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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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243. PROMETHEUS DI RIDLEY SCOTT (2012) di Sky Robertace Latini
Nel 1979 usciva nelle sale il primo “Alien” (ne
seguiranno altri tre fino al 1997 con registi diversi), il cui mostro fu una
delle storiche realizzazioni animatroniche dall’ormai scomparso Rambaldi. In
quel film di fantascienza una navicella spaziale cargo, nel suo viaggio verso
la Terra, viene attirata su un satellite-pianeta da un S.O.S. e lì trovano una
nave spaziale aliena da cui porteranno sulla propria un essere mostruoso e
pericoloso. Questo del 2012 non è
“Alien” ma è il pre-sequel di quello. Prima degli eventi di Alien, una missione
spaziale umana cerca gli “Ingegneri” su un satellite lontano dal Sistema
Solare. L’esistenza di tali ingegneri viene individuata tramite numerose
scoperte archeologiche di antiche civiltà terrestri che pare abbiano in comune
gli stessi Dei o Creatori. Quando però arrivano al satellite, scoprono che quei
Creatori, ora vogliono distruggere la razza umana. Il concetto degli
extraterrestri che costruiscono la vita sulla terra come fosse un laboratorio è
vecchio culturalmente ormai, nella letteratura di fantascienza. Gli Aztechi,
gli Egizi e i mitici Atlantidei, sarebbero i discendenti di esseri da altri
pianeti. Peter kolosimo e altri autori di fantastoria hanno molto sottolineato
gli aspetti “strani” delle culture antiche, e devo dire che non mancano gli
aspetti affascinanti. Io non ci credo per varie ragioni, ma tali teorie sono
comunque piene di una loro logica indiziaria. Nel film c’è un lato psicologico:
è quello dell’uomo che vuole essere al cospetto di coloro che hanno deciso
l’esistenza umana, per arrivare a chiedere il fatidico “PERCHE’”. Se il
creatore è però un’altra creatura, il fascino del motivo potrebbe presto
estinguersi. A meno che il creatore non abbia qualche aspetto trascendentale. Ma nel film non ci sono spiegazioni, e alla
fine questo lato emotivo-sociologico non è che un labile aspetto dell’opera
filmica, incentrato più sull’atmosfera e sugli effetti speciali che su qualche
significato profondo. In più c’è qualche confusione sul tipo e il numero delle
bestie. E poi la trama non è così esaltante. Lo spirito del film è piuttosto
povero, anche se vi sono degli spunti interessanti come l’androide David che
pare avere un ruolo ambiguo: costruito per servire, in realtà è munito di una
coscienza che decide per sé. Ganza anche l’idea degli scanner volanti che
mappano autonomamente le gallerie da esplorare; probabilmente la tecnologia
odierna potrebbe riuscirci davvero. Personaggio centrale una donna; era così
anche in “Alien”. Vi sono poi delle scene che appaiono misteriose e non
spiegate. Per esempio le immagini iniziali che mostrano uno strano umanoide il
quale beve un liquido nero che possiede un movimento autonomo pur stando dentro
un contenitore; questo essere poco dopo si spezza sfaldandosi e perde DNA in
acqua. Se non si va a leggere su Internet non si capisce cosa significhi; pare
sia la modalità con cui gli extraterrestri del film avrebbero dato vita
all’essere umano sul pianeta Terra. Interessante, ma il film è fatto bene se lo
si capisce dalla trama; altrimenti manca il genio di scrittura. Altro elemento interessante è che
l’extraterrestre parla un proto-indoeuropeo, come a dire che anche la lingua
umana deriva dai Creatori; il che amplierebbe l’intervento degli
extraterrestri, che dal puro lavoro genetico, sarebbero dovuti passare a un
contatto educativo-culturale. Però sono cose di cui il film non si interessa, e
alla fine rimane la fruizione di un film piacevole, seppur semplice e scontato.
Lascia aperti però vari interrogativi e possibili evoluzioni; speriamo in un
seguito maggiormente sfaccettato e quindi intrigante. Abbiamo visto il film in
3D, cosa che non amo poiché spesso non ne vale la pena; solitamente non ci
guadagna. Stavolta invece si, sembrava di starci dentro. Il regista di
quest’opera, Ridley Scott (britannico) girò lo stesso “Alien” ed è famoso anche
per “Blade runner” del 1982. Viene ricordato più per “Thelma & Louise”
(1991) e soprattutto per “Il gladiatore” (2000). Un regista bravo anche se non
sempre allo stesso livello. Sky
robertace Latini
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