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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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100. ANCORA SULLA SINESTESIA di Roberto Latini

Commento a “SINESTESIA. La rarità della comune esperienza”

Iniziamo dalla fine, dove le “note”… “continuano a vivere”… “oltre il silenzio” e “trafiggono il buio”. I suoni, che quindi ci sono dove altrimenti il nulla uditivo e il nulla visivo. Provo a districare la matassa compositiva della prosa di Valentina (post 87), altrimenti molto criptica. Là dove non capisco subito, pongo la mia mente per un divertimento intellettivo senza alcun altro scopo oltre far vivere ciò che è scritto. E così interpreto. “Lo spazio muto” è negli “abissi interiori”; se le note vi entrano con forza (fendendo) creano uno spazio pieno nel vuoto. Ed è uno spazio caldo, anzi caldissimo (incandescente), che scuote l’anima (fa vibrare l’aria). Tale anima è in attesa, quindi si aspetta percezioni passionali (appunto vibrazioni incandescenti) e non meno; i suoni allora sono voluti, cercati. E ciò che arriva deve essere “verità” (“i suoni … sono ebbri di verità”), non un artificio (infatti deve essere spontaneo, quindi legato alla natura di sé) e nemmeno un qualcosa senza senso, ma “partorito da una spontaneità creativa” quindi costruttiva. Mentre i suoni accendono luce nell’oscurità, i colori sono “ciechi e trascolorano nel buio”, cioè vengono spenti dal buio. E se i colori non hanno nemmeno suono, al buio non vivono (“vincolati all’eternità insondata della notte”)  sono condannati a sparire, “consacrati all’eco dissonante di solitudini”; sparire quindi nella solitudine, cioè nel non essere percepiti, e la solitudine dei colori è una espressione “dissonante” che non crea musica, cioè non crea, in quanto informe cosa destinata a non esserci. Tornando al silenzio ed il buio, essi sono entrambi assenza, vuoto, nulla. Il suono crea presenza, pienezza, corpo….e lo fa creando gli “istanti” di un “silenzio” altrimenti “inamovibile”. Con i suoni invece lo spazio vuoto si muove, diventa quindi vita (“vitalismo”). Il suono vive nel tempo, e quindi diventa gli istanti che segnano il tempo, e diventa in ciò anche il tempo che segna il vivere. Il silenzio non possiede né morte né vita, il suono stesso vive e muore, decidendo di se stesso, anche dell’essere “assente a se stesso”, quando cessa decide di essere assente, quando inizia diventa “appannaggio di solidità”, altrimenti sfuggente (non è un oggetto che si può afferrare, ma vive come se lo fosse). Tutta questa dinamicità vitale che una “voragine dispiegata nell’animo” attende per esserne riempita. “La suggestione fervida” di una anima che si aspetta tanta vita “incisiva”, vede i colori che i suoni raccontano, i colori di una vita che attende di essere suonata, suoni che disegnino concretamente la speranza. Se la realtà è ancora un vuoto, un buio, un silenzio, non si vede……la speranza è un suono che già squilla per poter “dirompere”. Ma perché usare il suono quale simbolo della vita e non il colore ? “Perché i colori sono ciechi senza forma”, macchie ferme, mentre i suoni sono un susseguirsi di note che nel loro fluire si muovono come progressione di vita, “trafiggono” fertili “il buio vacuo del cielo”.
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Se lo scritto di Valentina si avvicina anche solo di poco al concetto che ne ho estratto, non lo so proprio. Se si, bene, se no, bene lo stesso, che io è ciò che vi ho trovato, magari aggiungendovi del mio. L’arte ha due facce, quella dell’autore e quella del fruitore e spesso non coincidono. “Per me i suoni sono come le parole, anzi, estremamente più incisivi”. Anche per me, Valentina, infatti sono un appassionato di musica, e reputo l’arte musicale la più completa, che diviene, più delle altre arti, di proprietà di chi l’ascolta. Che sia così per te lo dimostra il modo con cui hai scritto, così pieno di aggettivi e vocaboli ricercati, usati forse anche proprio per il loro suono; con un impeto di stesura, poi, che sembra aggrovigliarsi come un virtuosistico assolo strumentale  facendo perdere il significato semantico delle parole e delle frasi (in cui ho faticato a districarmi pur attirato dalla sfida).
ROBERTO LATINI

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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)