Con la coda dell’occhio cercava la “sporta”di zia Iolanda. Sapeva che anche per lui e per i frati ci sarebbero state le frittelle. Zia non se ne sarebbe dimenticata! Ma lui voleva comunque accertarsene. La comitiva chiassosa improvvisamente ammutoliva. In silenzio occupavamo ordinatamente i banchi, ognuno trovando il proprio ristoro: chi al dolore, chi alla fatica, chi come noi bambini, semplicemente al caldo patito per la corsa e per i cappotti. A quell’età si vive intensamente il presente e il futuro…è colorato da sogni. Si pregava, si cantava e poi, finita la funzione, si tornava a casa dove ci aspettavano finalmente le frittelle. Non si
mangiavano in cucina, non in sala da pranzo, ma nel cortile, nelle panchine del quartiere, i vecchi nel pianerottolo delle scale condominiali. Nessuno rimaneva da solo. Tutto si condivideva. Che festa che era! E così, alle soglie dei cinquant’anni, funzione dopo funzione, frittella dopo frittella, mi ritrovo con qualche chilo di troppo ma con un cuore grande che mi porta a spezzare il mio pane, a dividerlo e a condividerlo. E poi… non ho neanche una ruga. Saranno state le frittelle? CRISTINA SPERA

1 commento:
Non so se le frittelle fanno evitare le rughe sul viso, ma sul viso i ricordi possono far aprire i sorrisi.
Se da bambini abbiamo vissuto davvero il gioco, che siano stati i santi o il semplice stare insieme, ogni ricordo sarà sempre una perla speciale, come una frittella dolce in bocca.
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