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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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412. MERIAM, MARTIRE DEI NOSTRI TEMPI di un'Americana a Venezia
Paese che vai, usanza che
trovi. Questo si può anche dire delle
leggi e dell'applicazione della legge, da stato in stato. Ci sono diversi gradi di rigidità. L'argomento di questo post è stato ispirato,
purtroppo, dalle notizie che arrivano dal Sudan, paese africano dove una corte di
giustizia ha condannato prima alla fustigazione e poi all'impiccagione una
dottoressa di quasi 30 anni, Meriam, nata dall'unione fra un musulmano sudanese
e una cristiana ortodossa di Etiopia. La
madre di Meriam viene abbandonata dal marito quando Meriam ha sei anni. Meriam, educata da cristiana dalla madre,
viene accusata oggi di apostasia, cioè, dell'abbandono della fede del padre,
perché Meriam si è sposata con un uomo cristiano del sud del Sudan. Prima di condannarla, il giudice le ha
concesso pochi giorni per cambiare idea, ma Meriam non ha rinnegato il
cristianesimo. Pare che i "parenti
serpenti" dalla parte del padre musulmano abbiano portato all'attenzione delle
autorità il matrimonio di Meriam, mettendola in difficoltà fin dall'agosto del
2013. Attualmente incinta di otto mesi, Meriam
è finita in carcere a febbraio di quest'anno, assieme al suo bambino di circa
18 mesi. Il marito cristiano, Daniel,
non ha il diritto di tenere i bambini nati da questo matrimonio perché, secondo
la corte, sono nati in costanza d'adulterio.
Dentro un grande palazzo di giustizia dell'aspetto moderno a Khartoum
viene emessa una condanna tipica dell'Inquisizione spagnola. Il giudice ha permesso che la sentenza di
morte per l'accusa di apostasia non debba essere effettuata prima di due anni,
tempo per Meriam allattare il bimbo in arrivo. Che cinica crudeltà. L'occidente è inorridito per questo caso. Sarà l'ultima prova dell'irrazionalità di
certe leggi. Far morire una persona,
specialmente una giovane madre, perché si è sposata con un connazionale di fede
diversa di quella del padre biologico, è una decisione così matta quanto infondata
nel caso di Meriam che ha sempre sostenuto di non essere mai stata musulmana. Ora rischia di diventare martire. Anzi, lei e famigliola lo sono già. Sono stati dati in pasto ai leoni arrabbiati. Speriamo che un altro processo le sia
consentito sotto la pressione del mondo civile che guarda, Italia in prima
linea. Il giudice di questo caso,
l'Inquisitore, deve essere un tipo rigido all'inverosimile, scollegato dalla
propria umanità. Leggi nelle mani di
esseri umani così, persone che hanno il potere di decidere fra la vita e la
morte, non provengono da nessun dio misericordioso. La legge religiosa diventa uno strumento di
dittatura e spesso, pare, anche di misoginia istituzionalizzata. Questa sentenza ricorda tutti i giudizi
sadici che hanno fatto gli inquisitori della Chiesa nei tempi più bui. Imprigionare, tormentare e minacciare le
persone per motivi di carattere religioso non ha assolutamente niente a che
fare con principi nobili. Quale crimine
ha commesso la povera Meriam e i suoi piccoli, se non quello di essere una
famiglia non musulmana nell'odierno Sudan? Abbiamo capito oramai che i crimini e le
punizioni di altre epoche sono ancora la regola in quel luogo. Abbiamo anche capito che per alcune famiglie
arrivate in Italia in tempi recenti, le vite di figlie, mogli, e sorelle non sono
valorizzate quanto le vecchie regole trascinate dai maschi di famiglia. In certe situazioni siamo davanti ad una mentalità
completamente priva di rispetto nei confronti della donna. Per noi, quello che succede a Meriam è
criminale. Perché per noi, fra l'altro, l'Inquisizione
è finita da secoli. Ma soprattutto, nel
mondo occidentale, davanti alla legge, la donna ha conquistato il diritto di
scegliere religione, studio, lavoro, e partner. Dobbiamo denunciare e respingere il tipo di
ingiustizia a cui è sottoposta Meriam e tutte le altre donne come lei, e
insistere, mentre siamo ancora in tempo, perchè certi diritti umani vengano
rispettati dovunque, specialmente, per l'amore di Dio, nei confronti di donne
gravide e bambini. Infatti, davanti
all'orrore del caso di Meriam, l'Italia ha già fatto appello all'ONU, chiedendo
di cominciare a lavorare, finalmente, per abolire in tutto il mondo la pena
capitale. UN'AMERICANA A VENEZIA
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