15 gennaio 2015
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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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471. CONSIDERAZIONI SULL'ATTENTATO DI PARIGI A CHARLIE HEBDO di Roberto Rapaccini
Alcune
considerazioni sull’attentato di Parigi a Charlie Hebdo pubblicate su Facebook.
8
gennaio 2015
Parigi,
il giorno dopo. Nei fatti di ieri la Polizia francese è apparsa un po’
maldestra. L’intelligence poi si è dimostrata inefficace. Sarebbe opportuno che
tutti gli Stati – almeno quelli europei – mettesero a disposizione
reciprocamente il proprio patrimonio informativo attraverso la costituzione di
un intelligence sovrannazionale. Una vera intelligence e non un organismo
burocrativo. Come sanno gli esperti del settore, questa è una strada quasi
utopistica, difficile da percorrere fino in fondo. Forse basterebbe potenziare
soprattutto Europol, Interpol ed Eurojust. Almeno per ora. La risposta
operativa è un problema dei singoli Stati, anche se lo scambio di ‘best
practices’ può aiutare molto. I francesi nella circostanza mi sono sembrati un
po’ incerti e confusi. I terroristi al contrario erano molto addestrati e
sicuri. Hanno anche loro commesso alcuni errori e incertezze. Forse alcuni
erano solo grossolani tentativi di depistaggio. Purtroppo poi il network
informativo del fondamentalismo islamico è efficace e impenetrabile, complice
una lingua che nelle varianti dialettali è compresa bene solo dai madrelingua.
Nonostante questa analisi non benevola, credo che la minaccia del terrorismo di
matrice islamica possa essere efficacemente contrastata. In Italia all’inizio
le BR colsero di sorpresa lo Stato, che seppe poi reagire organizzandosi
efficacemente, ricostituendo anche un consenso e una solidarietà intorno a sé.
Ora è importante evitare un emotivo odio indiscriminato per l’Islam, un
risentimento figlio dell’ignoranza, della disinformazione e della
superficialità. Ad un pregiudizio non se ne deve sostituire un altro,
all’intolleranza non si può rispondere con analoga intolleranza. Molti islamici
e imam stanno dando segnali di dissociazione. Mi sembrano importanti le parole
di Nasrallà, leader degli Hezbollah, che ha dichiarato: "I terroristi
offendono l’Islam più delle vignette”. Sembra però che in occidente, molti, per
continuare a sostenere le proprie tesi, non vogliano tenerne conto. La via del
dialogo con l’Islam – non con i terroristi - è lo strumento per isolare il
terrorismo di matrice islamica, e quindi è la premessa di un suo efficace
contrasto.” RR
11
gennaio 2015
Parigi,
tre giorni dopo. L’attentato di Parigi continua a farmi venire in mente le iniziative
delle BR e il noto dilemma iniziale di allora della gente comune “né con le BR,
né contro”. Sono sicuramente due realtà lontane. Tuttavia, mentre nel caso
dell’11 settembre 2001 l’attacco veniva dall’esterno, gli autori dell’attentato
di Parigi erano cresciuti in
Francia. Perciò si è concretizzata una minaccia interna al sistema, come fu
quella delle BR in Italia. Poi gli attentati cruenti delle BR portarono la
gente a solidarizzare con lo Stato che rispose democraticamente. Meglio una
democrazia imperfetta e contaminata dagli interessi privati di alternative
autoritarie e liberticide. Così l’attentato di Parigi è stato uno spartiacque
che ha dimostrato che il terrorismo non ha né religione, né colore politico.
Chi contribuisce alla conoscenza - dagli insegnati ai giornalisti - ha un
delicato compito. Informare in maniera corretta e oggettiva. La conoscenza è il
presupposto di un’opinione libera, l’ignoranza emotiva ne è la negazione. RR
12
gennaio 2015
Parigi,
un po’ di giorni dopo. Per gli amici di Facebook – qualora fosse di qualche
interesse – vorrei precisare che, pur unendomi e solidarizzando con chi ha scritto
‘Je suis Charlie’, non condividevo la linea editoriale della rivista C. H. che
conoscevo da tempo. Infatti, non sono d’accordo con Dario Fo' – che stimo per
il suo impegno civile e sociale, e la sua sensibilità artistica – che afferma
che il diritto di satira non ha regole.
Il primo - e forse unico limite - è non diffamare e non offendere ingiustificatamente.
Aggiungo che è opportuno non irridere con leggerezza la sensibilità spirituale
e religiosa. Tuttavia nulla giustifica il grave fatto criminale che si è
consumato a Parigi e quindi con ‘Je suis Charlie’ volevo dissociarmi con chi
più o meno velatamente ha pensato e scritto “se la sono voluta”. RR
15 gennaio 2015
15 gennaio 2015
Parigi,
una settimana dopo. Come ogni onda emotiva, anche quella seguita all’attentato
di Parigi comincia ad attenuarsi. L’emotività è intensa, ma ha vita breve.
Tutto ritorna alla normalità. L’attacco a Charlie Hebdo nei media sarà
rimpiazzato da storie di veline, gossip, Sanremo, calcio, crimini efferati
nostrani ai quali si attacca la morbosità popolare. Charlie Hebdo tornerà
alle sue tirature ordinarie. Nei bar si discuterà per un po’di Islam
fondamentalista o moderato, di accoglienza o ‘tutti nei loro Paesi’. Hollande,
brillante nella circostanza, tornerà al suo basso gradimento presso i francesi.
Non sarà più come prima solo per le famiglie delle vittime. Forse la Storia,
per poter continuare – ma non è un bene – si nutre del suo oblio. RR
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Roberto Rapaccini
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