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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO
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272. UNA PAROLA TROPPO BRUTTA DA DIRE da un'Americana a Venezia
C'è un popolo disperso in un grande numero di Stati
composto di molte tribù, ognuna con il dialetto suo, che parla una lingua
indo-europea di radice ariana, un popolo che emigrò dal nord-ovest dell'India verso
l'Europa circa 1.500 anni fa. Arrivato ormai
anche nelle Americhe, questo popolo ha sempre considerato una certa parola troppo
offensiva per essere pronunciata. La
parola significa "strappare in due con forza," "violentare"
e "devastare." Inoltre, "restare
a bocca aperta come davanti ad una scene dell'orrore" e "divorare
grandemente." Oggi questa stessa parola
viene usata da qualcuno per descrivere quello che è successo a queste genti
durante la Seconda Guerra Mondiale, anche se i loro guai in Europa erano iniziati
prima. Forse hai capito: Parlo dei Rom, dei Sinti e di tutti quelli
che volgarmente vengono chiamati "zingari." Nel 1936, l'Unità di Ricerca di Biologia
Demografica e di Igiene Razziale della Germania nazista, dopo aver preso le
misure antropometriche di tanti crani zingari, ha deciso che queste persone,
sebbene parlassero una lingua ariana, non meritavano più di essere cittadini
tedeschi. Subito dopo, iniziò la loro
deportazione ai centri urbani di detenzione.
Heinrich Himmler aveva suggerito che il 10% di loro, classificato dai
pseudo-scienziati come "Zingaro puro," venisse trasferito per sempre in
una grande riserva. Invece, nel 1942 giunse
l'ordine di trasferire tutti quanti nei campi della morte, Auschwitz-Birkenau, e
così è andato anche nei Paesi di stretta collaborazione nazista, la Croazia in
particolare, dove gli Ustasa fecero con entusiasmo lo sporco lavoro, come anche
in Slovacchia, Ungheria e Romania. Anche
un gran numero di manouches di
Francia sono stati deportati, come quasi tutti i Rom e i Sinti olandesi,
italiani, austriaci, polacchi, moldavi, boemi, balcani, ecc. Grecia e Danimarca sono state meno
collaborative nella caccia agli zingari, ma solo Bulgaria e Finlandia non hanno
accettato di prendere parte alla loro distruzione. Il numero dei Rom e dei Sinti che sono morti
assieme agli ebrei, ai partigiani, ai nemici politici di Hitler, e a tutti i
diversi, non è mai stato determinato con precisione. Esso potrebbe variare dai 220.000 ad un
milione e mezzo. Forse 500.000 è la
stima più esatta. Questi popoli non facevano
e non fanno tuttora registrare in modo sistematico le loro popolazioni. Si può bene capire come sarebbe impossibile
determinare quanti di loro fossero finiti nelle fosse comuni. Per tutta l'Europa centrale e orientale, le
unità mobili dell'assassinio, gli Einsatzgruppen,
passavano come una piaga dietro l'esercito tedesco nella sua avanzata verso le linee
sovietiche. Queste locuste della morte
avevano ordine di uccidere a vista uomini, donne e bambini Rom e Sinti, fra
l'altro. Un numero incalcolabile di comunità
zingare sono state da loro eliminate.
Altri Rom e Sinti sono morti nei ghetti dentro i quali i Nazisti li costrinsero
a perire assieme agli ebrei. Molti sono
morti durante le marce forzate, esposti al freddo senza vestiti adeguati e
senza ricoveri. Molti sono stati
giustiziati dai loro aguzzini lungo la strada.
Nei campi della morte Rom e Sinti furono costretti ad indossare un
invertito triangolo marrone come segno distintivo. Come gli ebrei, erano spesso tatuati e anche
fotografati. I più sfortunati finivano come
cavie nelle mani di medici dementi del Reich.
Hanno subito atrocità di cui non si può nemmeno pensare senza provare sgomento
e nausea. Fra le vittime preferite di dottor
Josef Mengele c'erano i piccoli gemelli Rom e Sinti. Ha avuto perciò buon motivo il Rom che ha
suggerito per primo la parola proibita per descrivere l'Olocausto del suo
popolo. La parola è Porajmos, anche scritta Porrajmos. Si possono reperire altre informazioni digitandola
in Internet. Pensiamo alla brutale esperienza
degli zingari la prossima volta che vedendone una seduta per terra, con o senza
il bambino in braccia, davanti alla chiesa proveremo fastidio; oppure quando
un'orchestra di maschi zingari suona dentro l'affollato vagone della Metro, chiedendo
l'elemosina. Chiediamoci, che male c'è? A
parte la sofferenza del piccolo bambino?
A parte l'anticonformismo degli zingari?
A parte il nostro imbarazzo? Proviamo
a mettere le cose nella giusta proporzione, non dimenticando il male
incalcolabile fatto loro finora dall'odio razziale senza fede in Dio né limiti
umani. UN'AMERICANA A VENEZIA
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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.
(Carl Gustav Jung)
1 commento:
Ringrazio l'autrice del post per il tragico spaccato storico che mi ha fatto conoscere una realtà che, ignorantemente, non conoscevo. La ringrazio anche per aver speso parole benevole per questi uomini, donne e bambini che spesso incontriamo sulle ns strade e che nel sentire comune, nella maggior parte dei casi, vengono additati con disprezzo. Una carezza a questo popolo, nella speranza che il loro vagare alla fine li porti verso la serenità
Chiara P.
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