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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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85. RECENSIONI MUSICALI 2011 di Roberto Latini


“UNDER THE SIGN OF CANCER”   Light Silent Death (2011)
Cominciamo col dire che non c’è un brano da scartare. Tutto è stato concepito con cura, dalla composizione alla produzione. L’album contiene interamente il demo live “20 minutes…of obscuration”, eccetto la cover degli “In Flame”. Devo constatare che, anche con la differenza dovuta alla migliore registrazione, dei quattro brani originali (“Hypothetical end”; Electrical stranded”; Obscuration”; “Deja Vu”), gli stessi due che avevo ritenuto ottimi, sono ancora tra i migliori (e forse “Hypothetical end” è anche la meglio del disco in questione). I L.S.D. sono una band italiana (ternana per la precisione) di Melodic Death-Black Metal, con punte di Thrash, che fa uso abbondante di tastiere, senza però arrivare al sinfonico. I riff di chitarra sono costitutivi dello scheletro compositivo, ma le tastiere s’insinuano fluide e rubano spesso la scena dando un senso liquido a pezzi altrimenti soffocanti (in senso positivo). Nonostante si possa paragonarli agli “In Flame” e ai “Dark Lunacy”, essi non sono né gli uni né gli altri, apparendo diversi da entrambi. Il brevissimo intro “Light Silent Death” è un rarefatto ingresso che fa capire subito, non la durezza dei pezzi che verranno, ma comunque l’atmosfera generale marcatamente sulfurea e dark. Irrompe, dopo l’intro, “HYPOTHETICAL END”, fascinando subito l’ascoltatore con un riffing corposo e tagliente. Gli inserti tastieristici creano una atmosfera raffinata e misteriosa. La linea vocale è ben inserita nel contesto, con un growl dalle parole comprensibili. Brano epico e magico. Avevo già avuto modo di apprezzare la song nel demo live, definendola fresca e originale. Qui il mordente, se possibile, è aumentato.  “QUESTION MARK” è un pezzo serrato con perfetti rallentamenti ritmici che non ne diminuiscono la tensione. La parte intorno all’assolo tastieristico sposta, per un breve momento, la sonorità verso lidi di stampo progressive.  “OBSCURATION” è una composizione tirata che esprime oppressione ma anche tristezza, nei punti meno veloci. La parte centrale, dallo spirito meno cupo, contiene un breve intervento vocale growl e poi c’è la parte di tastiere che ammorbidisce i toni. Le voci, compresa la seconda, sono realizzate meglio rispetto al demo, ma non convincono del tutto. Ma tutta la song è venuta meglio rispetto al demo. “ANAMORPHIC” si sviluppa tra il soft e l’epico con alto livello di incisività. Le parti strumentali soliste sono molto personali e variegate, veramente centrali ed esaustive.  Con “UNDER THE SIGN OF CANCER” viene anche il tempo per l’headbanging…un brano giusto da suonare dal vivo, anche se c’è una parte centrale quasi soft. Ma questo momento della canzone è impreziosito da tastiere davvero ispirate. Un Black Metal potente ed incalzante. L’equilibrio tra la rudezza e l’eleganza, che continuamente si alternano, è magistrale.  La musica è così ricca che a volte la parte cantata appare superflua. Alcuni brani potrebbero essere solo strumentali ed essere appaganti così. Musica piena che però non appare mai troppo complessa, riuscendo a farsi fruire appieno. I brani minori non sono assolutamente di basso profilo, ma rispetto a quelli citati non sostengono il paragone, perché parliamo di pezzi davvero belli. Devo dire che non ho mai avuto l’occasione di sentire un lavoro metal umbro, maturo come questo. Penso che nella classifica dei dischi 2011, questo non sfigurerà affatto.  Per ciò che riguarda la voce, rispetto alla prima volta che l’ho sentita non ho cambiato idea, anche se risultato migliorativo in studio è soddisfacente. Già il Growl non mi piace granchè, ma quello dei L.S.D. non è tra i più qualitativi. Ad ogni modo non digerisco molto neanche quello di Mike dei Dark Lunacy, eppure i loro dischi mi piacciono un sacco...a questo punto mi piacciono un sacco anche i Light Silent Death.    Roberto Sky Latini


“BORN TO RESIST!”   Li Camp (20101)

E finalmente una band per cui posso eliminare tutti quei sostantivi ed aggettivi classificatori che non ho mai amato molto! Post-punk; punk-grunge; metal-punk; Punk hard-core (questo il termine usato dalla rivista “Rock Hard”)……..”Born to resist” è punk e basta! Quello della fine anni ’70- inizi ’80, che ho conosciuto io quando nel 1978 ho iniziato ad ascoltare il rock duro in generale. Quarantadue minuti di attacco frontale in vecchio stile, ma assolutamente efficace. Breve per i canoni dei cd attuali, ma lungo per essere un album punk. Questo gruppo italiano (di Foligno-Umbria  precisamente) sono giovani, e suonano questo genere vecchio di musica, con lo spirito di quando erano giovani i vecchi punkers di oggi.  “1984”, brano del 2007, già presente nel demo,  è perfettamente inserito in questo disco, essendo state eliminate le incertezze esecutive che si notavano nella vecchia versione. Un brano d’impatto. Veloce e tirato e con la rabbia giusta. “BROKEN GLASSES” possiede vari cambi di ritmo; la voce è corale. Quando il 4/4 si fa lineare il pezzo prende il via e non perde mai il mordente, neanche quando subisce un rallentamento. “BACK TO THE LUDDITES” risulta un brano molto vario. Sembra orecchiabile per via della ritmica ska che vi è inserita, ma in realtà la voce sa costruirci una energia leggermente inquietante. Canzone semplice “MY CHOISE”, nonostante tre ritmiche diverse. Tali ritmiche si alternano, la carica però rimane sempre intatta. “SEVENTEEN”, che “Rock Hard”  critica definendola “non troppo convincente”, è per me invece una ballata assolutamente ben inserita nel filone classico del genere. Molto semplice in senso positivo, in quanto essenziale. La traccia migliore, e la più dura, è “SURVIVOR”. La vera ribellione punk. F.U.C.K. è cantata in italiano, ma non stona per niente con la musica. La parte più originale è nel lungo momento prima del finale (finale che riprende il ritornello tiratissimo). Tale ponte inizia con una atmosfera di più ampio respiro, poi la batteria si fa dinamica, e dopo sembra anche di ascoltare uno sprazzo di Skiantos (e dove la mettiamo il clacson da gioco per bambini, ironicamente inserito?). Composizione da concerto, sei minuti e mezzo che non stancano mai.
Brani minori:
I brani minori sono comunque piacevoli e divertenti ma alcuni peccano di ingenuità, altri rimangono un po’ scontati. Ma sono tutti sufficienti.
Mia moglie ha detto che il disco è una stonatura di prima qualità….ma non è abituata alle musiche più “rumorose”, ed è comunque il segno che il sound è davvero ribelle come i testi. La recensione di “Rock Hard” (rivista che per fortuna compro, altrimenti non sarei venuto a conoscenza della band, e considerate che io sono di Terni e loro di Foligno…entrambi umbri) affermava che il meglio di loro è “nella carica frontale, meno quando tentano altre vie”. Devo dire di condividere solo in parte questa valutazione. Si, nella parte scatenata sono perfetti, ma in realtà io vedo il loro valore nella capacità di diversificare la loro espressività all’interno del singolo pezzo. Non si denota la semplice struttura strofa-ritornello, ma ogni pezzo mette insieme momenti diversi, e il bello è che ci riescono dinamicamente, mantenendo costantemente intatta la forza ribelle e rabbiosa. Non ci sono cadute di tono nel mutare ritmica o linea cantata. Proprio questo è per me il loro valore aggiunto. E allora infilare il ritmo ska, o calmare i toni, non fa perdere feeling (come invece dice “Rock Hard” che reputa “indigesti” gli inserti ska). Altra cosa che vorrei sottolineare è lo spirito “impegnato” che ne contrddistingue l’estrazione culturale della musica. Io sono particolarmente contento quando la musica vuole esprimere cose serie, anche socio-politiche, rigettando inoltre la ghettizazione che ancora certo modo di fare rock genera. Certo, il testo di “F.U.C.K” (Foligno Underground City Kid) appare un pò ingenuamente adolescenziale, ma anche questo mi piace di loro: la non soggezione, il coraggio di esprimersi senza preoccuparsi. A Terni, negli anni ’80, i Warhead cantavano “Terni City Rockers”. Chi ama i Clash, i Sex Pistols e i Dead Kennedys, troverà gustosi anche i Li Camp.      Roberto Sky latini

METALLUMBRIA

In Umbria ci sono sempre stati musicisti bravi. C’è a Terni l’istituto di studi musicali che sforna musicisti di musica classica (il Briccialdi), ma anche il pop rock ha avuto parecchia gioventù che ci ha provato. Negli anni ’70 gruppi che tentavano di suonare i Pink Floyd o i Genesis facevano bella mostra di sè. Ma alla fine dei settanta anche il rock duro ha iniziato ha sfornare i suoi adepti. La band storica, la prima in assoluto, sono stati i Synthesis (1978) con alla batteria Uccellini (ora medico chirurgo) e alla chitarra Pieralisi (ora musicista professionista), che ha Terni, città dell’acciaio, quindi del metallo, era doveroso esistesse.  Poco a poco le band si sono moltiplicate, anche con brevi apparizioni nazionali, ma le storie sono risultate sempre zoppicanti, senza alcun futuro che si sviluppasse oltre il dilettantismo. Gruppi anni ’80 come Warhead (Terni); M.A.C.E. (Terni); Glory Hunter (Terni); Interceptor (Perugia); Hitron (Terni); hanno lasciato alcuni ricordi tra la gente del posto, qualcuno è riuscito a farsi notare conosciuto anche fuori dei confini umbri (M.A.C.E; Glory Hunter) avendo prodotto uno o due album distribuiti su scala nazionale (o internazionale come i Warhead). Addirittura i Synthesis sono considerati una band culto (ed esistono ancora). Ma in realtà gli umbri hanno avuto un difetto, nessuno ha avuto il carattere di andarsene e provare l’avventura al 100%. Quindi si sono “accontentati” di diventare dei bravi tecnici strumentisti, ma tutti hanno abbandonato la composizione.  Il periodo che va dagli anni ’80 ad oggi ha continuato a sfornare esempi di questo tipo, e solo oggi, dove internet e il digitale permettono un modo diverso di essere, le cose pare stiano cambiando (è più facile rimanere in loco e gestire i contatti). Un esempio sono i Savalas che sono andati in America per una esperienza diversa. Quest’anno intanto due nuove leve hanno pubblicato i loro primi lavori e promettono bene, essendo stati sponsorizzati anche a livello nazionale:  si tratta dei folignati Li Camp, punkeggianti e ribelli, e i ternani Light Silent Death, con il loro duro e raffinato BlackDeath Metal melodico. Entrambi hanno fatto due bei dischi, che nulla hanno da invidiare anche a gruppi stranieri di lungo corso. Ma in passato tutti i gruppi metal italiani vivevano le stesse difficoltà, oggi registrare a basso costo ma con qualità è più facile, e la distribuzione è internazionale, per cui le band non vengono più considerate italiane o tedesche, spagnole o francesi, inglesi o svedesi, bensì europee in una concorrenza continentale tra America e vecchio continente (esempi importanti sono i Lacuna Coil e i Rhapsody of Fire che entrano in classifica in Germania, oggi paese fondamentale per il mercato).
Roberto Sky Latini

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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)