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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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115. RECENSIONI (2011) di Roberto Latini

“A ROSE FOR THE APOCALYPSE”  dei Draconian (2011)
 Musica d’atmosfera (che a volte rasenta l’Ambient New Age) con buona capacità di suggestionare l’ascoltatore. La band è svedese e questo è il quinto lavoro (il primo è del 2003). Qui  talvolta le soluzioni seguono standard ben consolidati in questo tipo di metal (un misto di doom, gothic, death, dark), e quindi non sempre sorprendono; però questi musicisti sono dei professionisti con un minimo di ispirato senso artistico, per cui non cadono quasi mai nel banale. Ritmi lenti, ambientazioni funeree miste a spiragli meno pessimisti; un’alternanza di nero e bianco che rende vario e non asfissiante il percorso sonoro. “END OF THE ROPE” è uno dei brani più vivaci dell’album; l’inizio è fluido, la voce growl introduce il cantato sopra un ritmo medio che si smorza nella seconda metà del pezzo. La voce soave femminile contribuisce ad aprire la sonorità verso maggiore ariosità. Lo spirito rimane sempre cupo, goticamente triste, anche se non in maniera eccessiva. Esprime malinconia. La voce principale appare quella maschile.  “ELYSIAN NIGHT” mantiene lo stesso standard emotivo di “End of the rope”, inserendo un pizzico di commercialità che lo rende meno darkeggiante. Anche qui growl e voce femminile si alternano, ma è quest’ultima a risultare preponderante. Brano non duro, anche se c’è un minimo di verve oscura. Ritmo mai incalzante, per una canzone dal carattere gotico che predilige l’animo sognante accentuato da tappeti tastieristici.   “DEADLIGHT” , triste all’inizio, è una composizione più disperata dopo. La ritmica è soft, il tappeto chitarristico distorto porta il brano verso lidi duri ma mai violenti. Il growl è un inserto appropriato tra i riff molto dark che vengono suonati, ma è la voce femminile ad alzare il livello della linea cantata, limando però l’atmosfera dura. Ganzo il doppio vocalizzo che mette insieme la voce maschile con quella femminile, qui la loro presenza insieme è la migliore dell’album.  “A PHANTOM DISSONANCE” possiede il piglio doom dei riff Blacksabbathiani. In realtà la ruvidezza si scioglie spesso nella dolcezza in cui chitarra e voce femminile fanno da contraltare alle parti growl accompagnate da suoni pieni ed incisivi. La chitarra delicatamente prova persino un brevissimo assolo che se si fosse prolungato avrebbe ulteriormente alzato il valore della canzone. La doppia voce di Anders Jacobsson e di Lisa Johansson, elemento che contraddistingue la band, permette di mantenere il lavoro su percezioni diverse, ma non secondario è il lavoro degli strumenti che offrono il substrato adatto alle linee cantate, senza essere mero accompagnamento. Il growl, nei brani migliori è perfetto, ma nei brani minori spesso anche la voce femminile, bellissima solitamente, è poco espressiva. Ci sono un paio di composizioni noiose, ma nell’insieme il lavoro è da promuovere.


“EVANESCENCE”  degli Evanescence  -  2011

Torna, dopo ben cinque anni, la splendida voce di una delle cantanti metal migliori del mondo: Amy Lee. Nel gothic nemmeno le superba Sharon dei Within Temptation riesce a fare meglio. Le interpretazioni vocali non si limitano mai al compitino, l’ugola allunga le vocali, si alza, sussurra, grida, sempre senza risparmiarsi. In effetti, tutto l’album si basa sulla sua voce e non su parti soliste strumentali, sebbene il groove e il riffing  abbiano forza e appaiano necessarie all’indurimento dei suoni. Peccato che, a differenza del passato, la voce maschile non si faccia mai sentire.  “MADE OF STONE” è un brano dal ritmo doom pesante. Naturalmente la voce addolcisce la atmosfera, ma lo fa con anima aggressiva e una certo alone di mistero. Per me il brano più bello dell’album. Toni bassi e alti di Amy e un accenno di assolo chitarristico (non è che ve ne siano altrove, è più o meno l’unico).  “THE CHANGE”, tra il metal e il pop rock, è comunque un ottimo brano delicato e sentito. La linea vocale, assolutamente non banale, prende il sopravvento su una strumentazione che è puro supporto.  “MY HEART IS BROKEN” è il secondo singolo tratto dall’album, assolutamente migliore dell’altro. Ritmica frizzante e pianoforte fluido.  “THE OTHER SIDE” viene dopo un terzetto quasi perfetto; anche se di un livello appena più basso, questa song dà un buon tono al disco, regalando un rialzo di durezza.  “ERASE THIS” è invece la scossa che dona un po’ di ritmo frizzante all’ascolto e un po’ di elettricità.  “SICK” ottiene il massimo effetto sul ritornello, il quale è originale e di carattere. L’atmosfera è hard e massimamente gotica.  “SAY YOU WILL” inizia con chitarra ruvida e hard da far credere ad un pezzo tirato. In parte è così, finalmente un quattro/quarti semplice per dare la carica giusta. Brano lineare ma di buonissima efficacia. Anche qui il meglio si ha col ritornello che risulta tagliente per il tono alto e deciso che Amy usa.  “SECRET DOOR” è una soave e dolcissima ballata eterea. L’arpa, suonata dalla stessa Amy, contorna la voce con delicatezza.  La band americana regala un bel quarto disco (considerando anche “Origin”) che rimane nel solco del loro carattere. Belle canzoni e pathos anche se cali di tensione vi sono, rappresentati da brani meno buoni. Il singolo scelto per primo, il commerciale “What you want”, pur carino, lo reputo tra i brani minori. Forse troppi momenti di stop acustici che smorzano la tensione elettrica dei brani, ma alla fine ci stanno bene. Nota di demerito è che mancano assoli di chitarra, ma ancora più mi dispiace che non ci sia mai un quattro quarti veloce. Qualcuno potrà dire che non ce n’era bisogno, invece i momenti che appaiono per un attimo velocizzarsi fanno chiaramente capire che maggiore energia avrebbe giovato (vedi su “Made of stone”dopo la rullata prima del ritornello e sulla fase finale del ritornello di “Erase this”, ma che dire di “Say you will”? Poteva essere spinta di più). Insomma credo che margini di miglioramento compositivo, anche in brani più riusciti, ci fossero. Ad ogni modo questo è un disco di valore dove il pianoforte fa la sua bella figura e si aggiungono pure i violini.  Il titolo del lavoro è quello del nome del gruppo, probabilmente perché i cambi di line-up e le difficoltà, arrivati  nonostante il grandissimo successo commerciale, hanno mutato le cose, ed ora si vuole sottolineare la rinascita.  Benrinati Evanescence!


“DEATH AND LEGACY”     dei  Serenity  (2011)

Al di là delle pretese sinfoniche, comunque ben pensate ed eseguite, il Metal presentato da questo disco è prevalentemente Power.  “NEW HORIZONS” è un Power Metal sinfonico con schemi classici ma che comunque possiede una certa personalità. La voce si muove tra linee soft e toni sostenuti, le quali risultano molto orecchiabili e mai troppo commerciali. La ritmica serrata lascia poi il posto ad una parte molto orchestrale e corale prima di far partire il canonico assolo di chitarra.  Toni meno sereni e leggermente più epici si hanno in “STATE OF SIEGE” che inizia con sonorità medievaleggianti che da lievi salgono in crescendo fino a scaturire in una ritmica lineare su cui si pone un riff elettrico sempre accompagnato dalle tastiere a mò di violino. Poi però c’è uno stop soft in cui si inserisce la voce prima di riprendere una quota più dura, ma non troppo. Qui l’assolo di chitarra non è assolutamente banale.  L’acusticità di “CHANGING FATE” vara la vera ballata del disco, realmente soave e intensa, arricchita dalla classica voce femminile che in questo tipo di Metal è ormai tradizione, e nonostante ciò è un valore aggiunto.  In “SERENADE OF FLAMES” l’inizio solistico della chitarra è fluido ma il riff successivo è potente,sebbene sia un inserto breve. La maggior parte del pezzo si snoda con variazioni sul tema rendendo il tutto molto interessante: con una parte cantata suadente tra voce maschile e femminile, ed un ritornello più di ampio respiro che ne accresce il pathos, fino ad una variazione corale ed un momento dolce.  “YOUNGEST WIDOWS” è invece il pezzo commerciale dell’album anche se con un ritmo sostenuto. Ritornello orecchiabilissimo che rimane subito in testa, anche il resto della linea vocale segue connotati canticchiabili. Pianoforte d’effetto, tipico della musica classica, che suona perfetto; è solo un breve inserto che precede invece un assolo chitarristico non così irresistibile.  “MY LEGACY” possiede tastiere ritmate ed un bel canto limpido. Assolo frenetico, forse troppo corto. Energia e raffinatezza per un brano Power che conclude in bellezza un disco non male.  Siamo di fronte ad una capacità tecnica di un certo spessore, e quando i brani sono personali sono anche piuttosto creativi. Purtroppo esistono anche momenti scontati che pur realizzati con arrangiamenti tonici, non riescono a far decollare l’album. I pezzi vivono con adeguata dinamicità perché vengono spezzati i ritmi e si offrono all’ascolto molti cambi sonori che creano delle variabili sempre azzeccate. La voce maschile è abile e di ampie capacità interpretative, talvolta ricorda l’italiano Luppi dei Killing Touch.


Gothic and Symphonic Metal

Del Gothic già parlammo in passato. Quest’anno sono usciti gli olandesi Within Temptation che recensii, essi ne sono i maggiori esponenti europei, ma adesso è uscito l’ultimo album della più famosa band americana, gli Evanescence, che del Gothic sono la bandiera più venduta nel mondo. Bisogna subito dire che gli Evanescence sono rimasti totalmente all’interno del genere, mentre i Within Temptation hanno provato ad uscirne parzialmente con un disco  (“The unforgivin’”) che si è sinfonizzato e popperizzato per una ricerca commerciale anche più sfacciata rispetto a quella degli Evanescence. Questi ultimi rimangono comunque coerenti con il livello artistico del loro passato, senza appunto modificare le loro coordinate stilistiche, e così facendo riusciranno a sfondare sul mercato come hanno sempre fatto.  Il senso di sofferenza, di amore e morte, di decadenza, che nel rock duro, dagli anni ’90, prende il nome di Gothic Metal, viene espresso quasi sempre senza estremizzare la violenza delle canzoni, prediligendo suoni anche dolci e morbidi per atmosfere comunque cupe o soffuse, quasi mai allegre. Queste note passano quasi sempre  per la voce, in particolare la voce femminile, in modo da risultare più confacente alle proprie caratteristiche di tristezza e introspezione che sembrano meglio veicolate appunto da un cantato di donna.   Le recensioni qui presenti sono quelle degli “Evanescence”, band che usa la strumentazione come supporto e lasciando quasi tutto il pathos al suono della voce femminile. Non ci sono mai quattro/quarti veloci, usando tempi di ritmo medi e sopra utilizzando il suono di pianoforte, meno quello delle tastiere elettroniche e i sintetizzatori. La corposità dell’arrangiamento che vive di riff potenti e duri, bilancia perfettamente la voce angelica della cantante.  Diversa è la rappresentazione Gothic degli svedesi “Draconian”, che mischiano altre molteplici ispirazioni come il doom e il death, ampliando il loro alone dark. In tal senso la loro espressione diventa più dura e oscura rispetto a quella degli Evanescence, e perde parte del senso rock che gli americani tendono a conservare maggiormente. La voce femminile è meno lirica di quella degli Evanescence e più eterea, è l’unione col  growl maschile a creare un effetto Death che inasprisce l’anima funerea del sound. Facendo molto uso di doom, cioè di cadenze piuttosto rallentate e grevi, si sceglie un tipo di composizione meno frizzante e agevole.  I “Serenity” invece suonano un metal Symphonic/Power che quindi risulta dinamico e fluido, molto più che nei due gruppi precedentemente citati. L’arrangiamento cerca potenza e le chitarre soliste entrano in gioco in modo molto deciso sia per riffing che assoli, e la ritmica si velocizza spesso. La voce femminile si esprime in maniera spesso gotica e in questo si affianca ad una abitudine piuttosto comune, quella di associare suoni gotici a quelli sinfonici, legati entrambi a tradizioni di musica classica. La presenza della voce maschile non si concede a suoni cartavetrati growl o death.  Il Symphonic Metal, che usa tastiere e arrangiamenti enfaticamente poderosi, rifacendosi alla musica classica sinfonica, non usa facilmente suoni sporchi, se lo fa di solito è con la voce, in cui screming o growl si aggiunge solo in dati momenti specifici, atti ad arricchire passaggi che devono apparire più forti. A seconda delle mescolanze, si parla di Symphonic Power Metal (veloce), di Symphonic Black Metal (abrasivo), ma anche di Symphonic Melodic Death Metal (con molti passaggi soft), Symphonic Gothic Metal, eccetera. Tutto ciò è piuttosto artificioso, ma quando si percepisce molto forte la caratteristica sinfonica, essa tende ad essere considerata l’elemento centrale della composizione.   Sky Robertace Latini 



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