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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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80. “NEVER SURRENDER” - Autobiografia di Biff Byford, cantante dei Saxon (2009) di Roberto Latini
“NEVER SURRENDER” Autobiografia di Biff Byford, cantante dei Saxon (2009) - (coautore: John Tucker, scrittore musicale e fotografo)
Un ragazzo della ‘working class’ tipicamente inglese, rimasto presto orfano di madre, da cui prenderà comunque il gusto per la musica poiché ella suonava l’organo nella chiesa metodista che frequentava, è costretto a prendersi cura di un padre che perderà un braccio e dal quale non riceverà mai gesti affettuosi. Il magro Biff (Biff è solo un soprannome, il suo vero nome è Peter Rodney Byford) diventerà una icona ‘metal’, dura e pura, dalla voce tagliente e dalla disposizione rock. Vuole fare musica e nient’altro, lavorerà in varie attività, dalle fabbriche alla miniera, ma distrattamente, preso com’è dalla gavetta a suonare in giro per i locali. Matrimonio e figli di cui perderà le tracce, (poi si risposerà, ora vive felicemente sposato in Francia), e la sua carriera non terminerà mai. Anzi, attualmente sta vivendo una nuova primavera di successi. L’ultimo album, quello del 2011, pare che sia una forza (non l’ho ancora sentito). Davvero intitolare il libro “Mai Arrendersi”, come il titolo di una sua canzone, è stata una scelta azzeccata. E’ un libro che pare scritto con molta tranquillità. Anche quando vengono descritte situazioni negative e di critica egli usa un tono pacato. Non era un ribelle nella accezione comune della parola, e non lo è nemmeno adesso, è stato un onesto lavoratore della musica, senza grilli per la testa, che al tempo ha fatto un po’ di casino ma che oggi ancora va in giro per i palchi, fedele a se stesso e alla musica. In ciò è un uomo verace, e ai giorni nostri si può dire che questa sia la ribellione, in un mondo dove la coerenza appare anacronistica. E’ un personaggio, va detto. Ma un personaggio serio, che non vuole parlare di metal come fosse una arma, ma di metal come mezzo espressivo e artistico, per nutrirsi e nutrire, che è l’unica cosa che sa fare. Lavorare suonando, è il suo vivere. Non ha fatto il successo in America come è avvenuto per l’altra band inglese sua contemporanea, gli Iron Maiden, la quale può vivere anche di rendita; Biff deve portare tutti gli anni il proprio gruppo ai festival ed in locali d’Europa come fanno tutti i lavoratori che ogni santo giorno prendono le loro cose e faticano. Ricordo il festival “Gods of Metal” a Milano del 2003 (c’erano tra gli altri i Whitesnake, i Motorhead, i Queensryche, i Grave Digger e gli Angar) dove i Saxon chiesero di anticipare la loro entrata in scaletta perché dovevano andare in Germania per suonarequella sera stessa, facendo quindi due concerti in ventiquatt’ore (Biff lo accenna nella sua biografia). Biff, l’operaio della musica, prende il suo microfono e va. Naturalmente anche per me i Saxon sono una icona. Ho iniziato ad ascoltare rock duro nel ’78, e nel ’79 i Saxon fecero uscire il loro primo album (veramente io li ho scoperti solo nel 1980), quindi essi hanno la mia età musicale, visto che fanno uscire ancora dischi mentre io continuo ad esserne appassionato. La parte più interessante per me è stato proprio il racconto che Biff fa del periodo iniziale, quando la loro musica, nell’ambito della NWOBHM (New Wave Of British Heavy Metal), fece scalpore con suoni scintillanti e sferraglianti, innovativi. Una vera sibilante macchina metallica d’attacco. Non esisteva ancora il velocissimo ‘thrash’ dei Metallica nato nel 1983 e quindi nulla era più duro dei Saxon in quel breve periodo (forse solo i Motorhead, che però hanno esordito nel ’77, prima della NWOBHM). Due album nello stesso anno con titoli che sono tutto un programma: Wheels of steel” cioè “Ruote d’acciaio” e “Strong arm of the law” cioè il “Forte braccio della legge”, in cui c’era la violenta “Heavy Metal thunder” cioè “Il tuono di metallo pesante”. Brani dal 4/4 molto veloce, e quando i ritmi rallentavano, le chitarre taglienti e la voce acuta stridevano contro le orecchie. Un metal molto potente, ma anche ricco di verve bluesata. Del resto Biff non si ritiene un amante solo di metal. In tre ce l’hanno fatta: Iron Maiden, Def Leppard e loro, i Saxon. Biff racconta delle scorpacciate di sesso che ha fatto appena famoso, ma di questo non si è pentito, ritiene che ogni giovane dovrebbe provare per un periodo quel tipo di esperienza, che però andrebbe fatto, afferma, solo per un tempo. Racconta inoltre della ricerca del successo al di là dell’oceano e degli sbagli manageriali che non l’hanno fatto accadere. Racconta delle separazioni coi compagni di viaggio, gli altri membri della band, che non sono avvenute in modo pacifico. Racconta molto di questioni manageriali e di scelte tecniche, criticando molti degli album fatti, ma non perché cattive le canzoni, ma per come sono state prodotte. E’ comunque soddisfatto e però non ha intenzione di smettere: a cinquattotto anni (oggi sessanta) se la sente ancora e dice di non capire chi non vuole più stare sul palco e fare dischi. Ecco le sue parole: “Durante tutto il giorno carichi la molla…e poi…molli il perno e fai bang!…Il momento in cui si è sul palco è talmente frenetico, è una tale esplosione di energia..”
Il libro termina: “La gente normale, quella che non è stata rovinata dalla musica, proprio non lo capisce. Ma credetemi, a conti fatti è proprio un mestiere fantastico. E’ sicuramente meglio che lavorare”.
Noi metal kid lo vogliamo così…io, lo voglio così.
Lunga vita al Metal.
ROBERTO LATINI
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