scorr
...in altre lingue...
...in altre lingue...
LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
Questo blog non ha finalità commerciali. I video, le immagini e i contenuti sono in alcuni casi tratti dalla Rete e pertanto sono presuntivamente ritenuti pubblici, pur restando di proprietà del rispettivo autore. In ogni caso, se qualcuno ritenesse violato un proprio diritto, è pregato di segnalarlo a questo indirizzo : rapacro@virgilio.it Si provvederà all’immediata rimozione del contenuto in questione. RR
535. RECENSIONI 2016 di Sky Robertace Latini
“DYSTOPIA” (2016) album dei Megadeth(USA)
Etichetta: Tradecraft
Nessuna delusione. Stavolta, dopo due album non all’altezza, del
2011 e del 2013, esce un nuovo colpo di ottimo metal. “Dystopia” riporta
Mustaine ai livelli del 2009, anzi con un album ancor più bello dell’ottimo
“Endgame”, arrivando forse a raggiungere la bellezza degli album d’oro. Esso
può essere posto a metà strada fra quelli poco commerciali di inizio carriera e
quelli successivi più digeribili, ma sempre suggestivi come “Countdown to
Extinction” e “Youthnasia”, in un gioco tra l’orecchiabile e il duro. Possiamo
quindi dividere le tracce in due parti, come scrivendo i cattivi e i buoni
sulla lavagna. Brani cattivoni: già la prima traccia “THE THREAT IS REAL” è un pesante colpo
d’artiglieria, non veloce ma di calibro forte. Uno dei momenti più belli e
massicci di tutto l’album. Ritmica e cantato scuri, cavalcata di puro thrash. L’iniziale
pesantezza e lentezza di “FATAL ILLUSION” si stempera nella successiva
velocizzazione che azzecca subito il giro di chitarra, permettendo di entrare
con facilità nel pezzo. In realtà la song si divide in due parti, la seconda
aumenta tono e cupezza, con un cantato più tagliente. “BULLET TO THE BRAIN” non
deve trarre in inganno; anche se inizia con chitarra acustica ha un accento
ombroso, è forse il pezzo più ibrido fra le due anime. “LYING IN STATE” è
furente e scotta di metallo fuso; una bella tirata angosciata della voce che
poi si abbassa addensandosi. A questo punto cambia l’accompagnamento ritmico e
l’assolo diventa un fumante vapore sopra una batteria ossessiva.
Brani gentili:
“DYSTOPIA” (https://www.youtube.com/watch?v=bK95lWHl7js)
suona subito molto accattivante con la chitarra liquida iniziale e un cantato
ben determinato e netto. Si sente la frizzantezza Power dei brasiliani Angra da
cui il chitarrista Loureiro proviene (cosa che si ripeterà nelle song
successive). La parte finale in effetti è tutta lasciata ai due chitarristi per
solismi classici ben tenuti. “DEATH FROM WITHIN” va posta tra i momenti meno
duri nonostante la forza atmosferica, in quanto il ritornello è melodico alla
maniera tipica del Mustaine più malizioso, e l’assolo di chitarra è piuttosto
dolce e luminoso (ma magnifico) con un finale alla Ted Nugent. “POST AMERICAN
WORLD” può essere considerato più orecchiabile nel senso di accessibile sebbene
si esprime con verve minacciosa; infatti ricorda “Symphony of Destruction” del
1992 che aveva la sua fruibilità nel ritmo cadenzato e nella suadenza vocale,
elementi riscontrabili anche qui. “LOOK WHO’S TALKING” è la song più funny del
lotto, con un bel ritornello allegrotto. Un lungo (1 m e 14 sec) intro di
chitarra acustica classicheggiante dà il via alla strumentale “CONQUER OR DIE”,
tutta chitarra solista, per un assolo molto più bello di quello dell’altra
strumentale. “THE EMPEROR”, con una sfumatura grunge, è invece un brano metal
con fraseggi Hard e un ritornello che viene voglia di cantare. Dalle due categorizzazioni elimino solo due tracce in quanto le
uniche minori. Si tratta della strumentale “Poisonous shadows”,
divertente ma contemporaneamente scontata, e “Last Dying Wish” che funziona
benissimo nella sua struttura e nel ritornello, ma che perde forza per via del
cantato che può definirsi parlato. Episodi godibilissimi ma comunque meno
funzionali. Quindicesimo album della lunga carriera della band attiva dal
1985, superando di ben 5 dischi i rivali ex compagni, Metallica. Mustaine
testimonia come si può risultare cattivi e maligni vocalmente senza bisogna di
growl o screaming. La sua ugola non sarà più frizzante come agli esordi, ma ha
un fascino rovente che non manca mai di piacere. Le chitarre sono la vera
essenza di tutti i pezzi: sferragliate elettriche piene di enfasi e senso
melodico, con svisate roventi. E’ proprio il mondo a sei corde che ogni rocker
vorrebbe sentire. Cenno meritevole per la ben confezionata cover degli
statunitensi Fear che ricorda a tutti l’amore di Mustaine per il punk. Come al solito i testi di Mustaine sono critici, e qui si parla
di un futuro negativo, un mondo descritto come pauroso e pericoloso,
politicamente distruttivo. La musica è però tenace, stimola a resistere; ruvida
ma compatta ed energica. Bellissimo album che lascia ai posteri i Megadeth tra
le migliori espressioni del panorama Thrash di ogni tempo. Estrema
scorrevolezza in un songwwriting che rispetta la vera anima della band. Solo
Ekllefson al basso e il leader Mustaine sono i vecchi componenti, ma i nuovi
non hanno stravolto nulla, anzi hanno potenziato lo stile.
Sky RobertAce Latini
01. The threat is real /
02. Dystopia / 03. Fatal illusion / 04. Death from
within
05. Bullet to the brain / 06. Post
american world / 07. Poisonous shadows
08. Look who’s talking / 09. Conquer
or die / 10. Lying in state / 11. The Emperor
12. Last dying wish / 13. Foreign
policy (Fear cover)
Dave
Mustaine – guitars / vocals
// Kiko Loureiro - guitars
Dave
Ellefson – bass // Chris Adler - drums
“INTO THE LEGEND” (2016) – album dei Rhapsody
Of Fire (Italia)
AFM Records / Audioglobe
La passione lirica e sinfonica infiamma ancora il panorama metal.
I Rhapsody Of Fire, come l’anno scorso i Luca Turilli’s Rhapsody, dimostrano
quanto metal e musica sinfonica siano fra loro imparentati. L’Italia della
musica classica in qualche modo avrebbe finito per condizionare il metallo
nostrano; e questo ormai succede in maniera esplicita da parecchi anni in
questa band, nel modo migliore possibile (era il 1997 quando ci fu l’esordio).
Chi pensa ancora che il metal sia rumore, deve ancora una volta ricredersi,
perché oggi come oggi solo il metal forse sa spingersi verso caratteristiche
emozionali simili alla grande musica del passato. La Power “Distant Sky” è un pezzo funzionalissimo ma è ciò che
classicamente ci si aspetta dai Rhapsody, così da non regalare sorprese, e
siccome poi in qualche modo ha delle reminescenze che ricordano il ritornello
di Emerald sword (in verità in modo appena accennato), non risulta il momento
più significativo dell’album. Tutta altra cosa per la title-track “INTO THE
LEGEND”
(https://www.youtube.com/watch?v=__6VtmQxsg0
), la cui durezza atmosferica, incrementata dal tono vocale, rende fortemente
emozionale l’ascolto. Forse il pezzo più
bello, con un Lione appunto molto ispirato che interpreta, con la sua ormai
migliorata qualità espressiva, una song senza difetti. “WINTER’S RAIN”rallenta
usando il middle-time ma non diminuisce la potenza sonora, con una compattezza
che ricorda le atmosfere di Ronnie James Dio, carattersitica che si propone
anche tramite il cantato, sebbene con la voce di Lione più chiara rispetto a
quella di Ronnie; al centro una significativa e profonda parte sinfonica. Altro
pezzo splendido è la tirata “REALMS OF LIGHT”, con una vocalità piuttosto Heavy
quasi Iron Maiden, e un afflato lirico spinto, che si insinua nel songwriting
tra cori e ritornello; e inoltre un assolo molto progressive diviso tra
tastiere e chitarra. Il Power Metal è molto presente e “RAGE OF DARKNESS” fa
percepire un po’ di stile Stratovarius; la parte solista è a dir poco
entusiasmante, forse la più bella dell’album.
Il disco si chiude con una suite tra le migliori lunghe song della band
mai realizzate, regalando grande pathos. Si tratta di “THE KISS OF LIFE”, la
quale dura quasi diciassette minuti variando tra soft e durezza come un
racconto da seguire passo passo, in una atmosfera parzialmente cinematografica. L’incedere avventuroso di questa opera si
lega a tutto il metal a cui si può imparentare: al folk metal con “A Voice in
the cold Wind”; e appunto alla frizzantezza degli Stratovaius e all’Heavy Metal
anni ’80, e anche al Prog, e sempre in una forte impronta personale tipicamente
Rhapsody, anche se nell’ultima traccia si possono sentire i richiami dei
Nightwish. Giusto la ballata “Shining Star” appare derivativa (assimilabile a “Master
of the Wind” degli statunitensi Manowar). Lione ormai è il migliore singer
italiano, a volte qui sembra un po’ faticare ma spinge lo stesso, e soprattutto
ha grandi capacità interpretative ormai ben sviluppate. Dentro tre pezzi c’è
poi una voce femminile lirica che sa regalare intensa emozione. Quello che
possiamo dire con certezza è che si gioca sempre più al rialzo; album dopo
album la magniloquenza e la spregiudicatezza fomentano il lato maggiormente
epico della band: tra cantante, tastierista e chitarrista, si è quasi vicini
all’eccesso stilistico. Cosa che fanno anche i “fratelli” Turilli’s Rhapsody
(anche se la competizione, nel campo del Symphonic Metal, pare allargata anche
agli olandesi Epica che negli ultimi due album hanno osato strafare con gran
successo; vedremo il loro nuovo di quest’anno). Sembra una strada senza più
ritorno, che però è appagante in termini di bellezza ed efficacia. Le
schitarrate sono potenti e virtuosistiche, come virtuoso è anche il solismo
delle tastiere. C’è molta anima metallicamente rock dentro questo classicismo
sinfonico. I Rhapsody Of Fire non per niente sono uno dei gruppi metal italici
più amati all’estero (battuti solo dai Lacuna Coil). Come si fa a rimanere così
in alto artisticamente negli anni?
01. In Principio - 02. Distant Sky - 03. Into
The Legend - 04. Winter's Rain - 05. A Voice In The Cold Wind - 06. Valley Of
Shadows - 07. Shining Star - 08. Realms Of Light - 09. Rage Of Darkness - 10. The Kiss Of Life
Fabio Lione – vocals / Roberto De
Micheli –guitars / Alessandro Staropoli – keyboards / Alessandro Sala – bass / Alex
Holzwarth - drums
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
* * *
IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI
(Michael Ende)
* * *
HOME PAGE DEL BLOG (clikka qui)
***
ELENCO DEI POST(clikka qui)
ULTIMA NEWSLETTER(clikka qui)
***
IL FILM, IL LIBRO, IL BRANO, LA POESIA DEL MESE (clikka qui)
***
WEBMASTER: Roberto RAPACCINI
A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.
(Carl Gustav Jung)
Nessun commento:
Posta un commento