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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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465. RECENSIONI 2014 di Sky Robertace Latini
Accept
Blind Rage
Nuclear Blast
Per una band
come questa ormai si devono usare sempre i due soliti aggettivi: quadrata e
solida. E’ nelle loro cose essere una musicalità che incarna l’Heavy Metal
teutonico come esso è considerato nel panorama mondiale. Gruppo tedesco che ha
caratterizzato il suono della terra natia formandolo, continua a ripercorrerlo
senza mutarne gli standard. Questo sound in loro è risuscitato prepotentemente
con gli ultimi tre album che possiamo considerare un unico trittico,
equivalendosi. “Blood of Nations” del 2010 e “Stalingrad” del 2012 non sono
stati diversi da questo “Blind Rage” che si appoggia alla stessa attitudine. Difficile
dire quale dei tre sia il migliore, considerandone l’omogeneità stilemica, ma
la nuova giovinezza ci porta un combo ancora ispirato e per niente invecchiato.
Il gioco delle chitarre soliste pare poi pieno di voglia di fare, nessun
preconfezionamento se non quello di avere solismi molto melodici tra una
svisata ed una sferragliata. Tornillo pareva peggiorato alla voce nel secondo
full-lenght dei tre, con una vocalità più afona. Ma alla fine possiamo
constatare che la forma generale è stata smagliante dal 2010 ad oggi. La band
pareva finita in un buco di circa 14 anni (nel 1996 l’ultimo album in studio
“Predator”), ma i veterani sembrano mai essersi allontanati dalla grinta degli
anni ’80 (primo disco nel 1979). Nessun brano stravolge l’ “Accept pensiero”,
la divisione tra brani minori e migliori è data semplicemente dalla bellezza
delle linee melodiche e degli assoli. Quindi una metà è forte davvero, mentre l’altra
evolve con dignità, sempre confermando il tutto con una propensione alla musica
compatta. Tra le migliori song vanno annoverate “STAMPEDE”, super classica, e
l’altrettanto superclassica “THE CURSE”, cavalcata da tempo medio. Poi la
evocativa “WANNA BE FREE” e la sinistra ma fluida “200 YEARS” col suo coretto
piratesco (coretti similari sono presenti anche in altre tracce). Tra le più
dure la migliore è la Saxoniana “BLOODBATH MISTERMIND” che tra fischi di
chitarra e velocità, non lesina peso sonoro. Tra le minori, interessante “Final
Journey” che suona un pezzo classico nell’assolo, cioè “Il mattino” di Peer
Gynt come “Metal heart”nel 1985 integrava efficacemente “Per Elisa” al suo
interno. “Metal heart” però appariva più seriosamente atmosferica mentre qui si
gioca sul frizzante divertimento. La ferocia metal degli Accept è da sempre
legata all’orecchiabilità; i riff sono comunque secchi e potenti e la batteria
pesta cadenzata. Qui è il buon sano vecchio metal, quello che sa di martello
sull’incudine.
Stampede
1.
Dying Breed
2.
Dark Side of My Heart
3.
Fall of the Empire
4.
Trail of Tears
5.
Wanna Be Free
6.
200 Years
7.
Bloodbath Mastermind
8.
From the Ashes We Rise
9.
The Curse
10.
Final Journey
Mark Tornillo - vocals
Wolf Hoffmann - guitars
Herman Frank - guitars
Peter Baltes - bass
Stefan Schwarzmann - drums
---
Skid Row
United World Rebellion 2 - Rise of the damnation army
Questo gruppo
statunitense insegue la visibilità che pareva aver perso, ma qualunque cosa
faccia, una parte di stampa, che stravede per l’ex-loro cantante canadese
Sebastian Bach, non fa che criticare; e non
riesce a vedere il grande valore dell’attuale band con un singer, tal Solinger,
assolutamente sfavillante, con la voce bella e anche ormai più in vena di
quella di Sebastian. La band tenta con tutto l’impegno possibile di rincorrere
il proprio glorioso passato, e non si accorge di esserci riuscito in quanto
l’ambiente mainstream ne sottovaluta la portata qualitativa. Si tratta di un
mini-cd di cinque pezzi (più due bonus cover), formante il prosieguo di una
storia iniziata col primo minicd del 2013. E come quello, il sound è pieno di
energica potenza. “WE ARE THE DAMNED”, intensa, è per quanto canonica, comunque
una bella ed efficace song. Come canonica ma intrigante è la più soft “CATCH
YOUR FALL”, perfettamente dentro l’alveo Street Metal più americanizzato. E si
tratta di due ottimi episodi; considerando che il resto naviga su più alti
livelli, questo cd è un quasi capolavoro. “GIVE IT THE GUN”, che inizia con
riff similare a quello dei Judas di “You got another Thing Comin’”, si rivela
una miccia incendiaria e ancora più arrembante è la Motorhediana “DAMNATION
ARMY” che parte con basso alla Lemmy; considerando le altre parti stilistiche,
non può essere stato un effetto inconscio ma cercato, quello di farsi vicino ai
Motorhead, sottolineando come il vero rock ha l’anima rock’n’roll di quel tipo
di Heavy. E anche “ZERO DAY”, martellante e più scura, appare come una canzone
intransigente. Le due cover non cambiano nulla della cifra stilistica
originale, ma sono eseguite in modo più aggressivamente duro; succulente per
questo. L’assalto del lavoro si riconduce all’anima verace del metal. E qui
bisogna affermare la vittoria della grinta saltellante sulla complessità
cerebrale. Per essere veri rocker si deve amare questo tipo di sound, allegro e
dinamico, e poi si può amare anche il resto del rock. Ma se si ama solo il
prog-rock o versioni più elaborate senza amarne quello semplice e diretto, non
si è rockettari, né tantomeno metallari. Ecco, gli Skid qui affermano il
primato del fottuto sporco metal, riproponendo in chiave più robusta la stessa
ideologia musicale del passato anni ’80. Se l’ex-cantante della band, Sebastian
Bach, oggi ottimo solista, cantasse queste stesse canzoni, si sarebbe dato un
voto ben alto al cd, mentre oggi molte recensioni tendono a non esserne
favorevoli al 100%; io dico che gli Skid Row senza Sebastian sono meglio del
Sebastian solista che comunque sforna ancora bordate di gran pregio. Probabilmente
gli Adrenaline Mob non esisterebbero senza la storia degli Skid. Il loro
passato ha fatto scuola eppure, esecutivamente parlando, quelli odierni
sembrano dei ragazzini ancora in piena foga. Si vede che amano le song che
creano. Gli Skid attuali sono uguali e diversi da quelli degli anni ‘80/’90:
uguali perché il genere Street Metal è trattato nello stesso modo tirato, ma
diversi perché usano una attitudine moderna e uno spirito più famelico. Non
avranno fatto molti album (compresi i due ultimi ep, possiamo dire che siamo al
sesto in 25 anni), ma la loro personalità è diventata quella dei maestri. Long
live Skid’n’Row.
1. We are the damned
2. Give it the gun
3. Catch your Fall
4. Damnation Army
5. Zero Day
Bonus track:
1.
Sheer Heart Attack ( cover dei Queen)
2.
Rats in the Cellar (Cover degli Aerosmith)
Johnny Solinger – vocals
Dave “Snake” Sabo – guitars
Scotti Hill – guitars
Rachel Bolan – bass
Rob Hammersmith - drums
SKY ROBERTACE LATINI
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