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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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372. “SECOND ACT” Giulio Rossi (Italia-Umbria) - 2013 - Recensione di Sky Robertace Latini
Il chitarrista dei ternani Synthesis ha pubblicato il
suo secondo lavoro solista, riuscendo a realizzare un lavoro maggiormente
curato e completo rispetto al 2009. Cinque cantanti si alternano su altrettanti
brani senza però rovinare la compattezza stilistica del disco. L’album inizia
con un intro sinfonico che ci fa capire quanto il classicismo sarà presente in
tutto l’album. Un atteggiamento derivante da quell’Hard Rock che si è
contaminato stilisticamente con la musica classica e che vide Blackmore e
Malmsteen esponenti di spicco. Dopo
l’intro c’è un blocco di quattro brani che si sviluppano uno di seguito
all’altro, e che rappresenta un eccellente livello compositivo: “COMES A TIME”
è una mina PowerMetal come le era sul primo album solista del 2009 la traccia
“Wasting all”; e infatti, per questo episodio veloce e tirato è stato scelto lo
stesso cantante Stefano Firmani. Forte senso melodico nelle strofe della linea
cantata. Assoli travolgenti tra tastiere e chitarra che marciano spediti e che
vivono di vita propria. “ANYTHING MAKES ME BLIND” è un pezzo hardmetal cadenzato da una ritmica
intrigante. Canta Aldo Caprini, con una bella interpretazione calda (forse non
sempre fluida). Si tratta della migliore linea vocale dell’album, davvero
originale e personalizzata. Questo momento dà il senso della capacità
compositiva di Giulio che non si perde in divagazioni ad effetto ma sa
accentrare la sua sensibilità sul formato del songwriting. Ma poi l’assolo non
manca di impreziosire con gusto un brano che è stilisticamente perfetto. La
sovraincisione arricchente del coro è perfettamente incastonata nella
struttura. Non è una canzone immediatamente accessibile, ma afferra
l’ascoltatore dopo vari ascolti. “DREAM TO OPEN EYES” è uno strumentale
elettrico la cui vivacità si basa sui riff più che sulla verve solista. Scorre
fluido e senza mai far calare l’attenzione. L’assolo si dipana liquidissimo donando l’enfasi
giusta. Anche il basso di Giovanni Chirchirillo si vuole far presente con un
caldo inserto assolutamente coerente col resto. Un pezzo grintoso. “STAZZEMA (VICTIMS
OF HORROR)” è una composizione piena di Pathos che usa la morbidezza senza
mielosità, e così facendo esprime al meglio il significato di ciò che racconta.
Infatti la song è dedicata alle vittime dell’eccidio di Sant’Anna di Stazzema
(Lucca) perpetrata dai nazisti nel ‘44. La voce densa e pastosa di Alessandro Zephyr
sa dare il giusto peso alla drammaticità di questo evento. Come al solito si inserisce
un assolo di ottima fattura che sa enfatizzare ancora di più una atmosfera di
solenne commozione. Il lavoro prosegue con classe; “CLASSIC FIRE”, dal ritmo
cadenzato e serrato, usa tutti i canoni di Rainbow e Malmsteen per esprimere
una carica classicheggiante. L’indole è scoppiettante, eppure leggermente scura;
e in questa atmosfera più heavy si conclude. “BEFORE THE LIGHT” presenta il
singer Max evangelisti dei Synthesis che si esprime su un brano più
orecchiabile e immediato. “ELECTRIC CAPRICE ORCHESTRA” gioca diversamente dagli
altri brani strumentali presenti in questo lavoro. Il livello
dell’arrangiamento è una base tastieristica suonata talvolta come riff metal,
su cui si innesta un livello chitarristico solista che conduce il sentiero
melodico. La ritmica sostenuta dalle tastiere riesce a sopperire all’assenza
della batteria con interessante efficace. La cosa produce un effetto di stampo
sinfonico, particolare. “PASSION AT SUNSET” è uno strumentale che mostra come
Giulio sia un estimatore della tipologia Blackmoriana. La chitarra acustica morbida
illumina ulteriormente una sensibilità compositiva e tecnica di un chitarrista
che ama le raffinate scorrevolezze e che non inciampa mai in se stesso. Anche
qui, come in passato, Giulio usa una cover: allora i Rainbow, stavolta il brano
di Malmsteeen “RISING FORCE”. Impresa del tutto riuscita. La voce
(dell’eccezionale Frank Marino) e tutti gli strumenti non lasciano adito a
critiche, per una versione PowerMetal eseguita arditamente. In realtà vi è stata
qualche perplessità sulla sezione della batteria considerata da alcuni troppo
plastificata e ipertroficamente veloce, ma io non la percepisco negativamente,
considerandola un ulteriore elemento di vivacità. L’album è concepito
concettualmente con la mentalità degli anni ’80 ma realizzato con una
produzione moderna e attuale, allontanandosi dal rischio di sembrare vintage. Rispetto
ai Synthesis, le evoluzioni della chitarra dei suoi progetti solisti risultano
maggiori per numero e riescono ad essere quell’elemento arricchente che non
farebbe male nemmeno ai Synthesis. Al di
là degli assoli, Giulio Rossi sa inserire la sua chitarra dove serve e gli
inserti non appaiono mai fini a se stessi come decorazioni in eccedenza, ma
come elementi che promuovono passaggi specifici. Io amo particolarmente la sua
capacità di usare compositivamente lo strumento, è infatti sempre messo al
servizio della struttura anche quando realizza più strati; ciò riesce sia negli
inserti solisti che nel modo di focalizzare i riff ritmici. Il song-writing è
spesso velocemente accessibile, ma anche quando non è così, riesce sempre ad
essere orecchiabile costruendo linee melodiche mai banali, che però dopo pochi
ascolti si stampano in testa. Prodotto da Giulio Rossi, Co-prodotto
da Luigi Mazzesi LM Records e Roberto
Sky latini.
Sky Robertace Latini
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