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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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400. SCAPPANDO DENTRO UN VICOLO CIECO un'Americana a Venezia
Mentre
scrivo questo post, il mondo dello show
business da New York a Hollywood è in grave lutto per la morte di Philip
Seymour Hoffman, premiato attore già chiamato "maestro dell'arte" a
46 anni. E' morto a Manhattan nel bagno
della casa-ufficio dove alloggiava. Pare
che fosse separato dalla moglie e dai giovani figli. La signora, anche lei impegnata nel mondo del
teatro a New York, era esasperata dal vizio di suo marito. Hoffman aveva smesso di drogarsi più di venti
anni fa e poi ancora nel maggio di 2013.
Ma negli ultimi tempi era ricaduto.
Non è facile rinunciare all'eroina, dicono, nè fisicamente nè
psicologicamente. Qualche esperto dice
che fra i tossicodipendenti che fanno uso dei derivativi dell'oppio, circa
l'80% ricade nella trappola dopo esserne uscito una prima volta. Hoffman aveva l'ago ancora conficcato nel
braccio, quando è stato trovato per terra dal socio--forse più di un socio. (Ormai la sua vita privata non è più privata.) Hoffman lascia non solo i propri cari, ma
anche tanti progetti sospesi. Le
reazioni alla notizia della morte sono state quasi unanime: un'enorme perdita. Era considerato il più grande attore americano
della sua generazione. Pochi colleghi hanno
parlato apertamente della causa della morte.
E' stata molto candida invece la moglie di un metallaro famoso, il quale
per fare impressione mentre ubriaco fradicio ha staccato con i denti le teste
di due colombe vive davanti a testimoni; questa moglie ha saputo incolpare
"i demoni," parola sua, che tormentavano Hoffman. Come ha detto la Osbourne, l'attore sembrava
forte, ma chissà quale guerra interiore combatteva. Durante un'intervista a gennaio, una
giornalista gli ha chiesto se si identificasse con il suo ultimo personaggio, la
spia anziana Gunther Bachmann, protagonista del nuovo film basato su un romanzo
di John Le Carrè. Hoffman, spettinato,
non rasato, e con i polsi del giaccone consumati, ha detto di sì, che lui capiva
bene il personaggio, specialmente "la sua solitudine." Ho visto il velo di lacrime negli occhi. Forse Hoffman voleva tornare dalla famiglia, ma
sapeva di non avere più la forza di smettere di bucarsi. Può darsi che si vergognasse, sapendo di non
essere tutto di un pezzo come credevano tutti, anche i vicini di casa. I demoni non l'hanno mollato. Invece, l'hanno trascinato via. Ha vinto la droga, e con essa, la sconfitta
totale di una persona con ancora molto da dare.
Perché ci si droga? Ho fatto
questa domanda a diversi adolescenti prima della morte di Hoffman. Le risposte non venivano subito. Uno finalmente ha suggerito "per stare
bene." Una ragazza già maggiorenne
ha ammesso che lei desidera provare tutte le droghe, cominciando con la cocaina. Qualcuno ha detto che la droga aumenta la
creatività, che gli hacker usano l'LSD per trovare nuove soluzioni. Boh. A
me non risulta che la droga ci metta sulla strada del benessere. Se fosse così, vivremmo in un mondo pieno di
persone sane e felici. Il problema di
base, credo, sia che tante persone vorrebbero andare in giro anestetizzate. La vita per loro è quasi insopportabile così
com'è. C'è chi prova la droga per vuoto,
per disagio, per angoscia, per motivi sociali.
C'è chi per divertimento, finisce ad assumere le stesse droghe create
per gli ammalati che devono combattere atroci dolori. A mio avviso, ci si droga per scappare da qualcosa. Non importa se col fumo, con la pasticca, col
bicchiere o con la siringa. L'importante
per il drogato è fuggire. Dal punto di
vista spirituale, drogarsi è un atto debole.
Ci vuole coraggio per affrontare la solitudine, la noia o i problemi
personali. Poco importa se così fan
tutti. Buddha cercava una soluzione
non-tossica al problema della sofferenza.
Dopo anni di prove, elaborò quattro
verità. La prima afferma che "Tutto
è sofferenza." Finché non ci
liberiamo in modo spirituale, siamo sulla montagna russa delle emozioni, la
malattia, la vecchiaia, la morte. La
seconda verità è ancora più semplice: "La causa della sofferenza è l'attaccamento." Siamo dipendenti dall'erba-voglio che non
cresce neanche nel giardino del re. La
terza verità ci assicura che è possibile far cessare la sofferenza, oppure di
imparare a conviverci senza soffrire.
Poi la quarta verità è un metodo, il Nobile Ottuplice Sentiero, una
combinazione di principi che aprono la strada al vero sollievo. Con uno sforzo e un bel pò di filosofia, si
può star bene senza farsi male e senza assumere sostanze tossiche. Penso alla famiglia e agli intimi di Hoffman,
al loro grande dolore. Penso anche ai colleghi
ed ai suoi ammiratori. Quanto male ha
cagionato loro a causa del suo attaccamento alla droga, a quell'abitudine di
scappare in un vicolo cieco? E quanto
male ha fatto a se stesso? Preghiamo per
l'anima sua, e per l'anima di tutte le persone che in modo simile sono morte invano
pur di non soffrire. UN’AMERICANA A VENEZIA
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