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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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91. IL SIGNORE DEGLI ANELLI - Un viaggio nella Terra di Mezzo tra libro e film (2004) di Emanuele Terzuoli di Roberto Latini
Un libro interessantissimo per parlare di arte. Si evince la mentalità di chi elabora un film traendolo da un romanzo, quindi come l’arte cinematografica si approccia per interpretare una storia scritta. Naturalmente qui la cosa è molto particolare poiché il libro è “Il Signore degli anelli” di Tolkien, che dietro non ha solo la storia ma anche un mito culturale e una lingua, elaborati dall’autore stesso, che ne sono una struttura portante. L’elaborazione del regista Peter Jackson non voleva essere interpretazione personale, volendo trasmettere il messaggio di Tolkien. C’è riuscito ? Jackson ha dovuto escludere e cambiare molte cose per dargli un taglio cinematografico; ha fatto bene, ha fatto male ? Poteva fare diversamente ? Per Terzuoli i contenuti artistici sono come un fluido. A tal proposito dice: “La scittura è un recipiente per la storia/acqua, la sua forma. Anche il cinema lo è: un contenitore completamente diverso in cui la storia/acqua prende una forma nuova. Come succede all’acqua passando da un’anfora a una giara, così la storia muta aspetto da un libro a un film. Quella che resta immutata è l’essenza, l’anima. Qui sta la magia: la trasposizione da una forma d’arte all’altra diventa una trasmigrazione, una reincarnazione in una nuova vita”. Jackson riesce a lasciare immutata “l’anima” del “Signore degli Anelli”? Per Terzuoli, ma anche per molti appassionati di Tolkien, la conclusione è che il film c’è riuscito…il pensiero “Tolkien” è salvo. Forse piccole cose potevano essere perfezionate, ma alla fine Jackson ha fatto le scelte giuste e l’ha fatto con grande maestria (ha anche vinto l’Oscar). L’altra domanda è se il cinema ha ucciso la fantasia della lettura. Si, per Terzuoli ora sarà “impossibile pensare al Signore degli Anelli e non associare il capolavoro di Tolkien a una delle scene” del film. Sette anni per fare un unico film in tre parti, troppo complesso il progetto per non farsi sfuggire qualcosa. In realtà sono tre film perché ognuno dura più di tre ore (in totale sono undici ore) e poi ci sono le parti tagliate, alcune recuperate per le versioni estese dei DVD. Ma ora noi pubblico (io compreso) abbiamo stampate in mente le facce degli Hobbit e dei vari personaggi. Io non ricordo più come le avevo immaginate. Ma siamo contenti lo stesso che il film ci sia stato. Lo afferma anche Terzuoli: “Se sia stato giusto fare il film, critica e pubblico hanno risposto di sì”. In questo libro Terzuoli analizza i tre film sotto due aspetti: quello del confronto con il libro e quello della funzionalità del film in se stesso (considerando uno spettatore che non avesse letto il romanzo). Per ciò che concerne Tolkien, Jackson ha dato maggior peso agli eventi e meno alle sfaccettature socio-culturali dei personaggi, cosa che invece era molto importante per Tolkien. Sono state eliminate molte delle canzoni e delle leggende descritte. Anche personaggi monouso (che facevano una cosa e poi non comparivano più) sono stati eliminati. Inoltre alcune cose dette da alcuni sono state messe in bocca ad altri. Talvolta ciò è stato un tantino eclatante (e le proteste dei superappassionati si sono fatte ben sentire), ma alla fine Terzuoli dà ragione a Jackson. La motivazione per dargli ragione sta nel secondo tipo di analisi, quello che prevede che il film funzioni. E il film funziona, cioè la storia filmica funziona, non perdendo né l’atmosfera né il messaggio del libro. I film non devono rallentare troppo, ma soprattutto non poteva rallentare il Signore degli Anelli che contiene troppe cose per fermarsi, da rendere in un contenitore ristretto, per quanto lungo. Ma anche qui Terzuoli ha trovato difetti di sceneggiatura (piccoli); uno, per esempio (ma il più importante), riguarda Saruman, il mago nemico, il quale è rappresentato in modo potente, ma poi, in contraddizione, viene sconfitto come niente, non risolvendo in maniera adeguata le sue vicende (Tolkien invece lo fa apparire a sorpresa nel finale quando già Sauron, il nemico numero uno, è stato eliminato). Nel “Signore degli Anelli” tutti i personaggi sono in evoluzione. Sono in un modo all’inizio e diversi al termine dell’avventura; per esempio Frodo, giocondo e spensierato, alla fine è cresciuto in maturità e consapevolezza. Jackson, rispetto al libro, accentua con dovuti accorgimenti anche stravolgendo qualcosa di Tolkien, questa dinamica comportamentale, rispetto al libro. Ma Terzuoli descrive come personaggio anche l’Anello stesso, e come gli altri, pure l’Anello cresce. E’ l’Anello del potere che agisce ben più dello stesso Sauron che l’ha forgiato. Il capo dei cattivi, che con l’anello acquisterebbe potere enorme, nella storia fa ben poco (guarda di qua e di là con l’occhio, e questo è tutto). L’Anello ha una volontà (vuole tornare al padrone), l’Anello agisce, irretendo le persone, l’Anello è magico e dona poteri (longevità e invisibilità), l’Anello fa del male e consuma il cuore. Ecco, anche qui Jackson, con immagini efficaci, riesce a dare in maniera ispirata tale spirito all’oggetto anello, che man mano che la storia prosegue, diviene sempre più pesante. Molte altre cose sono dette nel libro di Terzuoli, comprese curiosità riguardanti gli attori, i quali erano tutti molto presi dalla parte che dovevano recitare, consci di non poter rallentare le riprese, e così decisi a lavorare anche quando si facevano male o non ricordavano bene la parte (si portavano i foglietti). Terzuoli ha scritto un saggio bellissimo, che non racconta di nuovo il romanzo di Tolkien, e non fa l’elogio fine a se stesso di film e romanzo. Ci porta invece in un mondo artistico da cui si capisce anche il modo di fare cinema in generale, e il modo con cui si seziona un romanzo per farlo entrare nei tempi del film. Come si inizia, come si taglia, come si trasforma, come si conclude, insomma, come si fa cinema. E’ un libro che parla e descrive l’arte e la spiritualità che c’è in tale arte. ROBERTO LATINI
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