asettici. Nel lavoro attuale non si ha del puro thrash,
essendo così pieno di iniezioni di varia fattura, dallo stoner, al prog, allo
psichedelico, al grunge e al punk; però l’effetto finale è un amalgama riuscito
in autonomo percorso ben riuscito, nonostante alcune tracce non perfette. “KLUSKAP
O’KOM” parte con un canticchiamento un pò disturbante a cui segue un ritmo
motorhediano, un pò meno violento dei Motorhead stessi, ma che sa essere
disturbante. Il pezzo appare granitico, un po’ metal un po’ punk (punk
soprattutto nel ritornello). E’ grezzo con basso distorto e ritmo sostenuto. La
dinamicità si contorce in un susseguirsi rapido di parti diverse tra loro che
abbassano la velocità per tutta la parte centrale senza però abbassarne il
mordente. E’ molto intrigante e pure divertente; il testo parla di un essere
selvaggio che abita tra i ghiacci. “EMPATHY FOR THE ENEMY” inizia con uno stile
giapponese come se fosse suonato il
tradizionale koto. Ma è solo un
intro che non ha nulla a che fare con il pezzo. Siamo di fronte ad una
composizione introspettiva polverosa tra il morbido e il ruvido, lasciando
all’ascoltatore una inafferrabile sensazione di vita consumata. Cambi di ritmo
e riff che si rincorrono e che trasportano verso qualcosa senza mai arrivare. “MECHANICAL
MIND” è l’unico vero brano che si immette nel classico filone Progressive con
una sonorità che può ricordare persino gli Yes, solo un po’ più rocciosa;
certo
non vocalmente parlando che invece è piuttosto Stoner (mi ricorda persino
l’atmosfera dei ternani Warhead dell’ultimo album “Sky Fab” del 2007). Il ritmo
non è iperveloce, ma le pause e i riff sono accompagnate da una batteria
dinamica e nervosa, mai uguale, che ha comunque i suoi momenti accelerati. Tra
versacci ed effetti in sordina molto personalizzati, c’è anche lo spazio per un
assolo chitarristico “normale” e bello, e persino una cavalcata di chitarra
ritmica-batteria che rende ancora più variegato il quadro compositivo. “RESISTANCE” prende subito i connotati di cadenzata
velocità che si sviluppa con una ritmica di chitarra molto incombente che non
lascia mai cadere la tensione. Possiamo dire che è la chitarra a reggere il
brano. La voce è anche qui sullo Stoner (e ancora vicina ai Warhead). L’assolo
dona un senso di fluidità. Pur meno variegata delle altre song citate, è però
ricca di energia; energia che si perde
nel rallentamento che subentra nel finale in cui l’atmosfera si fa malsana e la
voce greve. Gli altri brani, tutti interessanti, appaiono minori, ma non
scadono mai nella banale mestieranza, anche se a volte sembra che manchi
qualcosa. Ci sono momenti in cui sembra che la voce non desideri costruire la
complessità ma voglia rimanere nella linearità istintiva, lasciando la forza
vera e propria al groove. Non è un disco
estremo come lo si potrebbe intendere, non è un lavoro per la facile
orecchiabilità ed è in questo che è estremo. E’ veramente personale e anche
originale. Le idee ci sono e sono amalgamate per visioni “oltre” pur in una
concretezza di suono molto denso e afferrabile. C’è un che di psichedelico, e
c’è un’aria fredda che si unisce alla terra riarsa, per paradosso si respira
insieme polvere e gelo. Il titolo dell’opera vuole intendere sia una
interpretazione ecologica di un pianeta ipersfruttato, sia una interpretazione
di pianeta gestito dal potere attraverso l’informazione manipolata che
distrugge la vera informazione e quindi non permette di conoscere la realtà.
SKY ROBERTACE LATINI
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