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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
Questo blog non ha finalità commerciali. I video, le immagini e i contenuti sono in alcuni casi tratti dalla Rete e pertanto sono presuntivamente ritenuti pubblici, pur restando di proprietà del rispettivo autore. In ogni caso, se qualcuno ritenesse violato un proprio diritto, è pregato di segnalarlo a questo indirizzo : rapacro@virgilio.it Si provvederà all’immediata rimozione del contenuto in questione. RR
1. SPIRITO E ARTE
Arte e Spiritualità. E' un binomio scontato quanto non facile da definire. Ne parla in maniera esaustiva Kandinskij nell'opera "la Spiritualità nell'Arte". Kandinskij non considera arte e spiritualità in maniera paritaria, in quanto la spiritualità decodifica le vibrazioni del colore e quindi l'arte.Qui si vogliono invece considerare in maniera distinta le due realtà, esaltando gli aspetti comuni. In particolare, ho sempre trovato analogia fra "Santi" e "Artisti". Partendo dal presupposto che l'artista non è il vero autore dell'opera d'arte ma è un medium, un canale attraverso il quale si esprimono in maniera non convenzionale, valori assoluti (spesso l'artista non è consapevole del proprio prodotto, così come il Santo è un mistero a sè stesso), Artisti e Santi sono accomunati dal parallelo destino di "maneggiare" una materia che non padroneggiano: il Trascendente per il Santo, l'Arte per l'Artista. Quindi un approccio originale alla relazione fra spiritualità e arte potrebbe essere quello di approfondire in maniera autonoma le due realtà e, alla fine, trarre delle conclusioni che esprimano l'influsso non solo della spiritualità sull'arte ma anche dell'arte sulla spiritualità (si pensi, ad esempio, a come l'arte sacra sia stata, nei secoli passati, un "catechismo" per gli analfabeti). L'approfondimento della spiritualità non può prescindere da quella manifestazione più evidente che è la Religione, mentre l'arte è un campo maggiormente aperto. Roberto R
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WEBMASTER: Roberto RAPACCINI
A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.
(Carl Gustav Jung)
29 commenti:
Caro Roberto, sono felice che tu abbia realizzato questo spazio percorrendo il quale ho vissuto uno stato di serena astrazione ed una sensazione di apertura e ricerca di idee attraverso l'affascinante e sempre attuale filo conduttore del binomio "Spiritualità ed Arte".
Complimenti per l'iniziativa di grande qualità intellettuale. Un abbraccio Gianluca
Grazie Gianluca,
hai colto benissimo lo scopo del blog!
L'elemento che rende misteriosa l'arte è la parte di spiritualità che vi entra tramite l'uomo autore. E' come la partecipazione alla creazione che si ha con il rapporto sessuale tra donna e uomo che fa nascere una nuova vita; così l'amplesso artistico (attenzione che non diventi masturbazione estetica e non profonda ricerca espressiva).
Scritto da : sky-robertace
Trovo straordinario questo parallelismo tra santi e artisti.
Una intuizione geniale. A pensarci bene, ineffetti, il trascendentale
tocca entrambi gli aspetti. Sono proprio cusiosa di poter leggere l'intera tua opera. Organizzeremo un evento che si ricorderà nel tempo. Bacioni. Giu
Scritto da : giuliana scorsoni
Se le religioni (almeno quelle rivelate) indicano la verità (o la strada per la verità rivelata) attraverso soprattutto la testimonianza dei santi, ritengo che l'arte riesca piuttosto a creare (tramite l'artista) o, forse, a raffigurare, i confini di mondi (pittorici, musicali ecc.) in cui la verità si manifesta in barlumi, sprazzi. Ma forse il barlume, il vedere e non vedere, il sentire ma non riuscire a descrivere pienamente, la percezione di echi lontani é l'elemento comune e precipuo che collega arte e spiritualità.
Scritto da : antonio miceli
DALL'AUTORE DEL BLOG:
Roberto
Effettivamente l'opera d'arte può anche essere considerata un parto: il prodotto del parto dipende solo parzialmente dai genitori e vive di vita autonoma. Quella che chiami "masturbazione artistica" non può essere arte - come anche tu afferm i- perchè l'atto onanistico è un atto individuale ed egoistico, rivolto a sè stesso: fuori di metafora quando l'atto artistico è atto individuale e cioè proiezione del proprio io, cade nel puro estetismo.
Giuliana
Mi fa piacere che trovi suggestivo il parallelismo tra santi ed artisti. Effettivamente è una tesi originale: penso che adeguatamente sviluppato questo parallelismo possa fornire molti elementi per comprendere le due realtà. Un altro punto di contatto è la ricchezza-povertà di santi-artisti: ricchezza perchè attingono con la loro sensibilità percettiva ad un mondo precluso alla maggioranza. Sono però anche poveri perchè la percezione di un mondo superiore li priva di interesse per la vita "ordinaria" e si spogliano di ogni orpello che appartenga al mondo comune.
Antonio
Concordo pienamente con quello che scrivi. In maniera razionale cogli gli elementi essenziali del problema. Vorrei precisare che il dire ed il non dire dell'artista non è consapevole, ma è la conseguenza dell'impossibilità di disvelare il mistero. Ricorderai che in greco verità di dice "Aletheia" ovvero assenza di velo (a- lethos) e quindi la ricerca della verità è un disvelamento. Il velo che copre il mistero persiste anche di fronte alle intuizioni dell'artista. Accenni anche al ruolo delle religioni rivelate parlando in generale della spiritualità. Penso che il rapporto tra spiritualità e religione vada molto sviluppato in quanto non c'è identificazione fra i due termini. La spiritualità è una componente dell'uomo: la religione è un prodotto dell'uomo ( l'uomo fa Dio a sua immagine e somiglianza) o è una realtà trascendente esterna (Dio fa l'uomo a sua immagine e somiglianza)? Approfondito questo aspetto si potrà parlare dell'arte in relazione alla spiritualità-religione.
Sono d'accordo con te che non c'é identificazionen tra spiritualità e religione. Se ho "unito" i due concetti é perché, provando una certa diffidenza verso le derive "spiritualistiche", mi riferivo ad una spiritualità "alta" (ecco perché mi riferivo ai santi) come tu, d'altronde, ti riferisci all'arte in quanto "estetica" e non "estetismo"; la spiritualità non basata su solidi basi (in questo caso religiose) rischia di diventare vaniloquio, delirio, "masturbazione" celebrale (mentre l'estetismo, come tu dici, é una "masturbaione artistica"). Voglio dire che anche la spiritualità ha forse bisogno di manifestarsi all'interno di certi confini (la ricerca e l''abbandono nelle braccia del dio, ma, appunto, quale dio? Il dio amore? il dio filosofico, la o le divinità ? Il diavolo, il vitello d'oro ? ecc).
La religione fornisce in qualche modo le basi "razionali" per i percorsi spirituali. Questo elemento di razionalità é poi insito in ogni vera "arte" che ha bisogno del suo linguaggio "formale", arte che citando, trasformando, rinnegando o creando (rispetto ad altra arte) innesta inevitabilmente un percorso razionale, utilizzando, appunto, il linguaggio (che é necessariamente razionale) del bello (non necessariamente nell'accezione idealistica del termine, ma del bello quale sentimento che scaturisce dal dis-velamento di barlumi di mistero).
Ma certo il concetto di spiritualità "alta" é un po' pericoloso ed é forse il frutto di una chiara legacy e "supponenza" occidentale, basata sul concetto di razionalità. Il vero problema che mi pongo é come inserire nel rapporto tra arte e spiritualità, l'elemento (per me importante) del ruolo che la razionalità gioca nell'arte: in breve: ogni quadro di Pollock é intimamente razionale, ogni quadro surrealista (metafisico, onirico) é indissolubilmente razionale e per comprenderlo, o cercare di comprenderlo, utilizzo inevitabilmente schemi razionali.
Scritto da : antonio miceli
..E' come se il tempo rubasse l'anima alle persone, privandole di quel sottile afflato vitale che ne pervade quotidianamente l'esistenza..e l'arte, con il suo disarmante lirismo proteso, con la sua volubile ed inesplorata essenza, restituisce all'uomo il dono degli istanti, ancorandolo ancora di più alla concreta nudità terrena
ed alla luminosità trasfigurata degli astri..
Scritto da : vale
DALL'AUTORE DEL BLOG:
Antonio
Se si approfondisce la differenza tra spiritualità e religione, a prima vista è intuitivo che i due concetti non coincidono; ma in concreto per me non è facile trovare elementi oggettivi di differenza se non la scelta di fede. Infatti se è indubbio che la "verità" è una soltanto, questo non esclude che le vie per raggiungerla possano essere molteplici: la scelta della giusta via è quindi una scelta di fede. Un'altra possibile soluzione è che per religioni si intendano le vie "ufficialmente " riconosciute per disvelare il mistero dell'esistenza; credo che, come tu lasci intendere, questa soluzione sia solo formale anche se evita quelle che tu definisci "le derive spiritualistiche". Il concetto di base razionale fornito dalla religione per definire i percorsi spirituali, credo che sia solo una decodifica "a posteriori", in quanto, per quanti sforzi si possano fare, i concetti di fede e ragione sono complementari ma il secondo non può costituire la base del primo.
Passando all'arte, io credo che il concetto di bello vada in qualche modo cassato per gli equivoci che genera: Rothko dice che un'opera d'arte è la sintesi di un pensiero complesso . Concordo pienamente con te: il concetto di bello non coincida con l'accezione idealistica del termine, ma forse sarebbe meglio dire che esso rivela barlumi di mistero attraverso un linguaggio intuitivo e non convenzionale.
Anche in questo caso la razionalità ha valore "a posteriori" perchè integra solo un tentativo di decodifica del linguaggio artistico.
Mi sembra che nella sostanza siamo d'accordo, ma in te prevale una mentalità razionale ed analitica, mentre io mi lascio sorprendere dal sentimento del "soblime", senza alcune volte, riuscire a decodificarlo.
Scritto da : rapacro
DALL'AUTORE DEL BLOG
Valentina
L'arte ha effettivamente anche un valore evocativo, in quanto consente di rivivere "Proustianamente" il passato, annullando i limiti di spazio e di tempo che costringono l'esistenza.
Rivivere è una operazione dello spirito perché la materia è ancorata al presente.
Analogamente anche la spiritualità è senza tempo perché attinge a tutti quei valori che vanno oltre il contingente.
Scritto da : rapacro
“Lo spazio è la prigionia del corpo, il tempo è quella dello spirito” (Carlo Maria Franzero).
Scritto da : rapacro
un blog molto bello sull'arte:
http://laquintafiglia.blogspot.com/
Sono però anche poveri perchè la percezione di un mondo superiore li priva di interesse per la vita "ordinaria" e si spogliano di ogni orpello che appartenga al mondo comune (Antonio).
Non bisogna confondere la santità con l'ascetismo. Il santo non sempre è ascetico, anzi, si trova la santità anche nel vivere quotidiano dove si riesce a gustare ogni piccola cosa della realtà, sapendola mettere nella giusta dimensione come dono divino.
Scritto da : sky-robertace
Lo spirito è l'emozione dell'intelligenza che si trasferisce in suono, o segno, o parole, o luce o eventi e produce arte immortale.
"La musica la si conosce veramente solo se la si ascolta con la pienezza dell'intelligenza e della volontà, fino a che essa prenda possesso di noi; e per questo la musica ha un potere spirituale enorme, sia nel bene, sia nel male"(Mancuso)
Penso che l'intelligenza e la volontà operino anche a livello inconscio...e l'opera d'arte ci possiede ad ogni ascolto. E l'evocazione di ciò che è in noi (stati d'animo; eventi passati e presenti; speranze; desideri; sofferenze e quant'altro) trasforma al tempo stesso noi ma anche l'interpretazione di ciò che viene evocato; e la percezione stessa del brano musicale, ogni volta è diversa.
"Io mi lascio sorprendere dal sentimento del "soblime", senza alcune volte, riuscire a decodificarlo" (Rapacro).
Io credo che lo decodifichiamo sempre anche se nell'inconscio istintivo...è per questo che lo gustiamo o lo capiamo a livello sensitivo. La capacità di ragionare sull'opera d'arte non elimina la possibilità di lasciarsi andare.
Scritto da : sky-robertace
DALL'AUTORE DEL BLOG
Roberto
E' interessante spostare il discorso sulla musica, che con la sua potenza evocativa e con l'astrattezza del suo linguaggio, è considerata da Schopenhauer l'arte allo stato puro. Poi, nonostante l'oggettività dell'arte, come dici tu, la percezione è sempre soggettiva perchè interagisce con il proprio vissuto.
Non mi è chiaro invece il ruolo che Mancuso attribuisce alla ragione nella comprensione dell'arte.
Beatrice
Beatrice propone una lettura in seno al Blog del libro di Kandinsky "lo spirituale nell'arte". Personalmente trovo l'iniziativa interessante e spero che trovi adesione anche in altri. La lettura del libro di Kandinsky è una buona base di partenza per una discussione su arte e spiritualità. Kandinsky considera le due realtà strettamente collegate. Invece io penso queste dovrebbero essere considerate autonomamente per poi scoprire come oggettivamente interagiscono.
Scritto da : rapacro
Mancuso:
Le anime sono luminose note musicali. le anime del Paradiso sono luce e musica, perchè l'essere divino è personale e come tale ha un linguaggio, e il linguaggio dello spirito è musica. La luce è sostanza divina, la musica il linguaggio della sua personalità.
La cosa che vuole dire il filosofo è che la musica risulta, in quanto linguaggio di Dio, la possibiità più vicina all'uomo di poter comunicare con Dio. Se ciò è vero, l'arte musicale è la più spirituale tra le arti.
Nel suo libro, la creazione è vista come fatta per andare verso la perfezione...per cui l'intelligenza è l'elemento costitutivo dela realtà, quindi è anche attraverso l'intelligenza che si può comprendere la musica facendo divenire la musica stessa potentemente spirituale.
L'origine della vita deriva non da un caso ma da proprietà intrinseche della materia, in base alle quali l'universo tende all'aumento progressivo dell'ordine e della comlessità (Prisogine)
Scritto da : sky-robertace
Caro Roberto tra le tante cose che ci legano, in merito a Spiritualità e Arte voglio riportare qui una memoria di "perchè gli artisti devono essere poveri e santi" a cura di Mariano Apa che scrisse per noi quanto segue:
Architettura, scenografia piranesiana, fotografia da "Neue Sachlichkeit" scritta dai coniugi Bernard e Hilla Becher; oppure anche l'immagine di "Parigi, capitale del XIX secolo" così ben disegnata da Bejamin tutto dentro la disperazione della modernità - Agamben ha ricamato riflessioni incisive sulla sua epopea - oppure anche semplicemente(?) la messa in posa, la figurazione dilatata eppure precisa e coincisa di questo nostro mondo in attualità, che casca, rovina, trasecola, spira, agonizza senza mai morire: Questa è l'immagine della "Fabbrica" a Terni, come a dire questa l'immagine del microcosmo ternano a riflettere, specchiare, il microcosmo delle ideologie, religioni, stati, muri, pensieri, sentimenti; ormai trfitti e collezionati come farfalle in scatole che il Buon Dio raccoglie nella sua interminabile Domenica di Riposo.
Se il luogo della Storia il disgregarsi della Storia, sale la consapevole serenità che il montaliano dire del "non sapere" traccia significati del cammino da fare: non certezze ideologiche o pregiudizi di comodo, bensì bisogna praticare l'ascolto e l'attenzione alle plurali possibilità del "reale" e dei "futuri", prossimi a venire.
L'artista vive il ruol della propria identità attraverso il proprio lavoro, la propria individuale sacra solitudine.
E i raffinati meccanismi attraverso cui la società dell'arte perpetua la propria ritualità, possono anche perpetuare le condizioni dell'esclusione dell'artista dalle parrocchie e partitini, ma - di contro- non sarà che l'esclusione dalla "società dell'arte" sia la prova autentica della incapacità della ricerca dell'artista(escluso) di tradursi in "pratica culturale" in "segno sociale" alla corposa autonomia del sociale rispetto alle individualistiche e narcisistiche e infantili, anche prerogative di quei personaggi che sono appunto,sedicenti e critici e artisti e operatori del mercato di un sedicente "sistema dell'arte"? Chi decide chi? Cosa sceglie cosa?
Nelle strade e nelle storie che raccontano queste strade in Umbria nella più moderna delle sue città - e tra le più antiche: con quel maestro di Pietrarossa a S. Pietro in Trivio, proprio in Terni; con lo strepitoso Maestro di Cesi che ci guarda dal museo della parrocchiale, attraverso gli occhi grandi della Madre in Trono! - si riflettono i sapori delle varie parlate che hanno fatto il Dizionario della nostra europea modernità: l'informale, l'Astrattismo, il Primitivismo, il Concettualismo. Ecco quattro artisti ritrovati nsieme e caldi del giusto riconoscimento nell'opera che si autoproclama: Antinori e l'analitica investigazione dei piani costruiti dentro il corpo della superficie, Battaglini e la concettualità degli oggetti come recupero del primordialismo, Rapaccini e l'assemblaggio degli spuri ricordi di una società frantumata e deidelogizzata; Virili e la drammatica luminosità della "ferita" nella realtà della pittura.
......seguono singole considerazioni sui quattro artisti che Mariano Apa fece nel 1993 per la presentazione ad Attualissima ,Firenze Fortezza da Basso.
Questo per la storia! Ciao
Scritto da : Ugo Antinori
Ugo,
un sacco di cose dette tutte insieme da tal Mariano Apa mi sembrano un assemblaggio piuttosto confuso (anche perchè non conosco tutte le cose nominate). Ad ogni modo, io vedo la capacità o l'incapacità "dell'artista (escluso) a tradursi in pratica culturale e segno sociale", legata alla possibilità di trasmettere ad altri la propria spiritualità. Che tali altri siano pochi o molti ciò è parzialmente ma non del tutto necessario. Critici, artisti, operatori vari del mercato dell'arte, possono creare una moda o rimanerne fuori....ma c'è una spiritualità dell'artista singolo che esiste al di là se essa riesca a trasmettersi al fruitore o meno. Qui c'è tutta la discussione su cosa sia l'arte, ma rimanendo nel contesto dell'espressività spirituale della persona, io credo che se anche uno solo, al di fuori dell'artista, apprezza o viene colpito dall'opera, allora l'opera stessa ha svolto il suo compito, e va considerata riuscita. Se invece l'opera è compresa solo dall'artista non è d'arte ma solo uno sfogo creativo personale...che forse, in quanto performance, libera le tensioni dell'uomo artista ma non diventa arte.
Scritto da : sky-robertace
Credo che la mostra di Piermatteo di domenica ci abbia fatto toccare con mano il concetto dell'arte e della spiritualità. L'impatto cromatico e spirituale ti colpiscono nell'anima e ne esci sereno, come un arcobaleno dopo la tempesta. Giuliana
Scritto da : giuliana scorsoni
DALL'AUTORE DEL BLOG
UGO
Grazie Ugo per aver riportato il bellissimo scritto che Mariano Apa fece in occasione della nostra mostra a Firenze. Il testo mi sembra inoltre molto adeguato al tema perché vede negli artisti una spiritualità superiore che si manifesta come dono gratuito indipendente dalla personalità e dalla cultura degli artisti stessi. Anche questo significa che gli artisti sono santi e poveri.
ROBERTO
E' comprensibile che alcuni passaggi dello scritto di Mariano Apa legati ad una specifica circostanza non siano facilmente accessibili. Tuttavia mi sembra che vada eliminata una concezione "personalistica" ed "etica" dell'artista. Proprio perché l'artista si fa interprete di un'intuizione superiore, che comprenda o meno il suo prodotto o che lo comprendano tutti gli altri non rileva.
GIULIANA
Concordo, cara Giuly, sulla bellezza della mostra che abbiamo visto insieme di Piermatteo D'Amelia. Anche io ho sentito nelle opere una grande spiritualità, molto originale rispetto a quella di molti artisti a lui contemporanei, in quanto espressa in maniera "laica". Piermatteo D'Amelia infatti si pone di fronte a fatti miracolosi ed inspiegabili con l'atteggiamento di un cronista. Questo è un grande segno di modernità e di una spiritualità distaccata. Ho qualche dubbio sui restauri delle sue opere. Non sapremo mai se i cromatismi e la brillantezza del colore attuali corrispondano alla versione originale.
Scritto da : rapacro
Ugo/ Perchè gli artisti devono essere poveri e Santi - Mariano Apa Assisi 9 marzo 93
Direi che siamo al punt di entrare in esempi concreti, di seguito quanto afferma Mariano in merito al lavoro di Roberto:
Roberto Rapaccini subisce il fascino del disperato disfacimento del luogo eccelso della modernità: la città! Le tecnologie, le iconografie della città, una volta così care alla Pop e alla Scuola romana di Piazza del Popolo, ora vivono come schegge ciniche,pezzi dell'anfora rotta nella precisa mezzanotte, dello sguaire di bande di malfattori....la violenza urbana il frammento urbano l'immaginario urbano, sono da Rapaccini quali veri materiali dei suoi lavori. La pluralità materica dei suoi collage, degli assemblaggi di spuri materiali come di scarto e di veri rifiuti, del mondo del sociale tecnolgizzato, diventano equivalenze delle forti emozioni che la violenza del cinismo sociale provoca, nell'artista e attraverso le sue opere in noi che seguiamo l'artista per le sue peregrinazioni. Rapaccini si fa carico di queste realtà urbane, di tali questioni sociali ma immediatamente alla loro presa di coscienza, subito l'artista ne trasfigura i connotati, alzando tali schegge e frammenti dalla realtà sociale(che ricorderebbe talune funzionali soluzioni da"Nuovo Realismo" in anni Sessanta) alla spazialità del mondo onirico e fantastico, recuperando in modo nascosto e intelligete, le sgrammaticature neusurreali di certo Mirò o le eleganze poetiche di taluno Melotti - per esempio si veda la serie dei "Teatrini" e delle "Città di Venezia"-. Rapaccini è capace di portare un alito caldo, un battito di ali da farfalla primaverile, dentro l'inverno della moderna città. Se la città moderna non esiste più esiste la necessità del luogo, del fisico spazio entro cui riconoscere la proprià identità. Ed ecco che allora come nello spazio di un sogno cromaticamente acceso, si frmano gli itinerari per isole poetiche- "di Arturo" reclama Morante! - ed adolescenti imprendibili - vero, signor Salinger?! - quali attori di tale onirico sognare. La poesia ci salverà e i nuovi architetti, i nuovi registi dei futuri piani regolatori saranno letterati sognatori, ironici, stralunati, nottambuli, conservatori con la Dea Bianca, la Luna.
Io questo testo che ti riguarda , trovo che entri sensibilmente dentro al tuo/tua spirito/spiritualità e mi sembra utile per avere dei riferimenti concreti.
Scritto da : ugo Antinori
DALL'AUTORE DEL BLOG
Ugo
grazie per le ulteriori integrazioni dello scritto di Mariano Apa. Quando hai tempo, se ti è possibile, considera la possibilità di inserire nel Blog la parte che ti riguarda. Se non ricordo male si soffermava sul carattere euclideo delle tue opere. La geometria, per la sua astrattezza, è una forma di alta spiritualità, forse spiritualità oggettiva allo stato puro in quanto non contaminata dalle soggettività del pensiero individuale. Aggiungo il link del tuo sito per chi non conoscesse le tue opere.
http://www.scultura.org/Members/ugo_antinori
Scritto da : rapacro
In aggiunta a quanto riportato, inserisco quanto Apa scrisse su di me per la mostra alla fortezza da basso di Firenze. Io trovo che la lettura dell'opera di qualcuno o l'interazione con la stessa determini sempere una comunicazione spirituale, diventa esplicita quando come nel caso di Mariano che la descrive con competenza.
....Ugo Antinori lavora tra gli incastri degli angoli, per diagonali e direttrici della geometria euclidea. Se le forme hanno tale radice geometrica lo spazio che esse realizzano è uno spazio magnetico, alterando le forme, la plasticità cromatica dei materiali, alluminio spazzolato, acciaio grafitato, alluminio perforato, fondi dipinti con vernici metalliche opacizzate e via così variando nell'unicità dell'assunto teorico: che la razionalità della progettazione decide anche della pulsione biologica del campo cromatico. I materiali sono trascesi nella incisività della linea, le formulazioni pittoriche svaniscono nella legge costruttrice che edifica quasi volumetricamente le altrimenti piane figure euclidee: sogno bidimensionale rapportato ad allusioni e allusive dimensioni addirittura architettoniche. Questa ricerca di Antinori è la ricerca di un'utopia di una ideologica messa in squadra dell'ordine razionale capace di farsi carico delle frastagliate schegge con cui la realtà naturale e sociale si mostrano e dimostrano. Pittura e scultura: architettura della forma a campo spaziale e superficie magnetica dove vivono anche nella loro specificità biologica le forme di una geometria dell'origine, della consapevolezza archetipa di cui queste immagini realizzate si fanno carico, responsabilmente,nella poesia di una onirica geometria di liciniano sentimento: quante "Architetture" riposano in queste figure di Antinori? Tra Licini e Klee rivive, pur un pò nascosto, il sogno di una mai dimenticata Bauhaus e con esse il sogno di una categoria del Moderno che sia ancora viva modernità.
Altro link per entrare in contatto con le immagini del lavoro di Ugo:
Sito personale
http://www.webalice.it/ugantino
Scritto da : Ugo Antinori
DALL’AUTORE DEL BLOG
L’arte nei decenni recenti ha subito una profonda “laicizzazione”. Mentre l’arte resta oggi profondamente spirituale anche nelle sue espressioni minimaliste, i temi religiosi sono raramente oggetto di considerazione artistica.
E’ indubbio che sulla trattazione di aspetti della tradizione cristiana abbia inciso in passato il mecenatismo della Chiesa, che utilizzava l’iconografia cristiana anche come catechismo per supplire all’analfabetismo di ampi strati della popolazione.
Ci sono altri fattori che hanno determinato la “laicizzazione” dell’arte? il fenomeno riguarda l’arte o l’intera società?
Scritto da : rapacro
La laicizzazione riguarda tutta la società e, dunque, anche l'arte che é un fenomeno sociale. L'artista che non é una monade isolata, trasmette nella sua opera tutti i suoi "sentimenti", le pulsioni del suo vivere quotidiano, le influenze che riceve dal mondo esterno.
Se é vero che l'arte che non fa ricorso all'iconografia religiosa é certamente, come dire, maggioritaria, é anche vero che non é il ricorso all'iconografia che rende un'opera sacra. C'é tanta sacralità o sentimento religioso in molte manifestazioni artistiche che non fanno ricorso all'iconografia cristiana, cosi' come c'é tanta "dissacrazione" in molte tele rinascimentali che fanno ricorso all'iconografia cristiana.
Antonio
Scritto da : antonio miceli
Ho visto le sculture di Antinori sul sito. Non le conoscevo. Le trovo compatte e presenti in modo da non poter sfuggire ai passanti; alcune, pur maggiormente fluide, non diventano per questo meno solide, e continuano ad imporsi sul fruitore. In particolare mi è piaciuta la fontana, una acqua di pietra che si scioglie nel getto di vera acqua finale.
La scultura lascia poco scampo a chi osserva e vi gira intorno. L'opera sta lì, come una persona che vive la propria individualità, come un enigma che non si lascia troppo interpretare; il dipinto su tela mi sembra più un messaggio per chi guarda, mentre la tridimensionalità scultorea, stando tutta nello spazio "reale", non si dona, ma vive per conto suo quello spazio in cui sta, fregandosene della gente.
Al contrario, la musica diventa chi ascolta, e il fruitore reinterpreta massimamente il suono che cambia spiritualità, si svuota di quella dell'artista e si riempie di quella dell'appassionato ascoltatore. le parole sono un limite a tale reinterpretazione, ecco perchè ascoltare un brano di una lingua che non si comprende, dà maggiore libertà.
Scritto da : sky-robertace
Le riflessioni di SkyRobertace mi fanno fare alcune considerazione sull'arte contemporanea dove l'opera sempre di più diventa comunicante per il contesto dove è collocata e per le diverse tecniche che compongono l'installazione, molto spesso con l'intenzione dell'artista di farla vivere o addirittura interagire con essa. Diventa molto interessante quando l'evento suggerito dall'artista scatena una reazione-azione che diventa essa stessa il significato più profondo dell'opera. Così è stato anche nel passato, forse è banale ma mi piace pensare che la cappella Sistina non potrebbe svolgere la sua funzione di "opera d'arte" se non ci fossero le "diverse" folle che quotidianamente piroettano in quello spazio con la testa all'insù.
Scritto da : ugo antinori
DALL'AUTORE DEL BLOG
Roberto
Le tue osservazioni giustamente puntualizzano che siamo tutti fruitori dell'arte.
Siamo di fronte ad un linguaggio non convenzionale che si apprende con la pratica, come una lingua straniera.
L'intelletto e la sensibilità individuali, sono il presupposto perchè la comprensione di questo linguaggio possa iniziarci a quel mondo nel quale l'opera d'arte ci introduce.
Scritto da : rapacro
Come hai evidenziato nel tuo intervento precedente, l'arte possiede la spiccata virtù dell'universalità, che può essere colta attraverso l'esercizio brillante e meditativo delle doti "noetiche" individuali.
La sensibilità personale infatti consente l'accesso ai misteri spirituali dell'ignoto, alle radici recondite ed inesplorate dell'essere, spiegando lo sguardo umano al di là della limitatezza prosaica del contingente.
Scritto da : vale
La capacità di lettura del fruitore verso l'opera artistica, se filtra la percezione con un atto di conoscenza intellettiva, lo fa immediatamente, si, ma poi continua a rielaborarla senza sosta.
In un corso di aggiornamento riabilitativo (Feldenkrais), avevo notato come la concentrazione della mente sul proprio corpo, portava a "inventare" sensazioni provate, non fermandosi alla percezione in sè, ma andando a descrivere le idee elaborate dalla prima idea venuta fuori rispetto alla percezione. La persona descriveva il proprio corpo rispetto a ciò che aveva appena descritto, ponendo strati su strati di idee. Ecco, penso che anche l'opera d'arte può venire vissuta così, sensazioni a cascata in una virtuale percezione scaturita dalla percezione originaria.
Facendo così, la persona non analizza l'opera, ma analizza se stesso. L'opera scatena una ricerca del se.
Scritto da : sky-robertace
Roberto, dovresti fare uno spazio dedicato al dibattito su :
Esiste l'arte oggettiva, che non è solo una espressione di sè? Cioè, esiste la dicotomia tra "arte vera" e "arte falsa" ( che in quanto falsa non può essere detta nemmeno arte)?
E' un dibattito che esiste da lunghi secoli ormai e mai sarà risolto....
Io vorrei capire.
Scritto da : sky-robertace
DALL'AUTORE DEL BLOG
Ugo e Roberto
E' interessante!
Quello che dite, rispettivamente cme attento fruitore (Roberto) e con la competenza specifica di artista-scultore (Ugo) , avvalora, secondo me, la tesi che l'opera d'arte vive di vita propria
e in uno spazio proprio.
Scritto da : rapacro
Carina la considerazione delle "folle a testa in su" (e occhi) sotto la Cappella Sistina; mi ha divertito. Credo però che l'opera d'arte nasconda molto più di quello che il fruitore o l'artista da soli rappresentino. Lo studio della vita dell'artista e del suo pensiero conscio ed inconscio; la cultura in cui si è immessi in tal momento storico (anche rispetto al passato e il presente dell'arte); il significato politico e sociale che fa leggere diversamente ogni opera da chi ha la propria "idea"; ma anche il momento di fruizione, se superficiale o attento, perpetuato a lungo o fatto passare velocemente, se riincontrato più volte (il ritrovarsi in giorni diversi davanti ad una scultura o riascoltare brani musicali)....tutto si rimescola e tutto può essere reinterpretato...quale il significato vero e il valore vero della singola opera?
La mia domanda, sempre ripetuta come si ripete la discussione da secoli di storia dell'arte, è: cosa fa dell'opera, una oggettiva opera di ARTE?
Scritto da : sky-robertace
Io sono solo un fruitore. Mi sono dilettantisticamente dilettato talvolta con le arti, ma resto un puro consumatore; osservatore; ascoltatore e appassionato senza sapienza critica, in senso specialistico, alcuna. Ma l'arte è per i fruitori. L'artista si esprime ma il giudice non è lui. Gli "esperti" che studiano approfonditamente, per lavoro o per diletto, l'arte, sono di solito dei fruitori. Io non sono un "esperto studioso" bensì un affamato che si gusta ciò che può dell'arte. Anche gli artisti, compresi quelli "seri", sono dei fruitori ma rischiano di non vivere oggettivamente il piacere (o il dispiacere) dell'arte altrui, poichè possono essere tentati di prendere il proprio lavoro come punto di riferimento (di essere autoreferenziali). Nel fruitore standard entra in gioco il proprio gusto a distorcere l'analisi, ma è una distorsione fisiologica, normale, quindi legittima.Un tempo scrivevo poesie, ma mi piaceva anche leggerle poichè mi piaceva la poesia; i poeti che le scrivono senza leggerle mi appaiono come soltanto dei narcisisti senza amore verso quell'espressione artistica.La mia arte preferita è la musica, ma non suono nè canto. Cosa mi fa l'arte? Il suo linguaggio si fa comprendere passo passo, fino a riuscire, talvolta subito, talvolta col tempo, a commuovermi. Io non sono l'artista ma forse posso immedesimarmi nell'artista e vedere con gli occhi suoi. O forse vedo l'opera con occhi diversi dai suoi, e l'opera mi parla dicendomi cose che superano l'artista senza però escluderlo... lì c'è anche l'artista.
Scritto da : sky-robertace
DALL'AUTORE DEL BLOG
Ugo e Roberto
E' interessante!
Quello che dite, rispettivamente cme attento fruitore (Roberto) e con la competenza specifica di artista-scultore (Ugo) , avvalora, secondo me, la tesi che l'opera d'arte vive di vita propria
e in uno spazio proprio.
Scritto da : rapacro
Carina la considerazione delle "folle a testa in su" (e occhi) sotto la Cappella Sistina; mi ha divertito. Credo però che l'opera d'arte nasconda molto più di quello che il fruitore o l'artista da soli rappresentino. Lo studio della vita dell'artista e del suo pensiero conscio ed inconscio; la cultura in cui si è immessi in tal momento storico (anche rispetto al passato e il presente dell'arte); il significato politico e sociale che fa leggere diversamente ogni opera da chi ha la propria "idea"; ma anche il momento di fruizione, se superficiale o attento, perpetuato a lungo o fatto passare velocemente, se riincontrato più volte (il ritrovarsi in giorni diversi davanti ad una scultura o riascoltare brani musicali)....tutto si rimescola e tutto può essere reinterpretato...quale il significato vero e il valore vero della singola opera?
La mia domanda, sempre ripetuta come si ripete la discussione da secoli di storia dell'arte, è: cosa fa dell'opera, una oggettiva opera di ARTE?
Scritto da : sky-robertace
Io sono solo un fruitore. Mi sono dilettantisticamente dilettato talvolta con le arti, ma resto un puro consumatore; osservatore; ascoltatore e appassionato senza sapienza critica, in senso specialistico, alcuna. Ma l'arte è per i fruitori. L'artista si esprime ma il giudice non è lui. Gli "esperti" che studiano approfonditamente, per lavoro o per diletto, l'arte, sono di solito dei fruitori. Io non sono un "esperto studioso" bensì un affamato che si gusta ciò che può dell'arte. Anche gli artisti, compresi quelli "seri", sono dei fruitori ma rischiano di non vivere oggettivamente il piacere (o il dispiacere) dell'arte altrui, poichè possono essere tentati di prendere il proprio lavoro come punto di riferimento (di essere autoreferenziali). Nel fruitore standard entra in gioco il proprio gusto a distorcere l'analisi, ma è una distorsione fisiologica, normale, quindi legittima.Un tempo scrivevo poesie, ma mi piaceva anche leggerle poichè mi piaceva la poesia; i poeti che le scrivono senza leggerle mi appaiono come soltanto dei narcisisti senza amore verso quell'espressione artistica.La mia arte preferita è la musica, ma non suono nè canto. Cosa mi fa l'arte? Il suo linguaggio si fa comprendere passo passo, fino a riuscire, talvolta subito, talvolta col tempo, a commuovermi. Io non sono l'artista ma forse posso immedesimarmi nell'artista e vedere con gli occhi suoi. O forse vedo l'opera con occhi diversi dai suoi, e l'opera mi parla dicendomi cose che superano l'artista senza però escluderlo... lì c'è anche l'artista.
Scritto da : sky-robertace
DALL'AUTORE DEL BLOG
Roberto
Le tue osservazioni giustamente puntualizzano che siamo tutti fruitori dell'arte.
Siamo di fronte ad un linguaggio non convenzionale che si apprende con la pratica, come una lingua straniera.
L'intelletto e la sensibilità individuali, sono il presupposto perchè la comprensione di questo linguaggio possa iniziarci a quel mondo nel quale l'opera d'arte ci introduce.
Scritto da : rapacro
Come hai evidenziato nel tuo intervento precedente, l'arte possiede la spiccata virtù dell'universalità, che può essere colta attraverso l'esercizio brillante e meditativo delle doti "noetiche" individuali.
La sensibilità personale infatti consente l'accesso ai misteri spirituali dell'ignoto, alle radici recondite ed inesplorate dell'essere, spiegando lo sguardo umano al di là della limitatezza prosaica del contingente.
Scritto da : vale
La capacità di lettura del fruitore verso l'opera artistica, se filtra la percezione con un atto di conoscenza intellettiva, lo fa immediatamente, si, ma poi continua a rielaborarla senza sosta.
In un corso di aggiornamento riabilitativo (Feldenkrais), avevo notato come la concentrazione della mente sul proprio corpo, portava a "inventare" sensazioni provate, non fermandosi alla percezione in sè, ma andando a descrivere le idee elaborate dalla prima idea venuta fuori rispetto alla percezione. La persona descriveva il proprio corpo rispetto a ciò che aveva appena descritto, ponendo strati su strati di idee. Ecco, penso che anche l'opera d'arte può venire vissuta così, sensazioni a cascata in una virtuale percezione scaturita dalla percezione originaria.
Facendo così, la persona non analizza l'opera, ma analizza se stesso. L'opera scatena una ricerca del se.
Scritto da : sky-robertace
Roberto, dovresti fare uno spazio dedicato al dibattito su :
Esiste l'arte oggettiva, che non è solo una espressione di sè? Cioè, esiste la dicotomia tra "arte vera" e "arte falsa" ( che in quanto falsa non può essere detta nemmeno arte)?
E' un dibattito che esiste da lunghi secoli ormai e mai sarà risolto....
Io vorrei capire.
Scritto da : sky-robertace
Scienza ed arte: la ragione e la logica
Rileggendo ALBERTO F., ho pensato che l’artista e lo scienziato osservano il mondo e ne traggono il significato spirituale. Lo scienziato con le sue scoperte amplia il campo d’azione dell’artista, ma l’artista intuisce cose ancora non scoperte dallo scienziato, ma lo scienziato è lui pure artista…scopre ciò che intuisce. Leonardo era insieme artista e scienziato; e lo stesso Einstein creava prima idee fantascientifiche per vedere se con i suoi calcoli diventavano realtà (per esempio sull’essenza della luce e la sua propagazione).
Cercare l’essenza della natura e quella dell’uomo, e poi chiamarla verità (sempre parziale perché mai raggiunta) è il significato della ricerca; ma l’essenza del creato è essenza anche di Dio se Dio esiste. Il corpo, la mente, e poi la spiritualità.
Penso che la parola di Alberto che nomina il “mistero” come entità dell’universo sia azzeccata. Si indaga il mistero perché il mistero può essere indagato e sempre più svelato (anche se man mano che le scoperte avanzano tutto diventa sempre più complicato e chiama in causa un creatore).
Alberto dice: “E’ triste perché ci sentiamo poveri”…in realtà siamo DAVVERO poveri. E’ la curiosità a conoscere che ci arricchisce, ma pur restando sempre indietro possiamo vedere l’essenza della nostra realtà, anche se in maniera incompleta; lo spirito può.
Il limite invalicabile tra la trascendenza e il razionale lo attraversa lo Spirito. C’è chi lo chiama spirito dell’Universo chi Spirito di Dio, ma in ogni caso segnala la nostra divinizzazione. L’arte e la scienza sono armi irrazionalmente razionali, entrambe, nonostante tutto, entrambe fanno uso della Ragione.
Eistain e la sua relatività hanno portato a sconvolgere la razionalità umana e forse dell’universo stesso. Ma il divino è Ragione, e possiede una sua propria logica in cui la natura è inclusa.
“NON AGIRE SECONDO RAGIONE E’ CONTRARIO ALLA NATURA DI DIO” (Benedetto XVI)
E’ vero che l’artista non comprende a fondo lascienza, ma la scienza, studiata dai filosofi, viene divulgata tra gli artisti che trovano nuova linfa vitale per la propria ispirazione. E gli scienziati migliori posseggono una fervida immaginazione e sanno modificare le proprie idee secondo ciò che scoprono.
Libro di FLEW: “There is a GOD” Come il più famoso scenziato ateo del mondo ha cambiato idea (Harper-Collins-2007).
“Sono i risultati delle più recenti ricerche in Biologia, Chimica e Fisica ad aver convinto Flew: NON HO SENTITO VOCI. E’ STATA LA STESSA EVIDENZA CHE MI HA CONDOTTO ALLA CONCLUSIONE CHE DIO ESISTE” (dal libro di Socci)
Qui non voglio per forza affermare che Dio esiste, ma la ricerca di una VERA spiritualità non può escludere a priori nessuna eventualità. Solo il dubbio è legittimo a priori.
Scritto da : sky-robertace
La natura indifferente?
Non è nuovo il concetto di pensare la natura come indifferente agli eventi umani (presente anche nelle idee di Leopardi), però credo che ciò sia solo una parziale verità.
Mancuso, il teologo, nei suoi scritti afferma:
“L’energia è la capacità di produrre lavoro, il lavoro produce la materia; quindi il lavoro genera massa ordinata da cui anche la VITA. La VITA è già inscritta nella polvere dell’universo”.
A questo punto se la materia genera vita perché nella materia era già scritto che si sarebbe originata la vita (sin dal Big Bang), tutta questa distanza tra l’essere vivente umano e la materia non si ha. Anzi, la materia decide anche della capacità dell’uomo stesso, che è attivo in quanto essere materiale.
Continua Mancuso:
“La natura ha in sé un principio di ordine relazionale che nella ragione umana trova il suo coronamento come SAGGEZZA SOLIDALE”.
E’ la materia ad aver costruito un essere pensante, e non lo ha fatto per selezione casuale; era già nel “DNA” della materia (se mi passate la battuta) perché la materia cercherebbe ORDINE appunto.
Mancuso:
“Il mondo è già in se ordinato alla crescita in una logica evolutiva e relazionale”.
Non solo la materia non vivente, ma anche la vita andrebbe verso l’ordine; e non solo la vita biologica, ma anche quella del comportamento umano e di relazione, quella psichica e spirituale.
Se Dio ci avesse voluti? A questo punto siamo al centro dell’Universo in quanto al centro dei suoi divini pensieri. E siccome siamo stati creati come il resto della creazione, staremmo al centro della creazione stessa.
Il tunnel del mondo sensibile forse ci costringe in alcuni legami, ma il senso di perfezione che è in noi ci fa intavedere “oltre”. E questo oltre non è solo una ipotesi, ma anche una concreta conoscenza che ci riporta sempre a poter sentire che nell’amore non siamo mica tanto decentrati.
Mancuso, nel suo libro, prosegue a far notare che l’essere umano non è un elemento qualsiasi. Se la natura è indifferente è peggio per lei, non per noi che invece sappiamo gustarci la sua presenza (e l’arte che ne deriva).
Mancuso:
“Sforzandomi di pensare bene, prendo atto che siamo su un pianeta periferico nell’universo e che la nostra specie è un brevissimo episodio della storia terrestre. Nonostante ciò noi siamo molto più ricchi delle altre forme di vita e delle galassie. Nella logica qualitativa noi valiamo molto di più”.
Scritto da : sky-robertace
DALL'AUTORE DEL BLOG
Valentina R.
In maniera molto raffinata nel commento del 12/2 esprimi quello che io penso circa gli artisti, e cioè che siano dei canali per farci, se non conoscere, almeno intuire, il mistero.
Tu parli di facoltà noetiche e sensibilità come capacità specifiche dell'artista.
Su questo ho dei dubbi, perchè spesso le capacità artistiche non si associano, almeno in apparenza, a specifiche doti umane.
Scritto da : rapacro
SENSIBILITA' e CAPACITA'
Io penso che la capacità tecnica di un artista può ampliare le modalità espressive di una persona che però, di base, già possiede una sensibilità artistica. Perciò, rispondendo a Valentina, in questo senso le capacità artistiche si associerebbero a specifiche doti umane.
Scritto da : sky-robertace
DALL'AUTORE DEL BLOG
Sky-robertace
Concodo pienamente con quanto lucidamente affermi su sensibilità e capacità.
Scritto da : rapacro
FILM
Spesso nei film si tenta di inserire concetti che possano essere momenti di riflessione sul significato di eventi che l'uomo deve affrontare. Spesso però sono solo accenni dove non vengono approfonditi nè senso nè emozioni. In realtà la trama e i fatti non contengono tutto lo spirito dell'artista regista. Molto, anzi, la maggior parte, può stare nelle immagini e nella ambientazione; nei visi degli artisti guidati a recitare, nelle pause, nei silenzi.
E poi tutto prosegue nel fruitore. Nelle disquisizioni che la gente fa dopo il film e nel ripensarci la sera a letto, o la mattina appena alzato. Il cinema è una arte popolare, da tutti vissuta. E' l'arte tra le più viste. E' l'immaginario collettivo....il mito che crea eroi nel mondo attuale. L'arte tra bassa commecialità e alta aspirazione.
Roberto L.
Scritto da : sky-robertace
DALL'AUTORE DEL BLOG
Roberto
E' molto interessante questa riflessione sul cinema, ma credo che possa essere estesa ad ogni manifestazione artistica.
Infatti l'opera d'arte, oltre ad un suo contenuto oggettivo, è sempre uno strumento che ci consente di scandagliare il nostro pensiero; interagendo con il vissuto di ognuno, assume contenuti soggettivi.
Questo aspetto si nota molto nel cinema, perchè, come dici, è la forma d'arte più popolare.
Scritto da : rapacro
FILM II
Nel cinema si nota meglio, non solo perchè popolare, ma anche perchè le storie filmiche possono essere commerciate solo all'interno di uno spazio temporale limitato (massimo 3 ore). Ciò necessita di semplificazione sceneggiativa e di velocizzazione degli eventi. Quindi sembra che la riflessione dell'artista-regista risulti superficiale, soprattutto nelle opere piene di eventi (eventi che vanno raggruppati). Per cui ogni immagine è lasciata di più alla valutazione soggettiva dei fruitori.
In realtà l'arte visiva non necessariamente deve far parlare le bocche dei personaggi, è invece nella modalità di descrivere un personaggio e gli ambienti (come si muove; come è vestito; sotto quale luce è ripreso; se vi sono suoni o c'è il silenzio; il tipo di pause) che viene fuori il messaggio artistico del regista.
Ogni volta che c'è un remake di un vecchio film, il nuovo regista cambia molti aspetti, e sottolinea della trama altre cose. La trama e i fatti sono apparentemente gli stessi, e comunque possono risultare secondari, ma il carattere è diverso, ed è quello l'evento che può essere ritenuto Opera D'Arte.
Nella descrizione letteraria è logico che sia lo stesso, ma il fatto che la descrizione dell'immagine sia tradotta già linguisticamente dallo scrittore pone il libro su un ambito che è già mentale e quindi analizzato dall'autore stesso (la scrittura è già elemento riflettuto), mentre l'immagine, per quanto elaborata dal pensiero del regista, mantiene una sua specificità parzialmente distaccata dall'autore, non è stata tutta da lui tradotta.
E' come quando si dipinge dal vero....il pittore deve tradurre in segno ciò che vede, ma se copio una foto, in parte è già un segno tradotto, e ancora di più se copio un disegno, già molto più tradotto graficamente e quindi che lascia all'autore meno possibilità di interpretazione.
Roberto L.
Scritto da : sky-robertace
Un video su SPIRITUALITA' E ARTE:
http://opusdei.it/art.php?p=37832
Scritto da : mavacriro
Un dolce ricordo, un breve messaggio, da un grande uomo: papa Giovanni Paolo II.
http://www.youtube.com/watch?v=hP791lUCgys&feature=player_embedded
Scritto da : mavacriro
Scritto da : mavacriro
Non credo che l'arte debba esprimere necessariamente il sublime o una grande e unica capacità tecnica dell'artista, altrimenti sarebbe degradata ad artigianato. L'arte al contrario riflette i tempi attraverso un linguaggio che le è proprio. Mark Rothko diceva che l'arte è la sintesi di un pensiero complesso; Becon, le cui opere erano caratterizzate da corpi straziati, soleva dire: " che pretendente? che in un secolo di orrori ('900) dipingessi le rose?" Quando dico che l'artista è inconsapevole di quello che fa, intendo che l'artista ha una sensibilità tale da essere permeato dagli umori della storia che traduce nelle sue opere anche inconsapevolmente. Per quanto riguarda arte e mercato, si tratta di dinamiche indipendenti l'una dall'altro.
Spesso il prodotto della creatività umana punta a stupire solo attraverso l'originalità o la provocatorietà del linguaggio e dei contenuti, che qualche volta è di cattivo gusto, ma non c'è altro.
Per questo motivo io che sono stato sempre interessato all'arte moderna e contemporanea, ormai da qualche anno leggo solo saggi sull'arte, ma non compro più riviste, perchè trovo che il 90% delle opere trattate sono per me incomprensibili, forse non a causa mia, ma a causa della povertà intellettuale delle opere stesse.
D'altronde viviamo in tempi di decadenza che sicuramente influiscono sul tenore intellettuale ed etico dell'arte stessa.
Devo però ammettere che più mi interesso di arte, più mi riesce difficile trovare dei criteri oggettivi per discernere un'opera d'arte da maldestri tentativi.
Rimane solo un criterio soggettivo: per me è un'opera d'arte quello che mi emoziona particolarmente, o per la suggestività dei contenuti, per il loro carattere evocativo, o per la capacità di esprimere la condizione dell'uomo in un dato momento storico o in termini assoluti.
Naturalmente queste forti emozioni devono essere espresse attraverso un linguaggio che stupisce per la sua efficacia, non convenzionalità o/e immediatezza.
Questo distingue l'arte dalle altre manifestazioni dello spirito.
Un esempio: sono state scritte tante bellissime pagine contro la guerra, ma Guernica di Picasso si differenzia da qualsiasi dissertazione filosofica per l'efficacia delle sue immagini straziate nel definire la drammaticità della guerra.
Però si tratta di criteri di discernimento soggettivi; non saprei dire cosa sia l'arte da un punto di vista oggettivo, e credo che nessuno possa arrogarsi la facoltà di stabilirlo.
Roberto R.
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