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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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66. UNA PASSEGGIATA NEI BOSCHI di Bill Bryson (2001) - recensione di Roberto Latini

Bryson è nato nel 1951 negli USA (Iowa), ma nel ’77 si è stabilito in Inghilterra. Pur abituato a qualche escursione in Gran Bretagna, la decisione di fare a piedi l’Appalachian Trail negli Stati Uniti supera di gran lunga le sue capacità; infatti l’Appalachian è stato per molti decenni il sentiero più lungo del mondo (3.500 km.). Questi ci racconta una storia che non è un romanzo, ma una specie di descrizione diaristica, arricchita da escursus storiografici del percorso.  Sulle spalle 18 chili distruttori di schiena e spalle, poi fatica, e difficoltà dovute soprattutto ad impreparazione. Ma anche fesserie di un compagno di viaggio, un certo Stephen Katz, assolutamente lontano dalla mentalità giusta, che però in qualche modo riesce ad andare avanti, anche con una incoscienza disarmante, che però fa superare meglio alcuni momenti di tensione (per esempio, quando Bryson, terrorizzato, crede che un orso stia in agguato fuori dalla tenda: Katz se ne frega e continua a bearsi nel suo sonno). In realtà Bryson e compagno non cammineranno per tutta la strada, anzi ne salteranno delle parti uscendo dal sentiero e facendosi trasportare con mezzi automobilistici ad altri punti di partenza più avanti. Ed inoltre non lo percorreranno in un unico periodo, ma facendo passare anche mesi (Bryson ne farà alcuni da solo come semplici scampagnate di qualche ora per poi tornare a casa dalla moglie (per una breve parentesi della sua vita Bryson era tornato a vivere negli Stati Uniti, nella regione del New Hampshire, che possiede un tratto del sentiero in questione). L’ultimo tratto a nord, appunto, nel Maine, che confina con il New Hampshire, dopo vari  mesi, raggiunto da Katz. L’ultimo tratto, proprio quello del Maine, è quello che a me, lettore, ha fatto venire la voglia di andarci, perché è descritto come la parte di bosco più scura e minacciosa di tutto il sentiero, con il tragitto più lontano dalla civiltà. Ma è proprio qui che i due capiscono che non devono dimostrare niente a nessuno, e che comunque hanno già camminato più della media di un americano tipo in tutta la sua vita. Così tornano a casa senza concludere il tragitto ma sereni e convinti di aver fatto una grande esperienza. Il libro è scritto con capacità descrittiva e umoristica, ma anche con la serietà di chi vuole far conoscere una cosa importante della storia e della realtà americana. Piacevole il modo con cui vengono descritti gli incontri con la gente lungo il percorso, tra gitanti domenicali e persone che, come Byron e Katz, hanno deciso di farsi tuta la strada (la maggior parte senza riuscirci). Nel libro però interessanti sono le molte digressioni storico sociali dell’Appalachian Trail, quindi chi legge deve essere interessato a entrambe le sfaccettature, altrimenti si divertirà solo per metà. E così Bryson racconta come è nato il sentiero (abbattendo alberi per aprire vie), come è salvaguardato o curato (non sempre molto adeguatamente). Racconta di come in pochi anni sia scomparso un famoso tipo di castagno grandissimo, estinto per un parassita asiatico. Dei primi escursionisti che l’hanno scoperto quando ancora non vi erano sentieri aperti. Di come l’abbandono delle fattorie ha fatto cambiare l’habitat facendo scomparire anche particolari animali, e quindi dicendo che la natura può convivere con la presenza umana, se realizzata in un certo modo. Di come Paesi siano bruciati per anni senza sosta per incendi sotterranei nelle miniere di carbone sottostante. Degli eventi occorsi a campeggiatori e visitatori, assassinati o morti per incidenti. Io non sono un vero escursionista. Sono andato in grotta per un anno quando ero ragazzetto, ho fatto torrentismo due volte e rafting una. Ho per lo più girato i sentieri delle colline intorno Terni, notando bellissimi posti. Ma soprattutto ho vagato per la campagna verso Gualdo Cattaneo, dato che i miei nonni paterni possedevano della terra con la quale sono vissuti, e là ho pascolato pecore e arato la terra con il trattore a cingoli. Ma un libro così mi fa sognare,  mi piace sentire la polvere della terra sulle mani e inspirare l’aroma che ha, mi piacciono gli alberi e la natura. Il bosco è l’unico posto dove non ho la necessità di ascoltare musica. Così è automatico per me immedesimarmi nei personaggi di racconti come questo. Bill Bryson ha centrato in pieno la mentalità di chi, come me, vorrebbe vivere una avventura  all’aria aperta come un vero escursionista, ma che esperto non è. Una cosa, tra le varie, si deduce da questo scritto: a volte la fatica pare abbattere la fiducia, ma superata, appare la bellezza di ciò che si è affrontato.     ROBERTO SKY LATINI


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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.

(Carl Gustav Jung)