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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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190. POLITICHE DI GENERE di Chiara Passarella
In
estate: la meravigliosa “lentezza” della riflessione
In questo
periodo estivo di riposo e vacanza, voglio proporre la bozza del DDL
"Norme per le politiche di genere e per una nuova civiltà delle relazioni
tra donne e uomini", presentata a Foligno il 27 giugno u.s e di cui ho già
avuto occasione di parlare in un precedente post. Il periodo estivo è un
periodo di riposo e come tale, penso, uno dei più adatti per riflettere su
questioni importanti, proprio perché non siamo presi dalla frenesia della
quotidiana vita lavorativa e sociale. Può sembrare un controsenso ma credo
fermamente in ciò che ho appena scritto: quale periodo migliore, se non quello
del riposo, per leggere, riflettere, confrontarsi con familiari e amici e, perché no, con qualche
nuova conoscenza fatta sotto l’ombrellone o durante un’escursione in montagna? Il
tema affrontato in questa bozza di DDL è una tema trasversale che corre come un
filo rosso attraverso tutti gli ambiti della vita sociale e politica del nostro
Paese. Ho ricevuto questo materiale dalla segreteria organizzativa della Agenzia
Umbria Ricerche con una piccola nota nella quale si ricordava che il convegno
di Foligno è stata solo la prima tappa
di un percorso di discussione e confronto che vedrà il coinvolgimento delle
istituzioni, delle parti sociali e delle associazioni femministe e femminili. Alla
fine di questo percorso il DDL verrà preadottato dalla Giunta regionale. Prima
di pubblicare il testo del DDL, voglio riportare le relazioni introduttive di
Alessandra Bocchetti e Marina Piazza, che saranno propedeutiche alla lettura
della bozza del testo stesso. CHIARA PASSARELLA
RELAZIONE DI ALESSANDRA
BOCCHETTI AL CONVEGNO DI PRESENTAZIONE
DELLA BOZZA DI LEGGE SULLA CITTADINANAZA DI GENERE ELABORATA DAL COMITATO
SCIENTIFICO – FOLIGNO – PALAZZO TRINCI – 27 GIUGNO 2012
Questa bozza di disegno di legge ha come
titolo “per una nuova civiltà delle relazioni tra uomini e donne” è un titolo
ambizioso. Non si parla, infatti, di nuove forme di buona educazione tra uomini e donne, ma di
una nuova civiltà .
Civiltà
è la parola usata. Una nuove civiltà cambia i fondamenti della vita comune,
ha valori e criteri di giudizio nuovi e soprattutto cambia la percezione del mondo, degli altri, di se stessi. Tutto
cambia in una nuova civiltà perché la sua novità è determinata da una radicale
e definitiva rottura con le forme della
civiltà che la precedeva.
I fondamenti, i criteri, l’ordine, l’assetto cambiano. A
provocare un cambio di civiltà possono essere degli eventi grandi, scoperte di
nuovi mondi, come fu la scoperta dell’America, ricchezze immense che si
rovesciano sui mercati oppure scoperte scientifiche o grandi catastrofi. Ma, a parte per queste
ultime, tutto nasce sempre da una’idea. Sempre un’idea è il motore del
cambiamento. E’ incredibile la forza che possono avere le idee. Il nostro
antenato ominide si è messo su due gambe perché si è pensato su due gambe. La
terra che gira intorno al sole è stata una ipotesi prima di essere una
scoperta. La rivoluzione francese non sarebbe stata possibile senza l’idea di
uguaglianza, senza l’idea che tutti gli uomini sono uguali, idea che tolse la sacralità
al corpo del re, che poté così essere ghigliottinato, il re un uomo come un altro. L’idea di
uguaglianza ha una lunga storia gloriosa. E’ il fondamento della democrazia. Ha
prodotto grandi libertà e grande cultura politica. Detto questo, dobbiamo
aggiungere che per le donne il
cammino che ha portato all’uguaglianza dei diritti è stato molto
faticoso, diventare uguali a quelli che lo erano già, non è stata una
passeggiata, nonostante l’affermazione ottimistica dell’art.3 della nostra
Costituzione, quella delle donne italiane è stata una conquista lenta e zoppa,
tutt’ora zoppa. Non sto qui a declinare ragioni e prove di questo, ragioni e
prove che tutte conosciamo, dette e stradette, ma soprattutto vissute. Possiamo
solo aggiungere una nostra paradossale scoperta, che l’uguaglianza è un
privilegio. Quasi un gioco di parole, un ossimoro, come dire ghiaccio bollente.
Viviamo ancora in un mondo pensato da uomini, progettato e regolato da uomini,
dai loro criteri, dai loro piaceri, dai loro fantasmi. Un mondo che oggi mostra
chiaramente i suoi limiti. L’infelicità del presente, la crisi economica e
morale che stiamo attraversando, la
perdita di valori e il disordine che ne consegue, la grande difficoltà ed
educare i giovani, lo sfruttamento del pianeta che ci spaventa con i terribili
scenari della fine dell’acqua, dell’aria irrespirabile, del mare che sta
morendo, ci inducono a desiderare un cambiamento profondo, ci inducono a
desiderare un’altra civiltà.
E’ un’idea femminile quella che ci
potrebbe traghettare in un’altra dimensione .
E’ l’idea
della differenza. Mai nessuno conoscerà chi pensa, chi ha pensato per primo le
idee che portano alle grandi rivoluzioni, perché queste idee non hanno
proprietari con nome e cognome, perché nascono sempre da una necessità, che non
è mai di una sola persona, possiamo solo
dire, con certezza, che la spinta la dà
sempre un desiderio di libertà. Per diventare veramente liberi, ci si deve
saper immaginare liberi. E deve essere
successo così. Un giorno una donna deve
essersi fatta una domanda, si sarà chiesta “ ma chi ha fatto le parti?
Possibile che una parte di umanità sia al servizio dell’altra parte, sia serva
dell’altro ? Se fosse anche Dio, non può esserci un Dio così malvagio che
voglia questo per una parte delle sue creature. E se non è Dio, vuol dire che
questo ordine è tutto umano, allora si
può disfare”. Così deve essere stato il
primo pensiero libero di una donna. Da
qui è cominciato il percorso della rivoluzione più lenta e meno cruenta della
storia, almeno fino ad oggi. Il cammino della libertà è scandito dalle risposte
che sappiamo dare a delle domande che
riusciamo a farci. Dico “riusciamo” perché è una impresa fortunata e difficile trovare le domande che
ci fanno guadagnare libertà. Un’altra domanda di questo tipo è stata “cosa
vuole una donna?”, cosa veramente vuole una donna. Paradossale domanda che una donna rivolge a
se stessa, ma non assurda per chi nasce e cresce in una cultura i cui valori
sono maschili e dove l’esperienza femminile non governa, dove il femminile
sparisce nelle regole grammaticali, dove il nome della donna è sempre il nome
del padre. E’ difficile per una donna essere donna, questo è il paradossale maleficio. “Cosa è una
donna?” questa è un’altra domanda
fondativa, che ha centrato il percorso del femminismo. Arrivare alla verità di
se stesse nel bene e nel male, è stato un lavoro lungo e difficile e doloroso. Abbiamo
dovuto e saputo guardare le nostre complicità, il nostro silenzio in tutto ciò
che è stata la storia del mondo e la nostra propria storia. Abbiamo perduto
l’innocenza, la non colpevolezza ma, in compenso, abbiamo acquistato senso e la
consapevolezza che era inutile faticare tanto per trovare un posto nel mondo,
perché il mondo è già il nostro posto per il solo fatto di essere nate e di
condividere la condizione umana. Se le donne riescono a far parlare la loro
differenza si ritrovano a mani piene:
possiedono una grande sapere dei corpi, una grande conoscenza del cuore umano,
una grande capacità di ascolto, di accoglienza e di cura. E poi non si sono mai
sentite padrone del mondo, non ne hanno mai avuto l’illusione. Questa è una
grandissima garanzia per ben governare. Tutti questi non sono doni di natura,
ci vengono dalla particolare storia delle donne, storia pesante e dolorosa e
per questo luminosa. Non si passa senza le donne dalla civiltà del progresso
illimitato e predatorio a quella di una civiltà cosciente dei limiti,
accogliente e solidale. Senza le donne
non c’è cambiamento possibile. Non c’è
cambiamento possibile senza una nuova idea di umanità, un nuovo insieme
di uomini e di donne. C’è bisogno di un
insieme vero, non una coppia così come sempre
l’abbiamo vista, ma un insieme, che ancora la storia non ha visto mai,
non ha sperimentato, dove” l’uno non può appropriarsi dell’altro, trattenerlo
come una parte di sé o possederlo come
un oggetto o cosa del suo mondo”, come dice Luce Yrigaray. Fare un insieme per governare
insieme ciò che appartiene ad entrambi. Di questi tempi sento nominare questo
insieme sotto forma di una formula matematica. E’ un modo un po’ troppo
sbrigativo e in un certo senso sminuente, dovremmo trovare parole diverse. Oggi
diciamo il 50 e 50, detta così sembra una formula da ragionieri, o una
spartizione ladronesca? tanto a me tanto a te, oppure sembra
scaturire da un criterio di giustizia, che la fetta di torta sia uguale, oppure
quel 50 e 50 sembrano quote e non lo sono.
Il 50 e 50 è, in realtà, la visione, il progetto di una società
diversa, di una cultura diversa, di un modo diverso di stare al mondo con gli
altri dove la differenza non è scarto ma un tesoro ancora non speso, un’energia
ancora intatta. Il 50 e 50 di donne e di uomini nei posti di governo è
l’immagine di una politica che aderisce di più alla vita e che assume il rischio
della verità. Una civiltà di “insieme”,
non ha solo lo scopo di avvicinare in una relazione nuova gli uomini alle donne
e viceversa, per imparare a condividere il mondo nelle scelte, nelle
responsabilità, nei successi e negli errori possibili, ma oggi, nel nostro disgraziato paese, una
civiltà di “insieme” è necessaria per altri urgenti riavvicinamenti. E’ necessario infatti riannodare quel legame
spezzato tra classe politica e società
civile, tra il mondo del lavoro e il mondo della cultura, tra le istituzioni e
i cittadini, tra la politica e la vita quotidiana, tra la produzione e la
riproduzione, tra l’umano e il naturale.
Per questi riavvicinamenti la politica, colpita dal brutto male
dell’autoreferenzialità, a tutt’oggi si è rivelata incapace. Per cambiare bisogna essere capaci di
rivolgere a se stessi delle domande apparentemente ingenue. E’ ora che lo facciano soprattutto le donne.
E’ ora di riuscire ad uscire dalla protesta passiva, dall’atteggiamento
critico, dalla delega, dalla gregarietà .
E’ ora di saper raccontare il mondo in cui ci piacerebbe vivere, immaginare il
quartiere dove ci piacerebbe abitare, saper descrivere la scuola dove vorremmo
mandare i nostri figli, i nostri nipoti e la scuola dove poter tornare, se questo fosse possibile.
Senza farsi intimidire dalla scarsità delle risorse, dai saperi specialistici,
dal tecnicismo. Saper raccontare con chiarezza ciò che si vuole è già una
azione politica. Rimettere in circolo il desiderio significa creare una
tensione / potenza che farà si che, prima o poi, le frecce andranno al bersaglio. Senza questa
tensione niente potrà veramente cambiare. E’ con questo spirito che è nata
questa bozza di disegno di legge voluta da una donna e pensata da un gruppo di
donne. Per me, che non sono una tecnica,
è stato un esercizio prezioso. Ho imparato molto e ho avuto conferma che un
buon governo è opera di tutti e che non può fare a meno di nessuno, e che
per ben governare non si deve mai dimenticare se stessi e gli esseri amati.
Norme per le
politiche di genere e per una nuova civiltà delle relazioni tra donne e uomini.
Marina Piazza
Vi assicuro che non è un compito facile
quello di presentare sinteticamente questa proposta di legge. Comunque cercherò
di farlo tentando di rispondere ad alcune domande che forse voi vi ponete.
Sottolineando che la proposta di legge si presenta in modo interlocutorio,
aperto alla discussione e anche al cambiamento e che il seminario di oggi è il
primo momento di questo processo di interlocuzione e partecipazione.
Prima domanda:
Perchè
impegnarsi in un’operazione complessa e difficile come abbozzare questa legge
quadro o legge di indirizzo, fortemente auspicata dalla presidente Marini e a
cui ha lavorato la dirigenza e lo staff della Presidenza, il presidente e lo
staff dell’AUR e il comitato scientifico di cui sono coordinatrice e che qui
rappresento?
Credo che la risposta possa essere molto
semplice e vada cercata nella seconda parte del titolo della legge: Per una nuova civiltà delle relazioni tra
donne e uomini. In un certo senso quindi
perchè era ineludibile, dato il profondo cambiamento avvenuto in questi
anni nel rapporto tra donne e uomini che, sulla base del valore della
differenza e libertà femminile – impone una nuova etica della cittadinanza,
fondata sul concetto di dipendnza reciproca. Questo concetto – che in un certo
senso va oltre il concetto di libertà individuale – è radice profonda
dell’esperienza umana e dovrebbe essere fonte primaria della democrazia, ma non
si è ancora tradotto in criteri di governo. Ed è precisamente questo il nostro
– ambizioso – obiettivo. Il concetto di genere non va visto come la
rappresentazione di una realtà data e acquisita e immobile, secondo i ruoli
tradizionali che hanno alla base il concetto di complementarietà tra uomini e
donne. Va concettulizzato come un concetto dinamico, che assume il principio
della trasformazione delle identità e dei ruoli, aprendo , come un grimaldello,
a tutte le differenze. Fondato sull’idea di compresenza nella diversità. Quindi
potremmo definire la legge come un insieme di interventi indirizzati a promuovere e
sviluppare le capacità degli individui, partendo dalla soggettività di donne e
uomini. La legge va intesa come una legge di indirizzo che inquadra le diverse
politiche pubbliche che, tutte, hanno effetti sulla relazione tra i generi
perchè redistribuiscono risorse, lavori, tempi, competenze tra le persone dei
due sessi. La consapevolezza che nel
mondo, nella società nel suo complesso, nel mercato del lavoro, nella regione
Umbria vivono,amano,lavorano donne e uomini deve diventare con questa legge il
filo rosso che attraversa tutte le politiche regionali.
Seconda domanda : Data questa premessa, come è strutturata la legge? In che modo
prefigura una visione trasversale di tutte le politiche regionali?
La questione
della trasversalità è l’elemento centrale della legge perchè comporta il fatto
che il tema dell’equità di genere sia presente in tutte le fasi e in tutti gli
ambiti settoriali di un programma e perchè la combinazione delle misure
politiche nei diversi ambiti non deve diventare la somma delle misure, ma la
loro integrazione e il principio della sostenibilità di genere deve costituire uno dei principali elementi di
trasversalità. In un certo senso si potrebbe parlare di governo delle
politiche, versus una modalità di affastellamento, in cui ciascuna politica va
per conto suo, senza programmazione e senza valutazione di impatto.
Ma poichè il concetto di genere non è un
concetto pacifico e neutrale, ma indica una asimmetria, uno squilibrio, il
potere dell’uno sull’altro, sono presenti nella legge anche specifiche azioni
positive a favore delle donne. La legge ripercorre
– nei suoi 7 titoli – i principali fattori che intervengono sulla qualità della
vita e sulla promozione delle capacità dei soggetti. Li elencherò nelle loro
linee essenziali, in modo naturalmente molto molto sintetico. Dopo il Titolo 1 sui
principi e obiettivi, e il Titolo 2 che individua azioni innovative per
favorire nuove relazioni tra donne e uomini nella vita quotidiana e esperienze
di vita sostenibili sul piano sociale, economico ed ecologico quali la
promozione di forme di solidarietà di vicinato, di coworking, car sharing,
gruppi di acquisto solidali, ecc. con il Titolo 3 si entra nel vivo degli
indirizzi sulle politiche regionali, nei settori dell’istruzione, delle
politiche attive del lavoro, del sistema di condivisione del lavoro famigliare
tra donne e uomini e di conciliazione tra vita professionale e vita lavorativa,
delle misure di contrasto al fenomeno della violenza degli uomini contro le
donne, della salute, della democrazia paritaria .
Vorrei brevemente sottolineare quelli
che appaiono come i principali elementi innovativi di queste proposte
Nel sistema dell’istruzione, l’obiettivo
principale è quello di intervenire nella formazione delle giovani generazioni, sottoscrivendo
protocolli di intesa con i soggetti competenti in materia di istruzione per
azioni di contrasto degli stereotipi ancora presenti anche nelle nuove
generazioni. Educare le bambine, le ragazze, le giovani donne alla dignità,
alla cura di sè, all’amore di sè; educare i bambini, i ragazzi, i giovani
uomini a sottrarsi alle leggi della sopraffazione e della violenza e di una
malintesa virilità. In sintesi - attraverso azioni di incoraggiamento alla
revisione degli strumenti formativi e attraverso la formazione degli
insegnanti, dei e delle ragazze - educare alla cura di sè, dell’altro, del
mondo.
Nel settore che riguarda il lavoro,
formazione, impresa , partendo dal presupposto che il sistema economico umbro
si è formato su una dimensione prettamente maschile, si dedica attenzione al
sostegno al lavoro e all’imprenditoria femminile con azioni positive dedicate,
specifiche politiche attive del lavoro e riserva di incentivi sia nella
formazione professionale che nella creazione di impresa. Individua nei Centri
per l’impiego il perno di riferimento territoriale per queste misure
Nel campo della conciliazione e
condivisione, prendendo atto che dal 2009 poco si è attuato nella regione
Umbria per sostenere il complessivo sistema delle misure di conciliazione, si
definiscono misure concrete di promozione
per le aziende e le organizzazioni quali il fondo regionale integrativo
del fondo legato all’art.9 della legge nazionale 53/2000 e si promuovono e finanziano – attraverso i fondi
interprofessionali - azioni di formazione e di asssistenza alle parti sociali
per la partecipazione ai bandi, interagendo con i Centri per l’impiego e con le
Camere di commercio. L’obiettivo dichiarato è quello – attraverso un’azione ad
ampio raggio – di far diventare il sistema di conciliazione una cultura
condivisa che interroga e sovverte il sistema dell’organizzazione fordista e
mira a ridisegnare la mappa del welfare. Ancora misure innovative possono
essere individuate nell’attribuzione, in via sperimentale, di sgravi fiscali
destinati alle imprese con meno di 50 dipendenti per il sostegno a misure di
conciliazione legati ai periodi di maternità e paternità; di sostengo alle imprese
che favoriscono il congedo parentale dei padri, di misure di sostegno , sempre
in via sperimentale, alla maternità per le donne che non fruiscono delle
normative vigenti, a causa della precarietà dei lavori, dell’inattività ecc.
Promuove e sostiene inoltre – nello
spirito della legge 53/2000 - i piani territoriali dei Comuni, con interventi
sui tempi e sugli spazi, per migliorare la qualità della vita quotidiana di
donne, uomini, bambini, anziani, autoctoni e migranti.
Nel campo del contrasto alla violenza
degli uomini sulle donne, da un lato sostiene azioni di sensibilizzazione, già
previsti negli interventi sull’istruzione e sulla conciliazione-condivisione,
dall’altro interviene puntualmente –attraverso un programma triennale di
interventi e azioni - sulle misure organizzative per la riformulazione e la
creazione ex-novo dei Centri antiviolenza e delle case rifugio e per la
costituzione della Rete regionale antiviolenza, di cui faranno parte gli enti locali,
le aziende ospedaliere, le aziende sanitarie, le forze dell’ordine, la
magistratura ordinaria e ninorile, l’ufficio scolastico provinciale e
regionale, i centri antiviolenza, il centro per le pari opportunità, le
associazioni di donne e di tutela ai bambini ecc.
Basilare è in tutta questa complessa
operazione la formazione specifica e l’aggiornamento continuo per le operatrici
dei centri antiviolenza e delle case rifugio, prevista nell’ambito della
programmazione della formazione professionale.
Istituisce anche centri di ascolto per
uomini maltrattanti, sulla scia della sperimentazione che si sta conducendo in
Emilia-Romagna.
E’ utile ricordare che a livello
nazionale è stata appena approvata in Commissione Affari sociali la risoluzione
che impegna il governo ad accelerare l’iter dell’adesione dell’Italia alla
convenzione del Consiglio d’Europa del maggio 2011.
Nel campo della presenza delle donne ai
livelli decisionali, la Regione si impegna non solo a promuoverne la presenza
ma assume anche l’impegno di destinare il 50% di presenze alle donne nelle
nomine di sua competenza.
E che questo impegno debba intendersi in
senso sostanziale è confermato dalla sentenza del Consiglio di Stato del 21
giugno 2012 che ha condannato la Regione Lombardia per la scarsa presenza di
donne nella giunta, precisando che promuovere il reiquilibrio tra entrambi i
generi negli organi di soverno significa che quel reiquilibrio è un obiettivo
da raggiungere e non un esortazione a rinviarlo.
Infine nella legge si definiscono gli strumenti
per l’integrazione delle politiche e si delinea l’architettura istituzionale necessaria
al funzionamento della legge.
Poichè, come ho cercato di dire,
l’elemento fondante è la trasversalità e la coerenza delle diverse politiche - e questo elemento
fondante non è un elemento già dato in nessuna amministrazione pubblica, ma è
necessario costruirlo –si prevede nella legge il Comitato tecnico permanente di
coordinamento per le politiche di genere, interno all’amministrazione
regionale, con funzioni di supporto alla programmazione regionale e di monitoraggio
e verifica (che dovrebbe prefigurare l’adozione del bilancio di genere) e la
Rete regionale per le politiche di genere , che dovrebbe diventare “una sede
periodica di verifica generale”, come è peraltro previsto anche dalla Legge
regionale toscana con la denminazione di “Forum della cittadinanza di genere”.
Viene inoltre previsto il Comitato tecnico per la conciliazione formato da
esperti con compiti consultivi e a titolo gratuito; l’albo delle Associazioni,
la Rete antiviolenza.
L’istituzione di questa architettura
istituzionale appare decisiva perchè della necessità e della rilevanza delle
politiche di genere devono essere
convinti in primo luogo i decisori politici e ammnistrativi : solo così possono
incrociare la partecipazione delle associazioni di donne, delle associazioni di
categoria, degli uomini e delle donne di questa regione.
Infine la norma finanziaria che sostiene
le misure prefigurate nella legge, sia attraverso un budget che sarà definito, sia
attraverso il ricorso sui singoli progetti e sulle specifiche politiche, all’integrazione
tra le risorse nazionali e comunitarie destinate alle politiche di genere, le
risorse apportate dal sistema degli enti locali e le risorse apportate dai
soggetti privati.
Da questa sintesi – purtroppo
necessariamente rapida – emerge, mi sembra in modo evidente - che la legge si
presenta come una cornice di senso entro cui si posizionano le politiche che
toccano la vita complessiva di donne e uomini in questa regione. Il senso vero
è che, dopo questa legge, non si potrà più parlare di “questione
femminile” o di pari opportunità come di
una questione a parte, quasi un codicillo irrilevante.
Non si tratta del superamento di una
differenza “in meno”, ma la presa d’atto del valore distintivo che le donne
portano alla cultura e all’azione. La questione qui è posta non più come una
questione di parte o a parte, come una questione di donne, ma come una sorta di
imperativo a sviluppare una società più vicina ai bisogni e ai desideri di
donne e uomini . Non è solo garanzia dei diritti, ma la gestione efficace delle
diversità. Non è affatto facile , è un salto culturale che si chiede con questa
legge perchè spesso ci si ferma all’assumere la superficialità
dell’accettazione delle diversità, tenendo fermo il pensiero uguale, adottando
un atteggiamento di difesa rispetto all’accettazione delle diversità.
E non è stato facile nemmeno il nostro
percorso di un anno e permettetimi di utilizzare gli ultimi minuti del tempo
che mi è stato dato per delineare il percorso che ha fatto il Comitato
scientifico insieme a tutti i soggetti istituzionali che prima ho enumerato.
Siamo partiti dal chiederci che cosa
possa significare fare politiche di genere oggi, ai tempi della crisi.
Procedere in questo senso ha significato passare da una concezione delle donne
come soggetti deboli – bisognose di qualche aiuto – alla concezione della forza
delle donne, necessaria soprattutto in questa fase. Quindi alla rilevanza
centrale dell’apporto femminile. Significa anche fare attenzione ai processi, come chiave di attivazione
delle capacità, nel senso che a questo termine attribuisce A. Sen, e quindi
anche alla costruzione di nuove architetture sociali. Su questi concetti
abbiamo costruito il convegno di presentazione del percorso della legge nel
Convegno di Perugia del 23 giugno 2011.
Abbiamo poi affrontato il tema del
lavoro, facendolo interagire con il tema della cura, che non è riducibile solo
al lavoro domestico e di accudimento, ma esprime una responsabilità nelle
relazioni umane che riguarda tutti. In questo senso, le politiche di
conciliazione e condivisione possono essere assunte come cartina di tornasole
dei rapporti di inter-connessione tra sistemi di welfare e mercato del lavoro e
come punto di snodo dei rapporti di interdipendenza tra Stato, mercato e famiglie.
Con la convinzione che sostenere l’apporto delle donne all’economia pubblica e
l’apporto degli uomini alla cura sia funzionale non solo a una maggiore
giustizia, ma anche a una maggiore efficacia e efficienza del sistema economico
regionale. In poche parole, il welfare non come lusso, ma come investimento.
Su questo tema – lavoro e conciliazione
- abbiamo tenuto il Seminario pubblico a Terni del 5 ottobre.
Abbiamo poi proseguito il 18 gennaio di
quest’anno con il Seminario di perugia sulla violenza degli uomini contro le
donne. Cercando di mantenere come filo rosso il concetto di forza delle donne
per sottrarsi all’operazione di schiacciare l’identità delle donne sulla figura
della vittima. E quindi puntando su due assi di azioni: da un lato sulla prevenzione/promozione
con l’obiettivo di rafforzare l’autonomia femminile e puntando sulla cura di
sè, sulla loro forza, dignità e capacità di cambiamento, e dall’altro sulla
riprogettazione dei Centri antiviolenza. Che sono una realtà debole in Umbria e
che vanno completamente riformulati e creati ex novo. In attesa di un mutamento
radicale dell’identità maschile ciò che si può fare è aumentare le risorse e i
supporti per le donne.
Siamo perfettamente consapevoli che il
nostro lavoro trova un senso se ci sarà la volontà politica di appoggiare la
legge, di crederci e di darle gli strumenti di governance, sia nell’architettura
istituzionale regionale sia finanziaria perchè diventi una realtà viva e
operante. Come tutti sappiamo, le politiche di genere rappresentano un sistema
complesso, caratterizzato dall’interazione di diversi attori: le donne e gli
uomini, ma anche le istituzioni e le imprese, il sistema dei servizi pubblici e
privati, le reti delle donne, ecc.. Il loro successo è dunque condizionato dalla
capacità di intervenire con e su una pluralità di attori e di contesti,
favorendone il coinvolgimento attivo e l’interazione.
Se così sarà,
crediamo che la legge possa diventare davvero lo strumento per un cambiamento
nella vita quotidiana, privata e pubblica, di donne e uomini in questa Regione.
BOZZA elaborata dal Comitato scientifico
TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1
(Principi)
1. La presente legge riconosce il
valore della differenza e libertà femminile e si propone di promuovere nuove
forme di convivenza, più giuste e rispettose delle differenze, basate sul
principio dell’interdipendenza che lega tra di loro gli esseri umani e questi
agli altri esseri viventi, alle risorse naturali, produttive e culturali in
un’ottica di condivisione delle responsabilità tra i sessi e le generazioni e
nel rispetto e valorizzazione delle diversità.
2. La
Regione
favorisce la partecipazione alla fruizione di beni comuni e promuove un modello
di sviluppo giusto e solidale, basato sul valore della sobrietà, sul saggio
utilizzo delle risorse ambientali, della conoscenza, della ricerca e del
patrimonio artistico e culturale.
3. La
Regione
riconosce il valore delle conoscenze, delle esperienze e delle competenze
femminili e promuove il trasferimento e lo scambio di buone pratiche prodotte
dalle donne nelle professioni, nella ricerca, nell’attività culturale e
imprenditoriale, nella solidarietà e nel volontariato.
4. La
Regione
si ispira ai principi della cooperazione solidale, del rispetto dell’ambiente e
degli ecosistemi per affermare stili di vita basati su modalità di relazioni e
pratiche di lavoro e di vita rispettose delle differenze.
5. La
Regione
adotta il principio della trasversalità delle politiche di genere in tutte le
politiche pubbliche regionali con particolare riferimento ai settori
dell’istruzione, del lavoro, della formazione, delle attività economiche, del
welfare e della sanità.
6. Le disposizioni della presente
legge costituiscono principio per le politiche pubbliche regionali di settore e
per le azioni del sistema amministrativo regionale.
Art. 2
(Obiettivi)
1. La
Regione,
nel rispetto dei principi di cui all’art. 1, nell’ambito delle proprie
competenze e in raccordo con le altre istituzioni, persegue i seguenti obiettivi:
a)
promuove azioni
volte ad affermare la libertà e l’autodeterminazione delle donne;
b)
promuove la
partecipazione paritaria delle donne e degli uomini nei luoghi di decisione e
di governo;
c)
promuove progetti
per la valorizzazione delle differenze di genere e per il contrasto degli
stereotipi e i pregiudizi, favorisce la scelta consapevole e libera delle
carriere di studio, dei lavori e delle professioni per entrambi i generi;
d)
favorisce
l’equilibrio tra attività lavorativa e vita privata e familiare per donne e
uomini attraverso politiche di conciliazione e di condivisione delle
responsabilità;
e)
promuove
l’occupazione femminile e sostiene il lavoro qualificato delle donne nella
pubblica amministrazione, nelle imprese private e nel lavoro autonomo,
favorendone l’ingresso nel mercato del lavoro, la progressione di carriera, la
presenza negli organi decisionali e contrastando la discriminazione e la segregazione formativa e professionale;
f)
sostiene
l’imprenditorialità femminile favorendo la creazione, lo sviluppo, la crescita
dimensionale e la cooperazione tra imprese gestite da donne;
g)
favorisce gli
interventi di promozione delle salute,
della ricerca farmacologia, dello studio dei fattori di rischio, delle
diagnosi e dei trattamenti sanitari che tengono conto delle differenze tra
donne e uomini;
h)
contrasta la
violenza degli uomini sulle donne;
i)
promuove,
nell’ambito delle attività di comunicazione e di informazione, la conoscenza e la diffusione del valore
della differenza tra donne e uomini sostenendo il ruolo delle donne in campo
sociale professionale e politico;
j)
promuove il
trasferimento e lo scambio di buone pratiche prodotte dalle donne nelle
professioni, nella ricerca, nell’attività culturale e imprenditoriale, nella
solidarietà e nel volontariato;
k)
promuove
ricerche, studi e raccolta sistematica di documentazione sulla condizione di
vita e di lavoro delle donne e sulle discriminazioni.
l)
promuove
iniziative di valorizzazione e sostegno delle donne migranti o appartenenti a
minoranze etniche che, nel rispetto delle differenze culturali, ne favoriscano la
presenza attiva nella vita economica,
sociale, politica, culturale e civile;
TITOLO II
INTERVENTI PER UNA NUOVA CIVILTA’ DELLE RELAZIONI TRA
DONNE E UOMINI
Art 3
(Azioni innovative per favorire nuove relazioni tra donne e uomini)
1. La
Regione,
per favorire relazioni solidali, cooperative ed amicali fra donne e uomini
nella vita comune di città, quartieri, nelle dimensioni di vicinato e di
piccola comunità e la cura degli spazi condivisi, detta linee di indirizzo ai
Comuni affinchè gli stessi nei propri strumenti urbanistici ed edilizi promuovano
progetti abitativi realizzati con nuovi criteri, corredati da spazi destinati
all’uso comune per la condivisione di attrezzature, risorse e servizi
2. La
Regione,
al fine di promuovere esperienze di vita solidali e sostenibili sul piano
economico, sociale ed ecologico, favorisce:
a) nuove forme di organizzazione urbana, quali quelle
realizzate negli eco-villaggi e nelle esperienze di cohousing;
b) nuove forme di mobilità sostenibile quali:
carsharing- condivisione di auto private tra gruppi di
persone, carpooling - autonoleggio a
ore di mezzi di trasporto, percorsi sicuri casa-scuola e percorsi ciclabili;
c) forme ed attività di coworking - condivisione di
ambienti di lavoro attrezzati al fine di favorire lo scambio, la collaborazione,la
relazione in particolare per le giovani professioniste;
d) l’associazionismo di donne;
e) forme di acquisto collettivo quali i gruppo di
acquisto solidale;
f) centri di aggregazione sociale e culturale;
g) il turismo responsabile.
3. La
Regione,
per la realizzazione dei progetti di cui al comma 2, può stipulare Protocolli d’intesa con i
soggetti pubblici o privati interessati.
4. La programmazione regionale tiene
conto degli elementi innovativi emersi a seguito della realizzazione delle
azioni previste dal presente articolo
Art. 4
(Servizio di mediazione familiare e nelle relazioni)
1. La
Regione
promuove l’istituzione, presso i Consultori regionali, del Servizio di
mediazione familiare e nelle relazioni al fine di consentire relazioni
rispettose, libere e consapevoli all’interno delle famiglie e tra le persone.
Art. 5
(Banche dei beni e dei tempi)
1. La
Regione
promuove la costituzione di Banche dei beni e dei tempi quali esperienze
organizzate di scambio alla pari di tempi, beni e servizi, senza la mediazione
di denaro, per soddisfare i bisogni legati all'organizzazione della vita
quotidiana, rafforzare le reti di reciproco aiuto nei quartieri, nelle piccole
comunità e nelle scuole, favorire la cultura del dono e della reciprocità,
contrastare l'isolamento e la solitudine delle persone.
2. Le Banche dei beni e dei tempi sono
gestite dai soggetti di cui all’articolo 27 della legge 53/2000 la cui
promozione nel territorio è affidata ai Comuni o alle loro forme associative
3. I Comuni o le loro forme
associative assicurano inoltre la logistica necessaria al funzionamento delle
Banche dei beni e dei tempi, organizzano una costante attività di promozione e
sensibilizzazione della loro esistenza e dell’attività svolta, assicurano la
formazione dei soggetti aderenti e garantiscono lo scambio di informazioni tra
le stesse.
Art. 6
(Archivio delle competenze delle donne)
1. La
Regione
istituisce l’Archivio delle competenze delle donne nel quale sono inseriti i
curricula delle donne con comprovate esperienze di carattere scientifico,
culturale, artistico, professionale, economico e politico, che lavorano o
risiedono in Umbria
2. L’Archivio è uno strumento del
quale viene data diffusione e informazione allo scopo di rappresentare l’ampio
mondo dei saperi delle donne e favorire
un’adeguata presenza delle donne nei ruoli fondamentali della vita
regionale. L’Archivio favorisce anche la divulgazione di competenze femminili
per le indicazioni e le proposte di designazioni e nomine ai sensi della legge regionale
21 marzo 1995, n. 11 e s.m.i. (Disciplina
delle nomine di competenza regionale e della proroga degli organi
amministrativi).
3. Il trattamento dei dati relativi
alla banca dati avviene nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.
196 (Codice in materia di protezione dei dati personali).
TITOLO III
POLITICHE
REGIONALI
CAPO I
ISTRUZIONE
Art. 7
(Promozione della cultura della differenza)
1. La
Regione
favorisce percorsi di riflessione sulla differenza di essere donne e uomini e
sulla costruzione di sé, con strumenti di conoscenza, anche attraverso percorsi
di sperimentazione, sollecitando una ridefinizione delle discipline, dei libri
di testo, dei programmi scolastici e una didattica fondata sulla valorizzazione
della differenza di genere.
Art. 8
(Azioni regionali)
1. La
Regione,
per le finalità di cui all’articolo 7 promuove, nel rispetto dell’autonomia
organizzativa e didattica degli Istituti scolastici, le
seguenti azioni:
a) formazione delle insegnanti e degli insegnanti finalizzata
alla valorizzazione della differenza di genere nelle relazioni educative;
b) rivisitazione dei contenuti, dei programmi e dei
materiali didattici in un’ottica di genere valorizzando la presenza dei due
sessi nel mondo della cultura;
c) elaborazione di metodologie e strumenti che
permettano alle istituzioni scolastiche di analizzare, dal punto di vista di
genere, i contesti socio-economici di riferimento anche per individuare i
bisogni formativi della popolazione scolastica, femminile e maschile;
d) elaborazione di indicatori che consentano alle
Istituzioni scolastiche la valutazione ed autovalutazione dei processi
educativi e formativi;
e) raccolta, diffusione e condivisione di buone
pratiche, materiali didattici e strumenti che possano incidere, in un’ottica di
genere, sulla formazione generale di ragazzi e ragazze;
f) attivazione di percorsi di orientamento per
combattere la segregazione formativa e professionale delle ragazze e dei
ragazzi;
g) realizzazione di iniziative di diffusione della
cultura dell’imprenditorialità e del lavoro autonomo con attenzione alle
peculiarità di genere in termini di capacità, aspettative, progetti di vita e
di lavoro;
h) sostegno al recupero dell’istruzione delle donne,
giovani e adulte, prive di un’adeguata qualificazione e alla promozione
culturale e formativa lungo tutto il corso della vita;
i)
ricerche
socio-economiche e antropologiche caratterizzate da un approccio di
genere e dall’analisi di processi di
cambiamento della presenza femminile e delle relazioni tra i sessi;
j)
sostegno a
iniziative di scambio di saperi tra
donne italiane e straniere.
2.
La Regione,
per la realizzazione delle azioni di cui al comma 1 , sottoscrive Protocolli di
intesa con i soggetti competenti in
materia di istruzione.
CAPO II
LAVORO,
FORMAZIONE E IMPRESA
Art. 9
(Sostegno
all’imprenditoria femminile)
1. La Regione, nell’ambito degli strumenti di programmazione previsti dalla
vigente normativa e, in particolare, dal documento triennale di cui alla legge
regionale 23 dicembre 2008, n. 25 (Norme in materia di sviluppo, innovazione e
competitività del sistema produttivo regionale), favorisce l’imprenditoria
femminile quale strumento di promozione della presenza delle donne nel lavoro e
nell’economia e definisce forme e strumenti di promozione del lavoro autonomo e
dell’imprenditorialità femminile.
2. La Regione per le finalità di cui al comma 1 e con riferimento a
provvedimenti e strumenti regionali per
il sostegno allo sviluppo ed al rafforzamento delle PMI riserva, quote non inferiori al 25% delle
risorse assegnate, a favore di imprese a prevalente conduzione femminile.
3. Gli incentivi e le forme di sostegno alla creazione di impresa promossi a
livello regionale prevedono una
dotazione minima del quaranta per cento destinata ad imprese a titolarità con
maggioranza femminile.
Art. 10
(Formazione professionale per
l’imprenditoria)
1. La
Regione,
nell’ambito dei corsi di formazione professionale per il lavoro autonomo e
l’imprenditoria previsti dai piani regionali, riserva il cinquanta per cento
dei posti alle donne disoccupate ed inoccupate iscritte ai centri per
l’impiego.
2. La
Regione,
nell’ambito dei piani di cui al comma 1, prevede, altresì, corsi formativi
destinati a soggetti che rilevano imprese di artigianato tradizionale ed
artistico. Il cinquanta per cento dei posti è
riservato alle donne disoccupate ed inoccupate iscritte ai centri per l’impiego.
Art 11
(Passaggio generazionale del lavoro)
1. La Regione istituisce un sistema di intervento a favore del passaggio generazionale
delle imprese, del lavoro autonomo e del trasferimento dei saperi.
2. La Regione con norme
regolamentari stabilisce le modalità di organizzazione dell’intervento e di
erogazione delle forme di incentivazione, assistenza e consulenza, che vengono
promosse attraverso il sistema regionale dell’impiego.
3. Una
specifica destinazione degli interventi di cui al presente articolo riguarda le
imprese artigianali tradizionali ed artistiche.
4. Gli
interventi di cui al presente articolo sono destinati, per il cinquanta per
cento delle iniziative finanziate, a progetti presentati da donne.
Art. 12
(Servizi per il
lavoro)
1. La Regione individua nei centri per l’impiego il punto di riferimento territoriale
per l’informazione, l’orientamento e l’erogazione delle misure di politica
attiva di cui alla normativa regionale e nei sensi di quanto previsto dalla
presente legge.
2. La Regione,
nell’ambito delle misure contenute nel documento regionale dei servizi per il
lavoro, individua nel patto di servizio l’atto di impegno e definizione del
percorso di inserimento lavorativo e dell’intervento destinato alle disoccupate
e ai disoccupati iscritti ai centri per l’impiego.
3. E’ destinata alle disoccupate ed
inoccupate iscritte ai centri per l’impiego una quota del cinquanta per cento
delle opportunità derivanti dai programmi di politica attiva promossi ai sensi
della programmazione regionale.
4. La Regione, nell’ambito del monitoraggio dei fabbisogni professionali delle imprese
individua e verifica le competenze richieste dal sistema economico e istituisce
un apposito catalogo dei lavori più richiesti e promuove una corrispondente offerta formativa, sulla
base di standard di qualità riconosciuti e verificati.
5. La Regione organizza e programma interventi di orientamento nelle scuole e presso i
centri per l’impiego destinati a migliorare la conoscenza del mercato del
lavoro e dei fabbisogni professionali delle imprese, e l’accesso a programmi e
strumenti di sostegno e per l’occupabilità, con specifica attenzione alla
popolazione femminile.
6. La Regione promuove la sperimentazione sul territorio di iniziative di impresa, di
politica attiva e di promozione dell’occupazione femminile valutate quali buone
prassi ai sensi della presente legge e ne sostiene la permanenza e la
replicabilità.
Art. 13
(Azioni di
premialità per le imprese)
1. La Regione, per l’assunzione di donne disoccupate od inoccupate iscritte ai centri
per l’impiego, attribuisce alle imprese, nel rispetto della normativa vigente,
strumenti di premialità ed incentivi aggiuntivi rispetto ai benefici
eventualmente già previsti.
2. La Regione istituisce
bonus premiali per l’incentivazione delle assunzioni a tempo indeterminato,
destinato alle donne disoccupate od inoccupate iscritte ai centri per l’impiego
del territorio regionale.
Art. 14
(Creazione d’impresa)
1.
La Regione favorisce e sostiene
gli interventi a sostegno della creazione di nuove imprese a prevalente
conduzione femminile e dell’occupazione delle donne. A tal fine si avvale anche
del Fondo per il microcredito di cui all’articolo 7 della legge regionale 30
marzo 2011, n. 4
(Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2011 in materia di entrate
e di spese).
2. La
Giunta regionale definisce con proprio atto le modalità di attuazione e
gestione ai sensi del comma 2, articolo 7 della l.r. 4/2011 e individua maggiorazioni di finanziamento o altre forme
di premialità per le imprese di nuova costituzione a prevalente conduzione femminile.
Art.15
(Fondo di rotazione e di garanzia)
1.
La Regione promuove l’accesso al
credito da parte delle imprese femminili tramite specifiche azioni di
informazione, assistenza, formazione.
2.
La Giunta regionale stabilisce le
caratteristiche dei propri fondi di garanzia e di quelli per il sostegno al
capitale di rischio individuando modalità operative per facilitare l’accesso
agli stessi alle imprese a prevalente conduzione femminile.
CAPO III
CONCILIAZIONE
E CONDIVISIONE
Art.16
(Politiche di conciliazione e condivisione)
1. La Regione riconosce che la conciliazione tra la vita delle persone e il lavoro remunerato,
tra i tempi di lavoro, di relazione, di cura parentale, di formazione e tempo
per sé, migliora la qualità della vita
delle comunità la relazione tra i sessi e determina un processo di
trasformazione dell’organizzazione della società, delle famiglie e del lavoro.
2. La Regione riconosce
il valore sociale della maternità e della paternità consapevoli e favorisce la
condivisione delle responsabilità tra i genitori nei confronti dei figli.
3. La Regione considera
le politiche di conciliazione e condivisione elementi fondamentali nella
riforma del sistema di welfare territoriale e del lavoro.
4. La Regione, al fine di
favorire la qualità della vita attraverso la conciliazione, promuove il coordinamento dei tempi e degli orari ed il
monitoraggio della qualità progettuale e
gestionale degli spazi delle città
5. La Regione promuove
forme di consultazione e coinvolgimento delle donne, associazioni,
organizzazioni, organismi di pari opportunità, esperte, nei processi di
progettazione urbanistica e di riqualificazione degli spazi urbani per
migliorare i circuiti di socialità e benessere,
per promuovere percorsi di mobilità ed autonomia attenti alle esigenze della vita quotidiana
delle persone di ogni generazione.
Art.17
(Azioni regionali promozionali e di sistema)
1. La Regione per la realizzazione delle finalità di cui al presente Capo:
a) stipula
accordi territoriali per sperimentare nuovi modelli di organizzazione del
lavoro nelle amministrazioni pubbliche e nelle imprese private, per favorire la conciliazione tra vita privata e lavoro, e
promuovere un’equa distribuzione del lavoro di cura tra i sessi;
b) integra le
politiche del tempo nei propri strumenti di programmazione generali e
settoriali e promuove l’adozione, da parte dei comuni, dei piani territoriali
degli orari, dei tempi e degli spazi;
c) attua azioni
di contrasto degli stereotipi di genere attraverso la promozione ed il sostegno
finanziario di progetti educativi volti alla cura di sé, degli altri, del mondo.
d) promuove
campagne mediatiche di sensibilizzazione sul tema della condivisione delle
responsabilità di cura e della corresponsabilizzazione dei padri nella cura e
crescita dei figli;
e) promuove e
diffonde l’utilizzo dei congedi di maternità e parentali;
f)
promuove la formazione e la riqualificazione per donne
e uomini che rientrano al lavoro dopo il congedo obbligatorio e facoltativo di
maternità e parentale;
g) favorisce
l’utilizzo del part-time per motivi parentali;
h) favorisce
l’inserimento lavorativo delle donne in particolari condizioni di disagio,
quali madri sole con figli minori, e donne immigrate;
i)
sostiene azioni di intervento sulla qualità e quantità
dei servizi sociali, in particolare dei consultori e dei nidi, promuovendo
anche nuove forme di servizi innovativi ed integrativi per favorire la
conciliazione e condivisione, soprattutto nel caso di lavori atipici e
discontinui
l)
stipula protocolli di intesa con enti locali e parti
sociali per la pianificazione delle azioni di programmazione volte al sostegno
ed al finanziamento dei servizi e degli strumenti per la conciliazione;
m) stabilisce
la programmazione annuale delle misure e delle azioni di cui al presente capo
nell’ambito del Piano del lavoro, disposto attraverso la concertazione con gli
enti locali e forze sociali ed economiche;
Art. 18
(Azioni e progetti per la promozione degli interventi della legge
8 marzo 2000, n. 53)
1. La Regione sostiene la
sperimentazione di azioni e progetti per la conciliazione tra vita e lavoro realizzati
in conformità alle indicazioni ed ai principi della legge 8 marzo 2000, n. 53 che esplichino la propria
azione sul territorio regionale umbro (Disposizioni per il sostegno della
maternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento
dei tempi delle città)
2. I progetti ed
azioni presentati ai sensi del comma 1 che risultino approvati e non finanziati
dal fondo per la conciliazione istituito ai sensi dell’9 della legge n. 53/2000
potranno accedere alle risorse regionali stanziate per tale scopo nel Fondo
regionale per la conciliazione di cui all’articolo 19 comma 4;
3. La Regione promuove e
finanzia, nell’ambito della programmazione regionale, azioni di formazione ed
assistenza alle imprese per la definizione dei progetti di cui al comma 1.
4. La Regione promuove
sportelli informativi attraverso i centri per l’impiego e le camere di commercio
sulle opportunità legate alla legge n. 53/2000 ed alle ulteriori azioni
regionali di cui alla presente legge.
5. La Regione sostiene e
promuove intese con i fondi interprofessionali per la realizzazione delle
attività di formazione ed assistenza alle imprese per le finalità di cui al
comma 1.
6. La Regione
integra le politiche del tempo nei propri strumenti di programmazione generali
e settoriali e promuove la sperimentazione e l’adozione, da parte dei comuni,
dei piani territoriali degli orari, dei tempi e
degli spazi, sulla base di quanto definito e previsto dal Capo VII della l.
53/2000.
7. I comuni e
le loro forme associative, nel rispetto della l. 53/2000, realizzano il
coordinamento e l’amministrazione degli orari dei servizi pubblici, di pubblico
interesse o generale, ivi compresi gli uffici centrali e periferici delle
amministrazione pubbliche, gli esercizi commerciali e i pubblici esercizi, le
attività di trasporto, socio-sanitarie, di formazione e istruzione, culturali,
sportive, turistiche e di spettacolo.
8. I comuni per
le finalità di cui al comma 9, redigono i piani territoriali degli orari
attenendosi ai seguenti criteri generali:
a) accessibilità
e fruibilità temporale dei servizi pubblici e privati, promovendo il
coordinamento tra orari e localizzazione dei servizi, favorendo la pluralità di
offerta, agevolando l’accesso all’informazione con particolare riguardo alle
aree urbane e alle aree a rischio di spopolamento;
b) accessibilità
e fruibilità degli orari dei servizi socio-educativi, assistenziali e sanitari,
per durata media e per articolazione giornaliera, funzionali agli orari delle
attività lavorative prevalenti sul territorio;
c) corrispondenza
degli orari e della frequenza dei trasporti pubblici con le esigenze di
razionalizzazione della mobilità urbana ed extraurbana, anche attraverso l’utilizzo
di mobilità alternative all’uso dell’auto privata;
d) organizzazione
degli orari di biblioteche, musei ed enti culturali in modo da consentirne
un’ampia fruizione, mediante l’aumento della durata giornaliera di apertura,
anche con estensione alle fasce serali e della durata settimanale di tutti i
mesi dell’anno;
e) riqualificazione
degli spazi urbani per migliorare i circuiti di socialità e promuovere percorsi
di mobilità attenti alle pratiche di vita quotidiane delle diverse fasce di
età, anche attraverso l’utilizzo della progettazione partecipata quale buona
prassi per il recupero di aree periferiche e per un nuovo organico rapporto tra
cittadinanza e territorio;
f)
uso del tempo per fini di reciproca solidarietà e interesse,
favorendo e promuovendo, in particolare, la costituzione di associazioni per la
gestione delle banche del tempo.
Art. 19
(Comitato tecnico e fondo regionale per
la conciliazione)
1. La Regione istituisce
un comitato tecnico composto da esperti in materia di progettazione urbana, di
analisi sociale, di comunicazione sociale
e di gestione organizzativa, con compiti consultivi per le finalità di
cui al presente capo e per la valutazione degli effetti sulle comunità locali
dei piani territoriali degli orari.
2. La
partecipazione al comitato di cui al comma 1 è a titolo gratuito.
3. La Giunta regionale
con proprio atto stabilisce l’organizzazione, le modalità e il funzionamento
del comitato.
4. La Regione istituisce
un Fondo regionale per la conciliazione per finanziare gli interventi di cui
all’articolo 17 con particolare riferimento a quelli previsti all’articolo18
comma 2, per erogare contributi alla realizzazione di asili nido interaziendali
e territoriali, per sostenere specifiche forme di sostegno alla maternità per
le donne lavoratrici e il ricorso ai congedi parentali da parte dei padri di
cui all’articolo 20 comma 3 promossi in sede di accordi contrattuali.
Art. 20
(Ulteriori azioni promozionali e di sistema)
1. La Regione promuove e sostiene in via sussidiaria ulteriori azioni e progetti in
materie ed ambiti coerenti ed attinenti la promozione della conciliazione tra
vita e lavoro, non previsti dagli articoli 17 e 18 della presente legge.
2. La Regione stabilisce,
in via sperimentale, sgravi fiscali destinati alle imprese con meno di 50
dipendenti per il sostegno ad interventi di conciliazione legati ai periodi di
maternità e paternità, sia obbligatoria che facoltativa, per il periodo post
congedo dai dodici ai trentasei mesi del figlio.
3. La Regione stabilisce
il sostegno, attraverso misure mirate,
alle aziende che favoriscono il ricorso ai congedi parentali da parte
dei padri, anche nell’ambito di accordi contrattuali e promuove corsi di
formazione e riqualificazione per donne e uomini che rientrano al lavoro dopo
il congedo obbligatorio e facoltativo di maternità e parentale;
4. La Regione individua modalità
d’intervento volte a definire, in via sperimentale, un sostegno per le donne la cui maternità non
è sostenuta dalla normativa vigente.
5. La Regione promuove
una azione mirata e continuativa di rilevazione delle azioni di conciliazione
nelle imprese umbre e la verifica delle buone prassi di conciliazione presenti
sul territorio;
6. La Regione promuove,
attraverso le azioni sostenute dalla programmazione regionale, strumenti di
sostegno ed agevolazione finanziaria a favore delle imprese per gli interventi
di conciliazione, con misure definite annualmente in sede di piano del lavoro,
quali incentivi per la personalizzazione degli orari, sostegno al telelavoro,
nidi aziendali, nonché la promozione di misure a sostegno degli interventi di
conciliazione definiti tramite contrattazione aziendale o territoriale.
Art. 21
(Azioni rivolte all’amministrazione regionale)
1.
La Regione:
a) garantisce
pari opportunità nell’organizzazione del personale regionale e nello sviluppo
delle carriere e favorisce una presenza equilibrata tra i sessi nelle attività
e nelle posizioni apicali;
b) promuove
l’inserimento delle donne nelle attività, nei settori professionale e nei
livelli in cui sono sottorappresentate, in modo particolare in quelli di più
elevata responsabilità;
c) valorizza
l’utilizzo degli istituti del rapporto di lavoro finalizzati alla conciliazione dei tempi
lavorativi con i tempi di cura e di assistenza delle persone anche promuovendo
interventi per familiari di persone disabili;
d) promuove
corsi di formazione e riqualificazione per favorire le donne nei percorsi di
carriera;
e) garantisce
il sostegno al reinserimento non penalizzante delle lavoratrici e dei lavoratori a seguito
del godimento dei congedi parentali.
CAPO IV
SERVIZI DI
CONTRASTO ALLA VIOLENZA DEGLI UOMINI CONTRO LE DONNE
Art.22
(Violenza degli uomini contro le donne)
1. La
Regione
riconosce che ogni tipo di violenza contro le donne, ivi compresa la minaccia
di tale atto, la persecuzione, la coercizione o la privazione arbitraria della
libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata, costituisce una
violazione dei diritti umani fondamentali alla vita, alla sicurezza, alla
libertà, alla dignità, all'integrità fisica e psichica e costituisce
un'autentica minaccia per la salute ed un ostacolo al godimento del diritto ad
un'esistenza sicura, libera e dignitosa.
2.
Per violenza degli
uomini contro le donne si intende qualsiasi forma di violenza rivolta contro le
donne, indipendentemente dalla cittadinanza e dall'orientamento politico,
religioso o sessuale delle vittime. Sono comprese la violenza sessuale e
qualsiasi forma di persecuzione o violenza fisica, psicologica ed economica che
un uomo esercita su una donna in famiglia, nel posto di lavoro, nella società,
compreso lo stalking.
Art.23
(Competenze della Regione)
1. La
Regione
assicura il diritto alla protezione, accoglienza, sostegno e soccorso alle
donne vittime di violenza maschile ed ai loro figli minori.
2.
La Regione in particolare:
a)
promuove iniziative
di informazione, sensibilizzazione e formazione sul fenomeno della violenza
rivolte in particolare a uomini e ragazzi allo scopo di prevenire ogni forma di
violenza in tutti gli ambiti a partire da quello familiare;
b)
riconosce e
valorizza i percorsi di elaborazione culturale e le pratiche di accoglienza
autonome e autogestite dalle donne, promossi da soggetti pubblici e privati che
hanno come scopo la lotta alla violenza contro le donne;
c)
promuove un’immagine
rispettosa delle donne nei media e nella pubblicità;
d)
garantisce
protezione, adeguata accoglienza, solidarietà, sostegno e soccorso alle vittime
di maltrattamenti fisici, psicologici, economici, di persecuzioni, di stupro,
di molestie sessuali e alle vittime di minaccia di tali atti, indipendentemente dal loro stato
civile o dalla loro cittadinanza;
e)
assicura una
rete di servizi e di un sistema unico di presa in carico operato dai centri
antiviolenza al fine di recuperare e rafforzare l’autonomia materiale e
psicologica delle donne, il benessere e contrastare il fenomeno della
vittimizzazione secondaria;
f)
assicura misure
specifiche in favore di figli minori testimoni di violenza.
3.
La Giunta regionale, entro centottanta giorni dall’entrata in
vigore della presente legge definisce con norme regolamentari:
a)
i criteri per
l’istituzione dei centri antiviolenza e delle case rifugio;
b)
gli standard strutturali,
gestionali e di funzionamento di questi;
c)
le modalità di
accesso, la durata della permanenza
delle ospiti e l’eventuale partecipazione alle spese;
d)
i criteri per
definire il fabbisogno di personale necessario all’espletamento dei servizi;
e)
le linee
indicative per l’attività di formazione permanente, di aggiornamento del
personale impiegato e delle modalità di attuazione della supervisione tecnico
scientifica sui casi di violenza e
maltrattamento;
f)
le linee
indicative di intervento sui minori testimoni di violenza ;
g)
le modalità
organizzative degli interventi per
uomini maltrattanti;
h)
la definizione
delle modalità organizzative di funzionamento della Rete dei servizi di
prevenzione e contrasto alla violenza maschile;
i)
l’attivazione di
punti di accoglienza qualificati nelle Aziende ospedaliere.
4.
La Giunta Regionale al fine di realizzare gli obiettivi di cui al presente
capo, emana un programma triennale di interventi e azioni.
Art. 24
(Rete per le azioni di prevenzione e contrasto alla
violenza degli uomini contro le donne )
1. Al fine di favorire
l’erogazione dei servizi alle donne vittime della violenza maschile, la Regione promuove la
costituzione di una Rete per
le azioni di prevenzione e contrasto quale forma integrata di percorsi di
accoglienza e di uscita dalla violenza.
2.
Fanno
parte della Rete: gli Enti locali, le Aziende ospedaliere, le Aziende sanitarie
locali , le Forze dell’ordine, la Magistratura ordinaria e minorile, l’ufficio Scolastico
regionale e provinciali, i Centri
antiviolenza, il Centro per le pari opportunità della Regione Umbria, le Associazioni
di donne e di tutela ai bambini e i soggetti che hanno come finalità la lotta
alla violenza degli uomini contro le donne.
3.
La Regione promuove tra i soggetti della Rete
protocolli per la gestione integrata dei percorsi di accoglienza e di uscita
dalla violenza di donne e minori.
4.
I Protocolli
di cui al comma 3, basati su un approccio di genere e di gestione integrata,
definiscono gli standards e le modalità di erogazione dei servizi da parte dei
soggetti della Rete.
5. Tutti i soggetti della
Rete inviano le donne vittime di violenza maschile ai Centri antiviolenza.
6. L’assistenza e la
protezione da parte dei soggetti della Rete è attivata su richiesta della donna
presso qualsiasi punto di accesso della
Rete.
Art. 25
(Centri antiviolenza)
1. La
Regione
promuove la costituzione di Centri antiviolenza nel territorio di ciascuna
provincia.
2. I Comuni o le loro forme
associative dispongono l’istituzione e la localizzazione dei Centri
antiviolenza, tenuto conto dei requisiti di accessibilità, sicurezza e riservatezza.
3. La gestione dei Centri antiviolenza
è assicurata dai soggetti di cui al comma
2, in
forma singola o mediante convenzioni con altri Enti locali, con Associazioni di
donne, Associazioni iscritte ai registri
del volontariato o della promozione sociale, Organizzazioni non lucrative di
utilità sociale (ONLUS) e Cooperative sociali che hanno come finalità
primaria la prevenzione e il contrasto
della violenza maschile
4. Il Centro dispone di personale
adeguatamente formato, adotta una
prospettiva di genere e valorizza la pratica di accoglienza basate sulla
relazione tra donne.
5. La presa in carico delle
donne vittime di violenze maschile è
attribuita ai Centri antiviolenza.
Art. 26
(Funzioni dei Centri
antiviolenza)
1. I Centri antiviolenza,
nel rispetto della riservatezza e dell’anonimato, realizzano la presa in carico delle donne
vittime di violenza e dei minori testimoni di violenza
attraverso le seguenti funzioni:
a)
accoglienza telefonica;
b)
colloqui di accoglienza di valutazione preliminare e
rilevazione del pericolo;
c)
messa in sicurezza delle donne vittime di violenza:
d)
consulenze
psicologiche e legali;
e)
accompagnamento, su richiesta delle donne, nella fruizione dei servizi pubblici e
privati, nel rispetto dell’ identità culturale e della libertà di ognuna di
esse;
f)
definizione e realizzazione, concordata con la
donna, di percorsi di uscita dalla
violenza tendenti a favorire nuovi progetti di vita e di autonomia;
g)
sostegno al cambiamento e al rafforzamento
dell’autostima anche attraverso gruppi di lavoro autocentranti;
h)
attuazione di misure a tutela dei minori testimoni di
violenza;
i)
orientamento e sostegno per la ricerca del lavoro e
della casa;
j)
mediazione interculturale.
2.
I Centri
antiviolenza svolgono inoltre le seguenti attività:
a)
promuovono lo sviluppo delle relazioni solidali tra
donne, favorendo l’incontro e lo scambio tra donne vittime di violenza maschile
e donne del mondo dell’associazionismo
femminile e femminista;
b)
realizzano azioni di sensibilizzazione e di informazione anche in collaborazione con
altri soggetti istituzionali e della società civile;
c)
curano la raccolta dei dati relativi
alla utenza del Centro antiviolenza, della Casa rifugio e delle soluzioni
abitative temporanee e li trasmetto
all’Osservatorio regionale sulla violenza maschile di cui all’articolo 30.
Art. 27
(Casa rifugio e soluzioni abitative temporanee)
1. La Regione promuove la costituzione di almeno una Casa rifugio nel
territorio regionale
2. La Casa rifugio è un luogo protetto, ad indirizzo segreto o con garanzia
di sicurezza gestita dai Centri antiviolenza, dove le donne vittime della
violenza maschile sole o con figli minori, sono accolte e protette.
3.
La
Casa rifugio è una strutture di ospitalità
temporanea per salvaguardare l’incolumità fisica e psichica delle donne, volta a garantire, insieme alla residenza, un
progetto personalizzato di sostegno e di inclusione sociale.
4.
La
Rete assicura, inoltre la disponibilità di
strutture alloggiative temporanee, individuali e collettive, nelle quali sono
ospitate le donne vittime di violenza e
dei loro eventuali figli minori, che
necessitano comunque di un periodo di tempo per raggiungere l’autonomia
abitativa o rientrare in possesso della precedente abitazione.
5.
L’inserimento nella Casa rifugio e nelle
soluzioni abitative temporanee è effettuato dai Centri antiviolenza anche su
segnalazione dei soggetti della Rete.
Art. 28
(Formazione e aggiornamento)
1. La Regione promuove iniziative e
percorsi formativi e di
aggiornamento per tutti i soggetti della
Rete di cui all’articolo 24 secondo un approccio di intervento integrato e multidisciplinare;
2. La
Regione, nell’ambito della programmazione della formazione
professionale, promuove inoltre,
formazione specifica e aggiornamento per le operatrici dei Centri antiviolenza
con particolare riguardo alle competenze dell’operatrice di accoglienza e della
Casa rifugio.
3. La Regione
attua politiche di sensibilizzazione e formazione degli operatori
socio-sanitari.
4. La Regione promuove,
altresì, la supervisione tecnico- scientifica sui casi, per coloro che operano nei Centri antiviolenza
e nella Casa rifugio.
Art. 29
(Interventi per uomini maltrattanti)
1. La Giunta regionale, nell’ambito programma triennale di interventi di cui all’articolo
23, comma 4, prevede l’istituzione di Centri
di ascolto per uomini maltrattanti con la finalità di individuare gli ambiti
del disagio che danno origine ai comportamenti violenti.
2. I Centri di
ascolto di cui al comma 1, per favorire radicali cambiamenti nelle relazioni familiari ed affettive, garantiscono agli utenti colloqui, anche
anonimi, ed interventi mirati di psicoterapia, incontri e attività di
auto-mutuo aiuto tra uomini.
Art. 30
(Istituzione Osservatorio regionale sulla violenza
degli uomini contro le donne )
1. La Regione istituisce, presso il Centro Per le Pari Opportunità della Regione
Umbria, l’Osservatorio regionale sulla
violenza degli uomini contro le donne per effettuarne il monitoraggio mediante
la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati forniti dai Centri
antiviolenza e dai componenti della Rete.
2. La
composizione e le modalità di funzionamento dell’Osservatorio sono definite con
apposita deliberazione della Giunta regionale.
Art. 31
(Interventi per
minori testimoni di violenza)
1.
La Regione garantisce
interventi per minori testimoni di violenza finalizzati al superamento del
trauma subito e al recupero del benessere psico-fisico e delle capacità
relazionali.
2. La Regione,
in coerenza con la programmazione regionale di settore, garantisce la
realizzazione di azioni di sostegno ai minori testimoni di violenza attraverso
la definizione di un protocollo di intervento tra
Magistratura ordinaria e minorile, Enti pubblici, Asl, Aziende ospedaliere, Scuola,
Centri antiviolenza, Centro per le Pari Opportunità della Regione Umbria e soggetti , che hanno come finalità il
contrasto della violenza maschile sulle donne.
CAPO V
DIRITTO ALLA SALUTE DELLE DONNE
Art. 32
(Salute)
1. La Regione favorisce il diritto alla salute delle donne, inteso come
diritto fondamentale garantito dalla Costituzione che consente una migliore
realizzazione dei diritti sociali, economici, civili e politici per le donne e
gli uomini nel rispetto delle differenze biologiche, psicologiche e culturali legate al genere.
2.
La Regione riconosce, attraverso
politiche mirate, il principio che gli interventi di promozione delle
salute, la ricerca farmacologia, i
fattori di rischio, le diagnosi e i trattamenti sanitari devono tenere conto della differenza di essere donna e uomo.
3.
la Regione sostiene le scelte procreative delle donne e la maternità e la paternità consapevoli..
4.
La Regione, nell’ambito
del Piano sanitario regionale, favorisce specifici interventi volti alla
prevenzione delle patologie tumorali femminili, all’assistenza delle donne in
gravidanza e all’educazione sessuale e riproduttiva delle stesse anche
attraverso la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili.
5.
La Regione valorizza
le Associazioni, le Organizzazioni delle donne e le competenze femminili che
promuovono un concetto di salute inteso come benessere non solo fisico ma
emotivo e relazionale, rispettoso delle peculiarità ed aspettative delle
persone malate e dei loro familiari.
TITOLO IV
PRESENZA
DELLE DONNE NEI LUOGHI DI DECISIONE
Art. 33
(Presenza delle donne)
1. La Regione promuove e favorisce la presenza delle donne nella vita politica ed
economica, nelle Assemblee elettive e nei luoghi di Governo, negli Enti, negli Organismi
e in tutti gli incarichi di nomina del Consiglio e della Giunta Regionale;
2. La Regione, nelle
nomine di propria competenza, ivi compreso l’affidamento degli incarichi, destina
il cinquanta per cento di presenze alle donne.
Art. 34
(Rete regionale delle elette)
1. La Regione istituisce la Rete regionale delle elette
quale organismo di promozione e valorizzazione della presenza delle donne nelle
Istituzioni elettive e nella vita politica regionale.
TITOLO V
AZIONI DI
SISTEMA PER LA
DIFFUSIONE DELLA CULTURA DI GENERE
Art. 35
(Comunicazione
e Informazione)
1. La Regione,
nell’ambito delle attività di comunicazione e informazione, anche di tipo
istituzionale, promuove una cultura che favorisca relazioni rispettose della
differenza tra donne e uomini e valorizza il ruolo delle donne in campo sociale
professionale e politico.
2. La Regione sostiene
attività di comunicazione e di informazione fermo restando il rispetto delle finalità
di cui al comma 1.
3. La Regione può
attivare forme di collaborazione con il Comitato regionale per le comunicazioni (CORECOM)
anche al fine di effettuare il monitoraggio dell’informazione locale dei
contenuti della programmazione televisiva e radiofonica e della produzione
pubblicitaria;
4. La Regione, per le finalità del presente articolo, stipula protocolli
d’intesa con l’Ordine dei giornalisti e con le Associazioni dei pubblicitari
dell’Umbria.
Art. 36
(Coordinamento
delle risorse)
1. Per ottimizzare l’impiego delle risorse e coordinare le competenze delle
strutture regionali, la Giunta
regionale promuove l’integrazione delle risorse regionali tra:
a)
le risorse nazionali e comunitarie destinate alle
politiche di genere;
b)
le risorse apportate dal sistema degli Enti locali;
c)
le risorse apportate da soggetti privati;
2. Ai fini
dell’integrazione delle risorse, la
Regione promuove la concertazione tra i soggetti titolari
delle risorse stesse.
Art. 37
(Rete regionale
per le politiche di genere)
1. La Regione mette a sistema sul territorio un programma di interventi volto a
promuovere la condivisione e l’attuazione delle politiche presso le Amministrazioni
locali dell’Umbria, coinvolgendo le Associazioni di donne, la società civile, nelle
sue varie articolazioni, il mondo del lavoro e della cultura, i soggetti
situazionali e non.
2. Per le
finalità di cui al comma 1 la
Regione istituisce la
Rete regionale per le politiche di genere cui fanno parte la Regione, gli Enti locali,
le Associazioni delle donne, le Associazioni datoriali e sindacali, gli Organismi
di parità e di pari opportunità e
il Centro per le Pari Opportunità
della Regione Umbria.
3. La Rete regionale
svolge una funzione di integrazione delle politiche e delle buone prassi ed è
sede di confronto, verifica e proposta.
4. Per le
finalità di cui al comma 1 la
Regione istituisce, altresì, l’Albo regionale delle Associazioni
e dei movimenti femminili e femministi. Possono iscriversi all’Albo le Associazioni,
i Movimenti e le Organizzazioni femminili e femministe, le cooperative no profit, di genere che hanno
sede operativa nel territorio regionale e il cui statuto o atto costitutivo
preveda, come esclusive o prevalenti, attività finalizzate alla promozione di
una cultura che favorisca relazioni rispettose della differenza tra donne e
uomini appartenenti a generazioni, culture, religioni e orientamenti sessuali
diversi.
5. L’iscrizione
all’Albo di cui al comma 4 è condizione necessaria per ottenere contributi e
per usufruire di iniziative e progetti di informazione, formazione e di
ricerca.
Art. 38
(Stati generali delle politiche di genere)
1. La Regione convoca periodicamente gli Stati generali delle politiche di genere per
supportare la programmazione, proporre, monitorare e verificare le politiche di
genere dell’intero sistema regionale.
2. Fanno parte
degli Stati generali tutti i Soggetti istituzionali e non che hanno tra i loro
obiettivi la valorizzazione della differenza di genere e il raggiungimento di
pari opportunità tra donne e uomini.
Art. 39
(Rapporto sulla
condizione delle donne umbre)
1.
La Regione, attraverso l’AUR, predispone un rapporto annuale
che documenti la condizione economica, sociale e culturale delle donne che
vivono e risiedono in Umbria.
2.
Il rapporto
viene trasmesso al Consiglio regionale, agli Enti locali ed alle Organizzazioni
economiche e sociali e costituisce supporto per la programmazione delle
politiche regionali.
TITOLO VI
STRUMENTI
PER L’INTEGRAZIONE DELLE POLITICHE
Art. 40
(Comitato tecnico per le politiche di genere)
1. La Regione istituisce
il Comitato tecnico per le politiche di genere con funzioni di supporto alla
programmazione regionale, di coordinamento, monitoraggio, verifica e
valutazione delle azioni regionali per realizzare il mainstreaming di genere.
2. Il Comitato
è costituito dai rappresentanti di tutte le strutture regionali con particolare
riferimento alle aree tematiche oggetto della presente legge.
Art. 41
(Valutazioni di genere)
1. La Regione adotta la
valutazione ex ante di genere in tutti gli atti principali della programmazione
regionale e promuove la valutazione d’impatto di genere in tutte le azioni
anche utilizzando i dati di cui al successivo articolo 42.
Art. 42
(Statistiche di genere)
1. Tutte le
statistiche prodotte dagli uffici regionali o realizzate nell’ambito di
attività finanziate dalla Regione devono adeguare la rilevazione,
l’elaborazione e la diffusione dei dati statistici in termini di genere.
Art. 43
(Bilancio di genere)
1. Il bilancio di genere, redatto dalla Giunta regionale, costituisce
strumento di monitoraggio e di valutazione dell’impatto delle politiche
regionali su uomini e donne e ne promuove la diffusione tra gli Enti locali.
2. Mediante il
bilancio di genere la Regione:
a)
analizza e valuta il diverso impatto prodotto sulle
donne e sugli uomini dalle politiche di bilancio;
b)
individua gli strumenti e le azioni per promuovere
pari opportunità tre donne e uomini;
c)
promuove la prospettiva di genere nelle politiche
regionali.
TITOLO VII
NORME FINALI
Art. 44
(Norma
finanziaria)
Art. 45
(Modificazione
legge regionale n. 6/09 - C.P.O.)
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WEBMASTER: Roberto RAPACCINI
A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.
(Carl Gustav Jung)
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