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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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421. RECENSIONI 2014 di Sky Robertace Latini
“HYDRA” – 2014
Whitin Temptation-Olanda
Se
si fa l’operazione di realizzare un album commerciale, questo è il modello da
utilizzare. Non il migliore in questo senso, ma comunque ottimamente riuscito.
Ogni pezzo appare come adatto a realizzare un singolo, ma la forza non è
assente. Quello che manca è lo spessore compositivo del passato, un passato
molto più di sostanza. Ma è ormai due album che è così, dall’”Unforgivin’” del
2011, pur essendo qui migliorati. Per chi ama anche il rock più fruibile ( e io
sono fra quelli) questa opera non deluderà. La voce di Sharon non è mai stata all’altezza
di Simone Simones degli Epica o della finlandese Tarja Turunen, e nemmeno di Charlotte
Wessels dei Delain o della norvegese Liv Kristine. Però possiede la sua acuta
bellezza, che qui però usa meno, accontentandosi di essere catchy, adattissima
per lo stile attuale, che è piuttosto lineare. E’ una band semplificata, che
non vuole sorprendere, quanto afferrare l’ascoltatore in un abbraccio
immediato. A volte si sfiora il pop-rock altalenando la performance sonora tra
Pat Benatar e le russe Tatu e addirittura la pseudo disco-pop di Kylie Minogue
in “Covered by the roses”. Ma l’effetto è positivo vivendo con frizzantezza e
dinamicità senza cadute di tono. Se si cercano song del livello di alcune perle
del passato (“See who I am?” o “Morther earth”), non si trovano. Non che
l’orecchiabilità sia una novità, essa è sempre stata presente nella
predisposizione della band, ma qui ha deciso di essere preponderante, quasi totalizzante.“DANGEROUS”
è un bel pezzo rampante anche se c’è il sintetizzatore da Techno-disco, e una
presenza vocale dell’ospite Howard Jones
(ex-Killswitch, gruppo Metalcore) ben messa nella linea melodica. “PARADISE”,
già uscita con l’ep precedentemente all’album (contenente anche demo di pezzi
qui presenti), presenta invece come ospite Tarja, che aumenta il valore di una pur bella song. “SILVER
MOONLIGHT” Brano fresco la cui particolarità è ricordare ritmicamente “Over the
hills and far away” di Gary Moore. “TELL ME WHY” è forse la più vicina al
metallo che c’è. Inonda subito con la distorsione montante e cori pieni. Poi un
groove potente sostiene una voce emozionale e tesa. Le pause soft non diminuiscono il tono forte della canzone
più seriosa di tutto l’album. Brano un po’ sottotono è la non originale “Whole
world watching” (su cui è stato girato un video poco intrigante), mentre minore
è “And we run” dove appare, senza utilità pur non rovinando il brano, il
cantato rap di Xzbit (solo una scelta dio mercato). Non si può fare a meno
della critica negativa poiché il confronto col loro passato non può che
elicitarla; vedendola in altro modo è proprio l’abilità acquisita negli anni
che fa di questo disco un buon lavoro, su una orecchiabilità ben progettata, e
quindi incisiva, che non snatura l’essenza dei within. Non c’è appiattimento,
per cui si vive una piacevole emozionalità. Pur lontana dalla verve dei grandi
artisti, esiste un’attrazione che porta ad apprezzarne l’nsieme. Leggerezza
positiva e brillante che invoglia a proseguire e ricominciare l’ascolto.
***
“THE HUMAN CONTRADICTION” Delain (2014-Olanda)
Se
i Within Temptation, che sono la band madre dei Delain (in quanto uno dei
componenti, il tastierista Westerholt, lasciò quelli e fondò questa), sono
diminuiti come profondità artistica, i Delain sono invece cresciuti. Ora il
Gothic Metal è meglio rappresentato dai Delain che dai Within, e non solo
rispetto all’altra band, ma proprio rispetto a se stessi, raggiungendo un
livello che prima non avevano. C’è vero pathos e un rinforzo sonoro in grado di
fornire quella tempra che mancava negli album passati. “HERE COME THE VOLTURE” ispira una atmosfera
fortemente drammatica. Con una iniziale soft voice si esprime una teatralità
che prosegue anche con l’entrata del riff compatto. “YOUR BODY IS A BATTLEGROUND”
altrettanto emotivamente forte, rispetto alla precedente si evolve più dura e
rock. La voce maschile è maggiormente tesa rispetto alla femminile che invece
descrive una essenza interlocutoria fino a quando diventa aperta e
orecchiabilmente diretta. “ARMY OF DOLLS” rimane uno dei momenti migliori
dell’album anche se meno potente. Sta a metà tra l’orecchiabilità commerciale e
l’afflato ammaliante, quest’ultimo si pone come ponte centrale mutando la song
verso un tratto più rarefatto. “THE TRAGEDY OF THE COMMONS” risulta affascinante. Tocca dolcezza e solennità inframmezzata da attimi
ruvidi. Contiene un feeling lirico e una coralità di ampio respiro pur
utilizzando riff secchi e netti. “SCARLET”,
che è una bonus-track, è una ballata classicamente gotica impregnata di respiro
poetico. Strano che non abbia trovato posto nell’edizione base dell’album in
quanto assolutamente all’altezza del resto. Le song minori posseggono comunque un certo
spessore, dato che il livello di base è alto. Vi sono episodi orecchiabili che caratteristiche energiche, e non usano la commercialità dei Within Temptation,
rimanendo su una intensità maggiore. Parliamo delle cadenzate “Stardust”; “My masque
rade” e “Lullaby”. Si infilano parziali sinfonismi sul goticismo di base, e c’è
anche una canzone davvero sinfonica che è “Sing to me”, ma che è troppo alla
Nightwish (soprattutto nel riffing, oltre che nel duetto tra cantante uomo e
donna). Pure il groove è attivamente capace di mantenere l’eleganza (“Tell me,
mechanist”). L’uso del growl non è accademico ma realmente fonte di feeling. Dal romanzo di Octavia Butlers nascono i testi.
Gli scontri umani vivono sulle
differenze, e le azioni distruttrici che ne derivano esprimono la
contraddittorietà dell’essere vivente che parla di pace ma agisce per il suo
contrario. Le liriche serie rendono i Delain simili ai conterranei Epica che
scrivono ugualmente testi impegnati. “We
are the others” del 2012 era un buon disco, anche frizzante, che però non
regalava nulla di nuovo al panorama Metal. Oggi la crescita ha portato invece
la band ai livelli che differenziano la mediocrità dall’eccellenza. Un disco da
non lasciar scappare, ma anche l’unico dei Delain che vale la pena di ascoltare.
***
“THE
QUANTUM ENIGMA”-2014 Epica (Olanda)
Ancora
una volta gli Epica abbattono ogni concorrenza, rimanendo in vetta alla
qualità, irrangiungibili, ed eguagliando se stessi come valore di musicale.
“Requiem for the indifferent” del 2012 era riuscito così bene che ci si
aspettava una certa difficoltà a starvi a pari (del resto la title-track rimane
ancor oggi la migliore tra le composizioni della band). Pompati al massimo
epicità e sinfonismo, anche la durezza fa il suo bell’effetto. L’ipertrofia
presentata non appare di plastica, ma anzi molto efficace e piena di pathos.
L’album precedente invece era più diretto, infatti questo va riascoltato più
volte, ma una volta entratovi, le emozioni sono tante. Ridondanza ed intrecci non ne fanno comunque un songwriting
difficile, ma nemmeno siamo di fronte a canzoncine da canticchiare con
immediatezza. La riuscita è anche interpretativa di una cantante che dà come al
solito il meglio di sé, nella sua impostazione lirica. Anche il cantato maschio
in growl s’infila là dove serve, adoperandosi a dare quel qualcosa in più senza
voler essere cattivi ad ogni passaggio, ma rinforzando invece i momenti che
devono essere tonici. Tutto il cantato, in realtà, anche quello femminile di
Simon Simones, non eccede mai, servo della struttura portante. Se
l’arrangiamento è potente, l’equilibrio compositivo è perfetto, assolutamente
nessuna parte sovrasta le altre, e si che un arrangiamento tanto ricco poteva
farlo accadere. Però è la stessa veste sonora a farsi centrale a sostegno delle
melodie. Se inizialmente l’opera getta sull’ascoltatore il lato più violento e
pesante, successivamente si hanno brani più lineari e aperti, mentre nel finale
del disco si torna su picchi elevati. “THE
SECOND STONEӏ dura ma possiede ritornello suadente ed invitante. Un agguerrito
attacco che contiene anche afflato tenero. L’assolo di chitarra è chiaramente
metal e ricorda a tutti che anche questo genere di musica è legato all’Heavy
del passato. “THE ESSENCE OF SILENCE”” è altrettanto dura ma esplicità maggiore
oscurità, ed infatti presenta anche un growl intransigente. La linea melodica
femminile è però ancora una volta altamente fascinosa e ammaliatrice. Possente
epicità. “OMEN-THE GHOULISH MALADY”
registra una verve più morbida ma il carattere è tonico. Atmosfera ariosa con una naturale
predisposizione alle aperture, soprattutto vocali. “CANVANS OF LIFE” si alza ben in alto con soavità e dolcezza.
Il pianoforte delicato e la chitarra acustica introducono l’ascoltatore ad una
voce bella e soffusa. E poi c’è un crescendo di intensità di passione e
classicismo. “NATURAL CORRUPTION” è penetrante, anche per la sua facile
assimilazione data la struttura più semplice, ma non manca di calore grazie a
riff decisi e netti, oltre ad un cantato senza debolezze. Termina con una
progressione densa che pare essere la fine dell’album stesso, ma non è così. “THE
QUANTUM ENIGMA-KINGDOM OF HEAVEN PART II” è invece la song più inquieta e
rarefatta. Vive di un sentimento malinconico nonostante la cavalcata
sostanziosa. Contiene un po’ di progressive sound, ma sul finale si fa
maestosamente epico. Un album da brivido.
E’ un continuo correre verso una elettrica fiamma. L’enfasi non cala
mai. L’elemento compositivo principale è il sinfonismo che determina l’assoluta
appartenenza al genere di riferimento, di cui paiono ora le guide, superando
persino i primi della classe di Nightwish e Rhapsody Of Fire. Sarà sicuramente
il miglior album metal del 2014. Non dare voto 10 a questo capitolo
discografico significa disconoscere proprio tutto il genere Symphonic Metal. Non è possibile criticare
gli attuali Epica; essi ora siedono su questo trono di dei.
***
Sky Robertace
Latini
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