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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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157. NON DARE LE PERLE IN PASTO AI PORCI da un’Americana a Venezia
I primi avvisi pubblicitari spesso utilizzavano illustrazioni raffinate, oggi riconosciute in America come arte vera e propria. Si pensi al lavoro di Maxfield Parrish e Norman Rockwell. Poi i primi copywriter ci parlavano della qualità dei prodotti. Ci proponevano un tocco di classe in cambio del nostro buon gusto. Dopo, hanno fatto a gara per farci divertire. Gli italiani ricorderanno Carosello, simpatica pausa pubblicitaria televisiva. In America, accanto all’umorismo e agli slogan messi musica, ci martellavano con le testimonianze. Più tardi, vennero il chiasso, la trasgressione, e gli effetti speciali. Detto questo, l’ispirazione per questo post è arrivata poco tempo fa quando ho visto l’Adamo di Michelangelo sul soffitto della Cappella Sistina colpito da una pizza volante al livello dell’inguine. Una questione di metri e avrebbe preso il Creatore. Per me, faceva lo stesso effetto della visione di un luogo da culto sotto attacco dagli adolescenti con le bombole spray. Che scopo aveva tale assurdità? Essendo propaganda a tutti gli effetti, ecco il compito della pubblicità: fà appello alle nostre emozioni, oppure ai recessi della psiche, per arrivare al risultato predefinito. Quale? Di farci scegliere l’ADSL in cambio di qualche sorriso scemo? E lungo la strada, insegnare ai nostri giovani che apprezziamo la satira al punto di imbrattare di pizza una famosa icone dell’arte in alto sul soffitto? O forse questa pubblicità televisiva cercava in quell’istante, come fanno tante oggi, di creare un attimo di sgomento, soprattutto per l’uso gratuito di un’immagine da sempre venerata. Personalmente, mi sono trovata con le sensibilità coperte di pomodoro. Non ho più rivisto quella scena in TV, tolta di mezzo, credo, perché altri come me hanno provato malumore. Molto di peggio esiste nel mondo della pubblicità. Sono state lanciate dozzine di campagne in diversi Paesi dell’Occidente in cui i simboli religiosi più importanti della nostra cultura sono stati utilizzati fuori dal contesto e persino denigrati pur di creare un ricordo aggressivo a favore di un prodotto. Parliamo di sacrilegio nel nome di bibite gassate, merende salate, torte natalizie, abbigliamento, e così via. Spesso queste campagne portano in giro il clero. Ricordo tuttora i grossi cartelloni anni fa per una marca trevigiana di maglie: il giovane prete e la bella suora si baciano teneramente. In Gran Bretagna, però, neanche la Madonna e il Bambino sono stati risparmiati nella pubblicità. Pochi giorni fa qui in Europa il produttore di una bibita energetica ha dovuto ritirare un fumetto in cui Gesù, annoiato, mostra agli altri dove sono nascosti i sassi sotto l’acqua sulla quale cammina. Solo una barzelletta, dice qualcuno? Per vendere un prodotto così carico di caffeina che fa male? Io dico che una pubblicità simile non sia solo offensiva dello spirito del Vangelo ma anche di tutte le persone del mondo, credenti o no, che sanno ancora cosa vuole dire la parola “sacro”, concetto che rischia l’estinzione fra noi, esattamente come un altro, “pudore". Perché tentare di ridicolizzare i miracoli, i sacramenti, il clero, e persino la Santa Famiglia per vendere qualcosa? Perché banalizzare e, alla fine, pestare come perle sotto le zampe dei porci le cose ancora sacre a molti? Appunto. Perché? Sarà perché qualcuno vuole che le cose sacre diventino altre ormai, che si trasformino in puro materialismo, e che la risata a ogni costo va bene, ma solo se cattiva? A mio avviso, certi pubblicitari con i loro messaggi dispettosi saranno i nuovi barbari. Invadono un terreno che non gli appartiene e provano a saccheggiare il tesoro culturale nel nome del commercio. Ahimè, in molti casi i giovani non sanno più discriminare fra il sacro e il blasfemo. Tocca ai più maturi adulti spiegarlo. Intanto il boicottaggio e la protesta sono sempre la difesa migliore contro le loro sfide. I simboli sacri del mondo possono cambiare nei millenni, ma solo i bulli più efferati hanno bisogno di sfregiarli e di umiliarli. Speriamo bene che questa fase irreverente del marketing passerà presto alla storia “dell’arte della pubblicità.” Magari torneranno gli illustratori di talento a farci sognare con immagini eleganti. E mentre mastichiamo la nostra pubblicità quotidiana, ci ricorderanno ancora una volta di quanto possa essere creativo l’Uomo, e intelligente, e spiritoso, e ironico, e se lo vuole, anche ispirato. UN'AMERICANA A VENEZIA
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