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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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92.LE NOSTRE PAURE (anormali o normali?) di Roberto Latini
Un concetto che spesso mi permetto di discutere con amici e colleghi è il fatto che le fobie sono un atteggiamento che rasenta la patologia anche quando è considerata normale dai più. Parlo della paura degli insetti per la quale molte donne rifiutano di fare una gita in campagna. Oppure del timore dell’acqua per cui non si prende mai una barca o un traghetto, oltre a non fare mai un bagno (nemmeno in piscina). Abbiamo poi le difficoltà ad approcciare persone malate o anche solo di sentire raccontare di malattie. In particolare ho avuto esperienza di fisioterapisti che si sono rifiutati di sedersi su carrozzine, un po’ per scaramanzia, ma molto per vero e proprio fastidio fisico dovuto alla paura del futuro (paura di percepirsi come malati, e paura di pensare ad un futuro da malato). Tanto che ho dovuto discuterci animatamente, poiché un terapista della riabilitazione non può e non deve permettersi atteggiamenti del genere. In qualità di tutor del tirocinio degli studenti universitari di fisioterapia, ho constatato tale remora anche in alcuni di loro, ma l’hanno vinta (se non ci si fossero seduti, avrei messo loro una insufficienza anche fossero stati dei geni agli esami). Chi non va a fare un pic-nic perché teme gli insetti o altri animali (per esempio i rettili), se è genitore non riuscirà a far fare l’ esperienza all’aria aperta ai suoi figli, sottraendo loro una esperienza importante e centrale nella vita di una persona. Chi non sale su una imbarcazione, o non nuota, rischia di non far vivere questa importante esperienza ai suoi figli. E se la sua paura riguarda anche ciò che potrebbe accadere ai figli, tali fobie rischieranno di limitare la vita esperienziale dei figli. Ci sono genitori che non possono stare senza sentire la prole per telefono più volte al giorno; anche questo è un male. Assenza di autonomia psicologica, molto pericolosa. I figli non possono andare da soli in vacanza anche se hanno venti anni; non possono prendere la macchina senza angosciare i genitori. E’ un peso che diverrà un problema per la realizzazione personale del figlio. Io credo che uno abbia diritto alle sue paure, ma se esse inibiscono lati importanti della vita (soprattutto altrui), è un dovere della persona cercare di combattere e vincere queste fobie. Se non ci riescono da soli (e spesso non ci riescono) allora devono accettare di farsi aiutare. Ultimamente ho avuto l’occasione di andare alla Cascata delle Marmore per una giornata di svago in famiglia. Io e mio figlio ci siamo già stati varie volte, lungo il percorso dietro e sui salti; mia moglie invece no (la conosceva solo da davanti). Inizialmente sembrava tutto a posto, man mano che il suo sguardo cadeva sulla potenza dell’acqua in discesa ha iniziato invece gradualmente ad andare in tensione. Quando infine si è trovata a vedere di fronte, da vicino, uno dei salti minori, ma dalla velocità davvero sorprendente, ha iniziato a cedere emotivamente, fino a piangere, e ha deciso di smettere la visita (fermandosi e permettendo al figlio di proseguire da solo). Sapete quale è il motivo di questa crisi ? L’acqua rombante ha portato la mente di Yuko alla sciagura dello tsunami giapponese, facendola immedesimare nella gente che ha visto l’onda assassina su di sé. Mi ha detto: “…se questi salti d’acqua qui fanno così tanto effetto, come sarà stato il terrore di chi si è visto arrivare il muro dell’oceano addosso ?…TERRIBILE!”. E così è tornato a galla il suo dolore per la propria nazione; un dispiacere mai sopito, anche se bisogna continuare a vivere. E così non è riuscita a proseguire nella visita; la vista dell’acqua così forte le ha dato un senso fisico di impedimento. Ora bisognerà vedere se ciò rimarrà fissato in lei, come una fobia strutturata, o se cesserà alle prossime esperienze analoghe. In questo caso si è trattato di un momento di paura contingente ad una situazione culturalmente personale, legata allo shock che è ancora fresco (anche i suoi familiari sono in zona terremotata), ma se tale sensazione continuasse nel tempo, e impedisse un suo normale comportamento, esso andrebbe affrontato. Per il momento io la capisco e non posso che darle appoggio. Chi volesse minimizzare le paure considerate normali, ma tali da impedire attività contestuali comuni, come appunto l’andare nella natura o visitare un parente deceduto, dovrebbe riflettere sul motivo reale di queste paure (per gli psicologi esse sono legate generalmente alla paura della morte). Se le fobie che uno ha, sembrano piccole, senza rimuoverne la causa inconscia, ci si potrebbe aspettare che esse col tempo ingigantiscano creando veri e propri limiti di vita quotidiana, che limiterebbe anche la vita di chi sta loro accanto. ROBERTO LATINI
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