scorr
...in altre lingue...
...in altre lingue...
LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
Questo blog non ha finalità commerciali. I video, le immagini e i contenuti sono in alcuni casi tratti dalla Rete e pertanto sono presuntivamente ritenuti pubblici, pur restando di proprietà del rispettivo autore. In ogni caso, se qualcuno ritenesse violato un proprio diritto, è pregato di segnalarlo a questo indirizzo : rapacro@virgilio.it Si provvederà all’immediata rimozione del contenuto in questione. RR
407. RECENSIONI 2014 di Sky Robertace Laini
“ARCANUM GLORIAE” Astral Domine (2014)
Primo
album di un a nuova band metal italiana che esprime un Power-metal
tra il sinfonico e il folk, con cori epici. Il cantante Marco Scorletti
ricorda moltissimo ll nostro beniamino tricolore Fabio Lione dei Rhapsody Of
Fire senza mai però arrivare alle capacità tecniche ed interpretative di
quest’ultimo; ma ricordiamo che Lione è uno dei migliori singer nel mondo.
Anche la tipologia dei brani, per struttura ed anima, è similare a quelli della
band di Fabio, ma prediligendo il lato Power rispetto al sinfonico che è appena
rimarcato.m Dare però all’album solo voto 6, come hanno fatto altri recensori ,
mi pare ingeneroso essendo i pezzi in grado di dare emozioni senza essere una
mera copia, poiché è lo stile ad essere copiato, non le singole tracce. Buone infatti le song e sviluppate bene. Il
sound appare piuttosto diluito, meno corposo rispetto alle produzioni dei
clonati Rhapsody Of Fire, ma trasmette comunque l’idea di musicisti che sanno
dove mettere le mani e con un gusto di minima, quali probabili appassionati del
genere. L’album inizia con la
title-track che è un intro parlato ma che in realtà sotto ha un brano vero e
proprio musicalmente parlando. “HOLY KNIGHTS” è la seconda traccia e parte bene
perché è uno dei brani migliori. Inizia con la chitarra dolcemente, ma poi
epicamente e con l’acuto del singer prende velocità per assestarsi col cantato
in un middle-time. In realtà il tempo medio si alterna al 4/4 veloce riuscendo a
dare apertura sonora. La chitarra solista prende vita in una maniera molto
tagliente mentre la sootostante tastiera dà ritmo. Il ritornello è corale e
maestoso. Il brano termina con frasi parlate in
italiano. Nel complesso una performance sinfonica. “MOONLIGHT” presenta
un cantato suadente che ricorda vagamente i Manowar. L’ascolto trasporta con
efficacia in uno stato di avvolgenza; ci si sente cullati dalla trama sonora. Il
brano, nella parte dell’assolo cambia ritmo ed è meno soave, affermando una
certa verve rock, ma ne aumenta comunque il pathos, cosa che fa anche il
pianoforte alla fine della traccia. “WHERE HEROES DIE” è un lirico attacco
potente che parte dopo un momento soffice accompagnato dal pianoforte. Usa
parecchia enfasi e non lesina passaggi maestosi, variando molto sul tema, tra
durezza e morbidezza. Qui è dove maggiormente si assapora la somiglianza della
voce con quella di Fabio Lione, soprattutto nel ritornello (anche Fabio termina
spesso col tremolio). La chitarra fa anche qui una bella presenza solista. “FALSI
DEI” è cantata in lingua italiana ed ormai è linea comune a molte band
folk-symphonic-power dato che non esiste più un tabù in tal senso nel metal
europeo, ora che Germania e paesi scandinavi sono l’apice produttiva al posto
della Gran Bretagna. Interessante considerare che il brano in italiano è la
traccia finale del disco cioè quella che deve chiudere in bellezza, ed è quindi
importante. Musicalmente è uno dei pezzi più duri. Sempre coralità ed enfasi,
inserita all’interno di una cavalcata arrembante. Fortemente corale. Gli Astral Domine sarebbero i naturali eredi
dei Rhapsody se non fosse che ora questi ultimi sono raddoppiati ed esistono ancora, producendo album alla
grande. Ricordo che il chitarrista Turilli e il tastierista Staropoli (i due
leader) si sono separati nel 2011, e già il primo ha realizzato col nome di
Luca Turilli’s Rhapsody un album nel 2012 e il secondo, con il moniker intatto,
ha realizzato “Dark wings of steel” (dove canta Lione) nel 2013. Non si tratta
di un lavoro superlativo ma può piacere agli appassionati del genere. Pare che
la band non si vergogni a usare tutte le possibilità che il genere permette,
cercando di volare alto, senza alcun senso di inferiorità. Nonostante ciò con
questo disco credo che rimarrà comunque una band minore nel panorama metal
europeo, considerando anche l’affollamento di produzioni di un mercato ormai
saturo. Forse l’operazione di assomigliare ai Rhapsody è l’unica vera cosa che
li fa emergere, ma è un po’ poco, peccato perché i quattro pezzi descritti sono
di notevole livello.
“INTO THE STORM”
Axel Rudi Pell (2014)
Inizio
l’ascolto e per I primi pezzi fino alla quinta traccia compresa non so se mi
sono sbagliato e ho messo su un album del passato, uno già sentito. Perché va
bene lo stile, ma anche i riff e le linee vocali mi appaiono fortemente già
sentite. Invece è proprio un lavoro dell’anno in corso. Non che i brani
successivi siano tanto meno impersonali, però guadagnano in tono e carattere. Quando
si vuole seguire pedissequamente lo stile delle proprie ispirazioni bisogna
costruire brani di qualità, poiché dove si perde in personalità bisogna recuperare
in compositività. Il tedesco Rudi Pell non pare mettercela tutta. I pezzi
migliori sono quelli più corposi e seriosi. Mentre quelli che dovrebbero essere
i maggiormente d’impatto non hanno il feeling giusto, tra l’orecchiabile e la
povertà espressiva. Una prova minore rispetto a quelle a cui ci aveva abituato.
Ma veniamo alle composizioni. L’intro mi sembra quello di un disco sinfonico,
invece è un hard rock classico. Ma una volta non esisteva il metal sinfonico e
molte band (compresi i Rainbow) usavano questi inserti sonori. Poi il suono
riffico ferroso della prima traccia non è male, ma pur essendo il brano di
apertura, dà quel senso di deja vù che dicevo, testimoniando un bassissimo
livello di novità. “CHANGIN TIMES” è suonata nello stile della cavalcata con una
chitarra che non fa riff secchi, ma accompagna morbidamente il cantato. E’ la
batteria invece ad essere il vero e proprio sostegno. Brano bello tirato che fa
muovere il capo e ricorda un po’ gli Ufo. L’assolo dovrebbe essere più
pregnante vista la song, invece Axel si accontenta. “TOUCHING HEAVEN” sa di
gusto antico, con le sue tastiere e la verve che esprime nella sua iniziale
sofficità; ma la song è piuttosto dura col suo middle-time alla Rainbow/Dio. In
effetti tutto ricorda quel binomio. Lo spirito è quello giusto e anche il
risultato è da promuovere. Siamo posizionati nel ‘77/78 e solo la produzione
non è vintage. Ottimi riff e qui l’assolo è più Blackmore che mai. Commuove chi
ha vissuto l’imprinting di quegli anni. “HIGH ABOVE” è la cadenzata velocità
compatta di un brano segnato da un riff secco. Una linea melodica semplice ma
ben efficace. Poi l’assolo fa il suo bel dovere qualitativo anche se troppo
corto. Il carattere di questa song fa venire in mente paesaggi che scorrono
fuori dai finestrini dell’automobile. “INTO THE STORM” fa emergere il lato
orientaleggiante che in questo tipo di Hard Rock è sempre stato presente. In
realtà ciò è appena accennato. Prevalentemente c’è una certa oscurità
atmosferica. Il tempo ritmico medio e la chitarra che ripete lo stesso giro,
aumentano il senso di ossessività. Le tastiere incrementano l’enfasi globale
della song al momento del ritornello. Dato il contesto ci si aspetterebbe un
assolo di grande statura, invece Pell predilige l’inserimento di un cambio di
linea melodica vocale, tra un pezzo di assolo e un altro. Di seguito fa poi
ripetere un po’ troppo a lungo il ritornello per il finale. Un ottimo brano non
perfettamente sfruttato. Bella davvero la cover di “Hey Hey my my” di Neil
Young (1979), scelta nella versione acustica; ricordo che nell’album di Neil
(“Rust never sleeps”) c’erano sia quella dura che quella morbida. Il violino è
ben contestualizzato e l’interpretazione vocale riesce a commuovere.; così come
riesce a fare anche la chitarra fluida. Un album che rischiava la bocciatura e
che si salva grazie agli episodi descritti. Mi dolgo di una chitarra così poco
caratterizzata, dato che è una band guitar-oriented. La chitarra solista infatti
si inserisce in vari momenti, non solo nel momento topico centrale, ma sembra
spesso limitarsi al buon compitino. Hai fatto di meglio Axel! Ma forse 16 album
sono troppi in una carriera votata ad un unico modello stilistico.
Sky Robertace Latini
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
* * *
IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI
(Michael Ende)
* * *
HOME PAGE DEL BLOG (clikka qui)
***
ELENCO DEI POST(clikka qui)
ULTIMA NEWSLETTER(clikka qui)
***
IL FILM, IL LIBRO, IL BRANO, LA POESIA DEL MESE (clikka qui)
***
WEBMASTER: Roberto RAPACCINI
A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.
(Carl Gustav Jung)
Nessun commento:
Posta un commento