinque giorni ha
ricevette un cenno da Dio: Coltrane ha capito che il suo dono gli sarebbe restituito
"per far felice agli altri". Nel
1964, invece, si era appartato in un momento di forte ispirazione per scrivere
il capolavoro in cinque giorni, "dettato dal trono di Dio" come dice l'Arcivescovo
Franzo King, prete sassofonista e leader della chiesa dedicata al musicista. Ascoltando interviste con persone che hanno
conosciuto "Trane", colleghi soprattutto, ho capito che era una
persona eccezionale, insolitamente umile e sincera, ma soprattutto, aperta di
mente e massimamente dedicata alla musica.
Si esercitava con il sassofono tenore per un minimo di dieci ore al giorno,
diventando capace di suonare cento note al minuto e di improvvisare anche per
ore nello stile free jazz di cui era
maestro, idioma lontano dal bop dei
suoi inizi. Il linguaggio musicale di
Coltrane era stream-of-consciousness. Un collega e amico ha detto che Trane creava
"nastri di suoni"; un altro ha detto "cascate". Un concerto di Coltrane a Londra consisteva
di un solo brano, la sua versione di "My Favorite Things". Un critico si è lagnato che la sua musica
apparteneva "ai livelli più alti della matematica". Qualche appassionato, però, notava che ascoltarla
era "un'esperienza religiosa".
E' difficile parlare in breve di Coltrane. Ha lasciato una legacy troppo ricca e variata.
Come Picasso, ha attraversato periodi diversi. Coltrane ha suonato assieme a Miles Davis per
due anni; si sono influenzati reciprocamente.
Prima, aveva suonato qualche volta con il suo idolo, Charlie
Parker. Poi con Dizzy Gillespie, Earl
Bostic, Thelonious Monk, e molti altri.
Ha inciso A Love Supreme con The
Classic Quartet di cui era leader: pianista McCoy Tyner, bassista Jimmy
Garrison, e percussionista Elvin Jones. Assieme
a loro ha fatto musica ispirata dalle sue ricerche di diverse fedi e filosofie religiose
e anche da molte tradizioni musicali, specialmente quelle orientali. Uno dei suoi figli si chiama Ravi per l'amico
Shankar. Poco prima di morire di cancro a
40 anni, Coltrane ha detto in un'intervista, "Tutti gli uomini sanno la
verità. Per me, quindi, ho sempre
sentito che la verità non ha nessun nome attaccato...Credo che gli uomini sono
qui per crescere alla loro pienezza e per diventare 'il miglior bene' che possono
diventare. Almeno, è questo che voglio fare
io." Come ha detto Sant'Antonio di
Padova, volere le cose sante è già essere santo. Auguro a tutti un Buon Natale e Felice Anno
Nuovo. UN'AMERICANA A VENEZIA
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