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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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12. IL VALORE DELL'OPERA D'ARTE IN RELAZIONE ALLA NOTORIETA' DELL'AUTORE

Stabilire il valore di un'opera d'arte in relazione alla notorietà dell'autore testimonia la crisi del concetto di arte come realtà che vive di vita autonoma e si impone all'uomo con il suo mistero. Infatti, decidere del valore di un'opera in relazione alla provenienza significa sconfessare la realtà autonoma dell'opera, ovvero disconoscere che l'artista è soltanto un faber, un medium, spesso inconsapevole, che mette in comunicazione gli uomini con un universo che si rivela attraverso il linguaggio dei cromatismi, dei segni e delle forme. Incuriositi e meravigliati abbiamo apprezzato sorridendo l'acuta provocazione "concettuale" di Piero Manzoni che, negli anni '60, inscatolò le proprie feci indicandole come opera d'arte. Pur trattandosi di escrementi, quella materia era nobilitata in quanto prodotto di un artista. Così Manzoni stigmatizzava che la stima di un'opera d'arte si fosse fondata sulla sua genesi piuttosto che su endogeni connotati oggettivi. A questa provocazione, come ho detto, abbiamo sorriso e non ci siamo sentiti parte di questo equivoco. Tuttavia, senza saperlo, ridevamo di noi stessi perché oggi, nel consorzio umano, al fine della stima del valore artistico ed economico di un'opera, è prioritaria la notorietà del suo autore, dimenticando che fra tutte le numerose opere realizzate in vita dagli artisti più celebrati, solo alcune sono capolavori. Un modo per uscire dall'equivoco è ritenere che il mercato dell'arte, che necessita di strumenti per individuare l'oggettivo valore economico dell'opera, non abbia nulla a che vedere con l'arte stessa. Infatti, trattare un'opera stabilendone un valore economico oggettivo considerando il valore artistico intrinseco come uno dei tanti parametri di valutazione come l'autore, il contesto ed il periodo storico ed altro, equivale a degradare l'opera a un bene " da collezione", come se fosse un francobollo. Naturalmente con questo non si vuole dire che l'indagine che porta ad individuare il contesto storico di un'opera, la scuola, e possibilmente l'artista che ne è l'autore, non abbia significato: l'analisi storico-sistematica è un determinante strumento di interpretazione del lavoro che l'artista produce spesso inconsapevolmente, forse attingendo da archetipi collettivi, e che quasi sempre è il precipitato di un'epoca. Su questo tipo di indagine può fondarsi l'interpretazione dell'opera, ma non un automatico giudizio sul valore economico dell'opera stessa, ammesso che le espressioni del linguaggio e del mistero dell'universo umano possano essere monetizzabili. Roberto R.
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3 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Roberto,
è molto interessante l’argomento proposto. Direi anche essenziale, poiché c’è una dialettica complessa tra la presentazione (nascita) di un’opera, il giudizio sulla stessa e l’evoluzione dell’arte. Abbiamo assistito, nella storia dell’arte, a tanti eventi (nuove opere) trionfanti che il tempo prima o poi ha messo nell’angolo. In altri casi, invece, abbiamo visti delle genialità creative morire nella miseria e nella solitudine dell’insuccesso. Impazziti, se vogliamo, dal silenzio della mediocrità. Com’era grande Van Gogh.
Un tredicenne, chiamato Louis Armstrong, dopo aver accoltellato un uomo, non fu trattato da criminale, ma da potenziale umano. Scoperto il suo talento, fu avviato sulla strada della crescita. Armstrong, dono della natura, diventò quell’artista straordinario, protagonista insieme ad altri, del jazz. Il jazz che un critico considerava una delle espressioni musicali più ricche e complesse che il genere umano abbia mai creato.

La critica ha una funzione delicata e importante. La sua funzione fa parte di quella dialettica complessa che, almeno nell’immediato, incide sull’evoluzione dell’arte. Il genio poi segue il proprio istinto creativo. Sorvola ogni mediocrità del tempo e la spunta sempre. Prima o dopo la morte.
Jack London, una volta diventato famoso, riconosciuto il valore del suo realismo e del linguaggio semplice ed efficace, vide pubblicato tutto quello che aveva scritto in precedenza. Il bello e il brutto dei suoi racconti. Tutto questo per il carisma della sua personalità e per la gioia di quel affare, che chiamiamo finanza .
A volte questo succede per ragioni puramente finanziarie, comprensibili a noi utenti. Altre volte, ahimè, perché il nome dell’autore offusca gravemente il giudizio della critica, direi inconsapevolmente. Chiamerei conformismo il fenomeno di alterazione del giudizio. Un conformismo che fonda la sua radice, sempre inconsapevolmente, nel passato dell’artista, nella sua notorietà. Il problema è che simili rapporti tra critica e l’arte spianano la strada ad ogni opera del già affermato autore, ostacolando per simmetria e in uguale misura l’affermazione dei giovani artisti.
La monetizzazione della creatività? Penso che sia uno dei peggiori aspetti della dialettica, a volte quasi spenta, tra critica e arte. La monetizzazione entra come un cuneo tra critica e arte, alterandone la dialettica. E’ vero che il fenomeno sia inevitabile. Noi ne prendiamo atto ribadendo, però, che incide notevolmente sulla qualità del prodotto artistico. L’esempio della produzione televisiva testimonia la povertà dei linguaggi, la mediocrità del prodotto televisivo e, peggio ancora, la standardizzazione dei gusti artistici. A lungo andare i nostri gusti artistici sembreranno sfornati in fabbrica con il rischio di soffocare, offuscare l’orizzonte della creatività umana. Con quell’orizzonte così scuro e tormentato dalla noia, non so se ci saranno geni in grado di illuminare cieli così scuri e molestati dalla mediocrità.
Alberto Fràsher

ROBERTO R. ha detto...

Carissimo Alberto,

grazie per il tuo commento, che condivido. L'unica osservazione che mi viene di fare è che il tuo scritto è ricco di spunti che potranno poi essere sviluppati. Forse fra arte e valore economico dell'opera non c'è nemmeno dialettica, o meglio la critica e la sua influenza sul valore economico sembrano imporre il distinguo fra arte e semplici manifestazioni della creatività umana. Ma in realtà il valore ontologico dell'opera, per il quale non abbiamo ancora individuato parametri oggettivi, credo che non abbia nulla a che vedere con le dinamiche di mercato. Trovo molto interessante anche il tuo riferimento alla cultura televisiva: ciò che ci viene imposto attraverso questo mezzo è analogo, in quanto eteronomo, a quella cultura che ci impone un arbitrario distinguo fra arte e non arte. Mi rileggerò più volte il tuo commento perché, oltre ad essere un valido contributo all'ultimo post, contiene prezioso materiale per altri post.
Roberto

ROBERTO R. ha detto...

Ok, non ha senso parlare di valore economico di un opera artistica , inteso questo valore come caratteristica intrinseca della stessa. Io, invece intendo quel valore che il mercato attribuisce all'opera. Questo valore, quindi perturba la dialettica di cui parlavo. Potrei aggiungere, p.es., qualcosa: il rapporto tra utenza (TV) e la creatività compromette l'obiettività della critica, che diventa "amministrativa" a due passi dalla mediocrità. D'altronde diventa ingombrante nel modo in cui orienta la formazione (ma che informazione!) culturale dell'utenza. Il film di Russell Crow (come si scrive?) su J. Nash diventa banale alterando inevitabilmente a realtà. La banalità? Per fare effetto su milioni di utenti paganti altrettanti biglietti da 10 $. Il film come opera artistica, non regge alla tentazione di essere gradito da una utenza più vasta possibile, a cui fa effetto vedere uno scienziato che prendono in giro nei giardini dell'università di Princeton. In realtà, scrive Silvia Kassar, il team medico non faceva nulla sul corpo di Nash senza il consenso del preside della facoltà e la presenza di Nash nei giardini veniva accolta con ammirazione per lo scienziato e con profonda comprensione per la sua sofferenza. Il film racconta altro. Come dicevo, in questo caso la forma e non solo, dell'opera è vincolata da fattori economici.
Alberto Frasher

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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)