“GODS OF WAR” (2015)
album dei Reverence (USA)
Razar Ice Records
Il Power Metal americano classico, quello diverso dal
Power scandinavo alla Stratovarius, non può essere relegato nel dimenticatoio,
poiché contiene il primo vero spirito metallico. Rimane la base per chiunque,
anche per chi si getta su generi metallici diversi. Del resto esso è il metal
che rimane più legato alla fase inglese Judaspriestiana e compagni della fine
anni ’70 e primi ’80. La sua architettura è molto decodificata, quindi è
difficile riuscire a realizzare ottimi album senza il rischio di cadere nel
citazionismo. Eppure esistono band che non vogliono rassegnarsi e decidono di
far continuare la verve tradizionale. I Reverence ci riescono pur rimandando a
tanti ricordi sonori; belle canzoni evitando plagi, nonostante i riff semplici
e canonici. Stupisce come facciano a farsi tanto contigui agli americani Riot e
ai giapponesi Loudess (“Tear Down the Mountain”) senza sembrare né gli uni né
gli altri. In realtà non siamo di fronte a novellini. Già buona la partenza con
una cadenzata e potente title-track che si rifà metà ai Queensryche e metà ai
Metal Church, ma la tripletta successiva alza il livello e regala godimento
subito al primo ascolto. “HEART OF GOLD” gioca sulla velocità ma è il cantato a
proporre dinamicamente strofe che rallentano l’andamento e il ritornello che
spumeggia; lo stesso assolo, cercando la melodia, fa spingere meno il ritmo (questa
song è tra tutte forse quella più simile agli ultimi Riot). Secca e dura “UNTIL
MY DYING BREATH”, ma sempre melodica. Corposa la fredda “ANGEL IN BLACK”, che
cambia ritmo varie volte. Tutte e tre
sono gli episodi migliori della faccia più potente dell’album che si evince
dalla prima parte del disco. Ma quando si ci si imbatte in “BATTLE CRY”, che
non solo surriscalda l’atmosfera con il ritmo, ma fa arrivare un bellissimo
dialogo fra le chitarre soliste, sembra di essere gustosamente al top. Nella
seconda parte dell’album, che prende il via dalla traccia n. 8, si diventa più
orecchiabili e meno duri, ma il valore non viene intaccato. In effetti,
l’inizio dei riff grevi di “Choices made” è un equivoco, in quanto poi c’è
una apertura sonora che abbandona la
durezza. In questa seconda parte c’è persino una ballata perfettamente
funzionante, quando invece sappiamo quanto sia difficile non ripetersi nelle
soft-song; in effetti le prime note di “SPLINTER” appaiono banali ma poi il
risultato è appagante. La presenza del cantante dei Riot V e del batterista
ex-Savatage, non potevano che far supporre ispirazioni strettamente USA, però si
fa l’occhiolino anche al metal europeo. La loro somiglianza coi Riot però va
oltre il singer, è proprio tutto l’insieme ad avere quella vicinanza. Per
tornare a Hall, la sua voce si conferma una delle migliori dell’attuale
panorama; rende più efficace il songwriting. In conclusione tutto è sempre
molto ben strutturato e non esistono ritornelli banali, inoltre la chitarra
solista è sempre impegnata a cercare soluzioni soliste interessanti. Nessun
filler; e nessuna voglia di staccare la
spina per chi ascolta il cd. Copertina stupenda, musica briosa: ottimissimo
secondo full-lenght.
01.
Gods Of War - 02.
Heart Of Gold - 03. Until My Dying Breath
- 04. Angel In Black
05. Tear Down The Mountain - 06. Blood Of Heroes - 07. Battle Cry - 08. Choices Made
09. Splinter - 10. Cleansed By Fire - 11. Race To
Obscene
Todd Michael Hall – vocals / Pete Rossi – guitars / Bryan Holland – guitars
Michael Massie – bass / Steve Wacholz – drums
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“RESET, REBOOT,
REDEEM” (2015) album degli Steelwing
(Svezia)
Noise Art Records
La forza del metal classic non smette di sfornare nuovi
adepti. I paesi scandinavi macinano ogni tipo di metallo, e anche quello più
tradizionale è pane per i loro denti, oppure suoni delle loro corde. Terzo
fulkl-lenght dal 2010, ci si immerge in una sonorità piuttosto sulfurea, pur
cavalcando un genere non estremo. La voce soprattutto spinge in tale funesta
dimensione. L’intro “Carbon Waste Lifeforms” è fortemente evocativa e riesce ad
avere dignità di song. Ma la canzone perfetta dell’album è la titletrack
“RESET,REBOOT,REDEEM”, quella che rimane più immediatamente in testa nonostante
la sua acommercialità; il pezzo migliore dell’album. Esso contiene una lunga
parte centrale con assolo e voce più rude, ugola che qui si rifà molto agli
statunitensi Cirith Ungol. “OZYMANDIAS” funziona nel suo ritornello che spinge
l’ascoltatore a cantarlo; lo stile è vicinissimo a quello dei danesi Mercyful
Fate, soprattutto per la modalità del cantato. “OCH VARLDEN GAV VIKA”, cantata
in lingua svedese, è uno dei pezzi d’artiglieria di miglior fattura, molto tesa
e ficcante, che è forse tra i momenti più lineari e meno articolati, ma per
questo efficace. L’orecchiabilità arriva con “HARDWIRED”, ma niente a che
vedere con facili sonorità, soprattutto perché al centro c’è un cambio di
carattere, più duro e acido (di nuovo voce alla Cirith Ungol). L’atmosfera
sonora è dannatamente apocalittica, soprattutto quando la voce si fa graffiante
e roca; uno screaming ad effetto che rimane musicale. La cifra stilistica ha
qualcosa di americaneggiante, ma il solco seguito è spesso quello degli Iron Maiden,
con la loro ritmica a cavalcata, con i vari cambiamenti del riffing, e con
l’assemblaggio delle parti soliste. Così dentro c’è frammisto un bel po’ di
NWOBHM, come si sente nella atmosferica”LIKE SHADOWS, LIKE GHOSTS” con la
propria tirata alla Warlord. In effetti la band ama divagare dal tema
principale con altre parti vocali e riffing riempito di assoli. Spesso come una
song dentro un’altra song. Quello che poi troviamo è che la chitarra risulta
un’arma continuamente brandita. La batteria suona un po’ cartonata, ma il drummer
si impegna con tutta la foga possibile. Non si lesinano idee e l’impianto
globale difficilmente accetta la staticità, con la voglia di virtuosismi e con
la voce che ha ben tre modi di essere, con acuti che ampliano le dinamiche
melodiche. Come altre del 2015, questa band ha saputo succhiare bene il latte
del metal ormai datato, che però rimane il nucleo del vero metallo, e produrne
uno nello stesso alveo, ma altrettanto convincente (forse la copertina poteva
essere migliore). It’s only Heavy Metal but I like it!
01.
Carbon Waste Lifeforms
02. Reset, Reboot, Redeem
03. Ozymandias
04. Och världen gav vika
05. Architects Of Destruction
06. Network
07. Like Shadows, Like Ghosts
08. Hardwired
09. We Are All Left Here To Die
Riley
– vocals / Alex Vega – guitars / Robby Rockbag – guitars / Nic Savage – bass / Oskar Astedt - drums
Sky RobertAce Latini
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