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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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496. IL 'RISORGIMENTO ISLAMICO' di Roberto Rapaccini
L'attualità ci ha abituato a considerare fisiologico
il confronto politico con i Paesi islamici. In realtà i miei coetanei sanno che
questa situazione ha un'origine recente. Fino agli anni '70 infatti la cultura
musulmana era oggetto di attenzione solo per gli studiosi della materia, mentre
la maggior parte delle persone, convinta del proprio etnocentrismo, guardava
con distacco e con superficiale curiosità ad un mondo caratterizzato da
consuetudini così diverse dalle nostre; il loro interesse si concentrava
esclusivamente sulle apparenze, sulle sovrastrutture, sugli aspetti esotici.
Inoltre gli arabi che allora immigravano nei Paesi europei cercavano di
integrarsi abbandonando spontaneamente l’abitudine a portare indumenti
tradizionali, mentre attualmente il ritorno all’uso del niqab, dello chador,
del burqa e del qamis (la tunica maschile) è diventato un mezzo
per manifestare il rifiuto all’omologazione occidentale. L'Islam in quei tempi
non aveva una valenza politica; nella Turchia, fin dai tempi di Kemal Ataturk,
e nell'Iran, governato dalla famiglia Palhevi, erano in attoprocessi di
modernizzazione e di occidentalizzazione, mentre nei Paesi arabi, a cominciare
dall'Egitto di Nasser, si affermava un socialismo di stampo laico. La
situazione è cominciata a cambiare nel 1979 con la Rivoluzione Iraniana di
Khomeini, che indicava una via musulmana al futuro, che - come è stato
autorevolmente osservato (Franco Cardini) - non coincideva con un ritorno al
passato, ma al contrario aspirava a costruire "sulla base dell’Islam un
domani politicamente, economicamente, finanziariamente, tecnologicamente e
scientificamente alternativo". Da allora per chi come me è cresciuto
nel contesto politico della guerra fredda la contrapposizione che si andava
delineando fra il mondo islamico fondamentalista e l’Occidente sostituiva il
vuoto creato dal crollo dell’Unione Sovietica. Diventavano familiari termini
come jihad, sebbene nella erronea traduzione di guerra santa (dal
momento che il termine arabo per 'guerra santa' è Al Harb al
Qdsiyah mentre jihad significa genericamente massimo sforzo,
da identificarsi, secondo l'opinione prevalente fra gli studiosi del Corano,
nella lotta interiore e individuale che il fedele sosterrebbe in ogni momento
della vita per predisporsi alla comprensione dei misteri divini e per resistere
alle pulsioni estranee o contrarie alla morale religiosa, adeguando così la
propria condotta ai precetti dei testi sacri). Da allora l'Islam è divenuto una
realtà geopolitica contrapposta ad un Occidente agnostico (impropriamente
definito cristiano dalla propaganda fondamentalista). I Paesi Islamici
uscivano da una pregressa eclisse del sacro. Questo cambiamento epocale,
che, malinteso, è stato terreno fertile per la genesi della minaccia
fondamentalista e terrorista di matrice islamica, dovrebbe essere occasione per
un'autocritica dell'Occidente, per verificare l'esistenza di elementi di una
propria responsabilità. Ma la Storia ha bisogno di tempo per riflettere su se
stessa. Frettolosamente si dice che in passato i rapporti fra Islam e Occidente
sono sempre stati difficili. Se pure fosse così, non dobbiamo
rassegnarci, ma promuovere una nuova Storia, cosicchè nel comune
interesse quello che non è stato possa essere. ROBERTO RAPACCINI
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WEBMASTER: Roberto RAPACCINI
A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.
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