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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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360. RECENSIONI 2013 di Sky Robertace Latini
“MOMENTUM” DGM (Italia) – 2013
Un disco frenetico che
predilige l’arrangiamento iperveloce e linee vocali complesse che alla fine
rischiano di risultare alquanto dispersive. In realtà si percepisce
positivamente l’intento di realizzare un lavoro che si allontani da un
songwriting scontato. La cosa riesce bene da questo punto di vista, ma solo per
metà è capace di realizzare canzoni memorabili, in quanto la troppa variazione
sui temi, rende le song un po’ troppo uguali tra loro, si perde la caratterizzazione
dei singoli momenti. “REASON” è la traccia che apre l’album, e lo fa colpendo
subito con dinamicità e potenza tramite il pezzo più bello. Ospite la gran
bella voce del cantante statunitense Allen Russel. Cambi di tempo, ricchezza di
pathos e pienezza strumentale. Assoli liquidi e atmosfera ariosa. “NUMB” è il
brano più scuro del lotto. Un riff corposo che accompagna una linea vocale meno
eccentrica, ma che sa donare appropriatezza e giusta dose di linearità. Tende
meno allo spezzettamento rispetto alle altre song e così diventa riconoscibile
e conseguentemente anche accessibile. Anche il ritornello diventa meglio
fruibile. “PAGES”, con la violenza e la velocità iniziali, s’impone subito, e,
in maniera molto intrigante, prosegue con forza e carattere anche nella linea
cantata, stemperandosi un po’ nel ritornello. Nel complesso mantiene abbastanza
bene l’aggressività. L’assolo chitarra-tastiere, molto bello, mette l’accento
invece su un’atmosfera meno pressante, abbandonando la ritmica veloce. “REPAY”
è una ballata che inizia col pianoforte. La voce limpida del cantante riesce a
dare il giusto feeling all’emozionalità. Il passaggio dal momento più soft a
quello leggermente più ritmato viene su, in un crescendo ben strutturato. Si
vede che la band ha imparato bene come si costruiscono i buoni pezzi, anche se
altrove non sempre sfruttano al meglio questa capacità. “CHAOS” inizia, come
sembra loro abitudine, con un suono Power veloce che poi rallenta nelle parti
cantate. Bello l’assolo che scende a cascata. “BLAME” si affaccia col
pianoforte ma poi dà il via ad un riffing corposo. Le tastiere ricordano i
vecchi film del terrore. Si tratta di un brano introspettivo e non dall’effetto
immediato, sebbene si collochi adeguatamente nelle caratteristiche dinamiche dell’album.
Un tempo medio che fa di questo uno dei pezzi meglio fruibili. Concludendo, le
composizioni sono difficili da ricordare. Le linee melodiche del cantato sono
tutte piuttosto morbide, ma l’apparente orecchiabilità poi dei ritornelli non è
commerciale, essendo molto ricercata e tirandosela un pochetto. L’essenza del
song-writing è un po’ schizoide, un po’ nervosa, e diventa un tratto distintivo
sebbene non sempre utile allo scopo. Il genere appare essere un
Progressive-Power metal abbastanza sui-generis, dato che se di prog si tratta
non è quello classico alla Dream Theater e nemmeno alla Protest the Hero, anche
se con essi c’è in comunione l’iperattività sonora. Buon lavoro, ma perché
tante analogie con la band connazionale Empyrios, compresa la titolazione dei
singoli brani con un solo termine? Per il semplice motivo che uno dei membri e
compositore principali è il chitarrista Simone Mularoni, lo stesso dell’altra
band.Bella la copertina e non per la grafica , ma per il concetto: tasti di
pianoforte come un domino che cade e l’ultimo tasto è un essere umano. Nonostante
le pecche il voto è piuttosto alto: 8. Un lavoro migliore del precedente
“FRAME” del 2008, che fu piuttosto ordinario nel songwriting, tolte alcune
frizzanti sonorità d’arrangiamento. Sky
Robertace Latini
***
“ZION” Empyrios (Italy) – 2013
Questi italiani
funambolici si ripresentano ai fan con un nuovo lavoro che appare migliore del
precedente. “NESCIENCE” introduce
l’album con un’atmosfera cupa che schizza grumi di violenza qua e là, ma
ricomponendosi nel ritornello orecchiabile. La voce pulita è invece sostituita
da una aggressiva che tiene bene la tensione. Assolo di chitarra sinuoso e
breve, lineare rispetto al contesto ipertrofico. “REVERIE” risulta tra i brani
maggiormente melodici, è infatti la
linea cantata quella che assolutamente
caratterizza la traccia. La potenza è perfettamente legata alla morbidezza,
creando per contrasto un alto livello di eleganza. L’assolo progressive si
divide in veloce prima e in soffice dopo, ma sempre molto fluido. “SQUARE ONE”
inizia con una chitarra alla AC/DC, che viene soffocata da un arrangiamento che
non lo è. Si tratta di un pezzo quadrato, meno elaborato, ma dal forte
carattere. Uno dei pezzi più lineari del disco e forse per questo efficace.
Atmosfera chiusa con un insistente senso di ossessione. Come al solito si apre
alla luce con il ritornello senza
eccedere in solarità. La voce insinua un pò di ottimo growl. L’assolo prog come
al solito si divide in due parti veloce-morbido. “ZION” si affaccia
propotentemente con un groove pesantissimo, quasi thrash, poi viene infilata
una certa sofficità che prosegue infatti con un cantato che di pesante ha ben
poco. Ma l’effetto è suggestivo, e si prosegue nella buona orecchiabilità che
ne fa seguire il percorso più facilmente, growl permettendo, a differenza degli
altri pezzi precedenti. “BLACKMAIL” inizia con un middletime pieno di carica,
su cui le tastiere algide creano freschezza, però il brano poi si velocizza E’
forse l’episodio più assimilabile dell’album, ben più di “Reverie”; nonostante
non sia una ballata la linea vocale rimane bene in mente. Un bellissimo pezzo
quasi Power. Interessanti i brani minori “Domino” per l’aria rarefatta ed
atmosferica, e “Masters” per la cattiveria espressa mista ad un più ampio
respiro. Forse avrebbero avuto bisogno di uno sviluppo ulteriore. Che dire del disco? La musica è piena di
campionature computerizzate. La batteria non accetta mai di fare un 4/4
lineare. Gli assoli sono tradizionali in contrapposizione alla struttura
iperdinamica, nonostante colino sempre in modo liquido. Orecchiabilità in
questa band non significa facile assimilazione, il cantato cerca sempre una linea
melodica spezzettata e cangiante, partendo da modalità serie finendo sempre per
cercare volontariamente la pseudo-commercialità del ritornello che commerciale
alla fine non è affatto. Eppure i pezzi migliori sembrano quelli meno mattoidi,
cioè più fruibili poiché ben afferrabili. Il fatto è che a volte i repentini
cambiamenti non permettono soluzioni vocali d’impatto, troppo presi i musicisti
a fare gli eccentrici piuttosto che a sottolineare i passaggi sonori. Bravi
comunque perché non esiste in questo lavoro alcun momento piatto, e anche le
cose più immediate non hanno mai il sapore della facile commercialità. Bene! Ma
perchè tanti punti in comune coi compatrioti DGM? Forse perché uno dei membri e
maggior compositore, tal Simone Mularoni alle chitarre, è in comune con loro? Sky
Robertace Latini
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