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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

LA FOTO DELLA SETTIMANA  a cura di NICOLA D'ALESSIO
LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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184. COPERTINE DAL R’N’R AL METAL (NONA PARTE) LE COPERTINE METAL: IL DIAVOLO di Sky Robertace Latini


Da più parti il metal è tacciato di satanismo. Va ricordato che lo stesso fu per il Blues; il Jazz; il Rock’n’Roll e tutto il Rock a venire. In realtà nella musica Heavy c’è di tutto, diavolo compreso e persino il suo contrario, cioè il metal cristiano. Una parte del metal malefico è solo una parodia provocatoria ( a volte usato per meri fini pubblicitari) in cui più che di Satanismo si può parlare di anticlericalismo e di opposizione all’ordine costituito del quale la Chiesa è considerata rappresentante. Però una parte di Satanismo vero e proprio esiste, ed è solitamente legato al Black Metal. In realtà di demoni e di streghe si cantava anche negli anni ’70 in modo più o meno esplicito, ma finivano in un calderone magico dove c’era di tutto, anche un certo paganesimo e superstizioni naturalistiche, tematiche rinate con forza oggi. Con gli anni ’80 nascono vere e proprie band dedite al culto di lucifero e cornuti compagni. Lo fanno all’inizio gli inglesi, e poi la cosa viene presa in mano dagli scandinavi (in particolare Norvegesi). Il satanismo successivamente prende varie vie (che comunque spesso s’intersecano); c’è quella che adora Satana come essere personale, re della libertà umana e del potere , e quella che considera la raffigurazione di Satana come elemento New Age, simbolo di energia del mondo e dell’universo che non segue le regole dettate dalla chiesa in quanto regole considerate prive di fondamento quindi artificiose: Dio non esisterebbe e quindi le leggi a lui attribuite non sarebbero veritiere. Riguardo alle relative immagini di copertina, la blasfemia, in alcuni casi, ha toccato direttamente la figura del Cristo in situazioni molto forti, anche sessuali.

1.     Nel 1970 gli inglesi Black Sabbath pubblicano il loro primo album. Non sembra una copertina forte, ma l’ambiente rurale di una campagna d’altri tempi fa venire in mente l’antica atmosfera in cui si credeva nella magia e dove la superstizione vedeva streghe ovunque. In questa ambientazione c’è la figura longilinea di una donna dalle vesti scure, coperta da un mantello e coi lunghi capelli neri, nella classica iconografia della strega ammaliante (stile “Famiglia Addams”). I B.Sabbath producono un suono molto cupo, adatto al mistero oscuro, al tempo si usava infatti la parola “dark” per categorizzare questa sonorità hard.

2.     I britannici Venom invece sono i veri e propri creatori del genere “Black Metal” che sarà il veicolo principale per il Satanismo Rock. Esplicito, blasfemo e senza remore. La copertina del primo album “Welcome to hell” (trad.: benvenuti all’inferno) del 1981 non lascia dubbi in proposito. La grafica mostra un cerchio con inscritta una stella a cinque punte, simboli utilizzati nei riti satanici, in cui è realizzata graficamente una testa di caprone, animale la cui testa mozzata è stato sempre elemento ricorrente dei sacrifici sacrileghi del passato. Testa di capro che vuole essere anche simbolo del demonio.

3.     Ma l’Heavy Metal possiede anche una alta dose di ironia. Gli inglesi Iron Maiden, gruppo fortemente acculturato (appassionati di letteratura, di filosofia e di cinema), nel loro terzo album del 1982, “The number of the beast”, fanno disegnare in copertina la loro icona mummificata “Eddie” che manovra come una marionetta, la figura del diavolo, che a sua volta manovra la gente tra le fiamme. Nell’album vengono usati i versi della bibbia riferendosi all’anticristo per la title-track, quale citazione colta.

4.     Un uomo che si fa chiamare Dio, un certo Ronnie James, americano, lirica voce già nei Rainbow e poi nei Black Sabbath, si mette in proprio. Nell’album “Holy diver” del 1983, la copertina presenta un prete incatenato, gettato in acqua da una figura demoniaca (ma la figura non fa parte dell’iconografia culturale occidentale, bensì di quella egizia: si tratta di Seth, il dio del caos o dei morti).

5.     I danesi Mercyful Fate (“Fato misericordioso”), capitanati dal cantante King Diamond, personaggio truccato in maniera inquietante, cantano la presenza di Satana e del male come tematica fissa. Anche le copertine naturalmente vanno in quella direzione: in quella del primo lavoro (un EP) c’era una donna denudata in croce fra una folla di incappucciati; nel secondo e in questo terzo disco “Don’t break the oath” (“Non rompere il giuramento”), v’è una testa cornuta che rappresenta il diavolo, e in questo caso sbuca dalle fiamme, com’è luogo comune che sia. SKY ROBERTACE LATINI

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183. RECENSIONI 2012 di Sky Robertace Latini


“A BRIEF CRACK OF LIGHT”     Therapy (dall’Irlanda) -  2012
 Per chi ha conosciuto questi irlandesi con l’album “Troublegum”, non c’è speranza di trovare emozioni migliori coi loro nuovi album. Ma questo tredicesimo è piuttosto povero in quanto a song-writing. Si notano buoni spunti disseminati qua e là su un ritornello, su un riff, che però si perdono nello sviluppo del brano che, alla fine, risulta fiacco. Si salvano solo 4 pezzi senza comunque grande personalità: “LIVING IN THE SHADOW OF THE TERRIBLE THING” possiede un ottimo groove, con la batteria e il basso che ipertrofizzano la ritmica. La voce melliflua si arricchisce di un ritornello corale e scorre via bene.  E’ il pezzo migliore dell’album; no velocità ma feeling giusto. “PLAGUE BELL” non è male. Ci si aspetterebbe un brano tirato grazie all’inizio sostenuto, poi  diventa invece un middle-time a due velocità. Pastoso strumentalmente e antimelodico vocalmente, utilizza una linea cantata vicina alla modalità rap, che in questo caso non mi dispiace visto che non è realizzata in maniera banale.  “GET YOUR DEAD HAND OFF MY SHOULDERS” si pone anch’essa nel territorio dell’acommercialità. Il ritornello è robotico e volutamente amelodico. Lo stile è contiguo al rock alternativo con atmosfera rarefatta e asettica. Episodio interessante. “GHOST TRIO” può avere origini direttamente dagli anni ’60, come non percepire l’ossessività ripetitiva dei brani orientaleggianti di George Harrison coi Beatles. Il risultato è più pesante ma è completamente assente la modernità. Uno psichedelismo senza luci di serenità. Di certo non è un lavoro commerciale, si mastica lento e si fregia di dissonanze e di un certo alito greve, ciò è positivo. Ci sono anche due filler penosi: l’inutile strumentale mielosa “Marlow” e il brano finale “Ecclesiastes 1”. Tra il Punk, lo Stoner e l’Alternative, si salva perché si vede con chiarezza la volontà di cercare l’originalità. Putrtroppo non decolla mai davvero e quindi merita solo una minima sufficienza.   Sky Robertace Latini

182. RECENSIONI 2012 di Roberto Latini


REQUIEM FOR THE INDIFFERENT - Epica (dall’Olanda) - 2012

Ecco la quinta prova da studio (la prima è del 2003). Sempre sinfonici, meno ridondanti, più ficcanti. Sì, risultano più incisivi che nell’ultimo album di due anni fa, valorizzando la struttura compositiva e non eccedendo in pompaggio decorativo. Naturalmente l’elemento epico-magniloquente rimane nelle corde della band e questo non può che farci piacere. “MONOPOLY  ON TRUTH” si accende subito per divampare con energia. In realtà il bel 4/4 tirato viene rallentato da vari middle-time inseriti durante il cantato. Cantato che si alterna tra voce limpida femminile di Simone e quella growl maschile del chitarrista Mark Jansen e quest’ultima non è assolutamente in secondo piano. Atmosfera scura con maestosi momenti corali. “DELIRIUM” inizia con un delizioso mormorio a labbra chiuse, soave, quasi da chiesa. Veramente da brividi. Un pianoforte poi accompagna l’accesso alla voce candida di Simone. Un affascinante momento soft di rarefatta dolcissima attrazione. “INTERNAL WARFARE” è un altro pezzo dall’inizio duro e tirato. Sempre quando subentra il ritmo medio, entra la voce. Il tutto però rimane di forte impatto e le chitarre veloci e incisive, qui molto importanti, vengono amalgamate da tastiere e cori dall’alto carattere lirico. Il picco più alto di cattiveria si raggiunge nei momenti di growl. “REQUIEM FOR THE INDIFFERENT” possiede un approccio orientaleggiante (anche percussionistico) ed immette in un’aria misterica e dal fascino suadente. Corposa la chitarra che sostiene, indurendola, la linea melodica, dando inoltre un carattere più rock e meno sinfonico. Al centro l’oscurità diviene malinconia in un momento morbido. Forse la composizione più interessante del lotto. “DEEP WATER HORIZON” blandisce l’ascoltatore con la solita voce sinuosamente delicata di Simone, mentre viene accompagnata dalla chitarra acustica. Cominciando come una ballata non inganna su cosa ci si deve aspettare, infatti per metà risulta il brano più orecchiabile dell’album, con un ritornello accattivante. Eppure parliamo di una bella canzone che non cade mai dal piedistallo e che sa anche contenere dei momenti potenti, anche se leggermente di stampo Nightwish. “STAY THE COURSE” torna alla durezza metal. Naturalmente la voce femminile la stempera, ma  il pezzo mantiene comunque un tono forte. “AVALANCHE”  sono quasi sette minuti di alto livello artistico. Vive di ariosa atmosfera dal pathos vibrante; luccica di gocce di rugiada. Neppure il growl sferzante immesso a sprazzi riesce a distruggerne la sinuosa emozionalità. Sembrerebbe la naturale conclusione dell’album tanto è intensa (ma non è così). Gli Epica hanno sempre scritto testi interessanti, legati a molti concetti ma generalmente socio-politico-culturali. Il titolo di questo lavoro è di tipo impegnato: “Requiem per l’indifferente” come a sottolineare che chi è indifferente rischia l’oblio. O come a dire che la persona indifferente è come morta. Le interviste lette mettono in chiaro il messaggio che la band vuole esprimere; approfittando in qualche modo della diceria riguardante il mutamento epocale profetizzato per il 2012: si sarebbe ormai da anni in un periodo di grandi cambiamenti, e non si può far finta di nulla. Le tensioni sociali, dovute anche alla crisi economica, ma non solo, costringeranno a prendere provvedimenti, ma se la gente non se ne accorgerà in tempo sarà l’inizio della fine. Si ha bisogno gli uni degli altri. Una delle cose da modificare è il meccanismo economico che regola la globalizzazione e la vita delle nazioni, non funziona più. Ma la maggior parte delle popolazioni pare non voler vedere. Non si tratterebbe di essere pessimisti, ma realisti, e si farebbe ancora in tempo ad aprire gli occhi. Quello degli Epica è uno dei tecnicamente migliori growl che l’Heavy metal è in grado di esprimere, capace di far capire le parole oltre a inserirsi in modo estremamente coerente. Ne è disseminato l’intero disco, ma vi si trova anche dello screaming. Non si può comunque prescindere dalla voce femminile che contiene quel tocco gotico tipico di molti gruppi sinfonici. Ricca anche dal punto di vista dei cori e meno dal punto di vista tastieristico, l’opera non soffoca col sinfonismo la linea melodica; in alcuni passaggi si ode anche la vicinanza a certe sonorità da colonna sonora ma talvolta spunta un che di Progressive. Musicalmente si può intravedere un certo cambiamento d’approccio rispetto all’inizio di carriera, che dà al risultato una maggiore scorrevolezza e valorizza appieno l’insieme strutturale. Grande album, copertina compresa. Splendida interpretazione della cantante Simone Simons. Per quanto riguarda i brani minori, essi non sono poi così minori. Sky Robertace Latini

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THE ART OF METAL - Hysterica (dalla Svezia) - 2012


Ecco un gruppo tutto al femminile che cerca di non rimanere troppo nel clichè classicheggiante, riuscendo a produrre un suono ed un carattere più rockeggiante. I nomi d’arte sarebbero tutto un programma: “Bitchie” è la chitarrista; “SatAnica” è la bassista; “Hell’n” la batterista e “MaryDeath” la tastierista. Nonostante tali nomi la musica non è mai scura e feroce, prediligendo invece potenza e immediatezza, verso un approccio metal tradizionale anni ’80 (con solo alcuni sfioramenti del sound contemporaneo, compreso l’uso di growl), corali ed epici. Ma non tutto l’album è così, e i brani minori sono davvero poco  entusiasmanti. Ecco invece i migliori: “BREAKING THE WALLS” possiede la verve dell’ormai comune modalità gotico-sinfonica, pur stando lontano da certa pomposità di riempimento. Ma l’effetto è ottimo, grazie ad una certa freschezza che rimane lontano dalla ridondanza. Middle-time su cui è costruita una linea compositiva fluida ed una piacevole varietà strutturale, anche se ridotta al minimo. “SPIRIT OF THE AGE” è il brano più serioso dell’album, che vive di una atmosfera abbastanza ariosa. Middle-time e ritmica corposa per un andamento incisivo. “FORCE OF METAL” è invece metallica al punto giusto con l’anima tra Judas Priest e Manowar, e soprattutto Accept. La distorsione chitarrista non è in primo piano ma tra ritmo e arrangiamento il brano si produce comunque in un potenziale energico. Anche l’intermezzo fatto di basso  voci inserisce un interessante spunto compositivo.  “HEELS OF STEEL” vive di un giro chitarristico che ricorda “Stormbringer” dei Deep Purple. Però la canzone è puro Heavy Metal (ed è anche la meno allegra di tutto l’impianto del disco). Il ritornello ricorda le Girlschool ma la durezza globale va più verso i Judas. Di valore l’interpretazione canora. “HYSTERICA” cambia ritmo varie volte e si alterna tra un suono N.W.O.B.H.M. ed un Black Metal che tra loro costruiscono un risultato di eccellente fattura. La cattiveria si ha con il growl e davvero qui la ruvidezza è necessaria. “DAUGHTERS OF THE NIGHT” inizia col pianoforte ed un cantato soft, poi il tenore tonico si alza in un middle-time  attraverso passaggi di ampio respiro, anche leggermente epici, trasformando nel finale la ritmica in un divenire veloce. Ricorda un po’ i Warlock della tedesca Doro. Nel concetto compositivo del lavoro si intravede anche un filo di industrial metal ballabile e orecchiabile (“Figthers of the century”), ma è poco rilevante. Alla voce Anni De Vill. Il growl, pur non infastidendo, a volte sembra inutile. Altre volte ci sta benissimo, ed è anche piuttosto dosato. La voce limpida è invece squillante e rock al punto giusto, con una aggressività efficace anche quando non viene usato il growl. La chitarrista sa fare gli assoli con tagliente durezza così come il metal di tal tipo prevede, niente di stratosferico, ma non le solite quattro note di contorno. A differenza delle loro pose un po’ kitch (vedi immagine), la musica riesce ad essere matura anche se purtroppo gli episodi scialbi o troppo plastificati ci sono. Non ho sentito il primo album (“Metalwar” del 2009); secondo le recensioni che ho letto, quello era meno orecchiabile, mentre questo avrebbe una tendenza catchy. Ad ogni modo queste rockers di Stoccolma, pur da considerare accattivanti, non si pongono nel calderone della commercialità, si abbeverano a quel panorama Heavy di trent’anni fa con adatta disposizione compositiva d’animo rock.  Sky Robertace Latini

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“DARK ADRENALINE” - Lacuna Coil   (dall’Italia) - 2012

Riff corposi. Rispetto a quello passato di due anni fa (“Shallow life”), questo è un album più diretto ma al contempo leggermente meno affascinante, nel senso che predilige sonorità più asciutte e rock. “AGAINST YOU” inizia con sonorità rarefatta, ma è un brano duro, in cui però il senso della melodia non è perso.  4/4 veloce intramezzato da un middle-time nel ritornello. Anche un efficace assolo chitarristico che tiene in piedi un bel pezzo del brano. “KILL THE LIGHT” è un brano orecchiabile che però rimane distante dalla superficiale commercialità grazie al pathos che sprigiona la voce di Cristina Scabbia. Molto americaneggiante, soprattutto nel ritornello. Voce femminile e maschile si alternano con grande professionalità. “UPSIDEDOWN”, dalla ritmica pesante e dalla linea vocale intensa, è dinamicizzata dal solito alternarsi di voce maschile e femminile che scurisce e schiarisce l’atmosfera variandola in modo energico. Assolo di chitarra ficcante ma troppo breve. “I DON’T BELIEVE IN TOMORROW” è, insieme ad “Intoxicated” la canzone più affascinante del lavoro, quella che considero ammaliante perché contenente quella magia sinuosa che in album passati era più presente. Un middle-time sorregge una ritmica scura. Al centro un vortice di voce e groove che rendono più claustrofobica l’ambientazione della composizione. “INTOXICATED” fa parte della coppia ipnotica, quella appunto legata maggiormente all’anima gotica della band. Ma qui il valore principale è l’interpretazione vocale della voce femminile che si apre di più  e dal momento corale di fusione fra voce maschile e femminile. C’è anche un brano costruito in modo commerciale da poterne fare un singolo: “Give me something more” è troppo leggero per i miei personali gusti, ma devo ammettere che non è banale e quindi non fa calare il valore del disco. Del resto se Irene Grandi facesse ‘ste canzoni inizierei ad ascoltarla. C’è poi anche una cover, la famosa “Losing my religion” dei R.E.M.; non è male, ma a me, che di solito le cover interessano molto, non è apparsa particolarmente efficace. Non si tratta di pura copia, è stato un lavoro di reinterpretazione, ed è così che mi piace che sia, ma mi dispiace dire che non vi vedo granchè. I Lacuna Coil sono la metal band italiana più importante, e infatti anche questo disco conferma l’internazionalità (per il 2012 prevedono di fare concerti in tutto il mondo) e la maturità del loro sforzo artistico. Erano stati collocati nel genere gotico, e non ne fuggono, però stavolta lo rappresentano di meno, solo la coppia “I don’t believe in tomorrow” e “Intoxicated” lo sono in toto. Nell’insieme un disco che vuole essere meno cervellotico (anche se mai i Lacuna Coil hanno esagerato in tal senso) e che, pur accattivante, rimane ad un livello degno di valorizzazione. Sky Robertace Latini

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“METAL AL FEMMINILE”

Angela Glassow-Arch Enemy

Il rock è maschio, ancora di più il Metal. Abbiamo vari esempi di donne nel rock duro: Heart; Girslchool; Lee Aaron; Doro; Vixen; Saraya; Rock Goddess; Lita Ford; Wandy O’Williams. E ai giorni nostri Tarja Turunen; Whitin Temptation; Amanda Somerville; Christian Mistress; Evanescence; Liv Kristine; Djerv; In This Moment; Sirenia. In Italia Mastercastle. Ma alla fine non sono che pochi nomi rispetto a tutti quelli esistenti. E per di più spesso non sono che cantanti, e se compongono, scrivono solo i testi o tutt’al più decidono alcune linee melodiche vocali. Sono poche quelle che imbracciano gli strumenti e scrivono i pezzi. E inoltre devono fare le frontwomen sensuali. Naturalmente vi sono pure delle rockers che esplicitamente recitano l’oggetto sessuale sul palco, ma nel metal questo lo fanno anche gli uomini (vedi Motley Crue; Ratt e Steel Panther). Ad ogni modo nella pop-disco-hiphop, le donne (vedi Madonna; Rihanna; Britney Spears; Beyonce; Lady Ga-Ga) creano, più o meno sempre, scenografie (di solito danzanti) e situazioni di ammiccamento prettamente porno-sexy, cosa inesistente nel metal, eccetto in alcuni casi molto molto particolari (vedi le “Rockbitch”che sul palco facevano quasi sesso per davvero e i “Bitch” la cui cantante si muoveva con un armamentario sado-maso. I
Cadaveria
monicker non sono un caso). Esiste il maschilismo metallico? Si affaccia anche nella musica dura un mondo di schemi precostituiti e preconcetti mentali che emarginano le donne o le sfruttano? Difficilmente le donne in metallo fanno Metal tradizionale, di solito vanno a quello sinfonico e gotico, dallecaratteristiche meno crude dal punto di vista sonoro e culturale. Gli italiani Lacuna Coil, i tedeschi Xandria e gli olandesi Epica sono proprio all’interno di questo clichè; tre gruppi di uomini al cui microfono stanno donne: Cristina Scabbia (L.C.) all’interno della tipologia gotica, mentre Manuela Kraller (X.) e Simone Simons (E.) in quella sinfonica. Sono musicalità che prediligono toni vocali dolci, sinuosi e accattivanti, quindi di stampo più limpido e gentile. Deduzione: “più femminili”? La band svedese delle Hysterica (totalmente composta di donne) invece si discosta dal loro modello e suonano un metal più puro, dall’attitudine rock che si conservava ancora nel rock duro degli anni ’80; fanno musicalmente le dure (anche usando la modalità vocale del growl, che è gutturale e senza riferimenti di genere visto che perde le caratteristiche umane di maschio o femmina) anche se in alcuni episodi appaiono leggermente plastificate (plastificate anche negli atteggiamenti tenuti in fotografia, che ricordano i modi
Nitte Valo-Battle Beast
di fare proprio di quegli anni). Se le singole presenze femminili nei primi tre gruppi, offrono voci che paiono di carattere strettamente femmineo, danno però un alone misterico e di introspezione che regala serietà e forte dignità alla loro musica, cercando interpretazioni profonde. Al contrario, la supposta virilità espressa nel rock delle Hysterica pone invece la loro musica in un ambito più diretto e quindi a tratti dai toni ribellistici adolescenziali che il rock ha espresso sin  dalla sua nascita. Ciò farebbe supporre che l’elemento femminile nel rock aumenti automaticamente, artisticamente parlando, toni maturi e forti. Non è così, visto che stesse modalità vocali, in altre band metal, tendono a farsi smielato sdolcinamento o prodotto commerciale (vedi le finlandesi Indica, gruppo tutto al femminile). La scelta di una voce molto femminilmente suadente è di solito la scelta preponderante delle cantanti donna? Probabilmente è così, almeno per molte delle donne, sia nella scelta da musicista, sia nella scelta da ascoltatrice. Ma non credo sia colpa del fan maschile. E’ vero che ciò che vale per la cultura in generale vale anche per il mondo Hard and Heavy, e cioè che l’ammiccamentio sessuale attiri il pubblico maschile. Resta però il fatto che dove c’è la donna rocker che sceglie di suonare metal più duro e violento, se vale artisticamente, c’è consenso tra il pubblico, al di là della sua avvenenza. Di conseguenza, se la musica c’è, che sia maschio o femmina l’artista, la band viene seguita. E’ il caso di band anni ’80
Veronica Freeman-Benedictum
come le Girschool (in toto al femminile) che avevano grinta ma non certo la sensualità classica femminina. E’ il caso di band attuali che si esprimono persino con la voce  dalla tonalità virile di Veronica Freeman dei Benedictum e di Nitte Valo dei Battle Beast, esprimendo un Heavy Metal potente ed energico. E addirittura troviamo il growl corrosivo di cantanti come Angela Gossow degli Arch Enemy o dell’italiana Cadaveria della band omonima. In conclusione i metallari maschi non cercano nella musica metal delle bamboline e nemmeno delle sexypadrone sado-maso; allora possiamo dire che, nonostante nel metal la provocazione sessuale sia di casa, nella musica metal i metallari uomini cercano solo la musica. E’ vera anche un’altra cosa: che una persona autorevole attira pure sessualmente (uomo o donna che sia). Per cui, se la donna è sul palco, in qualche modo attira anche da quel punto di vista. Certo, la donna cantante di solito è al centro dell’attenzione nella band, ma di solito è il cantante a essere frontman, cioè, come dice la parola, di fronte al pubblico. Uomo o donna che sia, “the singer” è sempre al centro dell’attenzione. La domanda quindi è un’altra: Cosa cercano però le donne nella musica metal? E ancora: Perché le donne anche come fan sono in numero minore rispetto agli uomini (ma non c’è statistica su questo)? La musica metallara ha come modello la donna oggetto? E qual è il modello estetico, se esiste, del metallaro? Argomento da approfondire. Sky Robertace Latini

P.S. Ricordiamoci che il rock duro (punk compreso), è la musica meno politicamente corretta che esista.

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“NEVERWORLD’S END”     Xandria  (dalla Germania)-  2012-04-14
  
Questi tedeschi non sono male, ma si collocano tra i Nightwish e gli Epica senza regalare alcunchè in termini di originalità. Ad ogni modo i brani migliori sprigionano potenza e classe, realizzando un Symphonic Metal senza cali di tensione. “VALENTINE” è un classico esempio di brano sinfonico con densi tappeti tastieristici e riff chitarristici corposi mai abbandonati dalla ritmica piena della batteria. Le variazioni sul tema sono efficaci. La chitarra sa essere metallica e dura anche con un assolo ad effetto e la voce femminile risulta lirica al punto giusto. “FOREVERMORE” predilige l’atmosfera sognante, e chiara è l’ispirazione ai primi Nightwish. La batteria, nonostante la melodia piena di dolce pathos, sorregge con forza la struttura. “EUPHORIA” percorre un duplice sentiero, un momento orecchiabile ed uno più dark usando un 4/4 lineare, fino ad un punto di middle-time che si stacca dalla melodia principale. Brano parzialmente più complesso degli altri, con alto livello di epicità. “SOULCRUSHER” parte con una chitarra davvero rovente. Struttura in parte di tipo Power Metal, vive comunque di una atmosfera cupa, senza per altro abbandonare la melodia. Qui però, nonostante la presenza sempre costante delle tastiere, la chitarra sia ritmica che solista la fa da padrone. Possente il finale. “THE LOST ELYSION” stavolta non lascia dubbi: si tratta di Power Metal epico e veloce. Corale e con spazio a cambi di riff e di tempo. L’assolo di chitarra non sarà nulla di speciale ma fa bene alle orecchie. La voce di Manuela Kraller segue, per impostazione da soprano, le orme della grande Tarja riuscendo di tanto in tanto ad esserne all’altezza, per esempio in “Forevermore”. Ma il lavoro è fermo a quel sinfonismo iniziale dei Nightwish, utilizzando un tipo di maestosità già completamente sfruttato. Però le capacità compositive ci sono in quanto i brani citati sono riusciti ad emergere incidendosi con elettrica vitalità nel mio cranio, apparendo come vere nuove song e non come canzoni già sentite. A volte fortemente evocativi, a volte troppo derivativi, però meno male che esistono. Sky Robertace Latini

181. THE RIVER (serie televisiva-2012-creata da Oren Peci e Michael R. Perry) di Sky Robertace Latini


Questa serie statunitense vede come produttore esecutivo Steven Spielberg ed è stato trasmesso sul network ABC e poi anche in Italia.Ho iniziato a vedere un mucchio di serie televisive con mio figlio, ma tutte iniziano e nessuna finisce andando avanti per più stagioni e annunciandone ogni volta una seguente. Quella che è terminata  lo ha fatto a metà senza dare conclusioni di sorta perché aveva poca audience quindi è stata interrotta purtroppo (si tratta di “Flash Forward”), e il “purtroppo” è significativo perché era la più intrigante di tutte. Quella qui recensita è durata solo 8 episodi e la considero terminata poiché il finale è adeguato (pare comunque che anch’essa avesse poca audience e quindi per questo non vedrà una seconda stagione). La storia riguarda una troupe televisiva che si mette alla ricerca di un uomo perso nella foresta amazzonica, tra le spire di un fiume. Tale troupe filma tutti in modo documentaristico, e finanzia le ricerche perché pensa di utilizzare il materiale girato a mò di prodotto televisivo da trasmettere sotto forma di reality. Del resto è la stessa rete televisiva per cui lavorava l’uomo scomparso, un tal Emmet Cole, che presentava un programma naturalistico di successo. Alle ricerche partecipano moglie e figlio dello scomparso. L’atmosfera è horror poiché si parla di magia. Il Sudamerica è famoso per questo tipo di ambientazioni supertiziose religioso-culturali. Spiriti; zombie; riti; ed eventi soprannaturali contrastano l’avanzata della comitiva che su un barcone naviga risalendo il fiume nella zona della Boiuna,  considerata tabù dalla gente del luogo: chi vi entra non può farne ritorno. Anche la geografia muta per impedire a questi uomini di uscirne.Ma l’esploratore Emmet Cole, quando era scomparso non stava lavorando, si era messo alla ricerca del mistero, un desiderio di trovare il senso della vita, attirato dalla cosiddetta “Fonte”, un punto della foresta da cui tutta l’intera magia viene emanata. E lo aveva fatto filmandosi egli stesso fino all’ultimo secondo, anche nei momenti di pericolo. Nelle espressioni di fantasia, l’horror magico è quello che meno mi piace, preferisco la fantascienza e il Fantasy, però l’immersione nella natura e la storia ben congegnata sono risultati avvincenti. Vi sono alcune forzature e alcune eccessive esemplificazioni, ma nell’insieme è apparso tutto piuttosto credibile.  Al di là della trama e dei colpi di scena, la trovata originale sta nel vedere le riprese attraverso quello che la troupe, personaggio del film, avrebbe effettuato. Lo spettatore della serie si trova a guardarla con l’occhio di chi ha davanti a sé un vero reality. Lungometraggi realizzati come se le riprese fossero fatte direttamente dai personaggi stessi del film, sono già esistiti (“The blair witch project” oppure “Cloverfield”), in questo caso però i personaggi riprendono perché deve essere prodotto un reality per la tv. E’ vero che ho notato degli errori nel montaggio, però l’effetto è riuscito. In più questo elemento narrativo ha permesso anche  di interagire in un modo diverso sulla trama; il fatto che ci fossero telecamere montate ovunque a fatto si che i personaggi potessero venire a conoscenza di eventi in tempi successivi, o potessero decidere e dare il via ad eventi capendo situazioni tramite visioni di video, creando strati diversi di racconto. E il telespettatore si trova a osservare per la prima volta ciò che i personaggi vedono, anch’essi seduti. E’ una simbiosi tra personaggio e fruitore della serie che hanno davanti a sé lo stesso video-tape. Il fatto poi che Emmet si sia filmato anche nei momenti estremi, porta il tono di questa serie televisiva ad un punto di surrealtà, come a voler significare l’occhio indiscreto del video, del “Grande Fratello” televisivo (non quello di Orwell), il quale vive come elemento imprescindibile della nostra vita quotidiana. E se non siamo ripresi ci riprendiamo da soli (magari col cellulare, no ?): solo così ci sentiamo vivi. Al concerto dei Dream Theater a Perugia pochi mesi fa, ho visto in parecchi riprendere troppe volte il palco senza gustarsi direttamente le immagini. Ma colmo dei colmi, più di uno di loro a riguardarsi le immagini (e non solo per un attimo) appena effettuate mentre i musicisti suonavano e cantavano: non mi dite che non sono degli imbecilli. Ecco: la vita del singolo esiste davvero o esiste solo se è scena per tutti gli altri? Nella vita ci vuole relazione, questo è certo, ma non la relazione tra spettatore ed attore. Tornando alla serie tv, Emmet Cole viene trovato, e varie situazioni vengono chiarite e risolte, ma nell’istante di uscire dalla Boiuna, il fiume magicamente si deforma e non usciranno mai più. Il finale è che tutti vagheranno all’infinito sulla loro nave, magari anche dopo morti,  in qualità di zombie, cosa che il telespettatore può ipotizzare dato che i personaggi stessi ne avevano incontrato alcuni che potevano essere liberati solo se dei vivi avessero preso il loro posto. Ecco, il finale è sufficientemente accettabile, la serie può non riprendere. Ad ogni modo se riprenderà lo vedrò con piacere (anche perché cosa sia la “Fonte” è rimasto un mistero).  SKY ROBERTACE LATINI

180. Il RAPPORTO COL METAL di Sky Robertace Latini


L’Heavy Metal è una espressione artistica. E’ musica. E ciò rimane la sua essenza principale. Naturalmente attraverso l’arte, qualunque essa sia, si veicolano messaggi, quando espliciti, quando criptici, quando consapevoli oppure inconsci. Nella musica strumentale ciò che si vuole esprimere è meno diretto, con i brani cantati naturalmente il significato arriva più chiaro, relativamente al modo di scrivere. Il Metal, tra tutte le tipologie musicali, è quella estrema, sia dal punto di vista dei suoni che dei testi.Va considerato comunque che esistono molti generi metal e quindi durezze di varia gradazione, che permettono una più facile o più difficile assimilazione; come per tutte le arti impegnative necessita di educazione. Sembra strano, ma il metal epico e sinfonico si avvicina più alla musica classica che al rock; eppure non mancano contaminazioni folk e jazz e di altra varia natura. Il Metal è quindi duro ma acculturato dal punto di vista sia tecnico che dal punto di vista della conoscenza. In giovanissima età io ero già attratto dalla musica, a sei anni ero contemporaneamente patito dello Zecchino D’Oro (guai se lo perdevo, nel caso facevo i capricci) e della musica leggera più vicina al rock (Little Tony/Gianni Morandi/Celentano), scartando Massimo Ranieri; Mino Reitano o Claudio Villa. Mio nonno invece era un “metallaro” della musica classica nel senso che era un maniaco e metteva le sinfonie a tutto volume per tutto il giorno quando era a casa, arrivando ad irritare gli altri componenti della famiglia. Così iniziai a seguirla a tratti, ma forti furono anche le esperienze d’ascolto che mi fece fare il maestro delle elementari con Rossini. All’alba della adolescenza mi sentivo molto incuriosito dal campo musicale in quanto fruitore e provavo ad ascoltare di tutto senza essere arrivato a capire cosa mi piacesse di più, e a tredici anni un compagno delle medie mi inondò di Beatles e lì rimasi folgorato, capendo finalmente la mia dimensione….quella rock. Ma fu a quattordici anni che imbattendomi in Kiss; Led Zeppelin; Rainbow e Yes (dischi prestatimi) entrai pienamente nella musica che più mi si confaceva. Fu uno strano sentire….ricordo chiaramente di non riuscire inizialmente a capirla ma di sentirmene attirato, mi dicevo: “cos’è questa roba?” Percepivo che conteneva qualcosa, ma non riuscivo ad entrarvi. Nella mia testardaggine ripetei gli ascolti fino a che non fui folgorato dal piacere, fu improvviso e ora riuscivo a decodificarla.Tutto questo ho raccontato per dire che l’acquisizione di una musica è un processo….un processo di apprendimento. Riesco a decodificare tutti i tipi di musica ormai, ma prediligo sempre il rock ed il metal in modo particolare; si vede che è confacente al mio carattere. Quando sento il Jazz riesco a comprenderne il valore ma non mi “tira” sufficentemente, segno che per farsi piacere qualcosa serve la parte istintiva e non basta la ragione. Io sono un tipo che amo poco i compromessi, e così eccomi in linea col metal. Non significa che sono forte, ma che anelo ad esserlo, avrei un carattere poco accondiscendente. Quindi entra in gioco un lato inconscio che diviene però cultura conscia: mi piace il ribellismo, l’autoaffermazione, il politicamente non corretto. E il Metallo è tutto questo, riesce ad esprimere al meglio la mia essenza. L’arte permette all’artista di raccontare a chi non è artista, cose che quest’ultimo sentiva di percepire e di voler dire ma non riusciva a dire. Me ne accordo quando vado a mostre di pittura o leggo romanzi, e così anche quando ascolto musica. L’heavy metal tira fuori da me ciò che io ho già. La musica…è questa che rimane l’elemento artistico per eccellenza nel Metal. Non ci crederete, ma io non sento i testi, anzi, non li capisco proprio visto che sono quasi tutti in inglese e in lingua straniera (ma anche in italiano spesso non si comprendono tutte le frasi del cantato), ciò che mi afferra è il suono e la sua struttura e il suo virtuosismo. Molti non amano la musica straniera perché vivono dei testi più che dei suoni; non sono amanti della sonorità, ma dell’unione tra melodia e del significato lirico, non leggerebbero mai poesie e non ascolterebbero mai un pezzo strumentale, si accontentano del superficiale. Io invece ascolto la voce del cantante come uno strumento musicale alla stessa stregua di chitarra e tastiere (infatti non sopporto il cantato rap, che per me è solo chiacchiera).Così io ascolto anche metal satanico pur essendo cattolico praticante, poiché i loro suoni anticommerciali mi piacciono (anche se, fra tutti i tipi di metal, il Black Metal è quello che meno mi soddisfa). Le parole non si capiscono se uno non sa l’inglese perfettamente (e poi molte lingue del metal “nero” sono scandinave) ed alle canzoni che ascolto io faccio dire quello che mi pare, gli assegno i miei significati personali visto che tanto non comprendo quelli scritti dall’autore, creo le immagini e le sensazioni che mi suscitano musica e suoni.  Del resto la blasfemia mi dà un forte senso di repulsione e tristezza, non posso certo accettarla, anche se essendo stato ateo e arrabbiato capisco perché venga espresso. Comunque la dimostrazione di forza va intesa in senso lato, la potenza dell’heavy metal possiede un valore di costruzione energetica che racconta il coraggio e la virtù, sia umana sia divina. Con il metal si può raccontare di tutto, tanto i valori negativi quanto quelli positivi. Certo, io ho vissuto per lungo tempo il metal come provocazione anche contro la Chiesa, essendo prima ateo, ma il senso della provocazione esiste anche in seno al messaggio cristiano, e, vista secondo una diversa ottica, la provocazione rimane un atteggiamento spesso necessario per costringere la gente a pensare, date certe realtà attuali poco sveglie e poco attente. Non sono dell’idea che il “politicamente corretto” sia rispettoso dell’essere umano, spesso è invece ipocrisia. Ma più di tutto rimane la sensazione che la musica mi dona. Attraverso le atmosfere sonore, e non le parole, io veicolo le mie emozioni e i miei sentimenti, lasciando che le note intrecciate e sovrapposte fra loro, scorrendo, tirino fuori da me ciò che mi è contenuto dentro. E ciò non mi succede col metal soltanto, ma con tutti i generi musicali che mi piacciono, risultando così la musica, l’arte più potente che c’è. SKY RPBERTACE LATINI








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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)

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