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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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297. DIRTY DYNAMITE - Krokus (Svizzera) - 2013 di Sky Robertace Latini
Tornano i
rockers della vecchia guardia. Questa è stata sempre una band divertente che
dal vivo sapeva aizzare il pubblico e farlo saltare all’infinito (io vidi un
loro concerto nei lontani anni ottanta a Milano e fu uno dei migliori ai quali
assistetti). Puro Rock’n’Roll d’annata. “HALLELUJA ROCK’N’ROLL” fa iniziare
l’album con un ritmo ballabile; linea melodica lineare e ritornello per cori da
concerto. Brano semplice e di presa immediata. “RATTLESNAKE RUMBLE” dalla
ritmica rock’n’roll alla Status Quo, sfila via senza tanti fronzoli ma facendo
ondeggiare il capo dall’inizio alla fine, con un ritornello leggero. “LET THE
GOOD TIMES ROLL” contiene il piglio del rocker non troppo gentile, ma è
soprattutto il giretto di chitarra sopra il ritmo a dare carattere. “BETTER
THAN SEX” inizia con un riff dei…..non mi ricordo il nome, ma sicuro che non è
dei Krokus; poi se ne distacca un po’ nel prosieguo. Qui la voce è proprio
quella del primo singer degli Ac/Dc: il
compianto e superbo Bon Scott. “DOG SONG” è un altro passo elettrico
rock’n’roll di buona verve. Già i brani
segnalati non donano molte sorprese per quanto poco personali, ma il resto è
ancora meno originale. “Go baby go” dà
tono all’album essendo il brano più veloce ed energico, ma ha troppi accenti di
“già sentito” per venire considerata. Questo è un lavoro fatto bene per quelli
che non conoscono la storia dell’Hard Rock. Le nuove leve, se non hanno mai
ascoltato gli AC/DC (ma come fanno a non conoscerli?), potranno divertirsi con
questi Krokus. In realtà siamo quasi al plagio, qui non è solo lo stile degli
australiani ad essere copiato; talvolta il riff è tale e quale, i passaggi, la
ritmica e l’interpretazione vocale, si sviluppano senza alcuna personalità.
“HELP” è paradossalmente il brano più interessante di tutto il lotto, ma è la
cover dei Beatles fatta a ballata. L’album prende da me voto sei solo perché
c’è tanto mestiere e perché gli ultimi dischi degli AC/DC sono peggio di
questo. Ogni tanto succede: una band di livello che invece di comporre fa
copia-incolla. Era già successo nel 2009 coi tedeschi Gamma Ray che nel 2010
sfornarono un album (“To the metal”) anche più dinamico di questo ma che aveva
la sfacciataggine di fare troppo il verso ad altri (per esempio i Judas
Priest). E’ la possibilità che danno quasi 45 anni di rock duro, va bene per i
giovani che iniziano ad approcciarsi a questo tipo di musica, ma poi se il
disco incontra, come ha incontrato, un ascoltatore vecchiotto come me, il voto
non può che essere basso (del resto è facile per chiunque sia un
appassionato…basta leggere le recensioni: non sono entusiaste). Possiamo
perdonarli di questo passo falso per un motivo legato alla loro storia. Nel
1976 esordiscono con “Krokus” dalla caratteristica già estremamente AC/Disiana.
E la cosa va così per ben 6 album, fino a quello del 1982 “One vice at time”.
Cloni degli Ac/Dc da sempre, ma con la febbre della gioventù che li fa essere
accattivanti: uguali ma poi non così del tutto, alcuni pezzi erano piuttosto
personali (“Tokyo night” per fare un esempio). Poi la svolta: nel 1984 si
induriscono ed esce il loro migliore lavoro intitolato “Headhunter”, che vira
verso il metal più moderno, stavolta rifacendosi ai Judas Priest ma essendone
meno simili di quanto erano degli australiani (il disco che fa conquistare il
mercato americano e regala loro dei dischi d’oro). In seguito si ammorbidiscono
verso un Pop-Metal, ma è un’altra storia. Ecco perciò che se oggi suonano pari
pari agli Ac/dc, non fanno che tornare alle loro origini, quella band stava nel
loro sangue, solo che allora il cuore pulsante aveva più spirito artistico di
oggi. Forse vogliono solo divertirsi senza troppo impegno. Sky
Robertace Latini
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