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In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende) ---- A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro. Sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Carl Gustav Jung)

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO

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LA FOTO DELLA SETTIMANA a cura di NICOLA D'ALESSIO:QUANDO LA BANDA PASSAVA...
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57. RECENSIONI MUSICALI (2011) di Roberto Latini

ATMOSPHERE  di Bad Habit (2011)

Arrangiamento ottimo e suono ben prodotto. Ma non basta per costruire un album vero. Siamo di fronte alla banalità più consueta. Accordi sentiti e risentiti, molto semplici e scontati; e su di essi linee vocali senza alcuna originalità, leggerissime che sembrano partorite da stupide boy bands (vedi “I wanna be the one” e “We are one”) quando non cadono persino nella musica leggera più becera e blanda (“Angel of mine”). Qualche scintilla solistica di chitarra c’è, ma si riduce ad una scossetta poco impegnativa. “Break the silence” cerca di copiare il Pop metal di Bon Jovi, ma non ci riesce come si deve, apparendo come il peggio di Bon. “In the heat of the nigth” parte con un riff aggressivo, ma già con la parte vocale si cade leggermente, dando una sensazione di stantio. In realtà, il brano non è malaccio, frizzante e sostenuto, con un ritornello orecchiabile e non proprio piatto (il timbro della voce è tagliente al punto giusto). E’ comunque una modesta prova tecnica non estremamente artistica. “words are not enought”  è accattivante soprattutto per la ritmica, ma qui, ancora di più, la linea vocale finisce per far sorridere tale è la sua pochezza. Il brano nel complesso non annoia e viene voglia di cantarlo, lasciando una presente, seppur lieve carica positiva. “Only time will tell”  è forse l’unico vero brano decente. Potrebbe star bene in dischi di maggior caratura, rimanendo sempre nello stesso genere musicale. Il coro del ritornello, molto piacevole ed azzeccato, segue ad un cantato meno anonimo ed è contornato da una buona costruzione ritmica, e un pianoforte delicato. Non capisco come si possano sfornare lavori così inutili; il mercato è tanto prolifico, che si fa presto a trovare di meglio, senza neanche cambiare il genere. A volte si finisce nel puro pop (tra le quali “Save me”), che neanche vale la pena di chiamare pop. Non ho mai ascoltato altri album di questi poco ispirati Bad Habit, ma neanche me ne viene la voglia. L’anno scorso avevo dato 4 al disco dei Giant (“promised Land”), anch’essi un gruppo Aor, ma almeno tre canzoni avevano l’anima rock e schitarravano meglio. Voto di “Atmosphere”: 3,5….o 3 ?


“WHAT IF…”  di Mr. Big (2011)
Il 2011 sembra profilarsi come ottima annata, ma già il 2010 lo è stata. Vedremo…per ora va alla grande, a livelli eccellenti.  La vecchia scuola possiede ancora grande fascino e i Mr. Big sanno come farlo colare sui loro strumenti. Riff azzeccati, linee vocali che migliorano la base strumentale, e soprattutto grande chitarra solista che troppo spesso è latitante in molti gruppi. Lo standard corrente in questo album, pezzo dopo pezzo, rimane alto. Anche l’anno scorso abbiamo avuto espressioni di classe nella stessa tipologia sonora (Black Country Communion; Danko Jones; Treat; Heart), quest’anno lo scettro passa meritatamente al “Signor Grosso”. Sembra di sentire un po’ i Van Halen, vincendo su altre ispirazioni. Ma si percepisce ottima personalità anche in brani minori che sanno infatti anch’essi farsi valere. Qui non si ascoltano solo canzoni, ma un sano tocco di virtuosismo compositivo e strumentale. Più o meno tutti i brani sono ricchi di effetti e di artistiche divagazioni, perché la band non si è adagiata sulla ricerca di buoni riff (buoni davvero), ha invece scelto di rendere memorabile ogni minimo passaggio. “Undertown” è costruito su di un riff strettamente VanHaleniano. Il brano è un caldo hard rock che il cantato rende orecchiabile grazie soprattutto al ritornello. La durezza è appunto tutta chitarristica e non si esprime attraverso una linearità semplice, offrendo invece inserti ritmici e solistici, dal carattere dinamico. Un pezzo elegante. “Still enought for me” è un bel 4/4 rockenrolleggiante che si infila a cuneo nella testa scatenandosi in un ritmo trascinante. Qui sono gli strumenti e non la voce a farla da padrone, basso compreso, sfornando una elettrizzante performance. La chitarra hard di “Once upon a time” si associa ad un mid-time per accompagnare una voce viva, in un brano meno allegro rispetto ad altre track, ma teso e denso. La chitarra solista, quando prende le redini, è una lama tagliente. Ecco un altro pezzo efficace: “I won’t  get im my way”. Giusta intensità e giusto pathos anche se la linea melodica ricorda Bon Jovi, e comunque il miglior Bon. Come al solito la chitarra va oltre il semplice compitino, sottolinea bene ogni momento. “Around the world”, forse non originalissimo brano, erutta però grande energia tramite la sua ritmica nervosa  ed un ritornello corale, allegro e liberatorio. L’assolo risulta più eclettico e virtuoso degli altri e ancora una volta il basso vuole esserci. Due songs commerciali, “Stranger in my life” e “All the way up” fanno venire in mente gli italiani Stadio, insopportabili per me. Ma i Mr. Big hanno tutta un’altra caratura, e almeno la prima tra le due, per struttura e arrangiamento risulta godibilissima. Entrambe minori, comunque. La corrente metal in cui i Mr.Big sono tradizionalmente collocati dalla critica è quello più commerciale di pop-metal/hair-metal. Stavolta essi sono molto meno pop, anzi lo sono quasi per nulla, la grinta è molto più accentuata ed il suono molto più metallico. Dall’89 in azione, con questo settimo album testimoniano di non sapere cosa sia il piattume. Tutto è arricchito con vigore spumeggiante. Ottime composizioni ottimamente interpretate; linee vocali davvero a posto e che dire del basso? E’ un valore aggiunto. Da risottolineare che senza la chitarra di Gilbert si sarebbe perso molto. Non è un gruppo leggero questo, vibra di pura anima rock.

Roberto Latini

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IN QUESTI ANNI ABBIAMO CORSO COSÌ VELOCEMENTE CHE DOBBIAMO ORA FERMARCI PERCHÈ LA NOSTRA ANIMA POSSA RAGGIUNGERCI

(Michael Ende)

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(Carl Gustav Jung)