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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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409. RECENSIONI 2014 di Sky Robertace Latini
“DAWN OF THE BRAVE” – 2014 Van Canto (Germania)
Il Metal non ha
bisogno necessariamente di chitarra distorta, lo dimostra ancora una volta questa
band che con le voci arrangia i pezzi a cappella in maniera assolutamente
interna al tipo di musica. Stavolta però è tutto meno esplicito. Più che una
performance incentrata sulla prestazione canora si è molto puntato al valore
strutturale della forma canzone. E’ un disco di puro metal, e metal epico. La
voce maschile e femminile si alternano al canto solista tra un brano e l’altro.
Non abbiamo elicitazioni virtuosistiche tipo gli acuti di Halford (Judas
Priest) o le enfasi liriche di R.J.Dio, però le ugole sono di tutto rispetto
dal punto di vista tecnico/espressivo. Non poteva essere diversamente visto che
tutto si basa sul gioco vocale. Tra gli strumenti abbiamo solo la batteria che
diventa importante. Gli altri cinque membri sono cantanti (una di loro è donna)
che realizzano ognuno sempre lo stesso strumento, cioè chi fa la parte del
basso fa sempre quella ed è così per tutti. Basso ed altri suoni quindi sono
tutti vocalizzati come al solito. Nello specifico la realizzazione vocale degli
assoli sembra fatta con la chitarra fornita di sordina, ed è l’unica cosa
limitata nel suo potenziale. Album numero cinque dal 2006, una conferma di
pregio nel panorama metal. Brani molto tipici del genere epico sono la energetica
“Fight for your life” e “Badaboom”(di questa realizzato un video ironico) con
la loro dinamica PowerMetal. Ma c’è anche il posto per un momento Street con
l’agguerrita “Steel Breaker”. Le voci si intrecciano e si sovrappongono con grande corposità dando
forza corale ed evitando cali di tensione. Ma tra le cose migliori troviamo parti meno
scontate con alto feeling emozionale delle melodie: “TO THE MOUNTAINS” sfrutta
al meglio l’interpretazione al femminile, sapendo dare ampio respiro al brano,
e pathos. “THE AWAKENING” è anch’essa tosta e veloce. Canto principale
femminile. Insieme a “TO the mountain” la migliore del lotto. “UNHOLY” risulta meno
veloce e un po’ più greve, sebbene anch’essa sia orecchiabile, con accattivante
coralità. “MY UTOPIA” è un’altro potente flash, con un ponte folk, che sprizza
divertimento e tiro saltellante. La vicinanza stilistica più prossima è quella
dei Gamma Ray. Otto sono i brani originali. Quattro le cover, di cui solo due
sono riuscite davvero. Infatti “The final countdown” degli Europe e “Paranoid”
dei BlackSabbath non possiedono valore aggiunto. In particolare va fatta
menzione di “Holding out for a Hero” di BonnieTyler, che stava sull’album
“Footloose”, davvero entusiasmante. Carina anche la versione della dolce “Into
the west” dalla colonna sonora del “Signore degli Anelli”. Essere al quinto
album fa si che questo gruppo non sia più visto come “la novità” o con
“curiosità”; ormai è un normale combo del quale vogliamo valutare l’estro creativo
come succede per qualsiasi altra band. Significa che non lo si guarda più per
la sua specificità a cappella, ma ha acquistato una propria dignità musicale.
Si godono i pezzi al di là della loro forma di arrangiamento. Non essendoci più
l’effetto sorpresa, se ne studia l’effettivo valore compositivo. Il risultato
merita la più ampia promozione, i Van Canto sono tra i migliori metaller della
scena.
***
“SHINE” - 2014 Indica
(Finlandia)
Non so come
salvare queste ragazze finlandesi. Vorrei, davvero, ma non posso. Pare di
sentire una bambina recitare una filastrocca: la vocetta della cantante è
troppo puerile e le linee melodiche adatte allo Zecchino D’Oro. Talvolta sembrano
i parenti infantili dei Cranberries, senza riuscire a replicarne il fascino (“A
definite maybe”). Talvolta pare ascoltare Nelly Furtado che incontra i
Cranberries (Uncovered) anche in questo caso senza avere l’esuberanza ne dell’una
degli altri. Dà piacere ascoltarle perché gli spunti che sono buoni attirano,
però le soluzioni alla fine risultano troppo deboli come in “Run run” o
addirittura inutilmente banali come in “Hush now baby” dove manca anche lo
spunto a cui aggrapparsi. Neanche fare il verso alla New wave degli anni ’80 le
salva (“A kid in the playground”). Sei album, e questo è il secondo che sento dal
2010; non rappresentano nulla di importante nel panorama musicale. Perché provarne
di nuovo l’ascolto? E infatti non era mia intenzione, ma mio figlio ha voluto sentirle
e poi me la ha appioppiate, e siccome le recensioni affermavano che c’era una
crescita artistica, sono caduto nella trappola. La crescita in realtà non c’è
stata; pop rock meno stucchevole che negli album passati per alcuni episodi, in
quanto in possesso di una maggiore seriosità, ma peggiore e ancor più
stucchevole in altri episodi. Senza contare le canzoni pallose come “Humming bird”.
Poi manca il brano che si evidenzi per impatto e qualità, cosa presente nei
lavori precedenti. Se anche fosse considerabile come migliore, è come se
fossero salite appena due gradini su una scalinata altissima. La sufficienza
non è possibile. Alla fine il genere risulta più pop che rock, e di metal
nemmeno l’ombra. In patria vinsero tempo fa due dischi d’oro, ma quanta musica
leggera e pop di dubbio valore li vince? “MOUNTAIN MADE OF STONE” fa iniziare
l’album con un minimo di incisività, per un brano di una certa atmosferica
magia, soprattutto considerando il finale in crescendo. Non possiede alcun tipo
di complessità come è per le tracce successive, però un buon arrangiamento riesce
ad alzare il senso di autorevolezza, per quel che è possibile. “GOODBYE TO
BERLIN” è forse l’unico episodio davvero riuscito. Un rock leggerissimo, un po’
più tenace dei Roxette, ma di poco; disimpegnato eppure gustoso. Alla fine si
ha tra le mani un insieme molto soft, poco dinamico se non per dei guizzi rari.
Soprattutto una manciata di canzoni di cui fare tranquillamente a meno. Se
questa è la strada per l’età adulta, non si arriverà nemmeno all’adolescenza. Tornando alle
recensioni degli addetti ai lavori, in realtà ne esistono varie che distruggono
la band, e a quelle mi associo.
Sky Robertace Latini
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