scorr
...in altre lingue...
...in altre lingue...
LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
Questo blog non ha finalità commerciali. I video, le immagini e i contenuti sono in alcuni casi tratti dalla Rete e pertanto sono presuntivamente ritenuti pubblici, pur restando di proprietà del rispettivo autore. In ogni caso, se qualcuno ritenesse violato un proprio diritto, è pregato di segnalarlo a questo indirizzo : rapacro@virgilio.it Si provvederà all’immediata rimozione del contenuto in questione. RR
266. IL TETTO DI CRISTALLO di Chiara Passarella
Desidero iniziare questo nuovo anno con
una serie di riflessioni che riassumono un poco ciò che in questi anni ho avuto
modo di esprimere nei vari post sia nella sezione Pari Opportunità che nel Blog
in generale. Il concetto di pari opportunità, inizialmente relativo alla parità politica e sociale tra i due
generi, si è esteso poi ai vari ambiti e ormai si riferisce a tutta
la normativa e a tutte le azioni poste in essere verso qualsiasi forma di discriminazione. Il
dibattito su queste politiche è tuttora molto acceso. L’impietosa realtà dei
numeri nella politica e nell’economia nel nostro Paese che ci colloca agli
ultimi posti nel mondo, ci impone una seria riflessione e dimostra la necessità di provvedimenti ed azioni che rendano le quote di genere uno strumento valido
e prezioso. L’ingresso e la problematica
affermazione femminile e del
femminile rappresentano a pieno titolo
uno degli elementi che connotano la transizione
incompiuta dell’Italia cui abbiamo assistito negli ultimi anni e
pongono una serie di questioni che stanno alla base del processo di modernizzazione economico, sociale e politico
del Paese.Il tema della leadership
al femminile e dei suoi tratti distintivi è un tema molto attuale che mi
appassiona da sempre. Una ricerca Donne
& Leadership, promossa da Unicredit e condotta dal Consorzio Aaster , ha posto in
luce temi che occupano , o dovrebbero
occupar , un posto importante nel dibattito collettivo sul futuro del Paese. Dal racconto delle donne intervistate emerge
quanto la questione della leadership e del talento femminile sia un argomento che
investe il complesso rapporto tra economia,
società, cultura e politica. L’affermazione delle donne in posizioni di leadership costituisce un parametro
molto significativo per misurare la modernità economica e civile di un
territorio e di un Paese. Le
quote come strumento per contrastare un assetto immutabile delle èlite esistenti che usa in modo sempre
più strumentale e ingiustificato il genere come mezzo di esclusione e di
mantenimento di anacronistiche rendite di posizione da affrontare. A questo
proposito voglio citare una
dichiarazione della responsabile del governativo
centro per le pari opportunità aziendali in Norvegia, che ha evidenziato i vantaggi delle quote rosa al 40% nei consigli d'amministrazione delle
società quotate in Borsa. «Le donne introdotte nei board erano super-qualificate, più degli uomini sostituiti; di
conseguenza, gli altri consiglieri uomini sono stati scelti necessariamente di
un livello superiore a quello pregresso, per stare al passo con le ottime
competenze femminili. Ciò ha provocato un innalzamento della qualità
complessiva dei board, con benefici
diretti per le aziende. Le quali hanno risposto a un sondaggio governativo
promuovendo a pieni voti le loro componenti di board». Appello finale al nostro Paese: «Italia, non avere paura
delle quote rosa. In Norvegia nessuna azienda è fallita, il gradimento è stato
alto, si è dato spazio al merito e al talento». Ma quali sono le
caratteristiche attribuite allo stile di
leadership femminile? Lo stile di leadership femminile è cooperativo, collegiale,
orientato alla valorizzazione delle pratiche comuni, capace di costruire
consenso e orientato alla condivisione delle informazioni. La diversità di
stile, rispetto allo stereotipo maschile decisionista, performativo e
solitario, è percepibile anche
nella maggiore capacità
dimostrata dalle donne nella gestione delle contraddizioni e dei paradossi
propri di un ambiente operativo sempre più complesso che richiede un approccio in grado di organizzare e fare
sintesi in un gruppo di lavoro. La propensione alla valorizzazione dei team,
alla motivazione dei singoli, al lavoro sugli aspetti emotivi sottesi,
l’attenzione alle relazioni fanno sì che
le donne possano ottenere risultati migliori dai propri collaboratori, proprio
perchè tendono a considerarli persone a tutto tondo,piuttosto che semplici
prestatori d’opera. Un altro aspetto peculiare dell’approccio femminile è
legato all’attenzione da un lato al processo e non solo ai risultati,
dall’altro alle conseguenze di medio e lungo termine delle proprie decisioni,
alla sostenibilità nel tempo delle strategie adottate e all’adattabilità in un
ambiente in continuo mutamento. A questo punto voglio fare un’altra citazione
ricordando una dichiarazione di Alessandra
Perrazzelli, responsabile degli Affari internazionali di Intesa Sanpaolo
nonché amministratore delegato di Sanpaolo Eurodesk e Presidente di Valore
D, che ha ricordato l'esempio del suo team a maggioranza
femminile dove la parola d'ordine è condivisione. «Propongo un'organizzazione
lavorativa fondata sulle sinergie: responsabilità condivise e scambi di idee da
prospettive differenti, per creare un sistema di fertilizzazione incrociata. Ma
l'obiettivo che mi interessa di più - ha aggiunto - è creare leader». Una
strategia motivazionale? Non solo. Perrazzelli sottolinea che mentre gli uomini
sono tradizionalmente più interessati al mantenimento dello status quo, le donne sono portate alla
condivisione delle skills e al trasferimento della conoscenza. Un’altra
citazione: Luisa Rosti (docente di politica economica e di economia di genere
all'Università di Pavia) propone una sua teoria nella quale le imprese
dovrebbero prendere esempio dagli eserciti
ed in particolare gli antichi eserciti. Nelle più alte gerarchie
militari, infatti, di solito arrivavano davvero i talenti migliori, perché
altrimenti in guerra l'esercito sarebbe stato disgregato dai molti errori degli impreparati e con esso
si sarebbe persa la guerra. Le persone
di talento, infatti, non sono quelle che non sbagliano mai, ma quelle che
sbagliano poco. Se le imprese applicassero questo criterio, in vetta
arriverebbero i migliori, uomini e donne, «quelli col cervello più grande, per
banalizzare». Invece, la piramide ascensionale delle donne è bloccata dal
soffitto di cristallo che ne ostacola l'ascesa: «quindi in vetta non arrivano
necessariamente i cervelli più grandi, ma possono arrivare anche dei
cervellini, con grave danno per le imprese e la società». Ho citato il tetto di
cristallo. Per i greci significava “ghiaccio”, per noi è un minerale lucido e
trasparente: in entrambi i casi il cristallo suscita l’idea di qualcosa di
molto fragile, facile da rompere. Il cristallo di cui parliamo qui, invece,
fragile non lo è per niente. È spesso invisibile, ma difficilissimo da
scalfire. Come il soffitto ideale che poche donne riescono a superare nel
proprio percorso lavorativo, a prescindere da motivazioni e capacità. Lo dicono
le esperienze personali e lo dicono i dati: per le donne, semplicemente, è più
difficile arrivare in alto. Si può dire che il “tetto di cristallo” esiste in Italia più che altrove . Molte
difficoltà sono dovute alla continua dimostrazione delle proprie capacità a cui le donne più
degli uomini sono sottoposte. Un
continuo essere ”sotto esame” che affatica, rende la vita ancor più complicata e difficile, induce molte alla rinuncia. Molto
spesso le donne desiderano stare nel mondo del lavoro ma rivendicano una maggiore qualità del
tempo da dedicare alla famiglia e agli
affetti oltre che a sé. Con non poche difficoltà , molto dipende ovviamente dal
contesto territoriale e sociale in cui si vive e anche dalle condizioni
economiche e familiari di appartenenza. Un passaggio cruciale è il rapporto con
la maternità. Per raggiungere l’equilibrio è necessario agire sia all’interno e
all’esterno del contesto lavorativo: nelle aziende come nei territori, nelle
forme e negli orari di lavoro come nell’architettura temporale ed oraria della
città e dei beni e servizi da quelli dell’infanzia a quelli per gli anziani,
fino ai trasporti mediante una programmazione urbanistica e la definizione di
politiche e interventi adeguati. Tempi
ed orari diventano fattori discriminanti nei confronti di molte donne: le
riunioni serali, gli appuntamenti di lavoro fissati nei fine settimana o in
orari che mai si conciliano con i tempi degli impegni della vita privata e
familiare. Del resto il tema della
conciliazione rappresenta uno dei fattori decisivi non solo per i percorsi di
carriera, ma più in generale nel determinare il livello di qualità della vita,
nel lavoro come al di fuori di esso. Risulta quindi necessario assumere una prospettiva completamente nuova partendo dal presupposto che la questione
femminile va ben oltre l’ambito della pari opportunità in senso stretto poiché riguarda
contestualmente tutti i settori e per questo motivo deve seguire un approccio
trasversale a tutte le politiche pubbliche.
Uomini e donne svolgono ruoli diversi, con aspettative ed opportunità
diverse. I nostri sistemi sociali invece si comportano in modo uguale nei loro
confronti, senza tener conto dei fattori che derivano dalla loro diversità ed
in questo modo perpetuano le disuguaglianza fra i due generi. Appare ancora una
volta necessaria ed improcrastinabile l’assunzione di un’ottica di genere, con
cui analizzare ed affrontare le condizioni e le esigenze delle donne e degli
uomini, evidenziandone le differenze legate al genere. Secondo la definizione del Consiglio Economico
e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC), durante la Quarta Conferenza Mondiale
delle Nazioni Unite sulle Donne, tenutasi a Pechino nel 1995, l’ottica di
genere é una strategia per far sì che i punti di vista e le esperienze delle
donne, come quelle egli uomini siano una parte integrante per il progetto , la realizzazione, il
monitoraggio e la valutazione delle politiche e dei programmi in tutte la sfere
politiche, economiche e sociali. L’ottica di genere è quindi una metodologia
più che un insieme di contenuti. Essa permette di ridurre la discriminazione
tra i sessi e di diminuire le differenze di impatto che politiche, a prima
vista neutrali, hanno sulle donne e sugli uomini, proprio attraverso la
considerazione della diversità dei loro bisogni ed obbiettivi, attraverso
l’analisi delle loro attività ed attraverso l’osservazione delle ricadute che
determinati interventi possano comportare sugli uomini e sulle donne. Assumere
un’ ottica di genere significa perciò analizzare ed agire in un qualunque
contesto, sia esso il welfare, il
lavoro, la politica, l’istruzione, la medicina, l’economia etc., etc. secondo una prospettiva in grado di cogliere
le diverse specificità ed i diversi bisogni di entrambi i generi e programmare interventi opportuni per entrambi,
offrendo a tutti le stesse opportunità e rendendoli fruitori degli stessi
benefici. Partendo dal presupposto che l’ottica di genere favorisce una cultura
delle parità, centrata sulla valorizzazione delle differenze tra uomo e donna,
la questione non riguarda solo le donne
ma impone una rilettura critica
delle tradizionali rappresentazioni sociali sui concetti di femminilità, di
mascolinità, sui ruoli a loro imposti, per combattere stereotipi e pregiudizi, per valutare in modo nuovo ed intervenire su nuovi
bisogni relativi all’ambito familiare ed anche nella gestione di nuovi
conflitti come quello nell’ambito lavorativo e socio/economico. La vera sfida
perciò consiste nel riuscire a dimostrare che la questione della parità non è
una lotta a vantaggio delle donne, ma che tutti possono star meglio in una
società che rispetti le differenze e le esigenze diversificate degli individui.
La cosiddetta questione femminile, nella misura in cui propone una rilettura
critica dell’esistente, diventa paradigmatica per tutti gli altri fenomeni
sociali ed è, al tempo stesso, il presupposto per il bene della collettività.
Per questo deve diventare premessa ad
altre riforme, perché, per le sue ricadute in termini di equità, di democrazia,
di equilibrio tra le varie componenti sociali ed anche di economicità per una
migliore razionalizzazione delle risorse, riguarda appunto l’intera società. A
livello locale realizzare interventi
mirati a rimuovere condizioni, regole e sistemi organizzativi che
indirettamente penalizzano le donne, agendo sul sistema istituzionale e
organizzativo e sulla distribuzione e gestione dei tempi di vita e di lavoro. La qualità della vita, da quella lavorativa a quella più
privata, dipende anche dall’organizzazione e dall’uso dei tempi e degli orari: quelli
personali, quelli degli altri, dei luoghi dove si abita, dei servizi che si
utilizzano, dei percorsi lungo i quali ci si sposta e, più in generale, della
città. La città contemporanea, con le sue continue trasformazioni sociali, economiche
e fisiche, non può essere interamente compresa, progettata, governata – e resa quindi più vivibile e ospitale – se non si presta
attenzione al tempo, a come lo si abita, alla concezione che si ha di esso,
all’uso e all’esperienza che se ne fa, o che è possibile farne. Tema centrale è
come riuscire a coordinare, armonizzare, mettere in relazione i tempi sociali e
quelli individuali, gli orari di lavoro per il mercato e quelli
dell’organizzazione familiare, il tempo della cura (di sé e degli altri), gli
orari della scuola e quelli del tempo libero affinché possa realmente aumentare
la qualità della vita individuale e comunitaria. In sintesi il tema della leadership
e del talento femminile, che ha tutte le caratteristiche per affermarsi come motore di crescita dell’economia e come
strumento di sviluppo, si intreccia in modo evidente e stretto al tema della
conciliazione e di un welfare più
equo, capace davvero di garantire pari opportunità. Infine un passaggio sulla
crisi economica e i bilanci di genere. Con la definizione e l’attuazione
delle politiche di bilancio, l’ente pubblico adotta specifiche decisioni che influiscono sulla
comunità e sull’economia; il
bilancio non è un semplice strumento economico bensì uno strumento
chiave con il quale l’istituzione definisce il modello di sviluppo
socioeconomico e i criteri di ridistribuzione all’interno della comunità,
decide le priorità di intervento rispetto alle politiche e ai bisogni dei
propri cittadini, producendo degli effetti differenti a seconda che siano
uomini o donne. Oltre a
questo importante principio,
fondamentale diventa il tema del
bilancio in ottica di genere per porre
l’accento sull’analisi dell’impatto delle politiche dell’ente pubblico sulle
donne e sugli uomini, inserendo la prospettiva di genere a tutti i livelli del
processo di costruzione del bilancio e
mirando a ristrutturare le entrate e le uscite al fine di promuovere
l’uguaglianza tra i sessi. Nonostante occupi le prime pagine oramai da diversi
mesi, la più grande crisi economica globale continua ad essere rappresentata a
livello mediatico con i toni propri dell’emergenza. Eppure, proprio per la sua
gravità e durata, meriterebbe di essere maggiormente studiata e approfondita
nelle sue conseguenze, per poterle contrapporre politiche serie ed efficaci.
Una lettura di genere dell’impatto della crisi può offrire in questo senso un importante
contributo di conoscenza. E’ stato messo in evidenza che la recessione produce
un impatto di genere multiforme, obbligando a
segmentare e distinguere le diverse condizioni sociali. La crisi industriale ha infatti colpito soprattutto gli
uomini, maggiormente occupati nel settore dell’auto, della meccanica pesante, e
della finanza, mentre per le donne, lavorando maggiormente nei servizi, i tempi
della crisi sono più lenti a manifestarsi.
D’altra parte si è anche sottolineato l’impatto della crisi
sui lavoratori più fragili, quelli a progetto, a part time, tra i quali la
presenza delle donne è significativa. L’impressione generale è che la crisi aumenti ancora di più il divario tra lavoratori
forti, uomini e donne, che possiedono livello di istruzione, esperienza,
mobilità territoriale e capacità di relazione, e i lavoratori più deboli. Tra
questi una parte consistente è rappresentata dalle donne meno istruite,
condizionate dai vincoli familiari e dalle maggiori esigenze di conciliazione,
con pesanti carichi di lavoro familiare se in età matura. Occorre considerarne
l’impatto sulle responsabilità familiari, sul lavoro non pagato e di cura. E’
già stato infatti rilevato che in tempo di crisi
le maggiori difficoltà economiche aumentano in misura considerevole il lavoro
familiare delle donne. I tagli operati ai servizi di cura si riflettono infatti
su un aumento del già oneroso carico domestico. Vengono infatti ridotti i
consumi non solo di beni, ma anche di quei servizi che favoriscono il lavoro di
cura e la conciliazione (baby sitter, badanti, colf, tintorie, ristoranti,
ripetizioni). Questo aggravio del lavoro non retribuito produce anche un impatto
economico consistente. Se è stato stimato che l’esternalizzazione del lavoro di
cura delle occupate consente di generare 115 posti di lavoro ogni 100 donne che
lavorano, è logico attendersi che ogni 100 donne occupate in meno si possano
perdere in realtà 115 posti di lavoro. Queste
brevi considerazioni proiettate sulla lettura delle politiche pubbliche portano
a ribadire l’importanza fondamentale della spesa sociale in tempo di crisi, non solo per sostenere pari opportunità di crescita
professionale e sociale a donne e uomini, ma anche per innescare un meccanismo
di sviluppo virtuoso indispensabile per
uscire dalla crisi. Il grave dissesto della finanza pubblica e
gli orientamenti politici attuali hanno indotto però in questi ultimi tempi un
progressivo contenimento della spesa sociale, che produce un impatto negativo
soprattutto sulle donne, colpite sia come utenti principali, dirette e
indirette dei servizi della spesa sociale, sia come lavoratrici. Sono già state
prodotte ad esempio letture sull’impatto occupazionale femminile legato alla
riduzione delle spese per il tempo pieno nella scuola, sia per le madri degli
alunni che per le insegnanti, mentre i risparmi di spesa previsti per il
settore della sanità incideranno significativamente sulle donne anziane,
soprattutto le più indigenti, forti fruitrici di servizi sanitari, sulle
caregivers familiari, (figlie, nuore, cognate, etc), e sulle lavoratrici nel
settore della sanità. Senza contare l’importanza delle politiche di sostegno
economico alle famiglie. Un impatto di genere
diretto, ad esempio, si è già potuto verificare in alcune realtà ospedaliere
che hanno rilevato un incremento della domanda di IVG dovuta alle difficoltà
economiche indotte dalla crisi. Soprattutto nella lettura
di genere al femminile emerge dunque
l’importanza di efficaci politiche pubbliche, che sono chiamate ad azioni
mirate e precise, in grado di non disperdere le risorse disponibili e di
distribuirle secondo effettivi criteri di necessità. Dopo un periodo di intensa attività,
si è assistito in questi ultimi mesi ad un rallentamento del processo di
diffusione locale del bilancio di genere, che ha visto la conclusione dei numerosi
progetti avviati negli ultimi tre anni, ma solo in pochi casi l’avvio di nuovi. La mancanza di nuove risorse per i progetti,
non spiega però tutti i motivi di una flessione di interesse, proprio in un
momento in cui la crisi economica rivela, come si è visto, l’importanza di
strumenti conoscitivi dell’impatto di genere
delle politiche pubbliche. A ben vedere, le numerose esperienze di bilancio di genere
maturate ad oggi in Italia hanno consentito di sviluppare una metodologia di
analisi oramai consolidata, superando dunque la prima fase di sperimentazione
dal punto di vista tecnico. Il momento di stasi attuale nasconde invece la difficoltà del
passaggio da un uso tecnico di questo strumento, in termini di rendicontazione
delle attività svolte, ad un uso politico, in termini di costruzione di nuove
politiche sensibili al genere, diverse modalità
di allocazione delle risorse, modifica delle priorità di spesa nonché maggiore
valorizzazione della spesa sociale.Un percorso che certamente vede
direttamente chiamati in causa gli amministratori, soprattutto le
amministratrici, e che prevede una rinnovata assunzione di responsabilità delle
politiche di genere di fronte ai cittadini e
alle cittadine. CHIARA PASSARELLA
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
* * *
IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI
(Michael Ende)
* * *
HOME PAGE DEL BLOG (clikka qui)
***
ELENCO DEI POST(clikka qui)
ULTIMA NEWSLETTER(clikka qui)
***
IL FILM, IL LIBRO, IL BRANO, LA POESIA DEL MESE (clikka qui)
***
WEBMASTER: Roberto RAPACCINI
A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.
(Carl Gustav Jung)
Nessun commento:
Posta un commento