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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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149. RECENSIONI 2011 di Roberto Latini
“FACE THE REAL” Kerosene - 2011
La via ternana al rock duro non è riuscita mai a farsi valere nel metal classico, le band più creative hanno sempre prediletto lo stile morbido (vedi Synthesis) o quello più intransigente (vedi Subliminal Crusher). Gli italiani rossoverdi Kerosene sono a metà strada tra l’antico degli anni ’70, e il moderno targato anni 2000; anche loro non viaggiano nel metal tradizionale. Varie recensioni nominano l’Hard Rock nel loro stile; per quanto i riff che producono ne raccontino tale ispirazione, io vedo la loro musicalità invece assolutamente metal e al 100% attuale. L’Hard Rock si percepisce come bagaglio culturale ma la pesantezza e le linee melodiche sono dei nostri giorni. La produzione mi è molto piaciuta, sia negli equilibri fra gli strumenti, voce compresa, sia per i suoni corposi espressi. In modo particolare mi hanno colpito alcuni suoni di batteria. Ciò che mi è dispiaciuta è l’assenza di assoli in alcuni brani, visto che nelle occasioni in cui si sono presentati sono riusciti a farsi personaggi niente affatto secondari alla composizione. Credo che la loro tipologia di metal richieda più assoli e più lunghi, anzi, alcuni passaggi sembrava che preparassero alla partenza solista della chitarra. In alcuni canzoni si evidenzia quindi una non completezza, come se mancasse qualcosa. “GET OUT OF MY WAY” inizia con la voce del cantante Alessio, e mi appare subito la struttura di “Stone cold crazy” dei Queen. Poi sia il riffing che il giro di basso mi fanno venire in mente cose già ascoltate. Nonostante queste citazioni, il brano riesce a miscelare il tutto in modo molto personale e diventa ben altro. L’assolo di chitarra è bello e perfettamente a tono, arricchisce la composizione facendosi essenziale al pezzo. “EUTHANASIA” è, nonostante l’assenza di assoli chitarristici, il brano che ho preferito. Middletime pesante e ossessività. Poi ritornello che può diventare corale. Nel momento centrale, dopo il crescendo distorto, dove si sente per un attimo la chitarra solista, avrei messo un assolo. Alla fine brano troppo corto, ma va bene così che comunque tira. “MY OBSESSION” è uno dei pezzi meno immediati pur iniziando con una ritmica ballabile, ma proprio per questo uno dei più interessanti. Voce calda e, a tratti, cattiva. Nella chitarra si sente l’influenza di Zakk Wylde quando suona nei Black Label Society. “MY FRIEND” dovrebbe essere la ballata del disco, ma per fortuna non lo è. Non è veloce ma è comunque tesa con un certo pathos, divenendo il brano straziante dell’album (non eccessivamente straziante). Buonissima personalità e ottimo crescendo quando dal momento calmo si passa a quello forte del ritornello. L’assolo di chitarra presente qui è la cosa più Hard Rock di tutto l’album. Non è la solita melensa track più soft del disco, “SOMETHING TO BELIEVE IN” naviga in un riffing scuro che, grazie alle sottolineature di batteria, comanda lo scorrere della traccia. La frase “I don’t believe in your truth” è cantata con cruda durezza ed è fortemente caratterizzante la traccia anche se appare solo in due momenti; sono due momenti perfetti per eccitare gli animi del pubblico durante i concerti. “WITHOUT RULES” è uno stoner scuro, vicino al grunge. Ma il ritornello apre uno spiraglio più chiaro sebbene non allegro. Un denso e brumoso alito di vapore caldo. Secondo me un brano troppo breve con un potenziale non sfruttato appieno, serviva un assolo psichedelico a altre variazioni giocate sui riff. Ci voleva più coraggio. “YOUR TIME HAS COME” è un pezzo alla Black Label Society con efficace e purtroppo breve assolo di chitarra. Il riffing gravido di tensione viene contrastato da una voce meno cupa ma perfettamente integrata in una linea melodica che tiene la tensione senza mai scaricarla, portata fino alla fine del brano senza soluzione di continuità. I brani minori per me sono solo tre:
“A new day” la linea vocale va a finire eccessivamente nel pop. “In Chains” perde il tiro per la voce in contrapposizione alla ritmica feroce di esercito che avanza. “Betray yourself” non riesce ad avere peso, un brano leggermente anonimo, e non basta l’accenno sabbathiano ad alzarne il livello. E non si tratta di brani da scartare poichè danno comunque delle emozioni. Solo mancano della carica presente in quelli citati prima. La musica dei Kerosene, rispetto al primo cd, è cresciuta molto sia tecnicamente che compositivamente. Stavolta non siamo di fronte ad un gruppo che deve maturare, c’è già tutto quello che serve, anche se credo che il potenziale non si sia esaurito qui. Hanno abbandonato l’eccessiva orecchiabilità presente nel vecchio lavoro, ma di contro anche la forza dirompente di altri momenti. Infatti l’unica cosa è che avrei messo dentro, è un brano come “Scars” per istillare una punta di energia come un apice di metallico scatenamento, ma forse è solo una mia esigenza di ascoltatore (eppure visto che i Kerosene l’avevano espressa pensavo che ne avrebbero tirata un’altra fuori). Ad ogni modo non si tratta di un lavoro calmo, anzi, si sente vigore. Però non siamo di fronte a linee melodiche che entrano subito in testa, ci vuole più di un ascolto per assimilarle davvero. Ciò che prende subito è la ritmica tra riff e batteria, molto più efficacemente della voce. In un successivo momento si assimila la linea vocale che si fa scoprire progressivamente. Il tutto è costruito con attenzione, risultando più raffinato di quanto appaia al primo ascolto. La loro eleganza non sta nella complessità ma nel sapersi dosare; non fanno musica difficile, e conoscono il momento giusto in cui dinamicizzarsi, passando dal middle-time al momento più ritmato all’interno dello stesso brano. Comunque, una volta assimilata la canzone diviene istinto. A volte il cantato, quando segue troppo certo approccio americano alla Nickelback (per es. in “A new day”), tende a sfumare l’energia e rischia di diventare banale, per fortuna tale sensazione è sul limite, Alessio riesce a evitare la scivolata. Black Label society; Nickelback; musica Stoner e altro ancora, ma non si riesce a costringerli in uno schema troppo preciso. La passione c’è; la tecnica c’è; la creatività artistica c’è…..avanti popolo dei metallari! I Kerosene hanno le carte in regola per farci saltare ai concerti. Prima curiosità: il chitarrista Elvys suona anche con i thrasher Subliminal Crusher; ma riesce ad esserne diverso. Seconda curiosità: la modalità canora di Alessio mi ricorda fortemente quella di Luppi (Vision Divine/Labyrinth/Killing Touch); soprattutto quando forza il suono nel terminare la frase o nell’usare la erre e risulta simile per esempio nelle parole come “mind”; “find”; “kind”; “Die”. Sky Robertace Latini
TERNI CITY ROCKERS 2011
Quest’anno sono vari i gruppi umbri che hanno sfornato album considerati validi dalla critica nazionale. Purtroppo non sono riuscito a sentirli tutti. Sono riuscito solo con il gruppo punk dei “Li Camp” folignati e con le due band metal ternane: “Light Silent Death” e “Kerosene”. Terni ha sempredato qualche nome ma mai riuscendo a dare continuità. Ultimamente pare che Kerosene e Subliminal Crusher invece ci riescano (e la curiosità è che hanno il chitarrista Elvys in comune: casualità?). In realtà a Terni si sono sfornati vari album metal ma so che stanno per provarci anche altri, e non si tratta di nomi sconosciuti. Ad ogni modo anche quando le produzioni e le espressioni artistiche sono ottime, l’ambiente ternano sembra rimanere costantemente provinciale. Manca un “salotto” se si può dire, manca una condivisione culturale e ciò provoca lo spezzettamento del panorama musicale in rivoli spesso anche poco assimilati dagli stessi metallari e compositori del posto. Dall’altro lato troviamo una libertà espressiva che fa nascere gruppi assolutamente distanti fra loro per stile e sonorità, pur rimanendo metal. I Synthesis continuano a seguire la strada del classic Metal; i Subliminal Crusher fanno tradizionale Thrash; i Jumping Shoes sono poliedrici e schizzati; i Kerosene si stabilizzano nell’Hard Rock moderno; i Light Silent Death offrono sofisticati timbri sonori, e nonostante il cantato growl, risultano morbidi rispetto ai più duri; i Warhead, in silenzio da alcuni anni, hanno marciato verso gli ambienti stoner; e anche i Savalas, pur essendo Stoner, non assomigliano assolutamente ai Warhead. Senza contare altre creature metalliche di vario tipo. Nessuno assomiglia a nessun altro a Terni. Ma, ripeto, non si tratta di differenze leggere; la differenziazione ha creato band lontane anni luce l’una dall’altra. La non condivisione ha dato vita a band che non si possono paragonare; se da un lato è positiva la varietà compositiva, dall’altro non si genera competizione nello sviluppo della qualità tecnica della produzione e spesso ne risente anche la qualità artistica. Sembra che ognuna di queste band parli a se stessa e ad un piccolo gruppo di fan accontentandosi di esprimere brani non sempre all’altezza. Con i Light Silent Death e con i kerosene questo atteggiamento sembra cambiare, ciò secondo me è dovuto al fatto che abbiamo finalmente delle menti che non guardano a Terni ma al panorama nazionale e internazionale, e invece di essere autoreferenziali si proiettano in un più vasto ambiente. E ciò si percepisce chiaramente nel risultato dei due loro lavori del 2011: “Under the sign of cancer”(L.S.D.) e “Face the real”(Kerosene) che posseggono ampio respiro artistico e tecnico (in questo quadro si possono inserire pure i Subliminal Crusher cpn i loro album passati). Terni svolterà? Forse, a causa della crisi del mercato discografico, è ormai troppo tardi, o forse proprio la diminuzione della richiesta di dischi e l’aumento della richiesta live, potrebbe rendere Terni una fucina sperimentale, del resto le idee metalliche dei compositori fin qui espressi sono solitamente estroverse e particolari anche quando non eccelse. Terni non produce metallari normali, ma geneticamente modificati. Sky Robertace Latini
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