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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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107. RECENSIONI 2011 di Roberto Latini

“JUGGERNAUT OF JUSTICE”     Anvil   (2011)
 
Non è giusto rinfacciare agli Anvil di essere sempre uguali a sè stessi. Non lo rinfacciamo ai Motorhead (cioè a Lemmy), perché mai dovremmo farlo all’incudine canadese? Agli AC/DC forse si, troppo sfacciati nella loro ripetitività con molta poca variazione sul tema. Ma gli Anvil vivono la loro metallicità con lo stesso spirito creativo di Lemmy; Heavy rock’n’roll duro e puro che se talvolta fa il verso a riff e linee melodiche già esistenti, riesce comunque ad apparire fresco e personalissimo, con momenti comunque di novità, e quindi loro si che fanno variazioni sul tema. Questo album è agile, energico e risoluto. Con “WHEN HELL BREAKS LOOSE” ci troviamo di fronte ad uno dei brani più originali di tutto il lotto. Un semplice quanto aggressivo brano Speed Metal, cugino del thrash. Con chitarre che incorniciano in modo tagliente la linea melodica. “NEW ORLEANS VOO DOO” procede lenta e ossessiva, in una atmosfera dark. La voce è variata da un coro leggermente meno duro, ma per tutto il pezzo l’aria non muta. Più nero di tutto il ritornello. La chitarra solista frusta senza pietà. “FUKEN EH!” vive di un riff già sentito ma l’energia che si sprigiona è un fottuto metal senza cedimenti. Brano quasi allegro con ritornello corale che fa da inno. La parte dell’assolo (molto personale) è invece più scuro e graffia. “NOT AFRAID” è saltellante e dà molto di Anvil (ma anche di Motorhead). Qui si sente molto più il divertimento e la carica rock’n’roll. “RUNNING” invece si lancia totalmente nella scia Motorhead, la potrebbe cantare benissimo Lemmy e farla sembrare sua. Tirata, lineare e accattivante…..senza remore nella non ricercatezza, ma buonissima nella sua semplicità. Da cantare tutti in coro ai concerti: “I’m running, running for my life” “SWING THING” è un ottima strumentale. Di solito le strumentali rischiano di fallire, cadendo nella noia o nell’ingenuità….qui il brano è così dinamico da far venire voglia che non termini mai. Si tratta di un ritmo velocissimamente swingato, con batteria al fulmicotone, basso che gioca tantissimo in sottofondo e fiati in aggiunta senza alcuna paura di stare in un disco metal. Ganzissimo, anch’esso uno dei brani più originali. Schitarrate a tutta velocità e voce roca senza nessuna concessione alla dolcezza. Se il rockeggiare alla Motorhead si percepisce tra le righe, si sente anche la voglia di pestare duro come ai vecchi tempi. Gli Anvil sono sempre stati questi, forse stavolta con l’energia degli esordi (stampano dischi dal 1981).
 
“HUMAN REMAINS”     Hell (2011)
Tra Judas Priest, Mercyful Fate e Savatage, gli Hell riescono a sfruttare quelle ambientazioni sonore anni ’80 con una abilità sapiente senza creare doppioni musicali. Le chitarre creano ovunque inserti gustosi e ficcanti. La voce non è il meglio dal punto di vista del timbro, ma è estremamente capace di profonda interpretazione, ed è centrale nella concezione dell’album. Tra un brano e l’altro sono infilati molti effetti e voci, voci parlanti, sofferenti. Mai suoni rassicuranti. “ON EARTH AS IT IS IN HELL” inizia con una certa eleganza, poi passa ad un riff classico in cui entra però un cantato Judaspriestiano che decide l’evoluzione della traccia, conducendo  in maniera variegata la linea melodica. “THE OPPRESSORS” si dipana in una danza ritmica bluesata alla “Strong arm of the law” dei Saxon. Ma poi diventa altro, intessendo una costruzione più complessa. Qui diventa forte la sensazione di star sentendo un cantato alla Savatage. Un brano veramente personale e interessante. La voce è il personaggio principale della prima parte, nonostante gli ottimi riff, mentre i bellissimi passaggi strumentali la fanno da padrone, allargando il respiro della composizione nella seconda parte che è anche quella finale. “BLASPHEMY AND THE MASTER” inizia con versi umani (e animali ?) raccapriccianti. La voce roca e dai connotati oscuri, fa il verso allo stile di King Diamond dei Mercyful Fate. Ma è tutta la canzone ha ricordare quella band, riff compresi. Anche il coro pseudo-ecclesiale rientra in quel tipo di espressività. Davvero un gran bel pezzo dal middle-time; ottimo l’assolo di chitarra. Il pezzo più bello dell’album?  L’inizio soft di “THE DEVIL’S DEADLY WEAPON” è triste, poi la voce si inserisce in modo straziante (e molto teatrale). Un leggero sinfonismo e un riff chitarra/tastiere elegantemente morbido, incorniciato da una chitarra solista, ingentilisce la song. L’ispirazione è ancora una volta Savatage. Bella, dal sentimento emotivo in cui si trovano parti malinconiche e parti più dark. Quattro quarti incalzante per “SAVE US FROM THOSE WHO  WOULD SAY”, in uno stile alla Judas Priest. Il ritornello cantato dal coro riesce meglio rispetto a quando il ritornello lo canta il singer, ma è proprio il ritornello del coro il momento più ganzo e caratteristico del brano. Dopo “Blasphemy and Master” è “NO MARTYR’S CAGE” il pezzo che preferisco dell’album. La parte gentile d’inizio non deve trarre in inganno, arriva infatti una atmosfera cupa sabbathiana, che continua a permeare tutta la composizione, sebbene si respiri anche una più ampia ambientazione. La voce talvolta, come in altre tracce, può ricordare i Savatage. Nessun gruppo riesce ad evitare paragoni col passato di qualche altra band, ma l’arte attuale dei gruppi metal contemporanei sta nel riuscire a personalizzare con efficacia. Personale non vuol dire invenzione totale, ma riuscire ad essere riconoscibili in mezzo alla miriade di band esistenti. Gli Hell sono riusciti nell’intento, infatti non hanno copiato e  hanno prodotto un lavoro raffinato, e comunque ricordiamoci che sono nati nello stesso periodo dei mostri sacri a cui si riferiscono: gli anni ’80 appunto. Anche se nella loro sfortuna essi allora non riuscirono a pubblicare album, ma solo quattro demo. Oggi, in ritardo, hanno sfornato il loro primo album…questo! E finalmente, dato il valore artistico che abbiamo potuto godere.

“LEGIONS OF BASTARDS”   Wolf   (2011)
Heavy Metal N.W.O.B.H.M. classicissimo. In quel periodo bazzicavano la scena inglese un gruppo chiamato Wolf, il cui primo disco fu pubblicato solo nel 1986, a scena in declino, quindi non ebbero successo. Questi non sono gli stessi Wolf, si tratta di una band svedese. Però sembrano far parte dello medesimo periodo, perfettamente inseriti in quel filone. Alto, alto livello e grande personalità.  L’album parte subito a velocità sostenuta con “VICIOUS COMPANION” che fila senza sconti su strade niente affatto morbide. Voce urlata e graffiante ma ben tenuta. Chitarre lasciate a rotolare senza freni, ed esse fanno la differenza, incastonate in una struttura compositiva Speed Metal costruita senza punti deboli.  “SKULL CRUSHER” colpisce per la parte cantata che ricorda moltissimo lo stile di Halford dei Judas Priest, avendo anche la song quella tipologia. Brano micidiale dove ancora una volta la chitarra prende il suo spazio sfruttandolo a dovere.  Forza e potenza realizzata fluidamente. “FULL MOON POSSESSION” ha la sua propria personalità, ma non si può fare a meno di accostare questo cantato al cantato di “Rapid fire” sull’album British Steel dei Judas del 1980. Per il resto è tutt’altro e il ritornello è uno dei più belli dell’album. Assolo forsennato assolutamente entusiasmante che non vuole essere solo un riempitivo. Questo brano Speed Metal termina la tripletta di presentazione che è un gruppo a sé stante per caratteristiche ed incisività. Il resto dell’album rimane di alto livello, ma gioca carte diverse, meno immediate. “ABSINTHE” suona un riff ossessivo e la voce si tende elastica. Poi si cambia in una atmosfera che fa tornare ai brividi dei primi anni ’80 con la N.W.O.B.H.M. di cui i Wolf furono esponenti. Grande, grande composizione. Originale (anche se una scala mi ricorda qualcosa). “NOCTURNAL RITES” tocca corde oscure, nel tipico dark metal molto sfruttato ma qui realizzato come si deve. Chissà perché mi vengono in mente i Metal Church (del resto questi ultimi hanno fatto brani cadenzati e la voce è anch’essa roca e acuta). “ROAD TO HELL” è N.W.O.B.H.M. ma si sente un giro alla Deep Purple di “In Rock” del 1970, per un brano caldo e denso, dove si mette da parte per un attimo la cattiveria e si fa del sano Hard Rock Metal con un canto pulito e un assolo morbido di media lunghezza. Con “K-141 KURSK” stavolta i Wolf suonano qualcosa che ricorda gli Iron Maiden, ma è naturale, la band era coetanea di quella. La composizione usa la modalità doppia chitarra tanto cara alla “Vergine di Ferro”, ma anche il cantato potrebbe essere quello di Dickinson. Eppure il tutto suona personalissimo e prettamente N.W.O.B.H.M.. Una bella costruzione, dall’atmosfera magica centrale, in cui la voce vive con ampiezza. L’album naviga tra l’Heavy Metal d’annata e lo Speed Metal riuscitissimo, si respira fresca aria surriscaldata (scusate il gioco di parole). E’ un lavoro perfetto ed i brani minori potrebbero essere i migliori di molte altre band. Un disco mozzafiato, che supera anche il bellissimo album dei Saxon di quest’anno. Se si cerca un disco Heavy Metal Classico a cui dare un voto alto, se non è questo quale?

“CALL TO ARMS”     Saxon  (2011)
Dopo le roboanti recensioni lette qui e là, mi preparavo alla delusione. Perché mai non lo so, visto che anche nel 2009 con “Into the labyrinth” la band aveva fatto faville. E infatti sono rimasto colpito dalla verve e dall’energia. Belle canzoni, otiima interpretazione vocale e arrangiamenti sferraglianti. Lo stile è quello anni ’80 di “Power and the Glory” (’83) e di Crusader (’84), ma anche con accenni al periodo precedente. Il tutto rimanendo personali e freschi. “HAMMER OF THE GODS” parte subito in quarta con struttura lineare quanto efficace. Non è un brano veloce, però è ben cadenzato. La voce acuta risulta aggressiva e potente. Il riff accompagna bene la linea vocale, voce e chitarra si sostengono a vicenda. L’assolo di chitarra vola alto e il brano se ne impreziosisce. Composizione seria, meno immediata, è “MISTS OF AVALON” che predilige una atmosfera ariosa ma compatta in una ritmica incalzante. Il ritornello è dolce e leggermente epico. Vive di vita propria la parte solista della chitarra che vivacizza il tutto modulandosi variamente, essa rimane in sottofondo anche durante il canto e arriva fino a terminare la composizione. Bel momento.  “CHASING  THE BULLET” è per chi vuole saltare e fare headbanging. Niente strane pretese ma ottimo brano heavy-rock’n’roll perfetto per i concerti. Riff ripetitivo alla AC/DC e assolo ineccepibile, ma niente affatto poveri….anche la semplicità può essere arte. “NO REST FOR THE WICKED” possiede un riff dal suono un po’ meno Saxon, ma è corposo e scuro al punto giunto. Biff si esprime con voce dall’ambientazione corrotta in linea con il carattere della canzone, anche se il ritornello è Saxon puro. Peccato non aver sviluppato di più gli spunti che questo brano offriva. “BALLAD OF THE WORKING MAN” è la canzone che più si rifà al 1980 di “Wheels of Steel”, riferendosi soprattutto ai brani minori di quell’album, ma qui non minore affatto perchè costruito con matura personalità. Non troppo duro, non troppo morbido, contiene una buona linea melodica.  E in merito al titolo, è un elogio ai lavoratori, alla vera natura del cantante Biff, operaio della musica.  A parte due piccole cadute, una in “Back in ‘79” che fa il verso al pezzo “Denim and Leather” (ma è fatto apposta e con grande abilità) e una nella title-track che usa un riff Deepparpoliano, i brani non danno mai il senso del deja vu. In realtà i due brani non sono un ricopiaticcio vivendo una linea melodica completamente diversa, di simile c’è solo l’ accenno. L’ispirazione comunque è verso se stessi rinverdendo i vecchi fasti, brani che sarebbero stati perfettamente ben inseriti nei dischi fino al 1984, solo la feroce “Afterburner” sembra di ispirazione esterna (Judas Priest). Negli assoli chitarristici mancano i sibili e i fischi taglienti, però il lavoro che la sei corde fa è da rispettare.  Classe di ferro: uno dei migliori dieci album dell’anno in corso.

N.W.O.B.H.M. - SPEED METAL
L’acronimo N.W.O.B.H.M. significa New Wave Of British Heavy Metal. L’Hard Rock, alla fine degli anni ’70, ancora sfornava bei dischi; ma molte vecchie glorie non riuscivano più ad appassionare, perdendo smalto e potenza, perdendo cioè la freschezza e l’impeto giovanile, coniugato naturalmente con estro artistico geniale. I giovani ora cercavano una energia a loro confacente, che si ritrova di solito proprio in chi inizia la carriera musicale. Troppa mente e poco cuore in molto rock del ’77 e del ’78 che si era andato raffinando e rendendosi complesso (vedi il Progressive). Dal ’76 il rock stava tornando a semplificarsi col punk, ma a chi non piaceva stilisticamente il genere, pur piacendo quell’energia, venne incontro la nuova ondata (“New Wave” appunto di rock duro) che prende il via ufficialmente nel ’79 nel Regno Unito, con gruppi come i Saxon; i Samson ed i Mythra. L’energia punk si travasa nel Rock duro, modificandone anche alcune componenti stilistiche, e la nuova entità viene denominata “Metallo Pesante”. Se il Rock Duro dava l’impressione di roccia compatta, il Metallo dà soprattutto l’idea di sibilo sferragliante. Questa corrente quindi tornò a far tornare l’Hard una musica popolare, più vicina alla gente, e prese talmente piede che nacquero riviste specializzate. Le band che hanno superato il test, divenendo veri e propri miti, sono solo tre: Saxon; Def Leppard e, più di tutti, Iron Maiden. Altri gruppi sono diventati di culto (Angel Witch; Diamond Head; Girlschool). L’ondata termina più o meno nel 1983, anno di nascita dello scoppio americano alla cui scintilla hanno contribuito i Metallica tra gli altri. Ma pensare alla N.W.O.B.H.M. solo come ad un ritorno al successo di una vecchia musica, o come ad un evento mediatico è sbagliato. Esiste un punto artistico, poiché la sonorità dell’onda di quel periodo si percepisce subito, è molto differente dai generi metal successivi (pur influenzandoli tutti). Se una band suonasse come allora la si riconoscerebbe subito.
SPEED METAL


on è possibile separare bene l’Heavy Metal classico e N.W.O.B.H.M. dallo Speed. Se il Thrash deriva dal metal classico, lo speed è l’anello di congiunzione di questa evoluzione. Esso viene considerato una creatura degli anni ’80, ma alcuni brani degli anni ’70 possono anch’essi essere catalogati come speed (“Exciter” dei Judas e “Overkill” dei Motorhead). Lo speed metal è la velocizzione del normale Heavy Metal, ma velocizzando il ritmo sono più asciutti e graffianti i riff chitarristici; pure la linea cantata, per seguire la struttura, si fa più gridata e i ritornelli si fanno meno melodici. Nello stesso periodo la velocizzazione crea il Power, ma la differenza tra Speed e Power sta nel canto e nella ricerca strumentale; se il Power diventa molto raffinato, lo Speed lavora di più sulla durezza e la cattiveria, rimanendo maggiormente attaccato alle radici di puro roc mentre il Power si allaccia parecchio alla musica classica. E infatti lo Speed sfocerà nel Thrash, mentre il Power tenderà al futuro Symphonic.
Suonare un metal anni ’80 non significa necessariamente appiattimento creativo. Fermo restando che la “Vera” originalità (io sostituirei “Vera” con “Profonda”), quella che crea nuovi generi, non pare più possibile, si possono dare elementi di novità stilistica, legati a sensibilità personale. E, nella peggiore delle ipotesi (escludendo il basso livello che pure talvolta si trova) almeno possiamo trovare belle canzoni che non ricalchino melodie e riff già sentiti. Dei quattro gruppi recensiti, i Saxon e gli Hell sono della N.W.O.B.H.M., mentre gli Anvil sono canadesi e quindi, pur essendo dello stesso periodo, non fanno parte dello stesso movimento. Infatti la N.W.O.B.H.M. è solo inglese. Ma gli Accept sono accumunati a loro dal fatto di essere ad essi contemporanei e sfornare un metal strettamente imparentato, se gli Accept fanno maggiormente Speed Metal, ricordiamo che anche negli altri tre troviamo pezzi Speed. Accept e Saxon hanno alle spalle una lunga carriera. Poi quest’anno ci sono anche i Wolf. Questa band è omonima ad una dei primi anni ’80 (pura britannica N.W.O.B.H.M.), ma si tratta di un gruppo diverso, proveniente dalla Svezia, che però è a metà strada tra quell’Heavy Metal e lo Speed…sanno molto di Judas Priest, ma in realtà hanno una buonissima personalità.    Ricapitolando, in questa tornata recensionistica ho raggruppato 4 band che suonano il genere metal dei primi anni ’80, ma sono quattro realtà diverse per tipo di vita:
1.     I Saxon sono di quel periodo, e vi rientrano appieno, essendo inglesi e avendo fatto successo proprio allora;
2.     gli Hell sono anch’essi britannici e di quel periodo ma non hanno pubblicato nulla fino ad oggi;
3.     gli Anvil sono di quel periodo ma Canadesi, quindi non rientrano nella N.W.O.B.H.M.;
4.     i Wolf si rifanno a quel periodo ma non sono inglesi e si tratta di giovincelli targati anni 2000.
Il fatto che gruppi del passato abbiano potuto, oggi, pubblicare un nuovo lavoro, e di alto livello, significa che il rock duro non è assolutamente in crisi e vive, almeno artisticamente, una nuova epoca d’oro, anche se nessuno può più aspirare a vendite colossali. E che nello stesso filone sonoro possano inserirsi anche nuove leve di tutto rispetto, vuol dire ancora di più buona salute per questo tipo di musica.

ROBERTO SKY LATINI

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