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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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461. CREDERE O NON CREDERE, MA IN CHE COSA? da un'Americana a Venezia
Un noto oncologo italiano ha appena confessato di
non credere più in Dio. La ragione, ha
detto, è attribuibile prima all'intollerabile orrore di Auschwitz, e poi, per il
cancro aggressivo che affligge anche piccoli bambini. Fa tristezza la crudele realtà, com'è triste anche
la perdita di fede. Rinunciare a Dio non
è solo un esercizio intellettuale. Non è
come rendersi conto a sette anni che Babbo Natale non scende per il camino. Smettere di credere in Dio significa perdere
un'intera dimensione della vita interiore. Quello che qualche ateo crede di guadagnare in
libertà psicologica si perde di fronte all'incertezza dell'esistenza del Bene. Ai nostri tempi uomini e donne, giovani e
anziani allo stesso modo, soffrono per il vuoto creato dal materialismo. Sembra che l'oncologo 89enne abbia alzato bandiera
bianca davanti al male, ma peggio ancora, che forse si sia anche arreso alla
disperazione. Ora crede più nel buio che
non nella luce. William Styron
(1925-2006), autore di La scelta di
Sophie, ha detto che, per lui, la frase più profonda pronunciata su
Auschwitz veniva quale risposta alla domanda "Dov'era Dio a
Auschwitz?" La risposta: "Dov'era l'uomo?" Dio non istiga e non partecipa mai nei crimini. Le barbarie capitano a causa del rifiuto
della compassione da parte di arroganti.
Questi commettono azioni infami per ragionamenti erranti. Dio non ha inventato bombe atomiche e nucleari,
accompagnate da test che hanno inondato l'atmosfera con fallout (mentre il totale disastro di Fukushima è ancora in atto.) Dio non ha partecipato negli esperimenti con raggi-X;
non ci bombarda con onde elettromagnetiche prodotte dai telefonini e schermi
vari; non riempie l'ambiente di fumi di scarico e chimiche pericolose che
danneggiano la salute di ogni essere vivente, incluse le api. Da molti decenni queste cose create dall'uomo,
per profitto, per potere e anche per convenienza, incidono sul corpo e sul DNA. Se moriamo di tumore, ci sarà un perché, una
spiegazione che non dipende dal disegno originale. L'uomo si è dimostrato in grado di rovesciare
l'ordine delle cose, anche quello delle sementi e dei fenomeni meteorologici. Come mai?
Solo un senso di obbligo e di gratitudine nei confronti della Creazione,
un senso spirituale trasmessoci dall'intuito che ci informa che sì facciamo parte
del piano divino, solo questo ci salverà da noi stessi. Forse l'oncologo di cui sopra ha respinto la
credenza che dice, Non si muove foglia
che Dio non voglia. Una deità in
grado di controllare ogni atto umano ma che scegliesse di non farlo sarebbe complice
di fronte ai danni che recano gli uomini.
Ma è sicuro che Dio lavora indipendentemente dalle nostre aspettative. Nozioni umane del Divino sono limitate e
spesso insoddisfacenti perché proviamo a descrivere qualcosa che normalmente non
riusciamo a concepire. Il Creatore non è
limitato dal tempo e dallo spazio. Come
possiamo attribuire passioni umane come la rabbia e la gelosia alla forza benevola
che ha creato l'universo? Ha suggerito Swami
Vivekananda (1863-1902), "C'è mai stata una blasfemia più orribile della
dichiarazione che tutta la conoscenza di Dio sia confinata a questo o quel
libro?" Forse la nostra coscienza
innata, quel senso di giustizia che persino i piccoli della nostra specie sono in
grado di dimostrare, ci porta più vicini a comprendere la volontà di Dio. O come ha suggerito Socrate più di 2,400 anni
fa, Dio ci parla attraverso i poeti. Cormac
McCarthy, autore eremita di storie dure come Non è un paese per vecchi, ha detto, "Nel profondo di ogni
uomo c'è la conoscenza che qualcosa sa della sua esistenza. Qualcosa sa, e da ciò non si può ne fuggire
ne nascondere." Vincent Van Gogh, che
voleva fare il prete prima di diventare artista, morto suicida per una malattia
nervosa, ha scritto, "Mi colpisce, ed è molto strano, che quando vediamo
l'immagine di totale e indescrivibile desolazione--di solitudine, di povertà, e
di miseria, della fine e del lato estremo delle cose--il pensiero di Dio sempre
viene in mente." Forse pensiamo a Dio
in momenti simili perché è allora che sentiamo vergogna, e perché "qualcosa
che sa della nostra esistenza" compiange ogni nostra sconfitta. Il pensiero di Dio ci preserva l'anima. Gesù una volta ha semplificato tutto il
discorso. La carità si vede in chiunque
ama Dio, ha detto. Perché? Perché "Dio è l'Amore." Difficile
non credere a tanto. UN'AMERICANA A VENEZIA
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