Questo mio
articolo nasce dall’esigenza di soffermarmi sul concetto di pregiudizio,
partendo innanzitutto da me stessa che, volente o nolente, a volte rimango
imbrigliata nei meandri di questo pericoloso sentire. Il pregiudizio,
etimologicamente, significa: giudizio che precede l’esperienza con assenza di
dati sufficienti. Il pregiudizio è un idea errata, un ostacolo alla vera
conoscenza del mondo. Le discipline sociali aggiungono che i pregiudizi si
riferiscono non solo ai fatti ed eventi ma anche ai gruppi sociali. A priori,
ho sempre “snobbato” i talent show. Ed ecco invece che cosa accade nel talent
“Amici” di Maria De Filippi. Per fare una rigorosa cronaca dei fatti, anche se
ho seguito la puntata televisiva del 5 giugno, mi aiuterò riportando in buona
parte quanto scritto da Silvia Fumarola su Repubblica.it: “Un applauso fortissimo accoglie Roberto
Saviano dopo mezzanotte e mezza nello studio di "Amici". Nella lunga
serata della finale lo scrittore saluta con un omaggio alle donne, nel giorno
in cui il nuovo rapporto Istat denuncia che oltre 6 milioni di donne hanno
subito violenza. "Parlo alle ragazze: a voi è affidato il destino del
Paese". E porta la realtà dura, inaccettabile, del femminicidio nel talent
che realizza i sogni. Racconta il destino di tre ragazze che hanno pagato per
essere libere di amare e vivere come volevano. Il pubblico non smette di
applaudire, lui ringrazia: "Molti erano scettici sul fatto che si
potessero raccontare storie complesse o parlare di libri in un talent ma la
vostra partecipazione ha dimostrato che si trattava solo di inutili pregiudizi.
Lasciarsi travolgere dal pregiudizio ti costringe a una vita mediocre, ti
blocca, avvelena la realtà". Spiega come i pregiudizi possano uccidere,
racconta tre storie di ignoranza e violenza: quella della giovane Mutlu Kaya, che ha 19 anni, vive in Turchia
e sogna di fare la cantante. "Vuole partecipare a un talent show"
spiega lo scrittore " ma il suo ragazzo non è d'accordo e allora Mutlu per
non litigare con lui decide di lasciar perdere. La sua voce però è così bella
che una cantante turca molto famosa sente i suoi provini e la vuole
assolutamente nel suo programma. Prende un aereo e va a casa sua per convincere
i suoi genitori a farla partecipare, e ci riesce". Realizza il suo sogno,
ma qualcuno s'introduce nella sua casa e le sparano. Poi sullo schermo appare la foto di Malala Yousafzai, una ragazza pakistana che
è ancora una bambina quando la sua città viene occupata dagli estremisti
talebani. "A 11 anni in un blog racconta le atrocità commesse dai
talebani, parla di diritti delle donne e diritto all'istruzione. I talebani
avevano emanato un editto contro l'istruzione femminile che impediva alle ragazze
di andare a scuola. Per evitare di essere riconosciute come studentesse",
racconta Saviano "molte non indossano l'uniforme, vanno a scuola con abiti
normali e nascondono i libri sotto i veli. Molte compagne di Malala smettono di
andare a scuola per paura. Lei continua a andarci, non vuole rinunciare ai suoi
diritti. Un giorno alcuni uomini armati le sparano sulla scuolabus che deve
riportarla a casa. Si salva. Porta sul suo viso i segni di quell'aggressione. I
talebani rivendicano l'agguato: dicono di averle sparato perché è il
"simbolo degli infedeli e dell'oscenità" e minacciano di colpirla
ancora". Il pubblico segue il racconto in silenzio. "Quando è stata
colpita Malala aveva 15 anni. Sembra strano che una ragazzina possa essere
considerata come un pericolo dai terroristi, eppure è proprio la sua età e il
fatto che sia una donna a renderla così pericolosa per loro. È lei a spiegarlo
quando viene invitata all'Onu, a New York: "I saggi dicevano la penna è
più forte della spada, ed è vero. Gli estremisti hanno paura dei libri, delle
penne. Hanno paura delle donne. Il potere della voce delle donne li spaventa,
hanno paura del cambiamento, dell'uguaglianza che vogliamo portare nella nostra
società". Lo scorso anno Malala ha vinto il Nobel per la pace, e nonostante
quello che le è successo continua la sua battaglia per i 66 milioni di ragazze
a cui viene negato il diritto all'istruzione". Il filo rosso che lega le
due ragazze arriva fino in Italia: Hina Saleem è originaria del Pakistan, ha
14 anni quando si trasferisce vicino a Brescia. Non sogna di cantare,
s'innamora di un ragazzo che fa il carpentiere. Ma la famiglia non approva: a
Hina tocca un matrimonio combinato, con un marito pachistano a cui è stata
promessa in sposa. "Ma Hina" spiega Saviano " non accetta che
siano altri a scegliere chi deve sposare. Un giorno di agosto del 2006, mentre
la mamma e i suoi fratelli sono in vacanza in Pakistan il padre le dice di
passare a casa con una scusa. Viene uccisa con 28 coltellate, sgozzata e
sepolta nel giardino di casa da suo padre e dai parenti che non accettano che
voglia vivere la sua vita”Ora sullo schermo ci sono le foto delle tre ragazze:
"Tutto quello che volevano", dice Saviano, "per quanto possa
sembrare semplice, normale, trasforma la società per questo hanno provato a
fermarle. Hanno spaventato i poteri. Facevano paura". Il pubblico lo
ascolta, molte ragazze hanno le lacrime agli occhi: "Non fatevi ingannare
dal pregiudizio che questo accada solo nella religione islamica e che la
cultura araba sia una cultura nemica: il fondamentalismo, l'estremismo, in ogni
cultura che sia politica o religiosa, è disumano. Lo scopo dei fondamentalisti
è quello di portarci a credere che gli arabi, gli islamici ci sono nemici,
vogliono questo così da apparire loro come i difensori della religione
islamica. Falso. Apritevi al mondo", è l'invito di Saviano "cercate di
capire, non abboccate, ogni generalizzazione è una bugia. Parlo soprattutto
alle ragazze. Qui è pieno di ragazze: a voi è affidato il destino del vostro
Paese. Perché? Perché in un momento in cui non esistono più garanzie e
sicurezze, gli uomini sono smarriti, ma le donne, che queste garanzie non sono
state abituate ad averle, sanno affrontare la crisi e possono mutare il corso
delle cose. Sapete cosa fa paura nelle donne? L'empatia, ovvero la capacità di
sentire l'altro, identificarsi, sentire fin nella propria carne il dolore o la
felicità dell'altro. C'è un verso di una poetessa polacca che amo molto, Wislawa Szymborska, per me è il più bel
verso della poesia del '900, ne ho parlato spesso. Racchiude in sé tutta la
potenza del sentire, definisce nel modo più carnale possibile l'amore che solo
le donne riescono a provare. "Ascolta come mi batte forte il tuo
cuore"". Un'ovazione. Domani i libri della Szymborska, premio Nobel
della letteratura nel 1996, avranno migliaia di giovani lettori in più.
“Ascolta
come mi batte forte il tuo cuore” (Ogni caso, Wislawa Szymborska)
Poteva
accadere.
Doveva accadere.
È accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
E’accaduto non a te.
Ti sei salvato perché eri il primo.
Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.
Per fortuna là c’era un bosco.
Per fortuna non c’erano alberi.
Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno,
un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.
In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.
Dunque ci sei? Dritto dall’animo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì? Non c’è fine al mio stupore, al
mio tacerlo.
Ascolta
come mi batte forte il tuo cuore.
Sempre ad
“Amici”, Saviano:
“Il talento
non è qualcosa che cade dal cielo, che viene riconosciuto d'ufficio. Lo devi
scovare, conquistare, bastione per bastione. Non lasciate vincere il lamento,
l'idea che 'quello ce la fa perchè raccomandato'. Ma la possibilità di credere
che a ogni ostacolo ce la puoi fare''. Lo studio è già un tripudio di applausi,
di 'bravo' e piedi battuti sugli spalti. Poi si apre il grande muro di luci ed
entra lei, capelli afro e tacchi alti gialli, e all'entusiasmo si unisce la
commozione. Roberto Saviano torna ad ''Amici'', per la terza volta. E ancora,
nella semifinale del talent di Maria De Filippi ha tenuto con il fiato sospeso
orde di ragazzi, di quelli che non perdonano se ''toppi'', con una storia
durissima e di grande speranza insieme. Dopo il tema delle migrazioni, dopo Le
notti bianche di Dostojesky (con il ''miracolo'' di averlo fatto entrare in
classifica, quinto su Itunes) Saviano ha scelto la storia vera di Michaela
DePrince, bambina orfana nella Sierra Leone dei ribelli e dei trafficanti di
diamanti, chiamata ''la figlia del diavolo'' per la vitiligine che macchia di
bianco la sua pelle d'ebano, che dopo ogni barbarie in orfanotrofio si attacca
disperatamente all'immagine felice di una ballerina capitata, chissà come,
nelle sue mani. Si convince talmente tanto dei suoi sogni che prima viene
adottata in America e poi, nonostante gli infiniti 'no' e i mille pregiudizi
verso un'etoile classica dalla pelle nera, oggi danza sul palcoscenico del
Dutch National Ballet di Amsterdam. ''Non tutti crederanno in voi - dice lei
entrando a sorpresa tra i ragazzi - Ma dovete capire che siete perfetti come
siete. Magari non diventerete ballerini o cantanti, ma essere diversi dagli
altri va bene''. Riporto anche un’intervista di Saviano, rilasciata all’ANSA ''E'
un'esperienza pazzesca. Quando ho accettato di partecipare ad Amici, l'ho fatto
proprio per sperimentare, per parlare ad un pubblico complesso, enorme,
giovane, che non può essere ridotto solo a una dimensione 'popolare'. A dirla
tutta, ho voluto anche provarmi, capire se ero in grado di rivolgermi a un
platea così, che non si aspetta l'uscita dello scrittore come su Raitre, nè'
che si parli di libri o di certi temi. Con questi ragazzi ti giochi il rapporto
di volta in volta, non stanno ad ascoltarti sulla fiducia. Uno mi ha chiesto se
era vero che avevo fatto un libro dalla serie Gomorra. Il risultato - prosegue
- è' incredibile. Te li porti sui social, ma anche al Salone del libro, con
ragazzine emozionate venute apposta per incontrarmi. A Durazzo, in Albania,
scendevano dai balconi in una pioggia di selfie perchè mi avevano visto ad
Amici. No, non avevo pregiudizi verso il programma, piuttosto verso di me -
ammette - Temevo di arrivare come la pubblicità' al cinema. O che i miei
lettori, il 'mio' pubblico, potesse non capire. Invece, non ho cambiato nulla
di me, ne' i vestiti, ne' gli aggettivi o il tono blues. Sono venuto libero di
dire ciò che volevo. Oggi ho insistito sul tema del talento-lamento, perché piangersi addosso sembra diventata la nostra
unica strada. Io stesso, nel privato, mi sento quasi un militante del lamento.
Ed è' stata una grande esperienza, anche culturale, parlare a tutte queste
persone affamate di storie''. Ora, sorride, ''ci ho preso gusto'', tanto che
potrebbe tornare anche per la finale. Per il futuro, dice, ''dipende dalla mia
vita complicata. E' un pubblico prezioso che non voglio perdere e la tv di
narrazione è' quella che più mi piace fare. Purtroppo in Italia ha spazio
limitato. I programmi politici, quando sono talk, sono litigi e le inchieste si
somigliano molto perchè inseguono la notizia del giorno. Ma sul web - continua
- le cose stanno cambiando. Sto pensando anche di provare qualcosa all'estero,
che poi magari possa tornare in Italia. In America, dove vivo, ho un po' di
proposte. In ogni caso, non voglio essere il tipo di scrittore che si rinchiude
e si lamenta, il cui unico scopo è lanciare il suo libro al mondo. Per me
l'essere amato è un obiettivo secondario rispetto all'arrivare a molti, ma con
un prodotto che non abbassa l'obiettivo o la qualità''' CHIARA PASSARELLA
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